Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

C'è un periodo della vita in cui dobbiamo passare attraverso il guado della delusione, perché vediamo le nostre aspettative distrutte e sepolte. Quello è il momento in cui si gioca la credibilità  della nostra fede. La fede non ci risparmia le delusioni, ma ci indica come comportarci davanti ai problemi e ci aiuta quando cominciano a crollare le nostre aspettative. Quando questo accade, la fede ci rivela che la prima cosa da fare è prendersi delle responsabilità , cominciando proprio dalla fedeltà  ai piccoli doveri della vita di tutti i giorni. È lì, e non altrove, che possiamo incontrare il Signore. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 2° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 11

1Quando si avvicinarono a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli2e disse loro: "Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo.3E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo?, rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito".4Andarono e trovarono un asinello legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero.5E alcuni dei presenti però dissero loro: "Che cosa fate, sciogliendo questo asinello?".6Ed essi risposero come aveva detto loro il Signore. E li lasciarono fare.7Essi condussero l'asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra.8E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde, che avevano tagliate dai campi.9Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano:

'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'
10Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide!
'Osanna' nel più alto dei cieli!

11Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betània.

12La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame.13E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi.14E gli disse: "Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti". E i discepoli l'udirono.

15Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe16e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio.17Ed insegnava loro dicendo: "Non sta forse scritto:

'La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le genti?'
Voi invece ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".

18L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento.19Quando venne la sera uscirono dalla città.

20La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici.21Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: "Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato".22Gesù allora disse loro: "Abbiate fede in Dio!23In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato.24Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato.25Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati".26.

27Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero:28"Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farlo?".29Ma Gesù disse loro: "Vi farò anch'io una domanda e, se mi risponderete, vi dirò con quale potere lo faccio.30Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi".31Ed essi discutevano tra sé dicendo: "Se rispondiamo "dal cielo", dirà: Perché allora non gli avete creduto?32Diciamo dunque "dagli uomini"?". Però temevano la folla, perché tutti consideravano Giovanni come un vero profeta.33Allora diedero a Gesù questa risposta: "Non sappiamo". E Gesù disse loro: "Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose".


Primo libro delle Cronache 29

1Il re Davide disse a tutta l'assemblea: "Salomone mio figlio, il solo che Dio ha scelto, è ancora giovane e debole, mentre l'impresa è grandiosa, perché la Dimora non è destinata a un uomo ma al Signore Dio.2Secondo tutta la mia possibilità ho fatto preparativi per il tempio del mio Dio; ho preparato oro su oro, argento su argento, bronzo su bronzo, ferro su ferro, legname su legname, ònici, brillanti, topàzi, pietre di vario valore e pietre preziose e marmo bianco in quantità.3Inoltre, per il mio amore per la casa del mio Dio, quanto possiedo in oro e in argento dò per il tempio del mio Dio, oltre quanto ho preparato per il santuario:4tremila talenti d'oro, d'oro di Ofir, e settemila talenti d'argento raffinato per rivestire le pareti interne,5l'oro per gli oggetti in oro, l'argento per quelli in argento e per tutti i lavori da eseguirsi dagli artisti. Ora, chi vuole essere generoso oggi per il Signore?".6Si dimostrarono volenterosi i capifamiglia, i capitribù di Israele, i capi di migliaia e di centinaia e i dirigenti degli affari del re.7Essi diedero per l'opera del tempio cinquemila talenti d'oro, diecimila darìci, diecimila talenti d'argento, diciottomila talenti di bronzo e centomila talenti di ferro.8Quanti si ritrovarono pietre preziose le diedero a Iechièl il Ghersonita, perché fossero depositate nel tesoro del tempio.9Il popolo gioì per la loro generosità, perché le offerte erano fatte al Signore con cuore sincero; anche il re Davide gioì vivamente.
10Davide benedisse il Signore davanti a tutta l'assemblea. Davide disse: "Sii benedetto, Signore Dio di Israele, nostro padre, ora e sempre.11Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa.12Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu domini tutto; nella tua mano c'è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza e potere.13Ora, nostro Dio, ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso.14E chi sono io e chi è il mio popolo, per essere in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Ora tutto proviene da te; noi, dopo averlo ricevuto dalla tua mano, te l'abbiamo ridato.15Noi siamo stranieri davanti a te e pellegrini come tutti i nostri padri. Come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra e non c'è speranza.16Signore nostro Dio, quanto noi abbiamo preparato per costruire una casa al tuo santo nome proviene da te, è tutto tuo.17So, mio Dio, che tu provi i cuori e ti compiaci della rettitudine. Io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte queste cose. Ora io vedo il tuo popolo qui presente portarti offerte con gioia.18Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, nostri padri, custodisci questo sentimento per sempre nell'intimo del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te.19A Salomone mio figlio concedi un cuore sincero perché custodisca i tuoi comandi, le tue disposizioni e i tuoi decreti, perché eseguisca tutto ciò e costruisca l'edificio, per il quale io ho eseguito i preparativi".
20Davide disse a tutta l'assemblea: "Su, benedite il Signore vostro Dio!". Tutta l'assemblea benedisse il Signore, Dio dei suoi padri; si inginocchiarono e si prostrarono davanti al Signore e al re.
21Offrirono sacrifici al Signore e gli bruciarono olocausti il giorno dopo: mille giovenchi, mille arieti, mille agnelli con le relative libazioni, oltre numerosi sacrifici per tutto Israele.22Mangiarono e bevvero alla presenza del Signore in quel giorno con manifestazioni di grande gioia. Di nuovo proclamarono re Salomone, figlio di Davide, lo unsero, consacrando lui al Signore come capo e Zadòk come sacerdote.
23Salomone sedette sul trono del Signore come re al posto di Davide suo padre; prosperò e tutto Israele gli fu sottomesso.24Tutti gli ufficiali, i prodi e anche tutti i figli del re Davide si sottomisero al re Salomone.25Il Signore rese grande Salomone di fronte a tutto Israele e gli diede uno splendore di regno, che nessun predecessore in Israele aveva avuto.
26Davide, figlio di Iesse, aveva regnato su tutto Israele.27La durata del suo regno su Israele era stata di quarant'anni; in Ebron aveva regnato sette anni e in Gerusalemme trentatré.28Morì molto vecchio, sazio di anni, di ricchezza e di gloria. Al suo posto divenne re il figlio Salomone.
29Le gesta del re Davide, le prime come le ultime, ecco sono descritte nei libri del veggente Samuele, nel libro del profeta Natan e nel libro del veggente Gad,30con tutta la storia del suo regno, della sua potenza e di quanto avvenne in quei tempi durante la sua vita, in Israele e in tutti i regni degli altri paesi.


Siracide 51

1Ti glorificherò, Signore mio re,
ti loderò, Dio mio salvatore;
glorificherò il tuo nome,
2perché fosti mio protettore e mio aiuto
e hai liberato il mio corpo dalla perdizione,
dal laccio di una lingua calunniatrice,
dalle labbra che proferiscono menzogne;
di fronte a quanti mi circondavano
sei stato il mio aiuto e mi hai liberato,
3secondo la tua grande misericordia e per il tuo nome,
dai morsi di chi stava per divorarmi,
dalla mano di quanti insidiavano alla mia vita,
dalle molte tribolazioni di cui soffrivo,
4dal soffocamento di una fiamma avvolgente,
e dal fuoco che non avevo acceso,
5dal profondo seno degli inferi,
dalla lingua impura e dalla parola falsa.
6Una calunnia di lingua ingiusta era giunta al re.
La mia anima era vicina alla morte,
la mia vita era alle porte degli inferi.
7Mi assalivano dovunque e nessuno mi aiutava;
mi rivolsi per soccorso agli uomini, ma invano.
8Allora mi ricordai delle tue misericordie, Signore,
e delle tue opere che sono da sempre,
perché tu liberi quanti sperano in te,
li salvi dalla mano dei nemici.
9Ed innalzi dalla terra la mia supplica;
pregai per la liberazione dalla morte.
10Esclamai: "Signore, mio padre tu sei
e campione della mia salvezza,
non mi abbandonare nei giorni dell'angoscia,
nel tempo dello sconforto e della desolazione.
Io loderò sempre il tuo nome;
canterò inni a te con riconoscenza".
11La mia supplica fu esaudita;
tu mi salvasti infatti dalla rovina
e mi strappasti da una cattiva situazione.
12Per questo ti ringrazierò e ti loderò,
benedirò il nome del Signore.

13Quando ero ancora giovane, prima di viaggiare,
ricercai assiduamente la sapienza nella preghiera.
14Davanti al santuario pregando la domandavo,
e sino alla fine la ricercherò.
15Del suo fiorire, come uva vicina a maturare,
il mio cuore si rallegrò.
Il mio piede si incamminò per la via retta;
dalla giovinezza ho seguito le sue orme.
16Chinai un poco l'orecchio per riceverla;
vi trovai un insegnamento abbondante.
17Con essa feci progresso;
renderò gloria a chi mi ha concesso la sapienza.
18Sì, ho deciso di metterla in pratica;
sono stato zelante nel bene, non resterò confuso.
19La mia anima si è allenata in essa;
fui diligente nel praticare la legge.
Ho steso le mani verso l'alto;
ho deplorato che la si ignori.
20A lei rivolsi il mio desiderio,
e la trovai nella purezza.
In essa acquistai senno fin da principio;
per questo non la abbandonerò.
21Le mie viscere si commossero nel ricercarla;
per questo ottenni il suo prezioso acquisto.
22Il Signore mi ha dato in ricompensa una lingua,
con cui lo loderò.
23Avvicinatevi, voi che siete senza istruzione,
prendete dimora nella mia scuola.
24Fino a quando volete rimanerne privi,
mentre la vostra anima ne è tanto assetata?
25Ho aperto la bocca e ho parlato:
"Acquistatela senza denaro.
26Sottoponete il collo al suo giogo,
accogliete l'istruzione.
Essa è vicina e si può trovare.
27Vedete con gli occhi che poco mi faticai,
e vi trovai per me una grande pace.
28Acquistate anche l'istruzione con molto denaro;
con essa otterrete molto oro.
29Si diletti l'anima vostra della misericordia del
Signore;
non vogliate vergognarvi di lodarlo.
30Compite la vostra opera prima del tempo
ed egli a suo tempo vi ricompenserà".


Salmi 34

1'Di Davide, quando si finse pazzo in presenza di Abimelech e, da lui scacciato, se ne andò.'

2Alef. Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3Bet. Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
4Ghimel. Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.

5Dalet. Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
6He. Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
7Zain. Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
8Het. L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.

9Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia.
10Iod. Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
11Caf. I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.

12Lamed. Venite, figli, ascoltatemi;
v'insegnerò il timore del Signore.
13Mem. C'è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?

14Nun. Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
15Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
cerca la pace e perseguila.

16Ain. Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
17Pe. Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.

18Sade. Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19Kof. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.

20Res. Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
21Sin. Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.

22Tau. La malizia uccide l'empio
e chi odia il giusto sarà punito.
23Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.


Geremia 30

1Parola che fu rivolta a Geremia da parte del Signore:2Dice il Signore, Dio di Israele: "Scriviti in un libro tutte le cose che ti dirò,3perché, ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali cambierò la sorte del mio popolo, di Israele e di Giuda - dice il Signore -; li ricondurrò nel paese che ho concesso ai loro padri e ne prenderanno possesso".4Queste sono le parole che il Signore pronunziò per Israele e per Giuda:

5Così dice il Signore:
"Si ode un grido di spavento,
terrore, non pace.
6Informatevi e osservate se un maschio può partorire.
Perché mai vedo tutti gli uomini
con le mani sui fianchi come una partoriente?
Perché ogni faccia è stravolta,
impallidita? Ohimè!
7Perché grande è quel giorno,
non ce n'è uno simile!
Esso sarà un tempo di angoscia per Giacobbe,
tuttavia egli ne uscirà salvato.

8In quel giorno - parola del Signore degli eserciti - romperò il giogo togliendolo dal suo collo, spezzerò le sue catene; non saranno più schiavi di stranieri.9Essi serviranno il Signore loro Dio e Davide loro re, che io susciterò loro.
10Tu, poi, non temere, Giacobbe, mio servo.
Oracolo del Signore.
Non abbatterti, Israele,
Poiché io libererò te dal paese lontano,
la tua discendenza dal paese del suo esilio.
Giacobbe ritornerà e godrà la pace,
vivrà tranquillo e nessuno lo molesterà.
11Poiché io sono con te
per salvarti, oracolo del Signore.
Sterminerò tutte le nazioni
in mezzo alle quali ti ho disperso;
ma con te non voglio operare una strage;
cioè ti castigherò secondo giustizia,
non ti lascerò del tutto impunito".

12Così dice il Signore: "La tua ferita è incurabile,
la tua piaga è molto grave.
13Per la tua piaga non ci sono rimedi,
non si forma nessuna cicatrice.
14Tutti i tuoi amanti ti hanno dimenticato,
non ti cercano più;
poiché ti ho colpito come colpisce un nemico,
con un castigo severo,
per le tue grandi iniquità,
per i molti tuoi peccati.
15Perché gridi per la ferita?
Incurabile è la tua piaga.
A causa della tua grande iniquità, dei molti tuoi peccati,
io ti ho fatto questi mali.
16Però quanti ti divorano saranno divorati,
i tuoi oppressori andranno tutti in schiavitù;
i tuoi saccheggiatori saranno abbandonati al saccheggio
e saranno oggetto di preda quanti ti hanno depredato.
17Farò infatti cicatrizzare la tua ferita
e ti guarirò dalle tue piaghe.
Parola del Signore.
Poiché ti chiamano la ripudiata, o Sion,
quella di cui nessuno si cura",
18Così dice il Signore.

"Ecco, restaurerò la sorte delle tende di Giacobbe
e avrò compassione delle sue dimore.
La città sarà ricostruita sulle rovine
e il palazzo sorgerà di nuovo al suo posto.
19Ne usciranno inni di lode,
voci di gente festante.
Li moltiplicherò e non diminuiranno,
li onorerò e non saranno disprezzati,
20i loro figli saranno come una volta.
la loro assemblea sarà stabile dinanzi a me;
mentre punirò i loro avversari.
21Il loro capo sarà uno di essi
e da essi uscirà il loro comandante;
io lo farò avvicinare ed egli si accosterà a me.
Poiché chi è colui che arrischia la vita
per avvicinarsi a me? Oracolo del Signore.
22Voi sarete il mio popolo
e io il vostro Dio.
23Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena,
una tempesta travolgente;
si abbatte sul capo dei malvagi.
24Non cesserà l'ira ardente del Signore,
finché non abbia compiuto e attuato
i progetti del suo cuore.
Alla fine dei giorni lo comprenderete!


Atti degli Apostoli 27

1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne,8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.

9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite".11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.
13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone".15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.
21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".
27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo".32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.
33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto".35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.


Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina

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1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.

2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.

3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).


DISCORSO 186 NATALE DEL SIGNORE

Discorsi - Sant'Agostino

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Il parto verginale di Maria.

1. Rallegriamoci, fratelli, gioiscano e si allietino le genti. Questo giorno per noi venne reso sacro non dall'astro solare che vediamo, ma dal suo Creatore invisibile quando, divenuto visibile per noi, lo partorì la Vergine Madre, feconda pur rimanendo integra, anche lei creata dal Creatore invisibile. Vergine nel concepirlo, vergine nel generarlo, vergine nel portarlo in grembo, vergine dopo averlo partorito, vergine per sempre. Perché ti meravigli di questo, uomo? Era conveniente che nascesse così Dio, quando si degnò di diventare uomo. Così l'ha creata colui che è stato fatto da lei. Prima che venisse formato nel seno materno già esisteva e, poiché era onnipotente, poté essere formato pur rimanendo ciò che era prima. Si formò una madre, mentre era presso il Padre; e mentre veniva fatto dalla madre, rimase sempre nel Padre. Come avrebbe potuto smettere di essere Dio quando cominciò ad essere uomo, se alla sua madre fece dono di non smettere di essere vergine quando lo partorì? Il Verbo si è fatto carne 1, non significa che cessò di essere Verbo per divenire carne mortale, ma che la carne si unì al Verbo per non essere più mortale. Come l'uomo è formato di anima e di corpo, così Cristo è Dio e uomo. È uomo e insieme Dio; è Dio e insieme uomo: senza confusione della natura, ma nell'unità della persona. Colui che come Figlio di Dio è da sempre coeterno al Padre che lo genera, è lo stesso che cominciò ad essere dalla Vergine come figlio dell'uomo. E così alla divinità del Figlio si è aggiunta l'umanità; tuttavia non si è formata una "quaternità" di persone, ma rimane la Trinità.

Contro il docetismo.

2. Non fatevi ingannare pertanto dall'opinione di alcuni che non prestano sufficiente attenzione alla regola della fede e agli insegnamenti delle divine Scritture. Dicono costoro: il figlio dell'uomo è diventato Figlio di Dio; ma il Figlio di Dio non è diventato figlio dell'uomo. Hanno detto così per cercare di salvaguardare la verità; tuttavia non sono stati capaci di esprimere totalmente la verità. Hanno salvaguardato questa verità: la natura umana poté mutarsi in meglio, ma la natura divina non poté mutarsi in peggio. E questo è vero. Ma è vero anche che, pur non essendosi assolutamente la natura divina mutata in peggio, il Verbo si è fatto carne. Il Vangelo non dice: "La carne si è fatta Verbo", ma: Il Verbo si è fatto carne; e Verbo significa Dio, perché il Verbo era Dio 2. E che cosa s'intende per carne se non l'uomo? Infatti in Cristo la carne dell'uomo non era senza anima; per cui dice: L'anima mia è triste fino alla morte 3. Se dunque Verbo significa Dio e carne significa uomo, che cosa significa: Il Verbo si è fatto carne se non: "Colui che era Dio si è fatto uomo"? E perciò colui che era Figlio di Dio è divenuto figlio dell'uomo assumendo ciò che era inferiore, non mutando ciò che era superiore; prendendo ciò che non era, non perdendo ciò che era. Come potremmo affermare nella professione di fede di credere nel Figlio di Dio che è nato da Maria Vergine, se fosse nato dalla Vergine Maria non il Figlio di Dio, ma un figlio dell'uomo? Nessun cristiano nega che da quella donna fosse nato un figlio d'uomo; afferma però che Dio si è fatto uomo e che quindi un uomo è divenuto Dio. Il Verbo infatti era Dio e il Verbo si è fatto carne. La vera fede è che colui che era Figlio di Dio, per poter nascere dalla Vergine Maria, prese le sembianze di servo 4, divenne figlio dell'uomo, restando ciò che era e assumendo ciò che non era. Cominciò ad essere nella natura umana, inferiore al Padre 5, continuò a rimanere nella natura divina, nella quale lui e il Padre sono una cosa sola 6.

Il Verbo di Dio è divenuto uomo.

3. Se non fosse diventata figlio dell'uomo la stessa persona che rimane sempre come Figlio di Dio, come poteva dire l'Apostolo: Egli, possedendo la natura divina, non pensò di valersi della sua eguaglianza con Dio, ma annientò se stesso, prendendo la natura di schiavo e diventando simile agli uomini e rivestendo la natura umana 7? Non un altro ma lui stesso, uguale al Padre nella natura divina, che è anche unigenito Figlio del Padre, annientò se stesso diventando simile agli uomini. Non un altro ma lui stesso, che nella natura divina è uguale al Padre, umiliò non un altro ma se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce 8. Tutto questo il Figlio di Dio poté farlo perché ha assunto quella natura per cui è figlio dell'uomo. Ancora: se colui che è da sempre il Figlio di Dio non fosse lo stesso che è diventato figlio dell'uomo, come può dire l'Apostolo ai Romani: Consacrato al Vangelo di Dio, promesso già nelle sacre Scritture per mezzo dei Profeti, riguardante il Figlio suo, nato come uomo dalla stirpe di David 9? Il Figlio di Dio, esistente da sempre, è divenuto ciò che non era, nascendo come uomo dalla stirpe di David. Ancora: se colui che è Figlio di Dio non è lo stesso che è diventato figlio dell'uomo, in che modo Dio mandò suo Figlio nato da una donna 10? Usando il termine donna nella lingua ebraica non si nega in questo caso la prerogativa della verginità, si vuole intendere semplicemente il sesso femminile. Chi poté essere stato mandato dal Padre se non l'unigenito Figlio di Dio? Come è nato da una donna se non perché colui che era Figlio di Dio presso il Padre, una volta mandato, divenne figlio dell'uomo? Nato dal Padre al di fuori di ogni tempo, nato dalla madre in questo giorno. Ha scelto di nascere in questo giorno che lui stesso ha creato, come è nato da una madre che lui stesso ha fatto nascere. Infatti questo giorno, a cominciare dal quale la luce del giorno aumenta sempre più, è figura pure dell'opera di Cristo, dal quale il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno 11. E giustamente l'eterno Creatore, nato nel tempo, non poteva non scegliere come suo giorno natalizio quello che veniva riferito al sole, creatura non eterna.

 

1 - Gv 1, 14.

2 - Gv 1, 14.

3 - Mt 26, 38.

4 - Cf. Fil 2, 7.

5 - Cf. Gv 14, 28.

6 - Cf. Gv 10, 30.

7 - Fil 2, 6-7.

8 - Fil 2, 8.

9 - Rm 1, 1-3.

10 - Gal 4, 4.

11 - 2 Cor 4, 16.


1 - Il Signore dispone di mettere alla prova Maria santissima mentre è a Nazaret e la prepara a nuove grazie.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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712. Gesù, Maria e Giuseppe vennero ad abitare a Nazaret e quella umile e povera abitazione si tramutò in un secondo cielo. Per poter riferire gli arcani misteri che avvennero tra Gesù e la sua purissima Madre fino ai dodici anni di vita e successivamente alla predicazione, sarebbero necessari molti libri. Direi comunque sempre poco per la grandezza ineffabile dell'argomento e per la mia ignoranza. Dirò solo, illuminata dalla gran Signora, qualche cosa, tacendo però nella maggior parte, perché non è possibile né conveniente conoscere tutto in questa vita. Il saper ogni cosa è riservato per la vita eterna in cui abbiamo riposto ogni nostra speranza.

713. Pochi giorni dopo il ritorno dall'Egitto a Nazaret, il Signore decise di mettere alla prova la sua santissima Madre come aveva fatto nel tempo della sua fanciullezza, benché ora ella fosse più salda nell'amore e ripiena di sapienza. La potenza di Dio è infinita e il suo amore divino è immenso, ma anche la capacità della Regina era superiore a quella di tutte le creature, così che il Signore volle sollevarla a maggiore stato di santità e di meriti. Come vero maestro di vita spirituale, volle formare una discepola saggia ed eccellente, la quale fosse poi una perfetta maestra di vita e vivo esempio della dottrina del suo maestro. Fu tale infatti Maria santissima dopo l'ascensione al cielo del suo figlio e Signore nostro. Di questo tratterrò in seguito. Era conveniente e necessario, per l'onore di Cristo nostro redentore, che la dottrina evangelica, con la quale e nella quale voleva fondare la nuova legge di grazia santa e senza macchia né ruga, fosse accreditata nella sua efficacia e virtù in qualche pura creatura nella quale i suoi effetti fossero pienamente compiuti. Questa doveva essere il più possibile perfetta nel suo genere e su di essa si sarebbero regolati e misurati tutti gli altri inferiori. A ragione questa creatura doveva essere la beatissima Maria come madre e più vicina al maestro e Signore della santità.

714. L 'Altissimo, dunque, dispose che la divina Signora fosse la prima discepola della sua scuola e la primogenita della nuova legge di grazia. Maria doveva essere l'immagine perfetta del prototipo divino e la materia preparata convenientemente nella quale, come in molle cera, s'imprimesse il sigillo della sua dottrina e santità. In questo modo Figlio e Madre dovevano formare le due tavole viventi della nuova legge che egli era venuto ad insegnare al mondo. Per conseguire questo altissimo fine, il Signore le manifestò tutti i misteri della dottrina evangelica. Il Redentore del mondo conferì con lei su tutto quanto era accaduto, dal ritorno dall'Egitto sino al tempo della predicazione pubblica, come vedremo nel discorso che segue. Per ben ventitré anni il Verbo incarnato e la sua santissima Madre occuparono il tempo a parlare e a far memoria dei grandi misteri. Gli evangelisti tralasciarono tutto ciò che riguardava la vita di Maria, ad eccezione di quanto successe al bambino Gesù all'età di dodici anni, quando si smarrì, secondo un prestabilito disegno, a Gerusalemme, come riferisce san Luca. In questo tempo Maria santissima fu l'unica discepola del suo unigenito Figlio. Egli, oltre agli ineffabili doni di santità e di grazia, comunicati sino ad allora, le infuse una nuova luce e la fece partecipe della sua divina scienza, imprimendo nel suo cuore la legge di grazia e la dottrina che avrebbe insegnato, fino alla fine del mondo, nella sua Chiesa. Tutto ciò avvenne in modo così sublime che non si può spiegare con la ragione e con le parole: la Regina mantenne un comportamento, dettato dalla saggezza e dalla sapienza, tale da illuminare molti mondi - se vi fossero stati - con il suo insegnamento.

715. Per innalzare questo edificio nel cuore purissimo della sua santissima Madre al di sopra di tutto ciò che non era Dio, lo stesso Signore gettò le fondamenta mettendola alla prova nella fortezza dell'amore e di tutte le virtù. A tal fine le fece provare interiormente la sua assenza ritirandole quella vista ordinaria che le dava continua gioia spirituale. Non voglio dire che il Signore la abbandonò, poiché egli rimase accanto a lei e in lei con il dono di grazie sovrabbondanti e in modo ineffabile; tuttavia si nascose dalla sua vista e sospese gli effetti dolcissimi che ella soleva gustare. Come e perché ciò accadesse, il Signore non glielo manifestò mai. Anche lo stesso figlio e Dio bambino le si mostrò più severo del solito: stava meno vicino a lei perché si ritirava molte volte, e le diceva poche parole con grande severità e austerità. Ma quello che la affliggeva maggiormente era l'eclisse di quel Sole che riverberava come in uno specchio di cristallo nell'umanità santissima, nella quale Maria vedeva le opere della sua purissima anima. Così ella non le poteva più vedere come era abituata, per poter imitare quella viva immagine.

716. Questa nuova e improvvisa realtà fu il crogiuolo nel quale si rinnovò e crebbe di carati l'oro purissimo del santo amore della nostra gran Regina. Meravigliata di questa trasformazione, ricorse subito all'umile concetto che aveva di se stessa, giudicandosi indegna dello sguardo del Signore che si era nascosto. Attribuì la colpa di tutto ciò alla mancanza di gratitudine e alla scarsa corrispondenza per non aver dato all'Altissimo, e Padre delle misericordie, il contraccambio che doveva per i benefici ricevuti dalla sua mano. La prudentissima Signora non si affliggeva per la mancanza dei dolcissimi favori e delle abituali tenerezze del Signore, ma il sospetto di averlo disgustato o di aver mancato in qualche modo nel suo servizio e beneplacito le trapassava il candidissimo cuore con un dardo di dolore. Non sa pensare altro l'amore, quando è vero e nobile, perché tutto è impiegato nella gioia e nel bene del bene che ama. Quando l'amore immagina l'amato privo di questa gioia o lo sospetta timoroso e malcontento, non sa riposare fuori dall'appagamento e dalla compiacenza dell'amato. Queste angosce d'amore della Madre di Dio erano molto gradite al suo Figlio santissimo, perché lo innamoravano sempre di più e in modo nuovo; le tenerezze affettuose della sua unica e diletta gli ferivano il cuore. Servendosi di un accorgimento delicato, quando la dolce Madre lo cercava e voleva parlargli, le si mostrava sempre severo e le nascondeva il suo amore. Per questa misteriosa serietà l'incendio del castissimo cuore della Madre sollevava la fiamma come fornace o rogo ardente colpito da un piccolo getto di acqua.

717. Maria compiva atti eroici di tutte le virtù: si umiliava più della polvere, pregava il suo Figlio santissimo con la più profonda adorazione, lodava il Padre e gli rendeva grazie per le sue opere ammirabili e i suoi benefici, conformandosi alla sua divina disposizione e al suo volere. Scrutava la sua santa e perfetta volontà per adempierla in tutto. Si infiammava nell'amore, nella fede e nella speranza; in tutte le opere e vicende quel nardo fragrantissimo emanava odore di soavità per il Re dei re che riposava nel suo cuore come in un talamo fiorito ed odoroso. Perseverava in continue suppliche e lacrime con gemiti e replicati sospiri dall'intimo del suo cuore; effondeva la sua orazione al cospetto del Signore e gli manifestava la sua tribolazione. E molte volte gli diceva parole d'incomparabile bellezza e di amoroso dolore.

718. Gli diceva: «Creatore di tutto l'universo, Dio eterno ed onnipotente, infinito in sapienza e bontà, incomprensibile nell'essere e nelle perfezioni, ben so che il mio gemito non è nascosto alla vostra sapienza e che conoscete, mio Bene, la ferita che trapassa il mio cuore. Se, come inutile serva, ho mancato nel servirvi e nel corrispondere ai vostri desideri, perché, vita dell'anima mia, non mi affliggete e castigate con tutti i dolori e le pene della vita mortale in cui mi ritrovo, affinché io non veda la severità del vostro volto, che merita chi vi ha offeso? Tutte le tribolazioni per me sarebbero assai meno, ma non soffra il mio cuore nel vedervi sdegnato, perché solo voi, o Signore, siete la mia vita, il mio bene, la mia gloria e il mio tesoro. Il mio cuore non tiene conto delle cose create, né le loro immagini entrarono nell'anima mia, salvo che per magnificare la vostra grandezza e riconoscervi come Signore e creatore di tutto. Dunque, che farò io, mio bene e Signore mio, se viene meno la luce degli occhi miei, lo scopo dei miei desideri, la guida del mio pellegrinaggio, la vita che mi dà esistenza e tutto l'essere che mi alimenta? Chi darà agli occhi miei tante lacrime perché non ho saputo avvalermi dei beni ricevuti, e per essere stata così ingrata nel corrispondervi come dovevo? Signore mio, mia luce, mia guida, mia via e mio maestro, che con le vostre più che perfettissime ed eccellenti opere governate le mie che sono fragili e tiepide, se mi nascondete questo modello, come regolerò la mia vita secondo il vostro volere? Chi mi guiderà sicura in questo oscuro esilio? Che farò? A chi mi rivolgerò, se mi negate la vostra protezione?».

719. La cerva ferita con tutto ciò non riposava, ma, come assetata delle fonti purissime della grazia, ricorreva ancora ai suoi santi angeli e con loro teneva lunghe conversazioni e colloqui, dicendo ad essi: «Principi sovrani e favoriti intimi del supremo Re, amici suoi e miei custodi, per la vostra eterna beatitudine nel vedere sempre il suo divino volto nella luce inaccessibile, io vi prego di dirmi se conserva sdegno contro di me, e per quale ragione. Implorate ancora per me alla sua regale presenza, affinché per le vostre preghiere mi perdoni, se per caso l'ho offeso in qualche cosa. Ricordategli, amici miei, che sono polvere, benché fatta dalle sue mani e segnata con la sua immagine: che non si dimentichi di questa povera sino alla fine, poiché ella umilmente lo loda e lo onora. Pregatelo che dia pace e coraggio al mio timore e vita a chi non l'ha se non lo ama. Ditemi: come potrò piacergli e meritare la grazia di vedere il suo volto?». Gli angeli risposero: «Regina e signora nostra, è molto grande il vostro cuore, perché la tribolazione non lo vinca; nessuno conosce più di voi quanto il Signore sia vicino all'afflitto che lo invoca. Egli, senza dubbio, pone attenzione alla vostra richiesta e non disprezza i vostri amorosi gemiti. Sempre troverete in lui un Padre buono, e nel vostro Unigenito un figlio misericordioso, che con amore vede le vostre lacrime». L'amantissima Madre replicò: «Azzarderò troppo ad avvicinarmi alla sua presenza? Sarò troppo audace nel chiedergli, prostrata, che mi perdoni se in qualche cosa l'ho disgustato? Che farò? Che risposta troverò ai miei timori?». I santi principi risposero nuovamente: «Al nostro Re non dispiace il cuore umile, anzi proprio in esso pone gli occhi del suo amore e mai disprezza le preghiere supplichevoli di chi ama, soprattutto nel momento della prova».

720. I santi angeli consolavano la loro Regina e signora con questi colloqui e con queste rassicurazioni, manifestandole - in termini generali - nelle sue dolcissime angosce il singolare amore e compiacimento dell'Altissimo. E non dicevano di più, perché lo stesso Signore voleva avere in esse le sue delizie. Il suo Figlio santissimo, come vero uomo, le portava un naturale amore come a madre e a madre vergine, e spesso si inteneriva con naturale compassione nel vederla così afflitta e gemente. Tuttavia il tratto severo del suo viso non lasciava trasparire i sentimenti di compassione. Alcune volte l'amantissima Madre lo chiamava perché andasse a mangiare, ma egli o si tratteneva o vi andava senza guardarla e senza rivolgerle una parola. Sebbene in tutte queste occasioni Maria santissima spargesse molte lacrime lasciandogli intendere le amorose angosce del cuore, lo faceva con grande discrezione e ponderazione, con gesti tanto prudenti e colmi di sapienza che, se esistesse presso Dio la meraviglia - come sicuramente non è -, il suo divino Figlio sarebbe stato meravigliato di trovare una tale pienezza di santità e di perfezione in una semplice creatura. Il fanciullo Gesù, come uomo, provava speciale diletto e compiacenza nel vedere così ben impiegati, nella sua Madre vergine, gli effetti della sua grazia e del suo divino amore. I santi angeli gli davano nuova gloria con canti di lode per questo ammirabile ed inaudito prodigio di virtù.

721. Affinché il fanciullo Gesù dormisse e riposasse, l'amorosa Madre gli teneva sempre pronta, con una sola coperta, una predella lavorata dalle mani di san Giuseppe. Infatti dal momento in cui aveva lasciato la culla, quando abitavano in Egitto, non aveva voluto avere altro letto, né sistemazione migliore. Non sempre si serviva di quella predella o si coricava su di essa, ma alcune volte, stando seduto su quel duro legno, appoggiava il capo sopra un povero cuscino di lana che la Madre gli aveva confezionato. Quando la divina Signora aveva voluto dargli un letto migliore, il suo Figlio santissimo le aveva risposto che il letto sul quale si sarebbe dovuto distendere sarebbe stato il talamo della croce, per insegnare al mondo che non si deve giungere all'eterna quiete attraverso le comodità amate da Babilonia, perché nella vita il patire è sollievo. Da quell'istante la divina Signora aveva avuto cura di imitare il Figlio nel modo di riposare. Quando era già notte, Maria, madre di umiltà, aveva l'usanza di prostrarsi dinanzi al suo Figlio santissimo adagiato sulla predella. Lì, ogni notte, lo pregava di perdonarla per non essersi impegnata in quel giorno a servirlo con più attenzione e non essere stata tanto grata ai suoi benefici quanto doveva. Lo ringraziava nuovamente di tutto e lo riconosceva, con molte lacrime, come vero Dio e redentore del mondo; non si alzava da terra sino a che il suo Figlio unigenito non glielo ordinava e la benediva. Al mattino implorava il divino Maestro che le indicasse ciò che durante la giornata avrebbe dovuto operare a suo servizio. Il divino Salvatore faceva ciò con molto amore.

722. Durante questo tempo di dura e severa prova il Figlio si comportò in modo del tutto diverso. Quando la Ma dre si avvicinava per venerarlo e adorarlo, come sempre faceva, benché ella aumentasse le lacrime e i gemiti dall'intimo del cuore, non le rispondeva, solamente l'ascoltava con serietà e le ordinava di andarsene. Non c'è spiegazione che possa far comprendere quali effetti operava nel cuore purissimo e semplice dell'amorosa Madre il vedere suo figlio, Dio e vero uomo, così mutato nell'aspetto, parco nelle parole e diverso esteriormente da come di solito le si mostrava. La divina Signora esaminava interiormente le qualità e le circostanze delle sue azioni, e rivisitava attentamente, con la memoria, il porto celeste della sua anima. Non trovando in essa alcuna tenebra, perché vi erano luce, santità, purezza e grazia, sapendo che come dice Giobbe dinanzi agli occhi di Dio né i cieli né le stelle sono puri, temeva di non conoscere qualche casuale difetto, palese invece al Signore. Questo timore le causava veri e propri deliqui d'amore - poiché l'amore è forte come la morte -, ma in questa nobilissima imitazione il timore, pur ricolmando di sapienza, procura anche indicibili sofferenze. La nostra Regina visse per molti giorni in tale condizione. Mentre il suo Figlio santissimo la metteva alla prova con incomparabile compiacimento, la innalzava allo stato di maestra universale delle creature, ricompensando la fedeltà e la finezza del suo amore con abbondante e copiosa grazia, superiore a quella che già possedeva. Ciò che avvenne poi lo dirò nel capitolo seguente.

 

Insegnamento della Regina del cielo

723. Figlia mia, ti vedo desiderosa di essere discepola del mio Figlio santissimo e so che tale desiderio ti è nato dal comprendere come lo fui io. Ora, per tua consolazione, voglio che tu intuisca e sappia come il Figlio di Dio non esercitò una sola volta il servizio di maestro, né solamente nel tempo in cui in forma umana insegnò la sua dottrina. In verità egli continua la sua missione con le anime e lo farà sino alla fine del mondo, ammonendo ed ispirando loro ciò che è meglio e più santo, affinché lo mettano in pratica. Questo lo fa con tutte, senza eccezione, illuminandole secondo la sua volontà, ed esse riceveranno l'insegnamento secondo la propria disposizione e attenzione. Anche tu avresti potuto approfittare della conoscenza di questa verità, data la tua lunga esperienza. Infatti l'altissimo Signore non disdegna di essere maestro del povero, né di insegnare al disprezzato e al peccatore quando questi vogliono interiormente ascoltare la sua voce. Dal momento che ora desideri sapere quale disposizione sua Maestà voglia trovare in te per esercitare con te l'ufficio di maestro, io voglio dirtelo da parte dello stesso Signore ed assicurare che, se sarai ben disposta, egli porrà abbondantemente nella tua anima, come vero saggio artefice e maestro, la sua sapienza, la sua luce e il suo insegnamento.

724. Innanzitutto devi avere la coscienza limpida, pura, serena, quieta e la sollecitudine continua di non cadere nella colpa o in imperfezione alcuna. Contemporaneamente ti devi separare e allontanare da tutto ciò che è terreno, così che - come altre volte ti ho ammonita - non resti in te immagine o memoria di alcuna cosa umana o visibile, ma soltanto il cuore sincero, sereno e chiaro. Quando interiormente sarai così distaccata e libera dalle tenebre e dalle immagini terrene, volgerai l'attenzione al Signore porgendo l'orecchio a lui come figlia carissima che si scorda del popolo della vana Babilonia, della casa del suo padre Adamo e si libera da tutti i residui della colpa. Ti assicuro che egli ti dirà parole di vita eterna. Ti conviene, allora, ascoltarlo subito con venerazione ed umile riconoscenza, stimando la sua dottrina, eseguendola puntualmente e con diligenza, perché a questo gran Maestro delle anime nulla rimane nascosto. Egli si allontana e si ritira con disgusto quando la creatura è ingrata e negligente nell'obbedirgli e nel gradire un così alto beneficio. Non debbono giudicare le anime che l'allontanarsi di Dio avvenga in loro come avvenne in me, senza mia colpa e per eccessivo amore. Infatti nelle altre creature, limitate da tanti peccati, bassezze, ingratitudini e negligenze, vi sono pena e castigo meritati.

725. Adesso, figlia mia, esamina e considera le tue omissioni e mancanze nello stimare la dottrina e la luce che con particolare insegnamento hai ricevuto dal divino Maestro e dalle mie ammonizioni. Modera ormai i timori sregolati e non essere più dubbiosa se sia veramente il Signore che ti parla e insegna, perché la stessa dottrina rende testimonianza della sua verità e di chi ti ha ammaestrata in quanto è santa, pura, perfetta e senza macchia. Questa scienza insegna il meglio e ti corregge da qualsiasi difetto pur minimo che sia; inoltre ti viene approvata dai tuoi maestri e padri spirituali. Voglio ancora che tu sia sollecita - imitandomi in quello che hai scritto - nel venire da me ogni sera ed ogni mattina, perché io sono la tua maestra. Con umiltà mi dirai le tue colpe riconoscendole con dolore e perfetta contrizione, affinché io interceda per te presso il Signore e come madre possa impetrare per te il suo perdono. Subito dopo aver commesso una colpa o un'imperfezione, riconoscila e versa lacrime senza tardare, chiedendo al Signore il perdono con il desiderio di emendarti. Se riuscirai a mantenerti attenta e fedele in ciò che ti comando, sarai discepola dell'Altissimo e mia come desideri, perché la trasparenza dell'anima e la grazia sono le eminenti e più adeguate disposizioni per ricevere gli influssi della luce divina e della scienza infusa che il Redentore del mondo comunica a quelli che sono suoi veri discepoli.


15-26 Maggio 29, 1923 Come è sempre Iddio il primo ad operare nell’anima.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo accompagnando il mio dolce Gesù nelle sue pene, specie in ciò che soffrì nell’orto del Getsemani, e mentre lo compativo, movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il primo a formare il lavorio delle mie pene nella mia Umanità fu il mio Celeste Padre, perché solo Lui teneva la forza ed il poter di creare il dolore e di metterci quanti gradi di dolore ci volevano per potersi soddisfare del debito delle creature per quanto ce ne volevano; le creature furono secondarie, perché non tenevano nessun potere su di Me, né virtù di creare il dolore per quanta intensità volevano; e questo succede in tutte le creature, come nel creare l’uomo il primo lavorio tanto nell’anima tanto nel corpo lo fece il mio Divin Padre, quanta armonia, quanta felicità non formò con le sue proprie mani nella natura umana? Tutto è armonia nell’uomo e felicità, la sola parte esterna, quante armonie e felicità non contiene? L’occhio vede, la bocca esprime, i piedi camminano, ma le mani operano e prendono le cose dove sono giunti i piedi. Se l’occhio poteva vedere e non avesse la bocca per esprimersi, se avesse i piedi per camminare e non avesse le mani per operare, non sarebbe una infelicità, una disarmonia nell’umana natura? E poi, le armonie e felicità dell’anima umana, la volontà, l’intelletto, la memoria, quante armonie e felicità non contengono? Basta dire che sono parti della felicità ed armonia dell’Eterno, Iddio creava il vero eden personale nell’anima e nel corpo dell’uomo, eden tutto celeste, e poi gli diede per abitazione l’eden terrestre; tutto era armonia e felicità nella natura umana, e sebbene il peccato sconvolse quest’armonia e felicità, ma non distrusse del tutto, tutto il bene che Iddio aveva creato nell’uomo.

(3) Sicché, come Iddio creò con le proprie mani tutta la felicità ed armonia nella creatura, così creò in Me tutti i dolori possibili, per rifarsi dell’ingratitudine umana e fare uscire dal mare dei miei dolori la felicità perduta, e l’accordo all’armonia sconvolta. E questo succede a tutte le creature quando devo eleggerle a santità distinta o a disegni miei speciali, sono le mie proprie mani che lavorano nell’anima, ed ora vi creo il dolore, ora l’amore, ora le cognizioni delle verità celesti, è tanta la mia gelosia, che non voglio che nessuno me la tocchi, e se permetto che le creature le facciano qualche cosa, è sempre in ordine secondario, ma il primato lo tengo Io, e me la vado formando a secondo il mio disegno”.