Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 2° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 11
1Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
2Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli:3"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?".4Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete:5'I ciechi ricuperano la vista', gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, 'ai poveri è predicata la buona novella',6e beato colui che non si scandalizza di me".7Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?8Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re!9E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta.10Egli è colui, del quale sta scritto:
'Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero
che preparerà la tua via davanti a te.'
11In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.13La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni.14E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire.15Chi ha orecchi intenda.
16Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:
17Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
18È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.19È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere".
20Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite:21"Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere.22Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.23E tu, Cafàrnao,
'sarai' forse 'innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai!'
Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe!24Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!".
25In quel tempo Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.26Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.27Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
28Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, 'e troverete ristoro' per le vostre anime.30Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".
Levitico 8
1Il Signore disse ancora a Mosè:2"Prendi Aronne insieme ai suoi figli, le vesti, l'olio dell'unzione, il giovenco del sacrificio espiatorio, i due arieti e il cesto dei pani azzimi;3convoca tutta la comunità all'ingresso della tenda del convegno".4Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato e la comunità fu convocata all'ingresso della tenda del convegno.5Mosè disse alla comunità: "Questo il Signore ha ordinato di fare".
6Mosè fece accostare Aronne e i suoi figli e li lavò con acqua.7Poi rivestì Aronne della tunica, lo cinse della cintura, gli pose addosso il manto, gli mise l''efod' e lo cinse con la cintura dell''efod', nel quale avvolse l''efod'.8Gli mise anche il pettorale, e nel pettorale pose gli 'Urim' e i 'Tummim'.9Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti del turbante pose la lamina d'oro, il sacro diadema, come il Signore aveva ordinato a Mosè.10Poi Mosè prese l'olio dell'unzione, unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò.11Fece sette volte l'aspersione sull'altare, unse l'altare con tutti i suoi accessori, la conca e la sua base, per consacrarli.12Versò l'olio della unzione sul capo d'Aronne e unse Aronne, per consacrarlo.13Poi Mosè fece avvicinare i figli d'Aronne, li vestì di tuniche, li cinse con le cinture e legò sul loro capo i turbanti, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
14Fece quindi accostare il giovenco del sacrificio espiatorio e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa del giovenco del sacrificio espiatorio.15Mosè lo immolò, ne prese del sangue, bagnò con il dito i corni attorno all'altare e purificò l'altare; poi sparse il resto del sangue alla base dell'altare e lo consacrò per fare su di esso l'espiazione.16Poi prese tutto il grasso aderente alle viscere, il lobo del fegato, i due reni con il loro grasso e Mosè bruciò tutto sull'altare.17Ma il giovenco, la sua pelle, la sua carne e le feci, bruciò nel fuoco fuori dell'accampamento, come il Signore gli aveva ordinato.
18Fece quindi avvicinare l'ariete dell'olocausto e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell'ariete.19Mosè lo immolò e ne sparse il sangue attorno all'altare.20Poi fece a pezzi l'ariete e ne bruciò testa, pezzi e grasso.21Dopo averne lavato le viscere e le zampe con acqua, bruciò tutto l'ariete sull'altare: olocausto di soave odore, un sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore, come il Signore gli aveva ordinato.
22Poi fece accostare il secondo ariete, l'ariete della investitura, e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell'ariete.23Mosè lo immolò, ne prese del sangue e bagnò il lobo dell'orecchio destro di Aronne e il pollice della mano destra e l'alluce del piede destro.24Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aronne e bagnò con quel sangue il lobo del loro orecchio destro, il pollice della mano destra e l'alluce del piede destro; sparse il resto del sangue attorno all'altare.25Poi prese il grasso, la coda, tutto il grasso aderente alle viscere, il lobo del fegato, i reni con il loro grasso e la coscia destra;26dal canestro dei pani azzimi, che era davanti al Signore, prese una focaccia senza lievito, una focaccia di pasta intrisa nell'olio e una schiacciata e le pose sulle parti grasse e sulla coscia destra.27Poi mise tutte queste cose sulle mani di Aronne e sulle mani dei suoi figli e le agitò con l'agitazione rituale davanti al Signore.28Mosè quindi le prese dalle loro mani e le bruciò sull'altare sopra l'olocausto: sacrificio di investitura, di soave odore, sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore.29Poi Mosè prese il petto dell'ariete e lo agitò come offerta da agitare ritualmente davanti al Signore; questa fu la parte dell'ariete dell'investitura toccata a Mosè, come il Signore gli aveva ordinato.
30Mosè prese quindi l'olio dell'unzione e il sangue che era sopra l'altare; ne asperse Aronne e le sue vesti, i figli di lui e le loro vesti; così consacrò Aronne e le sue vesti e similmente i suoi figli e le loro vesti.31Poi Mosè disse ad Aronne e ai suoi figli: "Fate cuocere la carne all'ingresso della tenda del convegno e là mangiatela con il pane che è nel canestro dell'investitura, come mi è stato ordinato. La mangeranno Aronne e i suoi figli.32Quel che avanza della carne e del pane, bruciatelo nel fuoco.33Per sette giorni non uscirete dall'ingresso della tenda del convegno, finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura, perché la vostra investitura durerà sette giorni.34Come si è fatto oggi così il Signore ha ordinato che si faccia per compiere il rito espiatorio su di voi.35Rimarrete sette giorni all'ingresso della tenda del convegno, giorno e notte, osservando il comandamento del Signore, perché non moriate, poiché così mi è stato ordinato".36Aronne e i suoi figli fecero quanto era stato ordinato dal Signore per mezzo di Mosè.
Siracide 1
1Ogni sapienza viene dal Signore
ed è sempre con lui.
2La sabbia del mare, le gocce della pioggia
e i giorni del mondo chi potrà contarli?
3L'altezza del cielo, l'estensione della terra,
la profondità dell'abisso chi potrà esplorarle?
4Prima di ogni cosa fu creata la sapienza
e la saggia prudenza è da sempre.
5A chi fu rivelata la radice della sapienza?
Chi conosce i suoi disegni?
6Uno solo è sapiente, molto terribile,
seduto sopra il trono.
7Il Signore ha creato la sapienza;
l'ha vista e l'ha misurata,
l'ha diffusa su tutte le sue opere,
8su ogni mortale, secondo la sua generosità,
la elargì a quanti lo amano.
9Il timore del Signore è gloria e vanto,
gioia e corona di esultanza.
10Il timore del Signore allieta il cuore
e dà contentezza, gioia e lunga vita.
11Per chi teme il Signore andrà bene alla fine,
sarà benedetto nel giorno della sua morte.
12Principio della sapienza è temere il Signore;
essa fu creata con i fedeli nel seno materno.
13Tra gli uomini essa ha posto il nido, fondamento
resterà fedelmente con i loro discendenti.
14Pienezza della sapienza è temere il Signore;
essa inebria di frutti i propri devoti.
15Tutta la loro casa riempirà di cose desiderabili,
i magazzini dei suoi frutti.
16Corona della sapienza è il timore del Signore;
fa fiorire la pace e la salute.
17Dio ha visto e misurato la sapienza;
ha fatto piovere la scienza e il lume dell'intelligenza;
ha esaltato la gloria di quanti la possiedono.
18Radice della sapienza è temere il Signore;
i suoi rami sono lunga vita.
19La collera ingiusta non si potrà giustificare,
poiché il traboccare della sua passione sarà la sua
rovina.
20Il paziente sopporterà per qualche tempo;
alla fine sgorgherà la sua gioia;
21per qualche tempo terrà nascoste le parole
e le labbra di molti celebreranno la sua intelligenza.
22Fra i tesori della sapienza sono le massime istruttive,
ma per il peccatore la pietà è un abominio.
23Se desideri la sapienza, osserva i comandamenti;
allora il Signore te la concederà.
24Il timore del Signore è sapienza e istruzione,
si compiace della fiducia e della mansuetudine.
25Non essere disobbediente al timore del Signore
e non avvicinarti ad esso con doppiezza di cuore.
26Non essere finto davanti agli uomini
e controlla le tue parole.
27Non esaltarti per non cadere
e per non attirarti il disonore;
28il Signore svelerà i tuoi segreti
e ti umilierà davanti all'assemblea,
29perché non hai ricercato il timore del Signore
e il tuo cuore è pieno di inganno.
Salmi 77
1'Al maestro del coro. Su "Iditum". Di Asaf. Salmo.'
2La mia voce sale a Dio e grido aiuto;
la mia voce sale a Dio, finché mi ascolti.
3Nel giorno dell'angoscia io cerco il Signore,
tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca;
io rifiuto ogni conforto.
4Mi ricordo di Dio e gemo,
medito e viene meno il mio spirito.
5Tu trattieni dal sonno i miei occhi,
sono turbato e senza parole.
6Ripenso ai giorni passati,
ricordo gli anni lontani.
7Un canto nella notte mi ritorna nel cuore:
rifletto e il mio spirito si va interrogando.
8Forse Dio ci respingerà per sempre,
non sarà più benevolo con noi?
9È forse cessato per sempre il suo amore,
è finita la sua promessa per sempre?
10Può Dio aver dimenticato la misericordia,
aver chiuso nell'ira il suo cuore?
11E ho detto: "Questo è il mio tormento:
è mutata la destra dell'Altissimo".
12Ricordo le gesta del Signore,
ricordo le tue meraviglie di un tempo.
13Mi vado ripetendo le tue opere,
considero tutte le tue gesta.
14O Dio, santa è la tua via;
quale dio è grande come il nostro Dio?
15Tu sei il Dio che opera meraviglie,
manifesti la tua forza fra le genti.
16È il tuo braccio che ha salvato il tuo popolo,
i figli di Giacobbe e di Giuseppe.
17Ti videro le acque, Dio,
ti videro e ne furono sconvolte;
sussultarono anche gli abissi.
18Le nubi rovesciarono acqua,
scoppiò il tuono nel cielo;
le tue saette guizzarono.
19Il fragore dei tuoi tuoni nel turbine,
i tuoi fulmini rischiararono il mondo,
la terra tremò e fu scossa.
20Sul mare passava la tua via,
i tuoi sentieri sulle grandi acque
e le tue orme rimasero invisibili.
21Guidasti come gregge il tuo popolo
per mano di Mosè e di Aronne.
Baruc 2
1Per questo il Signore ha adempiuto le sue parole pronunziate contro di noi, contro i nostri giudici che governano Israele, contro i nostri re e contro i nostri principi, contro ogni uomo d'Israele e di Giuda.2Non era mai avvenuto sotto la volta del cielo quello che egli ha compiuto in Gerusalemme, come sta scritto nella legge di Mosè,3fino al punto di mangiarsi uno le carni del figlio e un altro quelle della figlia.4Il Signore li mise in potere di tutti i regni vicini e li rese oggetto di vituperio e di disprezzo per tutti quei popoli in mezzo ai quali li aveva dispersi.5Così ci ha reso schiavi invece di padroni, perché abbiamo offeso il Signore nostro Dio e non abbiamo ascoltato la sua voce.6Al Signore nostro Dio la giustizia, a noi e ai padri nostri il disonore sul volto, come avviene ancor oggi.7Tutte le calamità che il Signore ci aveva minacciate, ci sono venute addosso.8Ma noi non abbiamo placato lo sdegno del Signore, rinunziando ai perversi affetti del nostro cuore.9Così il Signore, che è pronto al castigo, lo ha mandato sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandate,10mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, eseguendo i decreti che ci aveva posti davanti.
11Ora, Signore Dio d'Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome glorioso come oggi lo possiedi,12noi abbiamo peccato, siamo stati empi, abbiamo trasgredito, Signore Dio nostro, i tuoi comandamenti.13Allontana da noi lo sdegno, poiché siamo rimasti molto pochi in mezzo alle genti fra le quali tu ci hai dispersi.14Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovar grazia davanti a coloro che ci hanno deportati,15perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore nostro Dio e che il tuo nome è stato invocato su Israele e su tutta la sua stirpe.16Guarda, Signore, dalla tua santa dimora e pensa a noi; inclina il tuo orecchio, Signore, e ascolta;17apri, Signore, gli occhi e osserva: non i morti che sono negli inferi, il cui spirito se n'è andato dalle loro viscere, danno gloria e giustizia al Signore,18ma chi geme sotto il peso, chi se ne va curvo e spossato, chi ha gli occhi languenti, chi è affamato, questi sono coloro che ti rendono gloria e giustizia, Signore.19Non per i meriti dei nostri padri e dei nostri re ti presentiamo le nostre suppliche, Signore Dio nostro,20ma perché tu hai mandato sopra di noi la tua collera e il tuo sdegno, come avevi dichiarato per mezzo dei tuoi servi i profeti:21"Ecco, dice il Signore: Curvate le spalle, servite il re di Babilonia e dimorerete nella terra da me data ai vostri padri.22Ma se non darete ascolto alla voce del Signore che comanda di servire il re di Babilonia,23farò cessare nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme il grido di gioia e di letizia, il canto dello sposo e della sposa e tutto il territorio diventerà un deserto senza abitanti".24Noi non abbiamo dato ascolto alla tua voce di servire il re di Babilonia, perciò tu hai eseguito la minaccia, fatta per mezzo dei tuoi servi i profeti, che le ossa dei nostri re e dei nostri padri sarebbero rimosse dalla loro tomba.25Ed eccole abbandonate al calore del giorno e al gelo della notte. Essi son morti fra atroci dolori, di fame, di spada e di peste;26il tempio che porta il tuo nome tu lo hai ridotto nello stato in cui oggi si trova, per la malvagità della casa d'Israele e di Giuda.27Tuttavia tu hai agito verso di noi, Signore Dio nostro, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia,28come avevi detto per mezzo del tuo servo Mosè, quando gli ordinasti di scrivere la tua legge davanti agli Israeliti, dicendo:29"Se voi non darete ascolto alla mia voce, questa moltitudine che ora è così grande sarà ridotta a un piccolo resto in mezzo alle nazioni fra le quali io la disperderò;30poiché io so che non mi ascolterà, perché è un popolo di dura cervice. Però nella terra del loro esilio ritorneranno in sé31e riconosceranno che io sono il Signore loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltano;32nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome33e ripensando alla sorte subìta dai loro padri che peccarono contro di me, abbandoneranno la loro caparbietà e la loro malizia.34Io li ricondurrò nella terra promessa con giuramento ai loro padri, ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe; essi ne avranno di nuovo il dominio e io li moltiplicherò e non diminuiranno più;35farò con loro un'alleanza perenne: io sarò Dio per loro ed essi saranno popolo per me, né scaccerò mai più il mio popolo Israele dal paese che gli ho dato".
Atti degli Apostoli 27
1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne,8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.
9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite".11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.
13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone".15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.
21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".
27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo".32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.
33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto".35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.
Capitolo XXXIX:Nessun affanno nel nostro agire
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, ogni tua faccenda affidala a me; al tempo giusto disporrò sempre io per il meglio. Attieniti al mio comando e ne sentirai vantaggio. O Signore, di gran cuore affido a te ogni cosa; poco infatti potranno giovare i miei piani. Volesse il cielo che io non fossi tanto preso da ciò che potrà accadere in futuro, e mi offrissi, invece, senza esitare alla tua volontà.
2. O figlio, capita spesso che l'uomo persegua con ardore alcunché di cui sente la mancanza; e poi, quando l'ha raggiunto, cominci a giudicare diversamente, perché i nostri amori non restano fermi intorno a uno stesso punto, e ci spingono invece da una cosa all'altra. Non è una questione da nulla rinunciare a se stessi, anche in cose di poco conto. Il vero progresso dell'uomo consiste nell'abnegazione di sé. Pienamente libero e sereno è appunto soltanto chi rinnega se stesso. Ecco, però, che l'antico avversario, il quale si pone contro tutti coloro che amano il bene, non tralascia la sua opera di tentazione; anzi, giorno e notte, prepara gravi insidie, se mai gli riesca di far cadere nel laccio dell'inganno qualcuno che sia poco guardingo. "Vegliate e pregate, dice i Signore, per non entrare in tentazione" (Mt 26,41).
Contro Fausto Manicheo - Libro trentatreesimo
Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona
Leggilo nella BibliotecaI Manichei e la salvezza dei Patriarchi: discussione su Mt 8,11.
1. FAUSTO. " Sta scritto nel Vangelo: Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 1. Perché dunque voi non accettate i patriarchi? ". Lungi da noi invidiare un qualsiasi mortale che Dio, guardandolo con misericordia, abbia ricondotto dalla perdizione alla salvezza: però attribuiamo ciò alla clemenza di colui che ha avuto compassione, non al merito di colui la cui vita, non potresti negarlo, fu riprovevole. Per questo, ammettiamo pure che i padri dei Giudei, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe (se la testimonianza di Cristo su di loro da voi addotta è autentica), sebbene furono viziosi in sommo grado (come indica forse Mosè loro pronipote, oppure un autore diverso che nella storia chiamata Genesi ne scrisse le vite, degne, secondo noi, di ogni disprezzo e ripugnanza) si trovino già nel regno dei cieli, in un luogo che mai avevano creduto né sperato, come appare assai chiaramente dai loro libri: purché tuttavia sia chiaro, anche per vostra ammissione, che poterono giungere a ciò che sta scritto di loro, se mai vi giunsero, dopo un lungo intervallo di tempo, essendo stati liberati dalla tetra punizione del carcere degli inferi, ove scontavano i meriti della loro vita, da Cristo nostro Signore per mezzo della sua mistica passione. Infatti, non perché il medesimo nostro Signore liberò dalla croce un certo ladrone e gli disse che in quello stesso giorno sarebbe stato con lui nel paradiso di suo Padre 2, qualcuno ne ha invidia o può essere così disumano da dispiacersi per la dimostrazione di tanta benevolenza. Tuttavia, non diremo certo che la vita e i costumi dei ladroni sono degni della nostra approvazione, per il fatto che Gesù concesse il perdono al ladrone, o perché perdonò ai pubblicani e alle prostitute i loro errori e disse che costoro precederanno nel regno dei cieli quelli che si comportano con superbia 3. Egli infatti, assolvendo dalle accuse dei Giudei una donna sorpresa nell'illegalità e in adulterio, le ordinò di smettere di peccare 4. Pertanto, se fece qualcosa di simile anche con Abramo, Isacco e Giacobbe, rendiamogli grazie: ci insegna che così agisce con le anime colui che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti 5. Tuttavia, nella vostra opinione in materia una sola cosa mi infastidisce: perché mai ritenete che soltanto i padri dei Giudei, e non anche i patriarchi degli altri popoli, abbiano sperimentato qualche volta la grazia del nostro liberatore, soprattutto considerando che la Chiesa cristiana è composta più di figli loro che della discendenza di Abramo, Isacco e Giacobbe? Ma dici che quelli adorarono gli idoli, mentre questi Dio onnipotente, e che per tale motivo Gesù ebbe cura soltanto di loro. Il culto del Dio onnipotente fa dunque precipitare nel tartaro, e chi ha tributato culto al Padre ha bisogno dell'aiuto del Figlio? Ma vedrai tu. Per il momento, dicevo, ammettiamo pure che quelli furono condotti in cielo non perché lo meritassero, ma perché la divina clemenza vince la forza dei peccati.
Le frase di Gesù è un falso, perché Matteo e Luca si contraddicono.
2. Tuttavia la divergenza tra gli scrittori ci rende dubbiosi e incerti sul fatto che Cristo abbia detto quelle parole. Infatti, nonostante due evangelisti, Matteo e Luca, narrino parimenti di un centurione che aveva un servo ammalato, a proposito del quale Gesù sembra aver affermato che in Israele non si era mai trovata una fede così grande come in quell'uomo, sebbene fosse un gentile e un pagano, perché aveva detto che non era degno che Gesù entrasse sotto il suo tetto, ma lo pregava solo di ordinare con una parola e il suo servo sarebbe guarito, tuttavia soltanto Matteo aggiunge che Gesù continuò dicendo: In verità vi dico, molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli e manderanno fuori nelle tenebre i figli del regno. Con i molti che dovevano venire intendeva i pagani, in riferimento al centurione, che era un Gentile e tuttavia si era trovata in lui una fede così grande; e chiamava " figli del regno " i Giudei, nei quali non si era trovata alcuna fede. Invece Luca, sebbene ritenne di dover inserire nel suo Vangelo, fra le opere mirabili di Cristo, anche questa, come imprescindibile e degna di essere ricordata, non fa lì alcuna menzione di Abramo, Isacco e Giacobbe. E se qualcuno afferma che lo tralasciò perché era già stato detto a sufficienza da Matteo, perché allora racconta il comportamento nei confronti del centurione e il suo servo, che ugualmente ci era già stato ben presentato con sollecitudine da Matteo? Siamo in presenza di un falso. Infatti, a proposito della stessa supplica per la venuta di Gesù, Matteo dice che il centurione si recò da lui di persona per chiedergli la guarigione, mentre Luca no, bensì che inviò da Gesù gli anziani dei Giudei i quali, affinché egli non fosse da lui rifiutato in quanto Gentile - costoro infatti vogliono che Gesù sia pienamente Giudeo - gli si presentarono per convincerlo, affermando che era degno di essere esaudito perché amava il suo popolo e gli aveva edificato una sinagoga. Come se al Figlio di Dio importasse qualcosa, se i Giudei avevano meritato l'edificazione della loro sinagoga 6 da parte di un centurione pagano! Tuttavia anche Luca non ha taciuto completamente queste parole, domandandosi, credo, se per caso non fossero autentiche: però cambia loro di posto, applicandole a una situazione assai diversa, ovvero quando Gesù dice ai suoi discepoli: Sforzatevi di entrare per la porta stretta: molti infatti cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa sarà entrato e avrà chiuso la porta, comincerete a bussare da fuori, dicendo: " Signore, aprici ". Ma rispondendo dirà: " Non vi conosco ". Allora comincerete a dire: " Abbiamo mangiato e bevuto alla tua presenza e hai insegnato nelle nostre piazze e sinagoghe ". E dirà: Non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti, operatori d'iniquità. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti entrare nel regno dei cieli mentre voi ne siete cacciati fuori. E verranno da oriente e da occidente, da mezzogiorno e da settentrione e siederanno a mensa nel regno di Dio 7. Questo fatto, che cioè saranno esclusi dal regno di Dio molti che avranno portato solo il nome di Cristo ma non ne avranno compiuto le opere, anche Matteo non omise di scriverlo 8, però in quel punto non fa alcuna menzione di Abramo, Isacco e Giacobbe. A sua volta, anche Luca scrisse del centurione e del suo servo, ma parimenti lì non attesta nulla su Abramo, Isacco e Giacobbe: cosicché, visto che non si può sapere con certezza dove questa frase fu detta, nulla impedisce di credere che non fu detta affatto.
In ogni caso, le vite dei Patriarchi furono deprecabili e prive di merito.
3. A ragione, dunque, noi non prestiamo mai ascolto senza giudizio e criterio a simili scritture, così discordi e diverse, ma esaminando tutto e comparando una cosa con l'altra ponderiamo se Cristo possa aver detto qualcosa oppure no. Infatti i vostri antenati hanno inserito nei discorsi di nostro Signore molte affermazioni che, segnate col suo nome, non si accordano con la sua fede, soprattutto perché, come già spesso abbiamo dimostrato, non furono scritte né da lui né dai suoi apostoli, ma furono raccolte molto tempo dopo la loro morte non so da quali semi-Giudei, essi stessi in disaccordo tra loro, sulla base di dicerie e opinioni: costoro tuttavia, attribuendo tutte queste cose al nome degli apostoli del Signore o di quelli che degli apostoli sembravano essere stati i seguaci, mentirono, affermando di aver scritto i loro errori e le loro falsità in accordo con essi. Ma vedrai tu. Per ora, come ho detto, non vorrei discutere troppo con te su questo testo, poiché mi basta come difesa ciò che ho posto in precedenza e che neppure a voi è lecito negare, ovvero che prima della venuta di nostro Signore tutti i patriarchi e i profeti di Israele giacquero nelle tenebre del tartaro secondo i loro meriti: se anche un giorno, liberati da Cristo, furono da lì ricondotti alla luce, cosa c'entra questo con l'avversione per la loro vita? Noi infatti detestiamo e rifiutiamo non ciò che furono, cioè uomini, ma come furono, cioè malvagi, e non ciò che sono adesso, ovvero purificati, bensì ciò che furono talvolta, ovvero impuri. Quindi per il momento questo passo, comunque voi vogliate considerarlo, non ci è di impedimento, perché se è autentico vi si mostra la misericordia di Cristo e la sua bontà, se invece è falso, l'accusa ricade su quelli che l'hanno scritto: in ambedue i casi noi siamo al sicuro, come sempre.
Agostino: i meriti dei Patriarchi.
4. AGOSTINO. Come fai ad essere al sicuro, o misero? Come sei al sicuro, tu che affermi di detestare i patriarchi perché impuri e ancora vai piangendo il lamento su un dio impuro? Hai concesso senza dubbio che, dopo la venuta del Signore, a quei patriarchi sia stata offerta la purificazione e donato il riposo della beatitudine: il vostro dio, invece, anche dopo la venuta del Salvatore giace ancora nelle tenebre, ancora è immerso in turpitudine di ogni genere, ancora si rotola in ogni sorta di impurità. Così, non solo la vita di quegli uomini fu migliore del vostro dio, ma anche la loro stessa morte fu più felice. In quali sedi poi si trovassero i giusti che uscirono da questa vita prima che Cristo venisse nella carne, e se la passione di Cristo abbia trasferito in una condizione migliore anch'essi, che non solo avevano creduto che egli sarebbe venuto, avrebbe patito e sarebbe risorto, ma avevano anche preannunziato ciò come conveniva con spirito profetico, si deve ricercarlo nelle sacre Scritture, se in qualche modo si può ricercarlo con chiarezza: non vanno certo seguite in materia le opinioni temerarie di uomini qualsiasi, e meno che mai le perversioni dell'eresia tanto esecrabile di gente così aberrante dalla verità. Invano Fausto in questo modo tortuoso si ripromette che, dopo questa vita, possa essere concesso qualcosa a chi non abbia meritato di ottenerlo in questa vita. È bene per voi, finché vivete qui, abbandonare codesto errore e conoscere e custodire la verità della fede cattolica. Altrimenti, ciò che l'ingiusto si ripromette sarà ben lungi, quando comincerà ad avvenire ciò che Dio gli ha minacciato.
La fede di Abramo.
5. Sulla vita dei patriarchi, ho già risposto non poco, quanto ho ritenuto sufficiente, a quest'uomo maledico: non è certo a loro in quanto corretti con la morte o giustificati dopo la sua passione che il Signore dava testimonianza, quando avvertiva i Giudei che, se fossero stati figli di Abramo, avrebbero compiuto le opere di Abramo, e che lo stesso Abramo aveva desiderato vedere il suo giorno e, vedutolo, se ne era rallegrato, e che era nel seno di lui, cioè in non so quale luogo misterioso, grande e nascosto 9, di serena felicità, che gli angeli avevano condotto quel povero tribolato e disprezzato dal ricco superbo 10. E che dirò dell'apostolo Paolo? È forse ad Abramo giustificato dopo la morte che anch'egli si riferisce, quando loda il fatto che credette a Dio prima di essere circonciso e che ciò gli venne attribuito come giustizia 11? E assegna a questo un tale valore, da dire che noi, che non siamo discendenza carnale di Abramo, siamo divenuti suoi figli unicamente perché seguiamo le orme di quella sua fede.
L'ininterrotta tradizione nella Chiesa attesta l'autenticità degli scritti apostolici.
6. Ma che potrò fare con voi, che l'iniquità ha reso così sordi contro le testimonianze delle Scritture al punto che, qualunque cosa si adduca da lì contro di voi, osate affermare che non fu detta dall'Apostolo, ma fu scritta a suo nome da un non so quale falsario? A tal punto la dottrina dei demoni che predicate è chiaramente estranea alla dottrina cristiana, che in nessun modo potete difenderla sotto il nome di dottrina cristiana, se non dicendo che gli scritti degli apostoli sono falsi! O nemici disgraziati dell'anima vostra! Quali scritti avranno mai un qualche peso di autorità, se non ne avranno quelli evangelici e quelli apostolici? Sull'autore di quale libro ci sarà mai certezza, se è incerto se siano degli apostoli gli scritti che la Chiesa dice e conserva come degli apostoli, essa che fu dagli stessi apostoli diffusa e annunziata in mezzo a tutti i popoli con tanta perfezione? E sarà invece certo che gli apostoli abbiano scritto ciò che è proclamato dagli eretici contrari a questa Chiesa, da essi attribuito ai nomi dei loro fondatori, vissuti tanto tempo dopo gli apostoli? Come se anche nella letteratura secolare non siano esistiti autori certissimi, al cui nome in seguito vennero attribuite molte opere che furono ripudiate, o perché non si adattavano affatto a quelle autentiche, o perché al tempo in cui essi scrissero non furono conosciute e non meritarono di essere trasmesse e raccomandate ai posteri dagli autori stessi o dai loro intimi! Alcuni libri trasmessi sotto il nome del nobilissimo medico Ippocrate, per non parlare di altri, non sono forse stati rigettati dai medici come non autorevoli? Né ad essi giovò qualche somiglianza di argomenti e di parole poiché, paragonati con le opere di Ippocrate notoriamente autentiche, furono ritenuti inferiori: anche per il fatto che non li si riconobbe come autenticamente suoi a partire dalla stessa epoca degli altri. Ma i libri in base ai quali si paragonano e si rigettano quelli che ci giungono inopinatamente, come consta che siano di Ippocrate? Come - se qualcuno lo nega non va nemmeno confutato, bensì deriso - se non per il fatto che ce li ha tramandati una catena di successioni dal tempo di Ippocrate stesso sino ad oggi e via di seguito, così che è da folli dubitarne? Come sanno gli uomini che certi libri sono di Platone, Aristotele, Varrone, Cicerone e di altri simili autori, se non per l'attestazione continua delle epoche successive? Molti hanno molto composto a proposito delle scritture ecclesiastiche, non però con autorità canonica, ma con l'intento di essere utili o di apprendere. Come consta che un'opera è di qualcuno, se non perché nell'epoca in cui uno la scrisse la rese nota a quanti poté e la pubblicò, e di lì la sua conoscenza è arrivata ininterrottamente ad altri ed altri ancora e sempre con più vasta conferma ai posteri, sino ai nostri giorni, cosicché, se ci chiedono di chi è un certo libro, non esitiamo su ciò che dobbiamo rispondere? Ma perché volgersi a un passato così lontano? Ecco, abbiamo degli scritti nelle mani: se un po' di tempo dopo il termine della nostra vita qualcuno negherà che alcuni siano di Fausto e altri miei, come si convincerà, se non per il fatto che coloro che adesso li conoscono ne trasmettono notizia anche ai più lontani nel tempo mediante successioni ininterrotte di posteri? Stando così le cose, chi mai, se non colui che si è pervertito acconsentendo alla malizia e all'inganno dei demoni menzogneri, è a tal punto accecato dal furore da affermare che la Chiesa degli apostoli, una concordia di fratelli così fidata e numerosa, non poté meritare che i loro scritti passassero con fedeltà ai posteri, quando con certissima successione sono state conservate le loro cattedre sino ai vescovi di oggi, e questa stessa cosa accade con tanta facilità agli scritti di uomini qualsivoglia, sia fuori della Chiesa sia nella Chiesa stessa?
Le divergenze tra Matteo e Luca si spiegano con i diversi metodi della narrazione storica.
7. " Ma i loro scritti ", dice, " si trovano l'un l'altro in contraddizione ". Maligni quali siete, voi leggete con cattiva intenzione; stolti, non comprendete; ciechi, non vedete. Come avrebbe potuto essere tanto difficile leggere con attenzione questi scritti e trovare una grande e salutare corrispondenza tra gli scrittori, se la contesa non vi avesse pervertito e vi avesse assistito la pietà? Chi mai infatti, leggendo due storici che scrivono di uno stesso argomento, ha pensato che ambedue, o uno dei due, abbia ingannato o sia stato ingannato, perché uno ha detto ciò che l'altro ha omesso, o perché uno ha compendiato in breve una cosa, mantenendo integro e intatto solamente il contenuto, mentre l'altro ha trattato tutto punto per punto, in modo da rendere noto non solo ciò che è accaduto, ma anche come è accaduto? È quel che ha fatto Fausto, che ha voluto criticare la veridicità del Vangelo perché Matteo ha detto qualcosa che Luca, narrando il medesimo evento, ha omesso di dire: quasi che Luca negasse che Cristo abbia detto ciò che Matteo ha scritto che disse. Al riguardo non c'è stata mai alcuna disputa e un'obiezione simile può venire solo da gente del tutto dissennata, che non vuole o non può prendere in esame alcuna di queste cose. Certamente, ricorre come domanda tra i fedeli, e come obiezione tra gli infedeli - quelli però poco eruditi e assai litigiosi, a meno che una volta ammoniti non ritornino in sé - per quale motivo Matteo disse: Gli si avvicinò un centurione che lo pregava dicendo, mentre Luca disse che il centurione inviò a lui gli anziani dei Giudei per chiedergli di guarire il suo servo ammalato, e che quando Gesù si avvicinò alla sua casa mandò avanti altri, dicendo tramite loro che non era degno che Gesù entrasse in casa sua e che non era degno di andare di persona da Gesù. In che modo, dunque, secondo Matteo gli si avvicinò e lo pregava dicendo: Il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente 12? Qui si capisce che Matteo ha riassunto in breve il medesimo autentico e integro racconto, dicendo che il centurione si avvicinò a Gesù, senza però dire se si avvicinò di persona o tramite altri, e senza esplicitare se quanto gli disse a proposito del suo servo, lo disse da se stesso o attraverso altri. E allora? La consuetudine umana non è forse piena di espressioni di tal fatta, come quando affermiamo " si è avvicinato molto a qualcosa " anche di uno che non diciamo ancora essere arrivato? Non affermiamo forse assai spesso che lo stesso arrivare, al quale sembra quasi che non si possa aggiungere più nulla, avviene anche per mezzo di altri, usando frequentemente espressioni del tipo " ha intentato una causa, è arrivato davanti al giudice ", oppure " è arrivato da questo o da quel potente ", quando i più fanno ciò tramite amicizie, senza aver visto affatto colui presso il quale si dice che sono arrivati? Per questo nel linguaggio comune si chiamano " arrivati " quegli uomini che, con l'arte dell'intrigo, da soli o tramite altri, giungono a toccare gli animi in qualche modo inaccessibili dei potenti. E che dunque? Quando leggiamo, dimentichiamo il modo in cui siamo soliti parlare? O forse la Scrittura di Dio avrebbe dovuto parlare con noi in modo diverso dal nostro costume? Ecco ciò che risponderei sull'uso comune del linguaggio a gente ostinata e turbolenta.
Matteo ha insistito sul significato del fatto, Luca sul modo in cui si è svolto.
8. Coloro che indagano queste cose con animo non litigioso, ma pacato e fedele, si avvicinino a Gesù non con la carne ma con il cuore, non con la presenza del corpo ma con la potenza della fede, come quel centurione, e allora comprenderanno meglio ciò che Matteo ha detto. A costoro infatti si dice nel Salmo: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati e il vostro volto non arrossirà 13. Per questo il centurione, la cui fede Cristo tanto lodò, si era avvicinato a lui più degli stessi tramite i quali inviò le sue parole. Un caso simile è quando il Signore disse: Qualcuno mi ha toccato, allorché una donna che soffriva di perdite di sangue fu sanata toccando l'orlo della sua veste. Ai suoi discepoli sembrava strano che dicesse: Chi mi ha toccato? e: Qualcuno mi ha toccato, mentre la folla lo premeva. E quindi gli risposero: La folla ti stringe, e dici " Chi mi ha toccato? " 14. Quelli lo premevano, ma essa lo toccò: ugualmente, quelli erano stati inviati a Cristo, ma il centurione gli si avvicinò di più. Dunque Matteo ha mantenuto un modo di esprimersi tuttora non inusitato e ha comunicato qualcosa di misterioso; Luca invece ha mostrato come questo stesso fatto si è svolto, per costringerci ad accorgerci del modo in cui Matteo lo ha espresso. Vorrei proprio che qualcuno di questi millantatori, che in mala fede obiettano al Vangelo questioncelle simili come fossero di grande portata, raccontasse egli stesso una cosa per due volte, non per dire il falso o per ingannare, ma con l'intenzione di comunicarla ed esporla con esattezza, e che le sue parole fossero raccolte con lo stilo e gli venissero lette ad alta voce: si vedrà se non abbia detto qualcosa in più o in meno, o con un ordine invertito non solo nelle parole ma anche nei fatti, o se non abbia aggiunto qualcosa di sua iniziativa, come se un altro avesse detto qualcosa che egli non gli aveva sentito dire ma sapeva chiaramente che avrebbe voluto e pensato di dirla; o se non abbia compendiato in breve la verità del racconto di qualcuno, il cui contenuto aveva prima esplicato per esteso, quasi punto per punto; e se c'è dell'altro che possa essere ricondotto a regole certe, si noterà come, nei distinti racconti di uno stesso fatto forniti da due persone, o in due racconti di uno stesso fatto forniti da una sola persona, avvenga che si ritrovino molte cose diverse e tuttavia non opposte, e molte cose variate, ma non contraddittorie. Così si sciolgono tutte le difficoltà con cui questi infelici si legano il collo, per conservare nell'intimo lo spirito del loro errore e non accettare dall'esterno quello della salvezza.
Esortazione finale: i Manichei seguano l'autorità delle Scritture o almeno la retta ragione.
9. Dopo aver confutato tutte le calunnie di Fausto, almeno quelle contenute nei suoi Capitoli, alle quali, credo, ho risposto in quest'opera a sufficienza e con ampiezza, nella misura in cui il Signore si è degnato di aiutarmi, voglio brevemente ammonire voi che siete prigionieri di quell'errore tanto nefando e esecrabile: se volete seguire l'autorità delle Scritture, fra tutte la preferibile, seguite quella che custodita, raccomandata e glorificata in tutto il mondo, è giunta dai tempi della presenza dello stesso Cristo sino a questi tempi, attraverso l'amministrazione degli apostoli e le successioni sicure dei vescovi dalle loro sedi. Lì infatti vedrete anche rivelarsi le oscurità e compiersi le predizioni del Vecchio Testamento. Se invece è la ragione che vi muove, pensate in primo luogo a chi siete, a quanto poco siete capaci di comprendere la natura non dico di Dio, ma dell'anima vostra, la quale va compresa, come voi dite di volere o di aver voluto, per mezzo di una ragione certissima e non di una vanissima credulità: poiché questo non lo potete affatto, - senza dubbio, infatti, finché sarete così come siete, non lo potrete in alcun modo -, pensate o credete almeno a ciò che per natura è insito in ogni mente umana, se non è guastato dalla depravazione di un'opinione perversa: che cioè la natura e la sostanza di Dio è totalmente immutabile e totalmente incorruttibile. E d'un tratto cesserete di essere Manichei, per poter essere un giorno cattolici. Amen.
Note:
1 - Mt 8, 11.
2 - Cf. Lc 23, 43.
3 - Cf. Mt 21, 31.
4 - Cf. Gv 8, 3-11.
5 - Cf. Mt 5, 45.
6 - Cf. Mt 8, 5-13; Lc 7, 2-10.
7 - Lc 13, 24-29.
8 - Cf. Mt 7, 21.
9 - Cf. Gv 8, 39. 56.
10 - Lc 16, 23.
11 - Cf. Rm 4, 3.
12 - Mt 8, 5-13; Lc 7, 2-10.
13 - Sal 33, 6.
14 - Lc 8, 43-46.
Una ruota misteriosa e profetica
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaLa notte del 10 maggio 1861 Don Bosco ebbe un sogno straordinario, sia
per la lunghezza (durò circa 6 ore), sia per la varietà delle scene
ammirate, delle quali molte riguardavano i singoli suoi ragazzi, mentre
altre interessavano la sua nascente Congregazione, da lui contemplata
nel suo avvenire con precisione profetica.
Nel raccontarlo Don Bosco impiegò tre «buone notti », nelle quali il
discorsino di pochi minuti che soleva rivolgere ai suoi figliuoli dopo
le preghiere della sera, per la circostanza, superò la mezz’ora.
Anche in questo sogno è presente una Guida, decisa però a non rivelare
il suo nome. Essa reca una macchina fornita di una grossa ruota con
manovella, che manovra una grande lente di un metro e mezzo circa, nella
quale Don Bosco vede la coscienza dei suoi giovani e l’avvenire della
sua Congregazione.
Delle prime due parti ci limitiamo a dare un riassunto e a rilevare che
in esse appare evidente il dono dell’introspezione delle coscienze.
Infatti, al comando della Guida, Don Bosco dà vari giri alla manovella
e, dopo ogni giro, guardando nella lente misteriosa, vede i suoi ragazzi
in pose e aspetti diversi: ora i buoni divisi dai cattivi, ora su
questi segnato il vizio da cui sono macchiati; vede pure coloro che si
fermeranno con lui, intenti al lavoro che sarebbe loro toccato; vede
anche quelli che, dopo un momentaneo entusiasmo, lo avrebbero
abbandonato. Al suo sguardo appare chiaramente presente lo stato di
coscienza e la vocazione dei singoli.
Quanto aveva visto in questa prima parte del sogno lo comunicò ai suoi
ragazzi, che nei giorni seguenti lo assediarono per sapere come li aveva
visti nel sogno. E l’effetto morale sulla condotta dei ragazzi fu tale,
a detta del biografo, quale appena si sarebbe potuto sperare da una
missione delle più fruttuose.
Tra i consigli che la Guida diede a Don Bosco ci fu questo:
«Quando si dicono due parole dal pulpito, una sia sul far bene le confessioni».
Viene quindi la parte profetica del sogno, la più interessante; ma per
Don Bosco non fu una novità assoluta, perché già nel 1856 aveva avuto un
sogno breve ma significativo. Aveva sognato di trovarsi in una piazza
dove c’era un ordigno somigliante a una specie di ruota della fortuna.
La solita Guida gli aveva detto che rappresentava il suo Oratorio e gli
aveva comandato di girare il manubrio. Al primo giro ne era uscito un
rumore appena percettibile.
— Che cosa significa ciò? — chiese il Santo.
— Ogni giro — rispose la Guida — assomma dieci anni del tuo Oratorio. Gira ancora quattro volte.
A ogni giro il rumore cresceva. Don Bosco ebbe l’impressione che il
secondo si udisse in Torino e in tutto il Piemonte, il terzo in Italia,
il quarto in Europa, il quinto nel mondo intero.
Era stata una cosa rapida, un semplice accenno all’avvenire della
nascente Congregazione. In questo secondo sogno invece non più un rumore
confuso, ma chiarezza di circostanze e di persone. La lente prodigiosa,
che la Guida gli aveva presentato, con un giro della ruota che le stava
accanto, gli rendeva magicamente presente l’avvenire della sua Opera.
Una prima volta la Guida gli ordina:
— Fa’ fare dieci giri alla ruota; ricordati di contarli esattamente e poi guarda.
Don Bosco gira dieci volte il manubrio, poi accosta con una certa
trepidazione l’occhio alla lente. Meraviglia! Vede ancora quasi tutti
i suoi ragazzi, ma cresciuti in età: hanno già i baffi; qualcuno si
è fatto crescere la barba.
— Ma come mai? — chiede stupito —. Ma se quello ieri era un bambino, come ha fatto a crescere così all’improvviso?
— Quanti giri hai dato? — domanda la Guida.
— Dieci.
— Ebbene, conta dieci anni. Siamo nel 1871: hanno dieci anni di più.
E non solo i ragazzi erano cresciuti; Don Bosco vide pure le sue case
moltiplicate e abitate da giovani sconosciuti, sotto la guida di quei
suoi figliuoli fatti adulti.
— Da’ altri dieci giri — disse la Guida — e balzeremo all’81.
Don Bosco fece fare i dieci giri prescritti, poi guardò. I suoi ragazzi
erano ridotti a metà: alcuni con i capelli brizzolati, altri leggermente
curvi. Il dispiacere che provò fu largamente compensato dalla
consolazione che gli procurò la visione di paesi nuovi e regioni
sconosciute e di tanti altri ragazzi guidati da maestri ignoti, ma alle
dipendenze dei suoi attuali aiutanti dell’Oratorio giunti all’età
matura.
Con ansia crescente diede altri dieci giri. I suoi giovani attuali,
ridotti di un quarto, gli si presentavano avanti negli anni, con capelli
e barba imbiancati. Si era nel 1891. Le case e i suoi figliuoli
apparivano aumentati di numero. Tra i ragazzi ce n’erano di quelli di
pelle e di colore diversi dai nostri.
Ancora dieci giri ed ecco il 1901 con nuovi motivi di dolore e di gioia.
I primi ragazzi dell’Oratorio erano ridotti a pochi, invecchiati e
magri, prossimi ormai al premio. In molte case il personale era tutto
nuovo e i ragazzi erano aumentati smisuratamente. Don Bosco contemplava
muto e incantato, quand’ecco la Guida gli fece premura:
— Da’ altri dieci giri e vedrai cose che ti consolano e ti angustiano.
Dieci rapidi giri e Don Bosco si trovò al 1911. Al suo sguardo apparvero
«case nuove, giovani nuovi, direttori e maestri con abiti e costumi
nuovi». Cercò in quella moltitudine se vi fosse qualcuno dei primi tempi
e ne riconobbe uno solo, canuto e cadente, il quale, circondato da una
bella corona di ragazzi, raccontava i princìpi dell’Oratorio e loro
ripeteva le cose imparate da Don Bosco e ne mostrava il ritratto appeso
alle pareti del parlatorio. (Qui Don Bosco accenna certamente a Don
Francesia, che fino alla tarda età di 90 anni parlò continuamente di
lui, ne scrisse in tutti i suoi libri, lo cantò in versi numerosissimi e
infiorava di reminiscenze dell’amato Padre ogni sua predica e le sue
piacevolissime conversazioni. Chi scrive ha avuto la gioia di ascoltarlo
per alcuni anni).
Il lungo sogno volgeva ormai al termine e la Guida disse a Don Bosco di volerlo confortare con un’ultima visione.
— Volentieri — rispose Don Bosco.
— Dunque sta’ attento, gira la ruota in senso contrario, tanti giri quanti ne hai dati in precedenza.
La ruota girò per 50 giri, cinquant’anni più avanti. Don Bosco guardò.
Ai suoi occhi increduli apparve una moltitudine numerosa di giovani,
tutti nuovi e sconosciuti, dall’infinita varietà di costumi, paesi,
fattezze e linguaggi, ma per quanto si sforzasse, non riuscì a vederne
che una minima parte con i loro assistenti e maestri.
— Ma io non ne conosco affatto nessuno — disse rivolto alla Guida.
— Eppure sono tuoi figli. Ascoltali. Parlano dite e dei tuoi antichi
figli e superiori, che da tempo non sono più in vita, e ricordano gli
insegnamenti ricevuti da te e da loro.
Don Bosco contemplava, in preda a vivo stupore, il panorama del 1961: le
sue case oltre il migliaio, i suoi figli a decine di migliaia, i suoi
ragazzi a centinaia di migliaia. Un panorama vario e meraviglioso,
perché ogni popolo della terra vi aveva recato le sue caratteristiche.
Una prova della natura profetica del sogno si ebbe anche nel l’avveramento delle profezie fatte sui singoli.
Così il chierico Molina, in questo sogno, fu visto da Don Bosco gettar
via il cappello, saltare il fosso e poi fuggire. Il chierico ne chiese
la spiegazione.
— Tu — rispose Don Bosco — farai non cinque, ma sei anni di teologia e poi deporrai l’abito ecclesiastico.
A Molina la risposta parve strana e ben lontana dalla verità; ma la
profezia si avverò alla lettera: dopo sei anni di teologia il chierico
approfittò di una visita in famiglia e non tornò più.
Il chierico Vaschetti fu visto nel sogno uscire dal campo e saltare il
fosso. Quando Don Bosco glielo comunicò, rispose quasi in dispettito:
— Lei ha davvero sognato!
Infatti allora era ben lontano dal voler lasciare Don Bosco; ma qualche
tempo dopo saltò realmente il fosso. Fu però un ottimo parroco in
diocesi.
Il chierico Giuseppe Fagnano, da pochi mesi venuto dal Seminario di
Asti, non conoscendo Don Bosco, pensò che si trattasse di
fantasticherie; ma spinto dai compagni, domandò a Don Bosco che cosa
avesse visto di lui in quella lente.
— Ti ho visto che lavoravi in mezzo a uomini nudi, ma così lontano che appena potevo riconoscerti.
Fu profeta: Mons. Fagnano fu il più grande missionario della Terra del Fuoco.
Terminato il racconto, Don Bosco parlò così: « Adesso che vi ho
raccontato queste cose, penserete: “Chi sa! Don Bosco è un uomo
straordinario, un santo sicuramente!”. Miei cari giovani, per impedire
stolti giudizi intorno a me, stimo bene di dirvi che il Signore ha molti
mezzi per manifestare la sua volontà. Alcune volte si serve degli
strumenti più inetti e indegni, come si servì del l’asina di Balaam
facendola parlare; e di Balaam, falso profeta, per predire molte cose
riguardanti il Messia. Perciò lo stesso può accadere a me».
27 maggio 1976 - ALBERO AVVELENATO
Mons. Ottavio Michelini
Figlio scrivi:
Quanti sono i libri, le riviste che trattano i problemi della Chiesa? Sono tanti che dal numerarli risulterebbe un elenco interminabile.
Ma quanti sono i libri che hanno centrato il vero problema della Pastorale? Non ne esistono! Questa affermazione potrà sembrare presuntuosa e arbitraria, ma la verità non deve mai preoccuparsi dei giudizi degli uomini, né delle conseguenze che questi giudizi producono.
Nei precedenti messaggi è detto chiaramente: la storia della Chiesa e dell'umanità è costituita essenzialmente dalla creazione e caduta degli Angeli, dalla creazione e caduta dell'umanità tutta in Adamo ed Eva, dal Mistero della Redenzione e dal Mistero della Chiesa uscita dal Cuore aperto di Me, Verbo Eterno.
Se volete raffigurare l'umanità come un grande albero in cui il fusto e i rami principali sono formati dai fatti sopra descritti, i rametti e le foglie sono gli avvenimenti di popoli, di epoche e di civiltà che si susseguono nel tempo, come germogli naturali di questo albero gigantesco.(p.29)
L'albero della vita, che ha le sue radici in Dio, è stato avvelenato da Satana.
Dio è la sola grande, onnipotente Realtà che domina la vita, la morte, il tempo e lo spazio, il cielo e la terra.
Satana, pur essendo distanziato da Dio da un abisso incolmabile, per cui nulla mai potrà contro Dio, sfoga il suo potere, grande ma pur limitato e permeato di oscurità, contro l'intera umanità di cui in Adamo ed Eva riuscì ad impadronirsi e che Io ristrappai fin dai primordi con l'annuncio ai progenitori, dopo la loro confessione, del Mistero della mia Incarnazione.
Verità dimenticate
Queste realtà gli uomini le hanno dimenticate. Nella mia Chiesa esse non sono vedute con quella chiarezza necessaria per l'impostazione su vaste basi di una pastorale operante a beneficio delle anime.
Lavorano a vuoto tutti quei Vescovi e Sacerdoti che non hanno idee chiare e convinzioni solide su questa realtà di cui le Sacre Scritture, antiche e nuove, parlano in continuazione. Non credere fermamente questo vuol dire dirottare tesori irrecuperabili di tempo, di fatiche, di energie, di studi, di soprannaturale su di un suolo infecondo ove tutto imputridisce.(p.30)
Immaginate, figli, le conseguenze derivanti dal dirottamento di un fiume, dal suo alveo naturale, su di un terreno formato da alture e da depressioni: si formano stagni ove le acque marciscono, diventano sature di miasmi, portatrici di infezioni e di malattie.
Ora così è la Chiesa. Questa crisi di fede, che ha alle radici la superbia e la presunzione, ha oscurato le grandi realtà, chiare acque di sorgente, facendo dirottare il fiume di luce e di verità delle Scritture e della Tradizione dall'alveo naturale in rivoli di acque putride.
Come si sia arrivati a questo, che è il non plus ultra dell'assurdità, è complesso a dirsi, ma certo è anche opera della perfida volontà di Satana, impotente nemico di Dio, ma ultra-potente nemico dell'uomo.
Subdolo, insidioso, tenace nel male, ha un buon gioco sulla debilitata natura umana. Gli riesce facile operare su di una natura inferiore alla sua e per giunta già da lui mortalmente ferita.
Dio è operatore di bene, di luce, di verità, di giustizia e di pace. Satana è operatore di male. Ecco la sorgente della storia che coinvolge cielo e terra, che coinvolge l'umanità.
Che ne pensano i pastori di anime?(p.31)
Se cancellate questa realtà dalla mente e dai cuori degli uomini, che ne è degli uomini?
Si può pensare di cancellare queste realtà senza contraddire e minare alla base l'essenza della storia umana?
Pensino i pastori di anime e meditino sul serio, perché è da qui, è dalla radice che si deve curare il male.
Ti benedico, figlio; voglimi bene.(p.32)