Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 2° settimana del tempo ordinario (Santa Agnese)
Vangelo secondo Matteo 27
1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'
11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Secondo libro delle Cronache 30
1Ezechia mandò messaggeri per tutto Israele e Giuda e scrisse anche lettere a Èfraim e a Manàsse per convocare tutti nel tempio in Gerusalemme a celebrare la pasqua per il Signore Dio di Israele.2Il re, i suoi ufficiali e tutta l'assemblea di Gerusalemme decisero di celebrare la pasqua nel secondo mese,3perché non avevano potuto celebrarla nel tempo fissato per il fatto che i sacerdoti non si erano purificati in numero sufficiente e il popolo non si era radunato in Gerusalemme.4La proposta piacque al re e a tutta l'assemblea.5Stabilirono di proclamare con bando in tutto Israele, da Bersabea a Dan, che tutti venissero a celebrare in Gerusalemme la pasqua per il Signore Dio di Israele, perché molti non avevano osservato le norme prescritte.6Partirono i corrieri con lettere da parte del re e dei suoi ufficiali per recarsi in tutto Israele e Giuda. Secondo l'ordine del re dicevano: "Israeliti, fate ritorno al Signore Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, ed egli ritornerà a quanti fra voi sono scampati dal pugno dei re d'Assiria.7Non siate come i vostri padri e i vostri fratelli, infedeli al Signore Dio dei loro padri, che perciò li ha abbandonati alla desolazione, come potete constatare.8Ora non siate di dura cervice come i vostri padri, date la mano al Signore, venite nel santuario che egli ha santificato per sempre. Servite il Signore vostro Dio e si allontanerà da voi la sua ira ardente.9Difatti, se fate ritorno al Signore, i vostri fratelli e i vostri figli troveranno compassione presso coloro che li hanno deportati; ritorneranno in questo paese, poiché il Signore vostro Dio è clemente e misericordioso e non distoglierà lo sguardo da voi, se voi farete ritorno a lui".
10I corrieri passarono di città in città nel paese di Èfraim e di Manàsse fino a Zàbulon, ma la gente li derideva e si faceva beffe di loro.11Solo alcuni di Aser, di Manàsse e di Zàbulon si umiliarono e vennero a Gerusalemme.12In Giuda invece si manifestò la mano di Dio e generò negli uomini un pentimento concorde per eseguire il comando del re e degli ufficiali secondo la parola del Signore.13Si riunì in Gerusalemme una grande folla per celebrare la festa degli azzimi nel secondo mese; fu un'assemblea molto numerosa.14Cominciarono a eliminare gli altari che si trovavano in Gerusalemme; eliminarono anche tutti gli altari dei profumi e li gettarono nel torrente Cedron.
15Essi immolarono la pasqua il quattordici del secondo mese; i sacerdoti e i leviti, pieni di confusione, si purificarono e quindi presentarono gli olocausti nel tempio.16Occuparono il proprio posto, secondo le regole fissate per loro nella legge di Mosè, uomo di Dio. I sacerdoti facevano aspersioni con il sangue che ricevevano dai leviti17perché molti dell'assemblea non si erano purificati. I leviti si occupavano dell'uccisione degli agnelli pasquali per quanti non avevano la purità richiesta per consacrarli al Signore.18In realtà la maggioranza della gente, fra cui molti provenienti da Èfraim, da Manàsse, da Ìssacar e da Zàbulon, non si era purificata; mangiarono la pasqua senza fare quanto è prescritto. Ezechia pregò per loro: "Il Signore che è buono perdoni19chiunque abbia il cuore disposto a ricercare Dio, ossia il Signore Dio dei suoi padri, anche senza la purificazione necessaria per il santuario".20Il Signore esaudì Ezechia e risparmiò il popolo.
21Così gli Israeliti che si trovavano in Gerusalemme celebrarono la festa degli azzimi per sette giorni con grande gioia, mentre i sacerdoti e i leviti lodavano ogni giorno il Signore con gli strumenti che risuonavano in suo onore.22Ezechia parlò al cuore di tutti i leviti, che avevano dimostrato un profondo senso del Signore; per sette giorni parteciparono al banchetto solenne, offrirono sacrifici di comunione e lodarono il Signore, Dio dei loro padri.
23Tutta l'assemblea decise di festeggiare altri sette giorni; così passarono ancora sette giorni di gioia.24Difatti il re Ezechia aveva donato alla moltitudine mille giovenchi e settemila pecore; anche i capi avevano donato alla moltitudine mille giovenchi e diecimila pecore. I sacerdoti si purificarono in gran numero.25Tutta l'assemblea di Giuda, i sacerdoti e i leviti, tutto il gruppo venuto da Israele, gli stranieri venuti dal paese di Israele e gli abitanti di Giuda furono in festa.26Ci fu una gioia straordinaria in Gerusalemme, perché dal tempo di Salomone figlio di Davide, re di Israele, non c'era mai stata una cosa simile in Gerusalemme.
27I sacerdoti e i leviti si levarono a benedire il popolo; la loro voce fu ascoltata e la loro preghiera raggiunse la santa dimora di Dio nel cielo.
Salmi 95
1Venite, applaudiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
2Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.
3Poiché grande Dio è il Signore,
grande re sopra tutti gli dèi.
4Nella sua mano sono gli abissi della terra,
sono sue le vette dei monti.
5Suo è il mare, egli l'ha fatto,
le sue mani hanno plasmato la terra.
6Venite, prostràti adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
7Egli è il nostro Dio,
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.
8Ascoltate oggi la sua voce:
"Non indurite il cuore,
come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto,
9dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere.
10Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione
e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato,
non conoscono le mie vie;
11perciò ho giurato nel mio sdegno:
Non entreranno nel luogo del mio riposo".
Salmi 109
1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'
Dio della mia lode, non tacere,
2poiché contro di me si sono aperte
la bocca dell'empio e dell'uomo di frode;
parlano di me con lingua di menzogna.
3Mi investono con parole di odio,
mi combattono senza motivo.
4In cambio del mio amore mi muovono accuse,
mentre io sono in preghiera.
5Mi rendono male per bene
e odio in cambio di amore.
6Suscita un empio contro di lui
e un accusatore stia alla sua destra.
7Citato in giudizio, risulti colpevole
e il suo appello si risolva in condanna.
8Pochi siano i suoi giorni
e il suo posto l'occupi un altro.
9I suoi figli rimangano orfani
e vedova sua moglie.
10Vadano raminghi i suoi figli, mendicando,
siano espulsi dalle loro case in rovina.
11L'usuraio divori tutti i suoi averi
e gli estranei faccian preda del suo lavoro.
12Nessuno gli usi misericordia,
nessuno abbia pietà dei suoi orfani.
13La sua discendenza sia votata allo sterminio,
nella generazione che segue sia cancellato il suo nome.
14L'iniquità dei suoi padri sia ricordata al Signore,
il peccato di sua madre non sia mai cancellato.
15Siano davanti al Signore sempre
ed egli disperda dalla terra il loro ricordo.
16Perché ha rifiutato di usare misericordia
e ha perseguitato il misero e l'indigente,
per far morire chi è affranto di cuore.
17Ha amato la maledizione: ricada su di lui!
Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani!
18Si è avvolto di maledizione come di un mantello:
è penetrata come acqua nel suo intimo
e come olio nelle sue ossa.
19Sia per lui come vestito che lo avvolge,
come cintura che sempre lo cinge.
20Sia questa da parte del Signore
la ricompensa per chi mi accusa,
per chi dice male contro la mia vita.
21Ma tu, Signore Dio,
agisci con me secondo il tuo nome:
salvami, perché buona è la tua grazia.
22Io sono povero e infelice
e il mio cuore è ferito nell'intimo.
23Scompaio come l'ombra che declina,
sono sbattuto come una locusta.
24Le mie ginocchia vacillano per il digiuno,
il mio corpo è scarno e deperisce.
25Sono diventato loro oggetto di scherno,
quando mi vedono scuotono il capo.
26Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.
27Sappiano che qui c'è la tua mano:
tu, Signore, tu hai fatto questo.
28Maledicano essi, ma tu benedicimi;
insorgano quelli e arrossiscano,
ma il tuo servo sia nella gioia.
29Sia coperto di infamia chi mi accusa
e sia avvolto di vergogna come d'un mantello.
30Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore,
lo esalterò in una grande assemblea;
31poiché si è messo alla destra del povero
per salvare dai giudici la sua vita.
Ezechiele 8
1Al quinto giorno del sesto mese dell'anno sesto, mentre mi trovavo in casa e dinanzi a me sedevano gli anziani di Giuda, la mano del Signore Dio si posò su di me2e vidi qualcosa dall'aspetto d'uomo: da ciò che sembravano i suoi fianchi in giù, appariva come di fuoco e dai fianchi in su appariva come uno splendore simile all'elettro.3Stese come una mano e mi afferrò per i capelli: uno spirito mi sollevò fra terra e cielo e mi portò in visioni divine a Gerusalemme, all'ingresso del cortile interno, che guarda a settentrione, dove era collocato l'idolo della gelosia, che provocava la gelosia.4Ed ecco là era la gloria del Dio d'Israele, simile a quella che avevo visto nella valle.
5Mi disse: "Figlio dell'uomo, alza gli occhi verso settentrione!". Ed ecco a settentrione della porta dell'altare l'idolo della gelosia, proprio all'ingresso.6Mi disse: "Figlio dell'uomo, vedi che fanno costoro? Guarda i grandi abomini che la casa d'Israele commette qui per allontanarmi dal mio santuario! Ne vedrai altri ancora peggiori".7Mi condusse allora all'ingresso del cortile e vidi un foro nella parete.8Mi disse: "Figlio dell'uomo, sfonda la parete". Sfondai la parete, ed ecco apparve una porta.9Mi disse: "Entra e osserva gli abomini malvagi che commettono costoro".10Io entrai e vidi ogni sorta di rettili e di animali abominevoli e tutti gli idoli del popolo d'Israele raffigurati intorno alle pareti11e settanta anziani della casa d'Israele, fra i quali Iazanià figlio di Safàn, in piedi, davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d'incenso.12Mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo, quello che fanno gli anziani del popolo d'Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo? Vanno dicendo: Il Signore non ci vede... il Signore ha abbandonato il paese...".13Poi mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo? Vedrai che si commettono nefandezze peggiori di queste".14Mi condusse all'ingresso del portico della casa del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz.15Mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo? Vedrai abomini peggiori di questi".16Mi condusse nell'atrio interno del tempio; ed ecco all'ingresso del tempio, fra il vestibolo e l'altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio e la faccia a oriente che, prostrati, adoravano il sole.17Mi disse: "Hai visto, figlio dell'uomo? Come se fosse piccola cosa per la casa di Giuda, commettere simili nefandezze in questo luogo, hanno riempito il paese di violenze, per provocare la mia collera. Eccoli, vedi, che si portano il ramoscello sacro alle narici.18Ebbene anch'io agirò con furore. Il mio occhio non s'impietosirà; non avrò compassione: manderanno alte grida ai miei orecchi, ma non li ascolterò".
Atti degli Apostoli 25
1Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme.2I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo,3chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso.4Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito fra breve.5"Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell'uomo, lo denuncino".
6Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, discese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo.7Appena giunse, lo attorniarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli numerose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle.8Paolo a sua difesa disse: "Non ho commesso alcuna colpa, né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare".9Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: "Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?".10Paolo rispose: "Mi trovo davanti al tribunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente.11Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare".12Allora Festo, dopo aver conferito con il consiglio, rispose: "Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai".
13Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo.14E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: "C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale,15durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna.16Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa.17Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo.18Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo;19avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita.20Perplesso di fronte a simili controversie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giudicato là di queste cose.21Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell'imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare".22E Agrippa a Festo: "Vorrei anch'io ascoltare quell'uomo!". "Domani, rispose, lo potrai ascoltare".
23Il giorno dopo, Agrippa e Berenìce vennero con gran pompa ed entrarono nella sala dell'udienza, accompagnati dai tribuni e dai cittadini più in vista; per ordine di Festo fu fatto entrare anche Paolo.24Allora Festo disse: "Re Agrippa e cittadini tutti qui presenti con noi, voi avete davanti agli occhi colui sul conto del quale tutto il popolo dei Giudei si è appellato a me, in Gerusalemme e qui, per chiedere a gran voce che non resti più in vita.25Io però mi sono convinto che egli non ha commesso alcuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all'imperatore ho deciso di farlo partire.26Ma sul suo conto non ho nulla di preciso da scrivere al sovrano; per questo l'ho condotto davanti a voi e soprattutto davanti a te, o re Agrippa, per avere, dopo questa udienza, qualcosa da scrivere.27Mi sembra assurdo infatti mandare un prigioniero, senza indicare le accuse che si muovono contro di lui".
Capitolo VIII: La bassa opinione di sé agli occhi di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. "Che io osi parlare al mio Signore, pure essendo polvere e cenere" (Gn 18,27). Se avrò tenuto troppo grande opinione di me, ecco tu mi starai dinanzi e le mie iniquità daranno testimonianza del vero, contro di me; né potrò controbattere. Se invece mi sarò considerato cosa da poco - riducendomi a un nulla, liberandomi da ogni reputazione di me stesso, facendomi polvere, quale sono - la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà vicina al mio cuore. Così ogni stima, anche minima, svanirà per sempre, sommersa nell'abisso della mia umiltà. In tal modo, o Dio, tu mi mostri a me stesso: che cosa sono e che cosa fui, a che giunsi. Sono un nulla ì, e neppure me ne rendo conto. Lasciato a me stesso, ecco il nulla; tutto è manchevolezza. Se, invece, d'un tratto, tu guardi me, immediatamente divento forte e pieno di nuova gioia. Ed è così veramente meravigliosa questo sentirmi così improvvisamente sollevato, e così amorosamente abbracciato da te; ché, per la mia gravezza, sono portato sempre al basso. E' opera, questa, del tuo amore: senza mio merito esso mi viene incontro, mi aiuta in tante mie varie necessità, mi mette al riparo da ogni grave pericolo e mi strappa da mali veramente innumerevoli.
2. Mi ero perduto, amandomi di un amore davvero non retto; invece, cercando soltanto te, e con retto amore, ho travato, ad un tempo, e me stesso e te. Per tale amore mi sono sprofondato ancor di più nel mio nulla; perché sei tu, che, nella tua grande bontà, vai, nei mie confronti, al di là di ogni merito, e al di là di quello che io oso sperare e chiedere. Sii benedetto, o mio Dio, perché, quantunque io non sia degno di alcun dono, la tua magnanimità e la tua infinita bontà non cessano di largire benefici anche agli ingrati, che si sono allontanati da te. Portaci di nuovo a te, affinché siamo pieni di gratitudine, di umiltà e di devozione. Tu sei infatti il nostro sostegno, la nostra forza, la nostra salvezza.
DISCORSO 15/A DISCORSO TENUTO A BISERTA NELLA BASILICA MARGARITA. GIOVEDÌ 22 SETTEMBRE. SUL RESPONSORIO DEL SALMO 32: "ESULTATE, O GIUSTI, NEL SIGNORE; AI RETTI SI ADDICE LA LODE"
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaAi retti si addice lodare Dio; ai perversi non si addice.
1. Quanto abbiamo or ora cantato: Esultate, o giusti, nel Signore; ai retti si addice la lode 1 ci stimola a gioire nella lode di Dio e ad accordare la nostra vita alla lode di Dio. Se dunque si addice ai retti, ai perversi non si addice. E i retti sono anche i giusti, e ad essi è detto di esultare nel Signore, perché ad essi si addice la lode. E chi sono i perversi se non i peccatori e gli iniqui, i quali non possono esultare nel Signore, poiché ad essi la lode non si addice? Giustamente in un altro salmo è detto: Al peccatore Dio dice: Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza? 2 E siccome ai retti si addice la lode, e siccome i decreti del Signore e l'alleanza del Signore son là dove è la lode del Signore, giustamente è detto altrove: Non è bella la sua lode nella bocca del peccatore 3. Dove infatti non si addice, non è bella; e dove è bella, ivi anche si addice.
Retti di cuore sono quelli per i quali Dio è buono sia nelle sofferenze dei buoni sia nella prosperità dei cattivi.
2. E quali siano propriamente gli uomini retti, sicché ognuno possa capire se nella sua bocca la lode di Dio è bella, sulle tracce della Scrittura lo scopriremo così. C'è un salmo che dice: Quanto è buono il Dio di Israele per i retti di cuore. Poi prosegue: Però a me per poco non mi si inciampavano i piedi, perché ho provato invidia per i peccatori, nel vedere la prosperità dei peccatori 4. Qui dunque costui confessa, se non proprio una sua deviazione e una caduta, certo un bel pericolo. Non dice infatti di esser caduto, però che i suoi piedi hanno barcollato, sul punto di cadere. Proprio così dice: Quanto è buono il Dio di Israele per i retti di cuore! Però a me per poco non mi si inciampavano i piedi 5. Con questo però egli rileva la sua diversità da coloro che son retti di cuore e confessa che un tempo non fu retto di cuore e per questo i piedi quasi gli si inciampavano. È buono, dice perciò, il Dio di Israele per i retti di cuore. Però a me un tempo egli non sembrò buono, perché non ero retto di cuore. Veramente non ha il coraggio di dire: "A me Iddio non sembrò buono", ma in realtà è proprio questo che dice. Difatti dicendo: Buono è il Dio di Israele per i retti di cuore, però a me per poco non mi si inciampavano i piedi, fa vedere che proprio per questo gli si inciampavano i piedi, perché a lui egli non sembrava buono. E perché Dio non gli era sembrato buono? Per un nulla vacillavano i miei passi 6. Per un nulla... cioè? Quasi quasi vacillavano. E come mai? Perché ho provato invidia per i peccatori nel vedere la prosperità dei peccatori 7. In altre parole: "Ho osservato i peccatori che non rispettano Dio, che bestemmiano Dio, che irritano Dio; e ho costatato che son beati e tranquilli e ricolmi di felicità. E mi è sembrato che Dio, che dona la felicità a chi lo bestemmia, non agisce con giustizia". Osservando perciò questo, cioè la felicità dei cattivi, dice che i suoi piedi hanno barcollato, perché Dio non gli era sembrato buono; ma che poi ha compreso, come dice nel medesimo salmo: Riflettevo per comprendere (e aggiunge: ma fu cosa ardua per me) come mai i malvagi siano felici; fu cosa ardua per me, dice, finché non entrai nel santuario di Dio e non compresi qual è la loro fine 8; perché a quei malvagi ai quali vien data la felicità ora, nel tempo presente, alla fine viene riservata una pena sempiterna. Avendo compreso questo, divenne retto di cuore e cominciò a lodare Dio di tutto, delle tribolazioni dei buoni come anche della prosperità dei cattivi, considerando che Dio paga con giustizia alla fine, ma che ora a taluni, ai quali è riservata in fine la pena eterna, concede un po' di felicità temporale, mentre i buoni li esercita con la tribolazione temporale, riservando ad essi la felicità eterna; e [considerando anche] che poi si dovrà rovesciare la situazione, come avvenne per quel ricco che faceva ogni giorno splendidi banchetti, e per quel povero cancrenoso abbandonato alla porta del ricco e bramoso di placar la fame con le briciole che cadevano dalla mensa del ricco. Infatti dopo la loro morte quello cominciò a penare nell'inferno e questi trovò riposo nel seno di Abramo. La cosa al ricco sembrò assurda, e avrebbe voluto che, dalla punta del dito di Lazzaro, gli venisse stillata una goccia d'acqua; proprio, una goccia anelava da quel dito, come quello aveva anelato una briciola dalla sua mensa; e da Abramo ascoltò la sentenza della giustizia di Dio: Figlio, gli disse, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la vita, e Lazzaro invece i suoi mali; ora invece lui è consolato, tu invece tormentato 9. È a queste conclusioni che, penetrato nel santuario di Dio, pose l'attenzione colui al quale Dio non era sembrato buono quando aveva provato invidia per i peccatori nel vedere, dei peccatori, la prosperità. E riconoscendo vero e giusto il giudizio di Dio (giudizio che ora si svolge nel mistero, ma che alla fine si rivelerà manifestamente) e col cuore guarito dalla sua deviazione, e accettando la giustizia di Dio come modello per raddrizzare il cuore distorto, proruppe in questo grido: Quanto è buono il Dio d'Israele per i retti di cuore! 10. Si, ora comprendo che è buono, perché i miei piedi barcollano; perché ho provato invidia per i peccatori nel vedere la prosperità dei peccatori 11.
Quel che ti sembra un male è invece un bene, se pensi che chi ti prova è un padre.
3. Se dunque ormai Dio ti sembra buono anche quando elargisce la felicità ai cattivi (cosa di cui eri solito lamentarti contro Dio) vuol dire che sei diventato retto di cuore, e a te si addice la lode, perché ai retti si addice la lode 12. Se invece non sei retto, la lode non ti si addice. E perché non ti si addice? Perché la lode con cui lodi Dio non è continua. Tu lodi Dio, infatti, quando ti va bene; quando ti va male, lo bestemmi. Cioè egli ti piace quando ti concede la felicità; non ti piace quando ti sottopone alla prova. Non sei retto di cuore; non può esser tuo quel canto dell'altro salmo: Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode 13. Come puoi dire sempre, se lo lodi quando ti va bene, ma non quando ti va male? Perché ciò che tu consideri un male in realtà è un bene, se ti rendi conto che chi ti sottopone alla prova è un padre. È il fanciullo insensato che in genere ama il maestro che lo lusinga e odia quello che lo batte. Ma il fanciullo intelligente capisce che il maestro è buono sia quando lusinga che quando batte. Giacché se lusinga, è perché il fanciullo non si scoraggi; se batte, è perché non finisca male. Quando dunque uno ha un cuore così fatto, cioè retto, e Iddio non gli dispiace neanche quando fa cose che a lui sembrano temporaneamente avverse, lodi pure Dio tranquillamente, perché ininterrottamente lo loda; e veramente a lui si addice la lode, e con vera coerenza canta: Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode 14. Egli infatti sferza chiunque riconosce come figlio 15. E allora che cosa preferisci? Essere sferzato e riconosciuto, oppure non essere toccato e non esser riconosciuto? Considera di chi sei figlio. Se aspiri all'eredità paterna, non respingere la sferza. Ma se respingi la sferza, bisognerà che rinunci all'eredità. Per che altro infatti ti vuole educare, se non per darti l'eredità? Per diventare erede di tuo padre, questi non ti rimproverò, non ti strapazzò, non ti castigò, non ti picchiò? E tutto questo perché? Perché tu succedessi a lui in una casa che prima o poi dovrà crollare, in un fondo che prima o poi dovrà passare, in un tesoro che non ti resterà in questo mondo più a lungo di te stesso che lo possiedi. Perché o ancor da vivo lascerai quel che possiedi, oppure lo perderai morendo. Per questa eredità temporale hai sopportato la sferza di tuo padre, e ti lamenti di Dio che ti tratta severamente per darti il regno dei cieli?.
I retti di cuore lodano Dio con coerenza e perseveranza.
4. Se dunque tu sei tale che Dio ti piace, e ti piace anche se ti prova (o che ci sia in te qualcosa che debba esser corretto con la sferza, o che la tua stessa rettitudine debba esser saggiata con la sferza), se dunque sei tale, loda. La tua lode è sincera. Perché la tua lode è sincera? Perché lodi come conviene, perché lodi con perseveranza. In effetti non ho più paura che un momento lodi e dopo poco bestemmierai. Non ho più paura che da sano lodi e da malato bestemmi. Non ho più paura che dalla bocca del sano esca la lode di Dio e dalla lingua del malato si vada in cerca del negromante o del fattucchiere, si cerchi lo stregone o lo spacciatore di rimedi diabolici. Non ho più paura perché ormai hai capito che Dio è buono anche quando castiga e sai che colui che colpisce il figlio sa anche quando averne pietà. A te si addice la lode 16, perché loderai sempre, con perseveranza, e sulla tua bocca sarà sempre la sua lode 17. Volentieri accetti il padre che lusinga, volentieri accetti anche il padre che sferza. Non corri a lui quando lusinga e te ne discosti quando sferza. Se così facessi, somiglieresti a quel ragazzo che, per fuggire la sferza del padre incappa nelle lusinghe del falsario e crede che questi sia buono, suo padre invece cattivo, e preferisce gli inganni delle lusinghe alla genuinità della sferza; ma con questa scelta perde l'eredità e incorre nelle restrizioni. Muta tu il giudizio e rendi retto il tuo cuore. Dio, che ti sferza, non è mutato; sei tu che devi mutare. Egli agisce sulla tua mutabilità perché tu, mutato in meglio, possa conseguire l'eredità. Perché se ti abbandonasse e non si curasse di te, per quanto a te sembri buono, significherebbe invece che è molto irritato. Badi bene la vostra Carità a quel che dice la Scrittura divina in un altro salmo: L'empio ha irritato il Signore 18. E perché lo ha irritato? Notate come si pone l'accento sull'irritazione di Dio. Si, il peccatore ha suscitato in Dio un'irritazione veramente grande. Egli dice: Per quanto grande è la sua ira, non ne terrà conto 19.
Giobbe lodò Dio con le sue ricchezze, usandone bene.
5. Al contrario il santo Giobbe, che benediceva il Signore in ogni tempo e che sempre nella bocca aveva la sua lode 20, essendo ricco, benedisse il Signore con le sue ricchezze, facendo con esse tutte quelle opere buone che vengono menzionate nel libro omonimo: spezzava il pane all'affamato, vestiva l'ignudo, accoglieva il pellegrino, eccetera; e questi sono gli unici vantaggi che i ricchi possono trarre dalle loro ricchezze, i soli guadagni che ci possono realizzare. Nulla infatti guadagnano o possono avere in anticipo con le sostanze che lasciano ai loro figli. Perché non sanno chi, dopo la loro morte, entrerà in possesso delle loro fatiche. E questo la Scrittura lo considera una vanità: È veramente tutta vanità ogni uomo che vive; egli accumula tesori e non sa per chi li raccoglie 21. Perciò tutto il vantaggio che si può trarre dalle ricchezze è di tesaurizzarle per il regno dei cieli 22, e per questo il Signore consigliò non di disperdere, ma di cambiar posto al proprio tesoro. Egli non ti dice: "Distribuisci per non più avere" ma: "Sulla terra non puoi conservarlo bene; te lo conserverò io per il cielo. Che paura hai di perderlo? Tu metti da parte per il cielo ed è Cristo che te lo custodisce. Se sei in pensiero per il posto, esso è il cielo; se per il custode, esso è Cristo. Che paura hai di perderlo?". E allora Giobbe, comportandosi così con le sue ricchezze, faceva certo buone operazioni, e con queste operazioni veniva lodato Dio ed egli benediceva il Signore per mezzo di quanto aveva ricevuto. Perché non è vero, o fratelli, che le ricchezze siano poste sotto accusa. Voi credete, quando vedete dei ricchi cattivi, che cattive siano le ricchezze. Non le ricchezze son cattive, ma loro: le ricchezze anzi sono un dono di Dio. Mettile in mano al giusto e vedrai quanto bene ci farà. Si può dir forse che il vino è cattivo per il fatto che qualcuno ci si ubriaca? Mettilo in mano al sobrio che se ne sa servir bene e ti accorgerai che è un dono di Dio. E così se l'oro lo metti in mano a un avaro; per accrescere quanto già possiede, non esiterà a compiere qualunque scelleratezza. Metti l'oro in mano al giusto e vedrai come lo distribuirà, come lo spartirà, come ci alleggerirà le sofferenze di quanti potrà. Perciò non le ricchezze, ma chi usa male le ricchezze è cattivo. E così Giobbe, avendone usato bene, come bene ne aveva usato Abramo... Ma pensate un po', fratelli, quel mendico tutto cancrene, tutto abbandonato davanti alla porta del ricco, era talmente disgraziato che i cani venivano a leccare le sue piaghe. È proprio così che leggiamo, è scritto proprio così. Ebbene, dove fu innalzato? Nel seno di Abramo 23. Ripensa alla Scrittura 24: vedi un po' se quest'Abramo fu un povero. [Al contrario] troverai che egli quaggiù possedette molto oro, molto argento, molti greggi, molti servi e terre. Ecco dunque che il povero viene innalzato nel seno del ricco. Se il suo solo merito fosse stata la miseria, non Abramo l'avrebbe preceduto nel riposo, e non lui l'avrebbe accolto al suo arrivo. Ma poiché in Lazzaro povero c'era quel che c'era in Abramo ricco, cioè l'umiltà, la pietà, il culto di Dio, la fedeltà, ecco che all'uno non furono di inciampo le ricchezze né all'altro la povertà; il merito di ambedue fu la pietà. Per questo in quell'altro ricco, per il quale malamente si rovesciò la situazione, non le ricchezze vengono condannate, ma la durezza dell'animo. Egli si vestiva di porpora e di bisso e ogni giorno faceva splendidi banchetti 25, e mal sopportava che il mendico, con tutte quelle piaghe, giacesse abbandonato davanti alla sua porta e, sprezzandolo dall'alto della sua superbia, non si prendeva cura della sua miseria. Cosa pensate possa aver detto il ricco, scocciato del mendico? "Ma cosa sta a fare qui costui?". E fu giusto che quella lingua che aveva disprezzato il povero anelasse poi una goccia d'acqua dalla punta del suo dito.
Giobbe loda Dio anche con la povertà che accetta dalle mani del Signore.
6. Perciò il santo Giobbe, come ho detto, avendo molte ricchezze, lodò Dio, tentato per esser messo alla prova, provato per esser nostro modello. Prima infatti era nascosto non solo agli uomini, ma persino al diavolo che pure scruta con più diligenza di qualsiasi uomo. Egli dunque non sapeva chi fosse Giobbe, ma il Signore lo sapeva. E diede il permesso al tentatore perché lo provasse; per provarlo non per se stesso, ma per noi, per far vedere a noi che cosa dobbiamo imitare. Non fu neanche per far vedere chi era Giobbe al diavolo stesso ma, per mezzo del diavolo, a noi, affinché, vinto il diavolo, noi avessimo un esempio da imitare. Ordunque Giobbe, perduto tutto non gradatamente ma all'improvviso, esclamò: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Come è piaciuto al Signore, così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore 26. Come è piaciuto al Signore, così è avvenuto. Non può essere ingiusto quel che è piaciuto a colui che è il giusto. Non può esser cattivo quel che è piaciuto a colui che è il buono. Buono infatti è il Dio d'Israele per i retti di cuore 27. E retto di cuore era Giobbe e quindi a lui si addiceva la lode 28. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Come è piaciuto al Signore, così è avvenuto. Ed esclamò lodando: Sia benedetto il nome del Signore 29. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Prima la ricchezza, ora la miseria. Attorno a me tutto è cambiato, ma lui non è cambiato. Ero ricco, ora son povero: ma lui sempre ricco, sempre retto, sempre Padre. Sia benedetto il nome del Signore! Non benedetto il nome del Signore nella mia abbondanza e ora maledetto nella mia miseria. Lungi questo da me. Così diceva Giobbe, ricco di ricchezze interiori. Aveva perduto la casa intera, ma il petto era pieno. Aveva perduto la casa, l'oro, ma aveva ripieno il petto. Dio stesso vi era presente, in luogo di tutto ciò che prima gli aveva concesso. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Osservate come egli riconosca solo in Dio la potenza suprema. Ecco pienamente davanti a lui la sola e suprema potenza, perché tu, o cristiano, non ti inchini davanti a Dio in vista del regno dei cieli e abbia paura del diavolo in vista dei beni della terra. A lui il diavolo cercò soltanto di nuocere; ma lo poté solo perché autorizzato. Ma la potenza è solo presso Dio. Che se al diavolo fosse lecito tutto quello che vorrebbe, chi si salverebbe dei cristiani? Quale cultore di Dio sarebbe lasciato in terra? Non vedete come cadono i suoi templi, come ne sono infranti i simulacri, come i suoi sacerdoti si convertono a Dio? Credete che il diavolo non se ne arrovelli, non se ne contorca? Se dunque egli avesse un potere pari al suo rovello, quale chiesa rimarrebbe sulla terra? Ordunque quando il santo Giobbe, per le insidie del diavolo, tutto ebbe perduto, non attribuì a lui nessun potere. Nel lodare Dio non dice: "Il Signore ha dato, il diavolo ha tolto", ma: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto 30. Nulla si può arrogare il diavolo. Che ero ricco proveniva da Dio; che sono povero proviene da Dio. E se gli è stato consentito di tentare, non gli è consentito di strangolare: lo avrebbe strangolato, non prendendolo per la gola e stringendola, ma soffocando lo spirito. Se per caso Giobbe, per le angustie della tribolazione, avesse tirato fuori dalla bocca una sola parola di bestemmia, allora sarebbe rimasto soffocato, avrebbe perduto lo spirito della vita. Ma così non fece né in quella improvvisa povertà e neanche nelle piaghe che la seguirono.
Tentato dalla moglie, Giobbe benedice Dio anche nell'estrema infermità.
7. Infatti al diavolo non bastò avergli tolto tutto quanto possedeva, ma gli portò via anche i figli, ai quali era destinato quanto possedeva, e gli lasciò solo la moglie. Quella soltanto non gli portò via, e sapeva quel che faceva. Sapeva che per mezzo di Eva era stato sedotto Adamo. E gliela lasciò più come propria collaboratrice che come consolatrice del marito. Toltogli quindi tutto e lasciatagli solo colei per mezzo della quale poterlo tentare ancora, non gli bastò neanche questo. Chiese di togliergli anche la salute del corpo. E anche quella gli fu consentito di togliergli affinché, pur in mezzo a tutte quelle piaghe, Giobbe, retto di cuore, per niente cambiato, seguitasse a lodar Dio, perché a lui si addiceva la lode 31. E allora lei, che proprio per questo gli era stata lasciata, gli si avvicinò e lo persuase, o meglio gli suggerì, la bestemmia. Così gli disse: "Quanti mali stiamo soffrendo. Sfogati contro Dio e muori" 32. Già Eva era stata sedotta con un invito del diavolo che le prometteva la vita e così incontrò la morte. Il diavolo le aveva detto: Certamente non morrai 33. E lei, credendo che avrebbe trovato la vita, incontrò la morte, perché contro l'ordine di Dio agì e contro l'ordine di Dio indusse suo marito. Qui invece: Sfogati contro Dio e muori 34. Ma basti quella [prima] Eva che indusse ad agire contro l'ordine di Dio. Questa è ancora Eva, ma lui non è più Adamo. Questa è [ancora] istigata dal diavolo, ma lui è [ormai] preparato dall'esperienza. Meglio Giobbe nello sterco che Adamo nel paradiso. Perché possiate comprendere qual grande cosa sia avere il cuore retto, ecco come Giobbe superò il diavolo in quella miseria, tra tutte quelle piaghe. Così egli rispose alla moglie: Come parlerebbe un'insensata hai parlato tu. Se dalle mani di Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male? 35. Benedisse il Signore in ogni tempo, sulla sua bocca sempre la sua lode 36. Era infatti retto di cuore 37, perciò a lui si addiceva la lode 38. E allora se volete che anche a voi si addica la lode, siate retti di cuore. Se volete essere retti di cuore, in nessuna cosa Dio vi dispiaccia. O infatti tu intravedi la ragione per cui fa quello che fa e, intuendo la ragione, non lo disapprovi; oppure la ragione ti è ignota, e allora sappi che è lui che fa, lui che in nessuna cosa può dispiacere.
Dio può agire contro la tua volontà, ma non contro la tua utilità.
8. Uno butta giù la propria casa, e viene criticato. Se ne conoscessi la ragione, forse non criticheresti chi fa ciò. E già, adesso siamo in questa basilica: essa è angusta, ci si sente un senso di ristrettezza. E il vescovo ha deciso di farne un'altra, e questa dovrà essere abbattuta. Forse qualcuno, vedendo gli operai quando cominceranno a buttarla giù, dirà: "Ma come? Ma qui non si è pregato? Non è stato qui invocato il nome di Dio? Perché si permette che costoro la buttino giù?". Non piace la cosa perché non si sa quello che si vuol fare. E così anche Dio fa qualche cosa. La ragione per cui opera o la conosci e la lodi, oppure non la conosci e ti fidi, se sei retto di cuore. Retto di cuore infatti è colui che in quei disegni che conosce loda Dio e in quelli che non conosce non accusa Dio di non saper fare. Sarebbe ingiusto e stolto, per te che governi la tua propria casa, se tu venissi disapprovato da uno che non conosce le tue ragioni, che è ignaro dei tuoi progetti. E tu oseresti disapprovare colui che governa tutto il mondo, che ha creato il cielo e la terra, per il fatto che ha soffiato [un po' di] vento e si son seccate le viti, oppure perché si son gonfiate le nubi ed è caduta la grandine? Non disapprovarlo. Sa lui come governare e tener conto di tutte le sue opere. Tu non hai saputo fabbricare il cielo e la terra e pur tuttavia, se ti fosse consentito, diresti a Dio: "Oh! se governassi io, non farei come fai tu". In realtà, quando a te non piace qualcosa che ha fatto Dio, non è come se volessi esser tu a governare? Vergognati. Pensa a chi vorresti succedere, tu, mortale, all'immortale, tu, uomo, a Dio. È meglio che tu pensi a cedergli, anziché a succedergli. Cedi a Dio perché è Dio. E se anche ha agito contro la tua volontà, non è certo contro la tua utilità. Quante cose fanno i medici contro la volontà dei malati, ma non contro la loro salute! E il medico sbaglia qualche volta, ma Dio mai. Tu, quando ti affidi a un medico che può anche sbagliare, ti affidi alle risorse umane. E non ti affidi a lui solo per l'uso di un cataplasma, che è cosa da poco, oppure per un empiastro per alleggerire il dolore, ma il più delle volte perché bruci, perché tagli, perché ti asporti un membro che pure era nato con te. E non dici: "Costui forse si sbaglia e io dopo avrò un dito di meno". Tu permetti che egli ti tolga un dito, affinché non vada in cancrena tutto il corpo. E non vuoi permettere a Dio di tagliare e di asportare qualcosa dei tuoi frutti per poter avere, dietro il suo intervento, uno sviluppo più ordinato?.
Però nelle afflizioni bisogna pregar Dio perché ci soccorra.
9. Ordunque, fratelli, siate retti di cuore, ossia che in nessuna cosa a voi dispiaccia Dio. Però con questo non dico che non dovete supplicarlo. Supplicatelo quanto più potete nell'afflizione. Egli non manda la pioggia? Bisogna supplicarlo. Però se pioverà, bisogna lodarlo, e se non pioverà, bisogna lodarlo e continuare a supplicarlo. Non diciamo infatti che non dovete supplicarlo. Egli alle volte si piega e concede a chi lo supplica, e non vuol concedere se non a chi lo supplica. È forse arrogante Dio, per non concedere se non a chi lo supplica? Ma è così che la piccola anima s'innalza verso la grandezza di Dio, perché egli la soccorre nella tribolazione e a noi tribolati e supplicanti ci porta consolazione. Vuol farci sentire la sua dolcezza per il nostro bene e non per il suo. Pensate che gran guaio sarebbe se il mondo ti diventasse dolce e ti fosse amaro Dio che ha fatto il mondo. Non bisogna dunque che tu cambi? Non bisogna che ti corregga per avere il cuore retto? Al contrario il mondo ti deve essere amaro e Dio dolce. E allora il Signore Dio nostro mescoli pure le amarezze con [le dolcezze di] questo mondo, le mescoli pure. Quaggiù fa piacere distrarsi, vagabondare, essere in mezzo alle delizie e non pensare a Dio. Se si ha del denaro in più, ci si vuol divertire, non ci si vuol fare qualcosa di utile, non ci si vuol conquistare qualcosa per il cielo. E così ci si perde il denaro e se stessi e gli altri per i quali si spende il denaro. E allora non volete che Dio tagli il superfluo, perché da quella putredine non imputridisca il tutto? Egli sa quel che fa. Lasciamolo fare. Semplicemente diamoci a lui per esser curati, e non pretendiamo di dar consigli al medico. Rivolti al Signore.
1 - Sal 32, 1.
2 - Sal 49, 16.
3 - Sir 15, 9.
4 - Sal 72, 1-3.
5 - Sal 72, 1-2.
6 - Sal 72, 2.
7 - Sal 72, 3.
8 - Sal 72, 16-17.
9 - Lc 16, 19-25.
10 - Sal 72, 1.
11 - Sal 72, 3.
12 - Sal 32, 1.
13 - Sal 33, 2.
14 - Sal 33, 2.
15 - Eb 12, 6.
16 - Sal 32, 1.
17 - Sal 33, 2.
18 - Sal 10 (sec Eb) 4.
19 - Sal 10 (sec Eb) 13
20 - Sal 33, 2.
21 - Sal 38, 6-7.
22 - Cf Mt 6, 19-20; 19, 21.
23 - Lc 16, 22.
24 - Cf Gn 13, 2.
25 - Lc 16, 19.
26 - Gb 1, 21.
27 - Sal 72, 1.
28 - Gb 1, 21.
29 - Gb 1, 21.
30 - Gb 1, 21.
31 - Sal 32, 1.
32 - Gb 2, 9.
33 - Gn 3, 4.
34 - Gb 2, 9.
35 - Gb 2, 10.
36 - Sal 33, 2.
37 - Sal 72, 1.
38 - Sal 32, 1.
Capitolo XLIX: Il desiderio della vita eterna. I grandi beni promessi a quelli che lottano
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, quando senti, infuso dall'alto, un desiderio di eterna beatitudine; quando aspiri ad uscire dalla povera dimora del tuo corpo, per poter contemplare il mio splendore, senza ombra di mutamento, allarga il tuo cuore e accogli con grande sollecitudine questa santa ispirazione. Rendi grazie senza fine alla superna bontà, che si mostra tanto benigna con te, venendo indulgente presso di te; ti risolleva con ardore e ti innalza con forza, cosicché, con la tua pesantezza, tu non abbia a inclinare verso le tue cose terrene. Tutto ciò, infatti, non lo devi ad una tua iniziativa o ad un tuo sforzo, ma soltanto al favore della grazia di Dio, che dall'alto guarda a te. Ti sarà dato così di progredire nelle virtù, in una sempre più grande umiltà, preparandoti alle lotte future attaccato a me con tutto lo slancio del tuo cuore e intento a servirmi con volonteroso fervore.
2. Figlio, il fuoco arde facilmente, ma senza fumo la fiamma non ascende. Così certuni ardono dal desiderio delle cose celesti, ma non sono liberi dalla tentazione di restare attaccati alle cose terrene; e perciò, quello che pur avevano chiesto a Dio con tanto desiderio, non lo compiono esclusivamente per la gloria di Dio. Tale è sovente il tuo desiderio, giacché vi hai immesso un fermento così poco confacente: non è puro e perfetto, infatti, quello che è inquinato dal comodo proprio. Non chiedere ciò che ti piace e ti è utile, ma piuttosto ciò che è gradito a me e mi rende gloria. A ben vedere, al tuo desiderio e ad ogni cosa desiderata devi preferire il mio comando, e seguirlo. Conosco la tua brama, ho ascoltato i frequenti tuoi gemiti: già vorresti essere nella libertà gloriosa dei figlio di Dio; già ti alletta la dimora eterna, la patria del cielo, pienamente felice. Ma un tale momento non è ancora venuto; questo è tuttora un momento diverso: il momento della lotta, della fatica e della prova. Tu brami di essere ricolmo del sommo bene, ma questo non lo puoi ottenere adesso. Sono io "aspettami, dice il Signore" (Sof 3,8), finché venga il regno di Dio. Devi essere ancora provato qui in terra, e travagliato in vario modo. Qualche consolazione ti sarà data talvolta; ma non ti sarà concessa una piena sazietà. "Confortati, pertanto e sii gagliardo" (Gs 1,7), nell'agire e nel sopportare ciò che va contro la natura. Occorre che tu ti rivesta dell'uomo nuovo; che tu ti trasformi in un altro uomo. Occorre, ben spesso, che tu faccia quello che non vorresti e che tu tralasci quello che vorresti. Avrà successo quanto è voluto da altri, e quanto vuoi tu non andrà innanzi. Sarà ascoltato quanto dicono gli altri, e quanto dici tu sarà preso per un nulla. Altri chiederanno, e riceveranno; tu chiederai, e non otterrai. Altri saranno grandi al cospetto degli uomini; sul tuo conto, silenzio. Ad altri sarà affidata questa o quella faccenda; tu, invece, non sarai ritenuto utile a nulla. Da ciò la natura uscirà talvolta contristata; e già sarà molto se sopporterai in silenzio.
3. In questi, e in consimili vari modi, il servo fedele del Signore viene si solito sottoposto a prova, come sappia rinnegare e vincere del tutto se stesso. Altro, forse, non c'è, in cui tu debba essere così morto a te stesso, fuor che constatare ciò che contrasta con la tua volontà, e doverlo sopportare; specialmente allorché ti viene imposto di fare cosa che non ti sembra opportuna o utile. Non osando opporre resistenza a un potere superiore, tu, che sei sottoposto, trovi duro camminare al comando di altri, e lasciar cadere ogni tua volontà. Ma se consideri, o figlio, quale sia il frutto di queste sofferenze, cioè il rapido venire della fine e il premio, allora non troverai più alcun peso in tali sofferenze, ma un validissimo conforto al tuo soffrire. Giacché, invece di quella scarsa volontà che ora, da te, non sai coltivare, godrai per sempre nei cieli la pienezza della tua volontà. Nei cieli, invero, troverai tutto ciò che vorrai, tutto ciò che potrai desiderare; nei cieli godrai integralmente di ciò che è bene e non temerai che esso ti venga a mancare. Nei cieli il tuo volere, a me sempre unito, a nulla aspirerà che venga di fuori, a nulla che sia tuo proprio. Nei cieli nessuno ti farà resistenza, nessuno si lamenterà di te, nessuno ti sarà di ostacolo e nulla si porrà contro di te; ma tutti i desideri saranno insieme realizzati e ristoreranno pienamente il tuo animo, appagandolo del tutto. Nei cieli, per ogni oltraggio patito, io darò gloria; per la tristezza, un premio di lode; per l'ultimo posto, una dimora nel regno, nei secoli. Nei cieli si vedrà il frutto dell'obbedienza; avrà gioia il travaglio della penitenza; sarà coronata di gloria l'umile soggezione. Ora, dunque, devi chinarti umilmente sotto il potere di ognuno, senza preoccuparti di sapere chi sia colui che ti ha detto o comandato alcunché; bada sommamente - sia un superiore, o uno più giovane di te o uno pari a te, a chiederti o ad importi qualcosa - di accettare tutto come giusto, facendo in modo di eseguirlo con buona volontà. Altri vada cercando questo, altri quello; che uno si glori in una cosa, e un altro sia lodato mille volte per un'altra: quanto a te, invece, non in questa o in quest'altra cosa devi trovare la tua gioia, ma nel disprezzare te stesso, nel piacere soltanto a me e nel darmi gloria. E' questo che devi desiderare, che in te sia glorificato sempre Iddio, "per la vita e per la morte" (Fil 1,20).
32-16 Giugno 29, 1933 Come nella Divina Volontà non ci sono fermate, facendosi ripetitrice della nostra Vita. Compito che le viene affidato. Come Dio si adatta alla piccolezza umana.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Il mio volo nel Voler Divino continua, mi sento che se non continuasse mi mancherebbe la vita per vivere, l’alimento per sfamarmi, la luce per vedere, i piedi per camminare, ahimè! resterei immobilizzata, ravvolta in una notte profonda, perderei la via e resterei a mezza strada. Mio Dio, mio Gesù, Mamma Santa, liberami, e quando mi vedete nel pericolo di fermarmi, venite in mio aiuto, datemi la mano affinché non mi fermi, oppure portatemi al Cielo, dove non ci sono questi pericoli di fermate, ed io possa darmi il vanto di dire: “Mai mi sono fermata, e perciò non mi ha mancato mai né cibo, né luce, né Colui che mentre mi conduceva, col suo dolce dire mi istruiva e mi rapiva”. Ma mentre la mia mente era tutta inabissata nella Divina Volontà, il mio sapiente maestro Gesù, sorprendendomi con la sua breve visitina, mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, chi vive nella mia Divina Volontà sente il bisogno di non interrompere mai il suo cammino, né ci sono pericoli di fermarsi, né in terra, né in Cielo, perché essendo Essa eterna, le sue vie ed i suoi passi sono interminabili, e chi in Essa vive riceve in natura il bene di poter sempre camminare. Fermarsi nella mia Volontà sarebbe far mancare un’atto di vita alla nostra vita divina che va formando nell’anima sua. Perché tu devi sapere, che chi vive nella mia Volontà Divina giunge a tanto, e può tanto, fino a ripetere la nostra vita divina, il nostro Fiat dà tutto l’occorrente alla creatura che vive in Essa, che coi suoi atti si fa ripetitrice della vita stessa di Dio, e se tu sapessi che significa ripetere la nostra vita, la gloria, l’onore, l’amore che ci dà, il bene che fa discendere su tutte le generazioni; è incalcolabile ciò che fa, e solo la nostra Volontà tiene questa potenza, di fare questo prodigio sì grande, che a nessuno è dato di farsi ripetitrice della nostra stessa vita divina nella creatura”.
(3) Onde io nel sentir ciò ho detto: “Amor mio, che dici? Come mai si può giungere a tanto? Mi sembra che dà dell’incredibile”. E Gesù spezzando il mio dire ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, non ti meravigliare, tutto è possibile alla mia Volontà, anche ripetere la nostra vita. Tu devi sapere che il nostro Ente Supremo tiene virtù in natura sua, di potersi ripetere quante volte vuole, come difatti ripetiamo la nostra vita divina tutta intera per ciascun individuo, per ogni cosa creata, dovunque, in ciascun luogo e dappertutto, la nostra immensità ci porta, la nostra potenza ci forma, e della nostra vita unica che possediamo ripete, biloca, moltiplica tante nostre vite divine, che solo chi non la vuole non la prende, altrimenti quello che si dice, dov’è Dio? In Cielo, in terra e dappertutto, si ridurrebbe in parole, ma non coi fatti. Ora, chi vive nella nostra Volontà, coi suoi atti si fa concorrente della nostra vita, che continuamente si ripete per amore delle creature, e perciò ci sentiamo ripetere dalla sua piccolezza. Ed oh! il contento, la felicità che sentiamo, e come il nostro amore trova il suo sfogo, il suo contraccambio nel sentirsi ripetere la sua stessa vita dalla sua amata creatura, e nella sua enfasi d’amore e di gioia indicibile che proviamo, diciamo: “Tutto l’abbiamo dato, e tutto ci ha dato, né poteva darci di più, perché ci sentiamo che dovunque ci porta la nostra immensità, essa sbuca da tutte parti, non vi è punto che non si fa sentire, ed oh! com’è dolce e gradito sentirla dappertutto nella nostra vita che possiede, ti amo, ti adoro, ti ringrazio, ti benedico. Sicché il compito che affidiamo a chi vive nel nostro Volere, è di ripetere la nostra stessa vita divina, perciò sii attenta ed il tuo cammino sia continuo”.
(5) Dopo ciò continuavo a pensare alla Divina Volontà, ed il mio sempre amabile Gesù ha soggiunto:
(6) “Figlia mia, se tu sapessi le dolci e gradite sorprese che ci fa la creatura nella nostra Volontà, essa è piccina, e trovandosi nel nostro Fiat si trova circondata da una immensità che non ha fine, da una potenza che non ha limiti, da un’amore che non solo la involge tutta, ma si sente che essa stessa non è altro che amore, la nostra bellezza la investe e resta rapita. Sicché la piccina muove il piedino e guarda l’immensità che la circonda, e mentre muove il passo, vuol prendere chi sa quanto della nostra immensità, ma che, non li riesce che prendere che poche stille della nostra potenza, amore e bellezza nostra, le quali sebbene stille, ma bastano a riempirla tanto, fino a straripare fuori, fino a formarsi intorno fiumicelli d’amore, di potenza e di bellezza nostra, e la piccina s’imbarazza, s’affatica, ché ne vuol prendere di più, ma che non può, perché le manca lo spazio dove poter chiudere ciò che vuol prendere, ed il nostro Ente Supremo, la facciamo fare, anzi godiamo dei suoi sforzi e dei suoi imbarazzi, ci dilettiamo, le sorridiamo, e la piccina ci guarda chiedendoci aiuto, perché sente il bisogno di distendersi di più nella nostra immensità, potenza ed amore, ma sai perché? Ci vuol dare di più, vuole il contento che ci vuol dire: “I miei sforzi, i miei imbarazzi sono, ché vi voglio dire che Vi amo di più, oh! se potessi possedere tutto il vostro amore, come sarei contenta, per potervi dire Vi amo quanto mi amate”. Questa piccina coi suoi sforzi, coi suoi imbarazzi, col suo dire, ci ferisce, ci rapisce, ci incatena, ed allora sai che facciamo? Prendiamo la piccina e ci adattiamo a lei, con un prodigio della nostra onnipotenza facciamo scorrere la nostra immensità, la nostra potenza, santità, amore, bellezza, bontà, in modo che il nostro Essere Divino resta dentro e fuori di lei, inseparabile da essa, e si vede che tutto è suo, e la piccina nella sua enfasi d’amore ci dice: “Come sono contenta e felice, posso dirvi che la vostra immensità è vostra e mia, e Vi amo con amore immenso, con amore potente, al mio amore non manca nulla, né la vostra santità, né la vostra bontà, né la vostra bellezza che tutto rapisce, vince ed ottiene”. Non contentare la piccolezza umana nella nostra Volontà ci riesce impossibile, e siccome per la sua piccolezza non può adattarsi a Noi, Dio si adatta a lei, e ci riesce facile, perché non ci sono elementi estranei a Noi, ma tutto è nostro, al più sarà piccola, ma questo dice nulla, sarà più cura nostra di farla quanto più bella la possiamo. Invece chi non vive nella nostra Volontà Divina, ci sono nella piccolezza umana tanti elementi estranei a Noi: Volontà, desideri, affetti, pensieri, che non sono nostri, e si può dire che lei dovrebbe adattarsi a Noi col togliersi ciò che non è nostro, altrimenti non potrà comprendere la nostra Volontà, molto meno potrà salire ed entrare nelle sue sfere celesti, e quindi resterà vuota di Dio, piena di miserie nelle strettezze delle vita umana. Quante vite si troveranno senza crescenza di vita divina perché non hanno fatto la mia Volontà, né si sono occupate di comprendere che significa vivere di Essa, ed il gran bene che possono ricevere. Perciò saranno tanti ignorantelli ed analfabeti del loro Creatore”. . .