Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

La mente dell'uomo è davanti a Dio quando si convince che nulla di buono può avere da se stessa, in se stessa e per se stessa, ma attribuisce tutto a lui, che è tutto il bene, il sommo bene, e dal quale, come dal centro, si dipartono tutti i raggi della grazia. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 2° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 13

1Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.2Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose in parabole.

E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare.4E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9Chi ha orecchi intenda".

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?".
11Egli rispose: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:

'Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.'
15'Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani.'

16Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!

18Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non da' frutto.23Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi da' frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta".

24Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.25Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?28Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?29No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".

31Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".

33Un'altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".

34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:

'Aprirò la mia bocca in parabole,'
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

53Terminate queste parabole, Gesù partì di là54e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?55Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?".57E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua".58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.


Secondo libro dei Re 7

1Ma Eliseo disse: "Ascolta la parola del Signore: Dice il Signore: A quest'ora, domani, alla porta di Samaria una 'sea' di farina costerà un siclo e anche due 'sea' di orzo costeranno un siclo".2Ma lo scudiero, al cui braccio il re si appoggiava, rispose all'uomo di Dio: "Già, il Signore apre le finestre in cielo! Avverrà mai una cosa simile?". Quegli disse: "Ecco, tu lo vedrai con gli occhi, ma non ne mangerai".
3Ora c'erano quattro lebbrosi davanti alla porta. Essi dicevano fra di loro: "Perché stiamo seduti qui ad attendere la morte?4Se risolviamo di andare in città, in città c'è la fame e vi moriremo. Se stiamo qui, moriremo ugualmente. Ora, su, andiamo all'accampamento degli Aramei; se ci lasceranno in vita, vivremo; se ci uccideranno, moriremo".5Si alzarono al crepuscolo per andare all'accampamento degli Aramei e giunsero fino al limite del loro campo. Ebbene, là non c'era nessuno.6Il Signore aveva fatto udire nell'accampamento degli Aramei rumore di carri, scalpitio di cavalli e chiasso di un grande esercito. Essi si erano detti l'un l'altro: "Ecco, il re di Israele ha assoldato contro di noi i re degli Hittiti e i re dell'Egitto per assalirci".7Alzatisi all'imbrunire, erano fuggiti, lasciando le loro tende, i loro cavalli e i loro asini e il campo come si trovava; erano fuggiti per mettersi in salvo.8Quei lebbrosi, giunti al limite del campo, entrarono in una tenda e, dopo aver mangiato e bevuto, portarono via argento, oro e vesti, che andarono a nascondere. Ritornati, entrarono in un'altra tenda; portarono via tutto e andarono a nasconderlo.
9Si dissero: "Non è giusto quello che facciamo; oggi è giorno di buone notizie, mentre noi ce ne stiamo zitti. Se attendiamo fino all'alba di domani, potrebbe sopraggiungerci un castigo. Andiamo ora, entriamo in città e annunziamolo alla reggia".10Vi andarono; chiamarono le guardie della città e riferirono loro: "Siamo andati nel campo degli Aramei; ecco, non c'era nessuno né si sentiva voce umana. C'erano cavalli e asini legati e le tende intatte".11Le guardie allora gridarono e la notizia fu portata dentro la reggia.
12Il re si alzò di notte e disse ai suoi ufficiali: "Vi dirò quello che hanno fatto con noi gli Aramei. Sapendo che siamo affamati, hanno abbandonato il campo per nascondersi in campagna, dicendo: Appena usciranno dalla città, li prenderemo vivi e poi entreremo in città".13Uno dei suoi ufficiali rispose: "Si prendano i cinque cavalli che sono rimasti in questa città, caso mai capiterà loro come alla moltitudine di Israele, e mandiamo a vedere".14Presero allora due carri con i cavalli; il re li mandò a seguire l'esercito degli Aramei, dicendo: "Andate e vedete".15Li seguirono fino al Giordano; ecco tutta la strada era piena di abiti e di oggetti che gli Aramei avevano gettato via nella fretta. I messaggeri tornarono e riferirono al re.
16Allora uscirono tutti e saccheggiarono il campo degli Aramei. Una 'sea' di farina si vendette per un siclo, così pure due 'sea' di orzo si vendettero per un siclo, secondo la parola del Signore.17Il re aveva messo a guardia della porta lo scudiero, al cui braccio egli si appoggiava. Calpestato dalla folla presso la porta, quegli morì come aveva predetto l'uomo di Dio quando parlò al re che era sceso da lui.18Difatti, dopo che l'uomo di Dio aveva detto al re: "A quest'ora, domani, alla porta di Samaria due 'sea' di orzo costeranno un siclo e anche una 'sea' di farina costerà un siclo",19lo scudiero aveva risposto all'uomo di Dio: "Già, Dio apre le finestre in cielo! Avverrà mai una cosa simile?". E quegli aveva detto: "Ecco, tu lo vedrai con gli occhi, ma non ne mangerai".20A lui capitò proprio questo: lo calpestò la folla alla porta ed egli morì.


Proverbi 25

1Anche questi sono proverbi di Salomone,
trascritti dagli uomini di Ezechia, re di Giuda.
2È gloria di Dio nascondere le cose,
è gloria dei re investigarle.
3I cieli per la loro altezza, la terra per la sua profondità
e il cuore dei re sono inesplorabili.
4Togli le scorie dall'argento
e l'orafo ne farà un bel vaso;
5togli il malvagio dalla presenza del re
e il suo trono si stabilirà sulla giustizia.
6Non darti arie davanti al re
e non metterti al posto dei grandi,
7perché è meglio sentirsi dire: "Sali quassù"
piuttosto che essere umiliato davanti a uno superiore.
Quanto i tuoi occhi hanno visto
8non metterlo subito fuori in un processo;
altrimenti che farai alla fine,
quando il tuo prossimo ti svergognerà?
9Discuti la tua causa con il tuo vicino,
ma non rivelare il segreto altrui;
10altrimenti chi ti ascolta ti biasimerebbe
e il tuo discredito sarebbe irreparabile.
11Come frutti d'oro su vassoio d'argento
così è una parola detta a suo tempo.
12Come anello d'oro e collana d'oro fino
è un saggio che ammonisce un orecchio attento.
13Come fresco di neve al tempo della mietitura,
è un messaggero verace per chi lo manda;
egli rinfranca l'animo del suo signore.
14Nuvole e vento, ma senza pioggia,
tale è l'uomo che si vanta di regali che non fa.
15Con la pazienza il giudice si lascia persuadere,
una lingua dolce spezza le ossa.
16Se hai trovato il miele, mangiane quanto ti basta,
per non esserne nauseato e poi vomitarlo.
17Metti di rado il piede in casa del tuo vicino,
perché non si stanchi di te e ti prenda in odio.
18Mazza, spada e freccia acuta
è colui che depone il falso contro il suo prossimo.
19Qual dente cariato e piede slogato
tale è la fiducia dell'uomo sleale nel giorno della sventura,
20è togliersi le vesti in un giorno rigido.
Aceto su una piaga viva,
tali sono i canti per un cuore afflitto.
21Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare,
se ha sete, dagli acqua da bere;
22perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo
e il Signore ti ricompenserà.
23La tramontana porta la pioggia,
un parlare in segreto provoca lo sdegno sul volto.
24Abitare su un angolo del tetto è meglio
di una moglie litigiosa e una casa in comune.
25Come acqua fresca per una gola riarsa
è una buona notizia da un paese lontano.
26Fontana torbida e sorgente inquinata,
tale è il giusto che vacilla di fronte all'empio.
27Mangiare troppo miele non è bene,
né lasciarsi prendere da parole adulatrici.
28Una città smantellata o senza mura
tale è l'uomo che non sa dominare la collera.


Salmi 106

1Alleluia.

Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.

4Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
5perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità.

6Abbiamo peccato come i nostri padri,
abbiamo fatto il male, siamo stati empi.
7I nostri padri in Egitto
non compresero i tuoi prodigi,
non ricordarono tanti tuoi benefici
e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso.
8Ma Dio li salvò per il suo nome,
per manifestare la sua potenza.

9Minacciò il mar Rosso e fu disseccato,
li condusse tra i flutti come per un deserto;
10li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
11L'acqua sommerse i loro avversari;
nessuno di essi sopravvisse.
12Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode.

13Ma presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia nel suo disegno,
14arsero di brame nel deserto,
e tentarono Dio nella steppa.
15Concesse loro quanto domandavano
e saziò la loro ingordigia.

16Divennero gelosi di Mosè negli accampamenti,
e di Aronne, il consacrato del Signore.
17Allora si aprì la terra e inghiottì Datan,
e seppellì l'assemblea di Abiron.
18Divampò il fuoco nella loro fazione
e la fiamma divorò i ribelli.

19Si fabbricarono un vitello sull'Oreb,
si prostrarono a un'immagine di metallo fuso;
20scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia fieno.
21Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
22prodigi nel paese di Cam,
cose terribili presso il mar Rosso.
23E aveva già deciso di sterminarli,
se Mosè suo eletto
non fosse stato sulla breccia di fronte a lui,
per stornare la sua collera dallo sterminio.

24Rifiutarono un paese di delizie,
non credettero alla sua parola.
25Mormorarono nelle loro tende,
non ascoltarono la voce del Signore.
26Egli alzò la mano su di loro
giurando di abbatterli nel deserto,
27di disperdere i loro discendenti tra le genti
e disseminarli per il paese.

28Si asservirono a Baal-Peor
e mangiarono i sacrifici dei morti,
29provocarono Dio con tali azioni
e tra essi scoppiò una pestilenza.
30Ma Finees si alzò e si fece giudice,
allora cessò la peste
31e gli fu computato a giustizia
presso ogni generazione, sempre.

32Lo irritarono anche alle acque di Meriba
e Mosè fu punito per causa loro,
33perché avevano inasprito l'animo suo
ed egli disse parole insipienti.

34Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
35ma si mescolarono con le nazioni
e impararono le opere loro.
36Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello.
37Immolarono i loro figli
e le loro figlie agli dèi falsi.
38Versarono sangue innocente,
il sangue dei figli e delle figlie
sacrificati agli idoli di Canaan;
la terra fu profanata dal sangue,
39si contaminarono con le opere loro,
si macchiarono con i loro misfatti.

40L'ira del Signore si accese contro il suo popolo,
ebbe in orrore il suo possesso;
41e li diede in balìa dei popoli,
li dominarono i loro avversari,
42li oppressero i loro nemici
e dovettero piegarsi sotto la loro mano.
43Molte volte li aveva liberati;
ma essi si ostinarono nei loro disegni
e per le loro iniquità furono abbattuti.
44Pure, egli guardò alla loro angoscia
quando udì il loro grido.
45Si ricordò della sua alleanza con loro,
si mosse a pietà per il suo grande amore.
46Fece loro trovare grazia
presso quanti li avevano deportati.
47Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici di mezzo ai popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.

48Benedetto il Signore, Dio d'Israele
da sempre, per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.


Geremia 38

1Sefatià figlio di Mattàn, Godolia figlio di Pascùr, Iucàl figlio di Selemia e Pascùr figlio di Malchia udirono queste parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo:2"Dice il Signore: Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di peste, mentre chi passerà ai Caldei vivrà: per lui la sua vita sarà come bottino e vivrà.3Dice il Signore: Certo questa città sarà data in mano all'esercito del re di Babilonia che la prenderà".
4I capi allora dissero al re: "Si metta a morte questo uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male".5Il re Sedecìa rispose: "Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi".
6Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale, la quale si trovava nell'atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c'era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango.
7Ebed-Mèlech l'Etiope, un eunuco che era nella reggia, sentì che Geremia era stato messo nella cisterna. Ora, mentre il re stava alla porta di Beniamino,8Ebed-Mèlech uscì dalla reggia e disse al re:9"Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c'è più pane nella città".10Allora il re diede quest'ordine a Ebed-Mèlech l'Etiope: "Prendi con te da qui tre uomini e fa' risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia".11Ebed-Mèlech prese con sé gli uomini, andò nella reggia, nel guardaroba del tesoro e, presi di là pezzi di cenci e di stracci, li gettò a Geremia nella cisterna con corde.
12Ebed-Mèlech disse a Geremia: "Su, mettiti i pezzi dei cenci e degli stracci alle ascelle sotto le corde". Geremia fece così.13Allora tirarono su Geremia con le corde, facendolo uscire dalla cisterna, e Geremia rimase nell'atrio della prigione.

14Il re Sedecìa mandò a prendere il profeta Geremia e, fattolo venire presso di sé al terzo ingresso del tempio del Signore, il re gli disse: "Ti domando una cosa, non nascondermi nulla!".15Geremia rispose a Sedecìa: "Se te la dico, non mi farai forse morire? E se ti do un consiglio, non mi darai ascolto".16Allora il re Sedecìa giurò in segreto a Geremia: "Com'è vero che vive il Signore che ci ha dato questa vita, non ti farò morire né ti consegnerò in balìa di quegli uomini che attentano alla tua vita!".
17Geremia allora disse a Sedecìa: "Dice il Signore, Dio degli eserciti, Dio di Israele: Se uscirai incontro ai generali del re di Babilonia, allora avrai salva la vita e questa città non sarà data in fiamme; tu e la tua famiglia vivrete;18se invece non uscirai incontro ai generali del re di Babilonia, allora questa città sarà messa in mano ai Caldei, i quali la daranno alle fiamme e tu non scamperai dalle loro mani".
19Il re Sedecìa rispose a Geremia: "Ho paura dei Giudei che sono passati ai Caldei; temo di essere consegnato in loro potere e che essi mi maltrattino".20Ma Geremia disse: "Non ti consegneranno a loro. Ascolta la voce del Signore riguardo a ciò che ti dico; ti andrà bene e tu vivrai;21 se, invece, rifiuti di uscire, questo il Signore mi ha rivelato:22Ecco, tutte le donne rimaste nella reggia di Giuda saranno condotte ai generali del re di Babilonia e diranno:

Ti hanno abbindolato e ingannato
gli uomini di tua fiducia.
I tuoi piedi si sono affondati nella melma,
mentre essi sono spariti.

23Tutte le donne e tutti i tuoi figli saranno condotti ai Caldei e tu non sfuggirai alle loro mani, ma sarai tenuto prigioniero in mano del re di Babilonia e questa città sarà data alle fiamme".
24Sedecìa disse a Geremia: "Nessuno sappia di questi discorsi perché tu non muoia.25Se i dignitari sentiranno che ho parlato con te e verranno da te e ti domanderanno: Riferiscici quanto hai detto al re, non nasconderci nulla, altrimenti ti uccideremo; raccontaci che cosa ti ha detto il re,26tu risponderai loro: Ho presentato la supplica al re perché non mi mandasse di nuovo nella casa di Giònata a morirvi".
27Ora tutti i dignitari vennero da Geremia e lo interrogarono; egli rispose proprio come il re gli aveva ordinato, così che lo lasciarono tranquillo, poiché la conversazione non era stata ascoltata.
28Geremia rimase nell'atrio della prigione fino al giorno in cui fu presa Gerusalemme.


Lettera ai Romani 3

1Qual è dunque la superiorità del Giudeo? O quale l'utilità della circoncisione?
-2Grande, sotto ogni aspetto. Anzitutto perché a loro sono state affidate le rivelazioni di Dio.
-3Che dunque? Se alcuni non hanno creduto, la loro incredulità può forse annullare la fedeltà di Dio?
-4Impossibile! Resti invece fermo che Dio è verace e 'ogni uomo mentitore', come sta scritto:

'Perché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole
e trionfi quando sei giudicato'.

-5Se però la nostra ingiustizia mette in risalto la giustizia di Dio, che diremo? Forse è ingiusto Dio quando riversa su di noi la sua ira? Parlo alla maniera umana.
-6Impossibile! Altrimenti, come potrà Dio giudicare il mondo?
-7Ma se per la mia menzogna la verità di Dio risplende per sua gloria, perché dunque sono ancora giudicato come peccatore?8Perché non dovremmo fare il male affinché venga il bene, come alcuni - la cui condanna è ben giusta - ci calunniano, dicendo che noi lo affermiamo?

9Che dunque? Dobbiamo noi ritenerci superiori? Niente affatto! Abbiamo infatti dimostrato precedentemente che Giudei e Greci, tutti, sono sotto il dominio del peccato,10come sta scritto:

'Non c'è nessun giusto, nemmeno uno,'
11'non c'è sapiente, non c'è chi cerchi Dio!'
12'Tutti hanno traviato e si son pervertiti;
non c'è chi compia il bene, non ce n'è neppure uno.'
13'La loro gola è un sepolcro spalancato,
tramano inganni con la loro lingua,
veleno di serpenti è sotto le loro labbra,'
14'la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza.'
15'I loro piedi corrono a versare il sangue;'
16'strage e rovina è sul loro cammino'
17'e la via della pace non conoscono.'
18'Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi'.

19Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio.20Infatti in virtù delle opere della legge 'nessun uomo sarà giustificato davanti a lui', perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato.

21Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti;22giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione:23tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio,24ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù.25Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati,26nel tempo della divina pazienza. Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù.

27Dove sta dunque il vanto? Esso è stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede.28Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.29Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani!30Poiché non c'è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi.31Togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede? Nient'affatto, anzi confermiamo la legge.


Capitolo LIII: La grazia di Dio non si confonde con ciò che ha sapore di cose terrene

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1. Preziosa, o figlio, è la mia grazia; essa non tollera di essere mescolata a cose esteriori e a consolazioni terrene. Perciò devi buttar via tutto ciò che ostacola la grazia, se vuoi che questa sia infusa in te. Procurati un luogo appartato, compiaciti di stare solo con te stesso, non andare cercando di chiacchierare con nessuno; effondi, invece, la tua devota preghiera a Dio, per conservare compunzione d'animo e purezza di coscienza. Il mondo intero, consideralo un nulla; alle cose esteriori anteponi l'occuparti di Dio. Ché non potresti attendere a me, e nello stesso tempo trovare godimento nelle cose passeggere. Occorre allontanarsi dalle persone che si conoscono e alle quali si vuole bene; occorre tenere l'animo sgombro da ogni conforto temporale. Ecco ciò che il santo apostolo Pietro chiede, in nome di Dio: che i seguaci di Cristo si conservino in questo mondo "come forestieri e pellegrini" (1Pt 2,11). Quanta sicurezza in colui che muore, senza essere legato alla terra dall'attaccamento per alcuna cosa. Uno spirito debole, invece, non riesce a mantenere il cuore tanto distaccato: l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. Che se uno vuole veramente essere uomo spirituale, egli deve rinunciare a tutti, ai lontani e ai vicini; e guardarsi da se stesso più ancora che dagli altri. Se avrai vinto pienamente te stesso, facilmente soggiogherai tutto il resto. Trionfare di se medesimi è vittoria perfetta; giacché colui che domina se stesso - facendo sì che i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca in tutto e per tutto a Dio - questi è, in verità il vincitore di sé e signore del mondo.

2. Se brami elevarti a questa somma altezza, è necessario che tu cominci con coraggio, mettendo la scure alla radice, per poter estirpare totalmente la tua segreta inclinazione, contraria al volere di Dio e volta a te stesso e a tutto ciò che è tuo utile materiale. Da questo vizio, dall'amore di sé, contrarissimo alla volontà divina, deriva, si può dire, tutto quanto deve essere stroncato radicalmente. Domato e superato questo vizio, si farà stabilmente una grande pace e una grande serenità. Ma sono pochi quelli che si adoprano per morire del tutto a se stessi, e per uscire pienamente da se stessi. I più restano avviluppati, né sanno innalzarsi spiritualmente sopra di sé. Coloro che desiderano camminare con me senza impacci debbono mortificare tutti i loro affetti perversi e contrari all'ordine voluto da Dio, senza restare attaccati di cupido amore personale ad alcuna creatura.


DISCORSO 46 I PASTORI DA EZECHIELE 34, 1-16

Discorsi - Sant'Agostino

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1. Tutta la nostra speranza è in Cristo; egli è tutta la nostra gloria, gloria vera e salutare. La vostra Carità non ode oggi per la prima volta queste cose: voi infatti appartenete al gregge di colui che provvidamente pasce Israele 1. Ma, siccome ci sono pastori che amano esser chiamati pastori mentre si rifiutano d'adempiere l'ufficio di pastori, scorriamo le parole ad essi rivolte dal profeta secondo la lettura che abbiamo or ora ascoltato. Voi ascoltate con attenzione; noi ascolteremo con tremore.

Vescovi e cristiani.

2. Il Signore mi rivolse la parola e mi disse: Figlio dell'uomo, profetizza contro i pastori d'Israele e di' ai pastori d'Israele 2. Abbiamo ascoltato poc'anzi la lettura di questo testo, sul quale abbiamo stabilito d'intrattenerci alquanto con la vostra Santità. Ci aiuterà il Signore a dirvi il vero; e a ciò riusciremo se non presumeremo dirvi cose nostre. Infatti, se diremo del nostro, saremo pastori che pasciamo noi stessi, non le pecore; se invece ci viene dal Signore quel che diciamo, qualunque sia la persona che vi pasce, è sempre il Signore a pascervi. Queste cose dice il Signore Iddio: Guai ai pastori d'Israele! Essi pascono soltanto se stessi. Non è invece compito dei pastori pascere le pecore? 3. Vuol dire: i pastori non debbono pascere se stessi ma le pecore, sicché questo è il primo motivo per cui vengono rimproverati tali pastori: perché pascono se stessi e non le pecore. Chi sono coloro che pascono se stessi? Son coloro dei quali dice l'Apostolo: Tutti cercano i propri interessi, non gli interessi di Gesù Cristo 4. Consideriamo un istante noi stessi. Il Signore ci ha posti in questo luogo (di cui dovremo rendere stretto conto) per un tratto della sua condiscendenza e non certo per i nostri meriti. Ebbene, noi siamo insigniti di due dignità che occorre ben distinguere: la dignità di cristiani e quella di vescovi. La prima, cioè l'essere cristiani, è per noi; l'altra, cioè l'essere vescovi, è per voi. Nel fatto di essere cristiani vanno sottolineati i vantaggi che derivano a noi; nel fatto di essere vescovi, ciò che conta è esclusivamente la vostra utilità. Vi sono molti che, essendo cristiani e non vescovi, raggiungono Dio e la loro via è forse più agevole [che non la nostra], ed essi possono camminare tanto più spediti quanto più è leggero il peso che portano. Noi, invece, oltre ad essere cristiani, per cui dovremo render conto a Dio della nostra vita, siamo anche vescovi, e quindi dovremo rendergli conto anche del nostro ministero. Vi fo presente tale difficile situazione affinché vogliate compatirci e pregare per noi. Verrà infatti il giorno in cui tutto sarà sottoposto a giudizio 5; e quel giorno, se per il mondo intero è lontano, per i singoli uomini è vicino, coincidendo con l'ultimo giorno della propria vita. Inoltre, Dio ha voluto che a noi fosse celato sia il giorno della fine del mondo sia quello della fine della vita dei singoli uomini: per cui, vuoi non aver paura del giorno che non conosci? Fa' che quando arriva ti trovi preparato. Quanto al compito dei vescovi, esso è di curare il bene dei loro sudditi, e nella funzione stessa del comando non debbono assolutamente mirare al proprio tornaconto ma al bene di coloro dei quali sono i servi. Ogni vescovo pertanto che godesse per il posto che occupa e cercasse il suo onore e guardasse esclusivamente ai suoi interessi privati, sarebbe di quelli che pascono se stessi e non le pecore. E a costoro è diretta la profezia. Quanto a voi, ascoltate come pecore di Dio e osservate come Dio vi abbia posti al sicuro. Qualunque sia il comportamento di chi vi sta a capo, cioè di noi, voi state sempre al sicuro per la sicurezza che vi ha donato il Pastore d'Israele. Dio non abbandona le sue pecore: sicché i cattivi pastori sconteranno le loro colpe, mentre le pecore conseguiranno i beni loro promessi.

3. Prestiamo dunque attenzione alle parole che rivolge ai pastori intenti a pascere se stessi, e non le pecore, la divina Scrittura che certo non adula nessuno. Ecco - dice - voi consumate il latte e vi coprite con la lana; voi uccidete le pecore grasse e non menate al pascolo le mie pecore. Non sostenete quelle che son deboli, non rinvigorite quelle che sono malate, non fasciate quelle che hanno le ossa spezzate, non richiamate [all'ovile] le fuorviate, né ricercate quelle che si sono perdute; anzi uccidete quelle che son forti. In tal modo, per mancanza di pastore, le mie pecore si sono sbandate 6. Lo si dice contro i pastori che pascono se stessi, e non le pecore, e si indica cosa essi amino e cosa trascurino. Che cosa amano? Voi ne consumate il latte e vi coprite con la lana. Al riguardo direbbe l'Apostolo: Qual uomo pianta una vigna e non ne coglie il frutto? Chi mena al pascolo un gregge, senza nutrirsi del suo latte? 7. Dal che si ricava che per "latte del gregge" deve intendersi tutto ciò che il popolo di Dio offre ai suoi sacerdoti per provvedere al loro sostentamento; e proprio a questo si riferiva l'Apostolo nel testo citato 8.

Paolo ricusa il sostentamento offertogli dai cristiani.

4. Personalmente, l'Apostolo aveva scelto di vivere con il lavoro delle sue mani, rinunciando a chiedere il latte alle pecore 9; tuttavia asserisce chiaramente che aveva il diritto di prenderlo, in quanto il Signore aveva disposto che i banditori del Vangelo dovessero vivere del Vangelo. Ricorda ancora che certi suoi compagni di apostolato si regolavano secondo questa facoltà, che non era da loro usurpata ma effettivamente concessa [dal Signore]. Quanto a se stesso, egli fece di più: cioè ricusò di ricevere anche quello che gli era dovuto 10. Si privò di ciò che gli sarebbe spettato, facendone un dono [alle comunità]; andò oltre il prescritto; non che gli altri esigessero ciò che loro non era dovuto. Figura di ciò potrebbe, forse, essere quel tale che dopo aver portato il ferito all'ospizio disse: Se avrai speso di più, te lo rimborserò al ritorno 11. Ebbene, di questi tali che non hanno bisogno del latte del gregge cosa diremo ancora? Sono più generosi, o, meglio, adempiono con maggiore larghezza [di cuore] lo stesso dovere degli altri, che è un dovere di generosità. Lo possono fare; e quel che possono fare lo fanno in realtà. Lodiamoli pure, ma non condanniamo gli altri. E, riguardo all'Apostolo, sebbene non si avvalesse della concessione, tuttavia desiderava che le pecore fossero feconde, non sterili o prive di latte. E una volta trovandosi in gravi strettezze, incarcerato per la confessione della verità, gli fu mandato dai fratelli quel che occorreva al suo bisogno e necessità. Rispose ringraziandoli e dicendo: Avete fatto bene a provvedere ai miei bisogni 12. Io infatti ho imparato a bastare a me stesso: so abbondare e so sopportare le privazioni; tutto posso in colui che mi dà forza; tuttavia voi avete fatto bene a venirmi incontro nelle mie necessità 13. Per dimostrare poi a che cosa egli mirasse plaudendo all'opera buona da loro compiuta 14 e per non rientrare nella categoria di quei pastori che pascono se stessi e non le pecore, eccolo godere non tanto per l'aiuto recato alle sue necessità quanto piuttosto per la fecondità degli offerenti. Che cosa dunque ricercava l'Apostolo? Dice: Non cerco doni, ma esigo frutti 15. Cioè: Non sono io che debbo essere ben provvisto, ma siete voi che non dovete rimanere infecondi.

E' lecito farsi mantenere dal popolo.

5. Quanti non riescono a fare lo stesso che Paolo, cioè mantenersi con il lavoro delle proprie mani, prendano pure il latte dalle pecore e vi si mantengano nella loro penuria. Tuttavia, non trascurino la debolezza delle pecore, cioè nella loro attività non cerchino, per dir così, il loro tornaconto dando l'impressione d'annunziare il Vangelo per sbarcare il lunario loro personalmente, ma dispensino agli altri la luce della parola di verità che li illumini. Essi infatti sono come lucerne, e di loro sta scritto: Siano cinti i vostri fianchi e accese le vostre lucerne 16; e ancora: Nessuno accende una lucerna e la pone sotto il moggio ma sopra il candeliere, affinché illumini tutti coloro che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro celeste 17. Se tu avessi in casa una lucerna accesa, non vi aggiungeresti continuamente dell'olio per non farla estinguere? Che se poi questa lucerna, dopo che tu l'hai rifornita di olio, non ardesse, vorrebbe dire che non era degna di stare sul candeliere e dovrebbe essere subito spezzata. Quanto dunque all'indispensabile per vivere, è una necessità riceverlo, è carità donarlo. Non nel senso che il Vangelo sia roba da mercato e che quanto ricevono per vivere coloro che lo annunziano ne sia il prezzo. Se lo vendessero così, venderebbero a prezzo troppo vile una cosa troppo preziosa. Gli evangelizzatori pertanto ricevano pure dal popolo il sostentamento, se necessario, ma si aspettino dal Signore la ricompensa delle loro fatiche. Difatti il popolo non è in grado di ripagare con giusta mercede coloro che lo servono nella carità del Vangelo; né, d'altra parte, costoro se l'aspettino se non da colui dal quale gli altri si ripromettono la salvezza. Che cosa si rimprovera dunque a certi pastori? e qual è il motivo per cui li si rimprovera? Li si rimprovera perché, pur prendendo [dal gregge] il latte per nutrirsi e la lana per vestirsi, non si curano delle pecore. Essi, insomma, cercano solamente gli interessi propri, non quelli di Gesù Cristo 18.

6. Abbiamo spiegato cosa sia consumare il latte [del gregge]. Ora dobbiamo indagare cosa significhi coprirsi con le sue lane. Chi offre il latte somministra il cibo; chi offre la lana rende l'onore. Questi sono i due vantaggi che cercano dalla gente quei pastori che pascono se stessi e non le pecore: risorse per sopperire alle proprie necessità e riguardi particolari consistenti in onorificenze e lodi. Il vestito infatti si può ben riferire alle onorificenze in quanto serve a coprire la nudità. In effetti ogni uomo è misero; e cos'è colui che vi sta a capo se non ciò che siete voi? È rivestito di carne, è mortale; mangia, dorme, si alza; è nato e dovrà morire. Se dunque tu consideri ciò che egli è in se stesso, vedi che è un semplice uomo; se gli tributassi un onore esagerato in certo qual modo ne nasconderesti la miseria.

L'esempio dell'apostolo Paolo.

7. Un manto di questo genere aveva ricevuto dal buon popolo di Dio lo stesso Paolo, vedete, quando diceva: Mi avete ricevuto come un angelo di Dio. Io infatti vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati persino gli occhi per darli a me 19. Egli però, pur essendo stato fatto segno di tanto onore, forse che li risparmiò, a motivo dell'onore ricevuto, e li abbandonò nell'errore, temendo d'essere da loro rinnegato o elogiato con meno trasporto, poiché li rimproverava? Se avesse agito così, sarebbe stato tra coloro che pascono se stessi e non le pecore. Avrebbe infatti ragionato così: Che me ne importa? Ciascuno faccia ciò che gli piace; il mio sostentamento è assicurato, e così pure il mio onore. Ho latte e lana a sufficienza. Vada pure ciascuno dove gli pare. Ma davvero? ogni cosa è a posto per te quando ciascuno va dove gli pare? Non voglio supporre che tu sia vescovo; ti prendo come uno qualunque del popolo: ma anche allora varrebbero per te le parole: Se un membro soffre, ne soffrono insieme tutte le membra 20. Pertanto l'Apostolo, ricordando ai lettori come si erano comportati nei suoi riguardi per non sembrare dimentico dell'onore da loro ricevuto, attesta che lo accolsero come un angelo di Dio e che, se fosse stato possibile, si sarebbero persino cavati gli occhi per darli a lui. Nonostante ciò, però, egli si china sulla pecora malata, in via di decomposizione, per incidere la piaga e non lasciar progredire l'infezione. Diceva: Per avervi annunziato la verità, son dunque diventato vostro nemico? 21. Ecco uno che dalle pecore prese il latte, come poco fa ricordavamo, e si coprì con la loro lana, ma non trascurò le pecore. Egli infatti cercava non i vantaggi propri, ma quelli di Gesù Cristo 22.

Una predicazione aberrante.

8. Mai dunque succeda che veniamo a dirvi: Vivete come vi pare! State tranquilli! Dio non condannerà nessuno: basta che conserviate la fede cristiana. Egli vi ha redenti, ha sparso per voi il sangue: quindi non vi dannerà. Che se vi viene la voglia d'andarvi a deliziare con gli spettacoli, andateci pure! Alla fin fine che male c'è? E queste feste che si celebrano nell'intera città, con grande tripudio di gente che banchetta e - come essa crede - si esilara, mentre in realtà si rovina, alle mense pubbliche... andateci pure, celebratele tranquilli: tanto la misericordia di Dio è senza limiti e tutto lascerà correre! Coronatevi di rose prima che marciscano 23! E anche dentro la casa del vostro Dio, quando ve ne venisse la voglia, banchettate pure! rimpinzatevi di cibi e bevande insieme con i vostri amici. Queste creature infatti ci sono state date proprio affinché ne godiate. O che Dio le avrebbe mai date agli empi e ai pagani, negandole poi a voi? Se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi folle più numerose; e, se pur ci fossero alcuni che s'accorgessero come nel nostro parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza. Tuttavia, comportandoci in questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le nostre parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore.

Il pastore che uccide le pecore sane.

9. Dopo aver detto che cosa amino questi pastori, [il profeta] ci dice che cosa trascurino. Pecore viziate si trovano infatti per ogni dove, mentre sono pochissime le pecore sane e grasse, cioè nutrite del solido cibo della verità e capaci, per dono di Dio, di cibarsi in buoni pascoli. Ora i cattivi pastori non risparmiano nemmeno queste. Non basta loro trascurare le prime, cioè le malate, le deboli, le fuorviate, le sperdute; per quanto sta in loro, essi ammazzano anche le forti e le grasse. Eppure esse vivono: vivono per un dono della misericordia di Dio, ma, per quel che dipende dai pastori cattivi, essi le uccidono. In che modo, mi chiederai, le uccidono? Vivendo male, dando cattivo esempio. O che forse fu detto invano a quel tal servo di Dio, esimio tra le membra del sommo Pastore: Offri a tutti te stesso quale modello di opere buone 24, e ancora: Sii modello per i tuoi fedeli 25? Succede infatti talora che la pecora, anche quella forte, rilevi la condotta cattiva del suo pastore. Se per un istante essa distoglierà lo sguardo dai comandamenti del Signore, e lo fisserà sull'uomo, inizierà a dire in fondo al suo cuore: Se il mio pastore vive in questa maniera, chi sono io che non debba permettermi le stesse cose che egli fa? In tal modo uccide la pecora forte. Ora, se uccide la pecora forte, cosa mai farà delle altre, lui che con la sua cattiva condotta è stato causa di morte per quelle che, pur non avendole lui rese forti e robuste, tuttavia le aveva trovate tali? Dico e ripeto alla vostra Carità: Facciamo pure il caso che le pecore siano vive e forti per la parola del Signore e che si ricordino di quanto udito dal loro Signore: Fate ciò che vi dicono ma non fate ciò che essi stessi fanno 26. Ebbene, anche in tale caso, uno che pubblicamente vive male, per quanto sta in lui uccide quelli che vedono il suo comportamento. Non si lusinghi costui [d'essere innocente] per il fatto che l'altro non è morto. È vero che questi vive, ma egli è ugualmente omicida. È come quando un uomo lussurioso guarda una donna con intenzioni cattive. La donna rimane casta, ma quel tale è un adultero. La sentenza del Signore è, al riguardo, tanto verace quanto risaputa: Chiunque guarda una donna desiderandola malamente ha già commesso con lei adulterio in fondo al suo cuore 27. Non gli fu dato di raggiungere il di lei talamo, ma egli nel suo giaciglio interiore tresca con lei. Allo stesso modo ogni superiore che si comporti male in presenza di coloro che egli deve governare, per quanto sta in lui uccide anche le pecore forti. Chi lo imita muore, chi non lo imita vive; ma il pastore, per quanto sta in lui, è causa di morte per l'uno e per l'altro. Dice: Voi ammazzate le pecore grasse, e non pascete le mie pecore 28.

Preannunziare al cristiano le prove che l'attendono.

10. Avete ormai udito che cosa [tali pastori] amino; ascoltate che cosa trascurino. Voi non sostenete le pecore deboli, non rinvigorite quelle che sono malate, non fasciate quelle che hanno le ossa spezzate, cioè rotte; non richiamate [all'ovile] le fuorviate, né ricercate quelle che si sono perdute; anzi, uccidete quelle che son forti 29, cioè le ammazzate, macellate. La pecora è debole quando ha debole il cuore, sicché può cedere alla tentazione che non ha prevista né vi si è preparata. A uno che ha tali convinzioni, il pastore negligente non dice: Figlio, quando ti metti al servizio del Signore, sta' saldo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione 30. Chi parla così sorregge il debole e da debole lo rende robusto, sicché egli, aderendo alla fede, non se ne ripromette delle comodità materiali. Se al contrario fosse stato educato a ripromettersi dei vantaggi materiali, si troverebbe infrollito dalle comodità e, al sopraggiungere delle avversità, ne verrebbe ferito e forse anche ucciso. Chi lo educa in tale maniera non lo costruisce sopra la roccia ma sopra la sabbia 31. Poiché la roccia è Cristo 32, e il cristiano deve imitare i patimenti di Cristo, non andare a caccia di piaceri. Viceversa, il debole è incoraggiato quando gli si dice francamente: Da questo mondo aspèttati pure delle tribolazioni, ma da tutte ti libererà il Signore; se il tuo cuore non si allontanerà da lui né si volgerà indietro. Infatti, per infondere coraggio al tuo cuore egli venne a patire e a morire; fu coperto di sputi e coronato di spine; udì oltraggi, e infine fu confitto in croce. Tutte queste cose egli subì per te, e tu non vorresti sopportare nulla! Non per lui, ma per te.

Partecipi della croce di Cristo.

11. Come giudicare allora quei pastori che, per timore di dispiacere a chi li ascolta, non solo non premuniscono i fedeli contro le tentazioni che li sovrastano ma anche promettono una felicità temporale che Dio in nessun modo ha promessa allo stesso mondo? Dio predice al mondo, come tale, travagli su travagli, sino alla fine, e tu pretendi che il cristiano da tali travagli sarà esentato? Essendo invece cristiano, avrà da soffrire in questo mondo più che non gli altri! Dice infatti l'Apostolo: Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo soffriranno persecuzioni 33. Piaccia o non piaccia a te, pastore che cerchi i tuoi vantaggi e non quelli di Gesù Cristo, l'Apostolo afferma: Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo soffriranno persecuzioni; e tu di' pure: Se vivrai piamente in Cristo, diguazzerai nell'abbondanza di ogni bene. E se non hai figli, ne avrai e li alleverai tutti e nessuno ti morrà... Questo è dunque il tuo edificare? Guarda che cosa fai e dove costruisci. Tu poni sulla sabbia l'edificio di quel tale che vuoi edificare 34: verrà la pioggia, si gonfierà il fiume, soffierà il vento, e si abbatteranno su quella casa, ed essa cadrà e grande sarà la sua rovina. Toglilo dunque da sopra la sabbia e ponilo sulla roccia 35: sia fondato su Cristo colui che tu vuoi sia cristiano! Che egli consideri i patimenti sofferti immeritatamente da Cristo; che consideri come Cristo, che era senza peccato, sconti per ciò che non aveva rapito 36. Ricordi la Scrittura che gli dice: Dio flagella ogni figlio che accoglie 37, e si prepari ad essere flagellato, ovvero dica che non gli interessa d'essere accolto {da Dio]. Dice: Egli flagella ogni figlio che accoglie, e tu gli dici che forse ne sarà eccettuato. Se ti si risparmieranno i flagelli, è segno che non sei incluso nel numero dei figli. Ma che davvero - dirai - Iddio flagella tutti i suoi figli? Senza dubbio! al segno da non escludere dai flagelli nemmeno il suo Unigenito. Questo Unigenito era nato dalla sostanza del Padre, nella natura divina era uguale al Padre 38, era il Verbo ad opera del quale furono create tutte le cose 39. Egli non aveva modo di essere flagellato, ma per non rimanere senza flagelli si rivestì di carne. Se dunque Dio flagella il suo Unigenito senza peccato, risparmierà i flagelli al figlio adottivo carico di peccati? Che siamo chiamati ad essere figli adottivi, ce lo dice l'Apostolo 40; e questa adozione a figli che abbiamo ricevuta 41 ci rende coeredi del Figlio unigenito, mentre ne siamo anche l'eredità, come è scritto: Chiedimelo, e io ti darò le genti in eredità 42. Nelle sofferenze di questo Unigenito ha tracciato un modello per noi.

Incoraggiare chi si spaventa.

12. Con ogni cura si deve evitare che il debole venga meno nella prova; per questo non dev'essere né lusingato con infondate speranze né oppresso con [esagerati] timori. Digli pertanto: Prepara la tua anima alla tentazione 43; ma, se per caso comincerà a vacillare, a trepidare, a rifiutare ulteriori passi, hai l'altra massima: Dio è fedele e non permetterà che siate tentati sopra le vostre forze 44. Parlar chiaro di certe cose e annunziare che ci saranno delle sofferenze è un rafforzare chi è debole. Quando però questo debole passa all'eccesso del timore e si sgomenta, occorrerà promettergli la misericordia di Dio: non nel senso che non ci saranno le prove, ma in quanto Dio non gli manderà prove superiori a quel che egli possa sopportare. Questo è fasciare le pecore dalle ossa spezzate. Ci sono infatti persone che, sentendo parlare di prove future, si agguerriscono maggiormente e divengono, per così dire, più assetati di ciò che dovranno bere: considerano roba da poco la medicina comune dei fedeli e anelano alla gloria dei martiri. Delle stesse prove, inevitabili ad ogni cristiano (è infatti una necessità inderogabile per il cristiano avere delle prove: nessun altro avrà da esperimentarle ma solo colui che per davvero vorrà essere cristiano), delle stesse prove dunque si va a parlare con altri. All'udire ciò che li attende, si sgretolano e traballano. Offri loro la fasciatura della consolazione! stringi ciò che va a pezzi! Di' loro: Non aver paura! Non ti abbandonerà nella prova colui nel quale hai creduto. Dio è fedele, e non permetterà che la prova sia superiore alle tue forze 45. Non sono, queste, parole mie ma dell'Apostolo, il quale altrove dice: Volete forse toccare con mano il Cristo, che vi parla per mio mezzo? 46. Pertanto le parole che ascolti [da me] son parole che ti pervengono dalla bocca stessa di Cristo, il pastore che pasce Israele, il pastore al quale si dice: Tu ci abbevererai di lacrime con misura 47. Quanto dice l'Apostolo, e cioè: Egli non permetterà che siate tentati al di là di quello che potete tollerare 48, l'aveva già detto il profeta: Ci sarà una misura. Ebbene, non sottrarti all'azione di colui che ti sgrida ed esorta, spaventa e consola, sferza e guarisce.

La sopportazione della prova.

13. Ciò che era debole - dice - voi non l'avete sostenuto 49. Son parole rivolte ai pastori cattivi e falsi, ai pastori che cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo; a coloro che godono per i vantaggi del latte e della lana ma non si curano affatto delle pecore e, quando le vedono malate, non le ristorano. Occorre infatti distinguere fra "debole", cioè privo di forze, e "malato". Anche il malato è certamente un debole, ma mi sembra che fra il debole in genere e il malato, cioè uno colpito da infermità, ci sia della differenza. Son queste, fratelli, delle distinzioni appena abbozzate. Mettendoci maggiore impegno potremmo, forse, noi stessi approfondirle meglio, come potrebbero fare anche altri più esperti e interiormente illuminati. Per non deludervi sul senso delle parole scritturali, vi esporrò la mia opinione. Quando si tratta di una persona debole, c'è da temere che, capitandole una prova, ne resti schiacciata; nel caso invece di un malato, esso è già affetto da qualche passione disordinata e questa gli impedisce di entrare nella via di Dio e di sottomettersi al giogo di Cristo. Osservate certi uomini intenzionati e già decisi a vivere bene: potreste riscontrare che son meno disposti a subire il male di quanto non lo siano a compiere il bene. Invece la fortezza cristiana comporta non solo la pratica del bene ma anche la pazienza di fronte al male: sicché chiunque è zelante in opere buone (o sembra esserlo), se poi si rifiuta o non è in grado di accettare le tribolazioni che gli sopravvengono, costui è un debole. Quanto invece a quegli altri che, vinti da passioni disordinate, si abbandonano all'amore del mondo e trascurano totalmente le opere buone, costoro giacciono infermi, malati. La malattia li ha svigoriti completamente e non sono in grado di compiere alcun bene. Così dovette essere nell'anima quel paralitico che, non potendo essere presentato a Cristo per altra via, da coloro che lo portavano gli fu calato dinanzi attraverso un'apertura praticata nel tetto 50. Voglio dire: Essendo una tal anima paralitica, flaccida in tutte le sue membra, priva di opere buone, coperta di peccati e illanguidita dal male dei suoi cattivi desideri, occorre che tu faccia su per giù lo stesso, e cioè che scoperchi il tetto e la cali dinanzi al Signore. Quando dunque tutte le membra sono intorpidite e c'è una paralisi interiore, per giungere al medico (può darsi infatti che il medico, sebbene sia dentro di lei, le rimanga nascosto: può darsi, cioè, che il vero significato delle Scritture le sia impervio), in tal caso, spiegando il significato occulto apri il tetto a quel paralitico [spirituale] e lo deponi dinanzi [a Cristo]. Chi non fa questo o lo fa con negligenza, avete sentito la sentenza che lo attende: Voi non avete rinvigorito le pecore malate né avete fasciato quelle che avevano le ossa spezzate 51. Ne abbiamo già parlato. L'uomo era spezzato dallo spavento della prova; sopraggiunge qualcosa che può fasciare ciò che era spezzato: è la consolazione che gli danno le parole: Dio è fedele e non permetterà che voi siate tentati oltre le vostre forze; anzi, insieme con la prova, vi manderà una via d'uscita, sicché possiate reggere 52.

L'eretico va ricondotto all'ovile.

14. Quelle che erano fuorviate, voi non richiamaste [all'ovile]. Ecco il pericolo che ci sovrasta in mezzo agli eretici. Quelle che erano fuorviate non richiamaste [all'ovile]; quelle che si erano perdute non le ricercaste 53. Noi, si voglia o no, ci troviamo in balia di predoni e come fra i denti di lupi feroci. In mezzo a tali nostri pericoli, vi scongiuriamo di pregare per noi. Si tratta di pecore riottose, le quali, quando si vedono ricercate nella via dove si sono smarrite, si proclamano estranee a noi per un loro errore e con loro perdizione. Perché vi interessate di noi - dicono -, perché ci ricercate? Quasi che la ragione per cui ce le prendiamo a cuore e le ricerchiamo non sia l'essere loro nella falsità e sulla via della perdizione! E insistono: Se sono nell'errore e nella perdizione, perché mi vieni appresso? perché mi cerchi? Proprio perché sei nell'errore, te ne voglio cavar fuori; proprio perché sei perduto ti voglio ritrovare! Ma io voglio errare così, e così magari perdermi! Vuoi errare e perderti così? Quanto più saggiamente io voglio impedirtelo! Ve lo dico francamente: Sarò un importuno, ma conosco le parole dell'Apostolo: Annunzia la parola, insisti e quando è opportuno e quando è importuno 54. A chi si predica opportunamente e a chi importunamente? Opportunamente a chi vuol ascoltare, importunamente a chi non lo vuole. Ebbene, sarò importuno quanto vi pare, ma con coraggio debbo dirvi: Tu vuoi camminare nell'errore e andare alla perdizione? Io non lo voglio. Del resto, non lo vuole nemmeno colui che mi infonde timore. Sì, anche se io lo volessi, osserva cosa mi dice lui, cosa mi fa risuonare agli orecchi: Le pecore fuorviate voi non avete richiamate [all'ovile] né avete ricercato le pecore perdute 55. Dovrò io temere te più che non lui? Tutti infatti dovremo presentarci al tribunale di Cristo 56. Non ho quindi timore di te, in quanto tu non riuscirai di certo a rovesciare il tribunale di Cristo, magari sostituendolo con quello di Donato. Pertanto ti richiamerò se sei una pecora sbandata, ti cercherò se sei perduta. Vuoi o non vuoi, farò così. E se nel ricercarti mi feriranno i rovi delle siepi, anche in tal caso mi caccerò nelle loro strettoie, frugherò per tutte le siepi e con tutte le forze che mi darà il Signore, autore della mia paura, mi spingerò per tutto il mondo, richiamando all'ovile chi si era sbandato, ricercando chi s'era perduto. Se tutto questo ti riesce insopportabile, non andare fuori strada, non metterti sulla via della perdizione.

Impedire che il buono si perda.

15. Io mi rattristo perché tu sei fuori strada e ti avvii alla perdizione. Ma questo è poco: temo ancora che, trascurando te, finisca coll'uccidere chi è forte. Nota infatti come continui [la profezia]: Voi uccidete le pecore forti 57. Se non mi prenderò cura di chi è sbandato e si perde, anche chi è robusto s'invoglierà d'uscire di strada e d'andare in rovina. Desidero certo gli emolumenti esterni, ma temo di più i danni interiori. Se restassi indifferente di fronte al tuo errore, chi è forte osservando [il mio comportamento] potrebbe convincersi che sia roba da poco cadere nell'eresia. Quando a uno, forte ma in pericolo di perdersi, balenerà allo sguardo un qualche vantaggio temporale che l'invogli a cambiare strada se io non ricercassi te, pecora perduta, immediatamente egli mi obietterebbe: Dio è con loro come lo è con noi. Che differenza c'è? Tutto questo l'han causato uomini in lite fra loro. Dio lo si può servire dovunque! Che se a questo tizio si presenta un donatista e gli dice: Non ti lascerò sposare mia figlia se non passerai dalla mia parte, allora costui ha molto bisogno di riflettere e deve poter replicare: Se non fosse un gran male aderire alla loro setta, i nostri pastori non spenderebbero tante parole contro di loro né si affannerebbero tanto per richiamarli dall'errore. Se al contrario noi lasciassimo correre e ce ne stessimo zitti, quel tale trarrebbe la conclusione opposta: Se l'essere dalla parte di Donato fosse un male, [i nostri vescovi] parlerebbero contro di loro, li riprenderebbero e cercherebbero di recuperarli [alla verità]. Se fossero fuori strada, li richiamerebbero; se stessero in pericolo di perdersi, li ricercherebbero. Non sono quindi inutili le parole che [il profeta] pone per ultime: Le pecore forti voi avete ammazzate 58; e ciò dopo aver detto: Le pecore grasse voi uccidete 59. Si tratta della medesima espressione ripetuta una seconda volta e nata da quanto detto prima, e cioè: Voi non avete richiamato [all'ovile] le pecore fuorviate né avete ricercato quelle che si erano perdute. Comportandovi così, voi avete ucciso anche le pecore forti.

16. Ascolta ora le conseguenze derivanti dalla trascuratezza di questi pastori cattivi o, meglio, falsi. Per mancanza di pastore le mie pecore si sono sperdute e son diventate preda di tutte le bestie feroci 60. Quando le pecore non sono col pastore, lupi insidiosi le rapiscono, leoni frementi le azzannano. In effetti il pastore c'è, ma per coloro che si comportano male egli non fa da pastore: sicché [le pecore] seguono pastori che non sono pastori, pastori che pascono se stessi, non le pecore; e da ciò deriva un errore fatale: le pecore se ne vanno là dove le attendono belve assetate di preda e smaniose di saziarsi del loro cadavere. Questo infatti sono tutti coloro che godono degli errori altrui: sono belve che si saziano di stragi.

I monti buoni e i monti cattivi.

17. Le mie pecore si sono disperse e sbandate per ogni monte e colle elevato 61. Bestie dei monti e dei colli sono l'alterigia terrena e la superbia del mondo. Si sollevò un giorno la superbia di Donato e si creò uno scisma. Parmeniano lo seguì e ne rafforzò l'errore. L'uno è un monte, l'altro un colle. E altrettanto sono tutti gli inventori di falsità che si lasciano gonfiare da orgoglio terreno. Promettono alle pecore la pace, promettono pascoli ubertosi; e in realtà talora le pecore trovano fra loro del buon pascolo: il quale proviene però dalla pioggia mandata da Dio, non dalla durezza del monte. Difatti anche gli eretici hanno le Scritture e i sacramenti, ma queste cose non sono dei monti, ma, anche se le si trovano sui monti, è male soffermarsi sui monti. Le pecore che si sbandano su tali monti e colli abbandonano il gregge, abbandonano l'unità, abbandonano la compattezza delle coorti agguerrite contro i lupi e i leoni. Le richiami Iddio dai luoghi dove si sono disperse! Sì, voglia lui richiamarle. E difatti udrete ora com'egli le richiami. Dice: Le mie pecore si sono sbandate per ogni monte e colle elevato. Cioè: al seguito dell'orgoglio e della superbia terrena. Ci sono infatti anche dei monti buoni [dei quali dice]: Ho innalzato i miei occhi ai monti dai quali mi verrà l'aiuto 62. Ma nota subito come la speranza non ti proviene dai monti. Seguita infatti: Il mio aiuto è dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra 63. Non pensare che offendi questi monti santi quando affermi: Il mio aiuto non mi verrà dai monti ma dal Signore che ha fatto cielo e terra. Sono i monti stessi a gridarti così. Era un monte quel tale che scriveva: Sento dire che tra di voi ci sono delle fazioni e che andate dicendo: Io sono di Paolo, io invece di Apollo, io di Cefa e io di Cristo 64. Solleva gli occhi a questo monte e ascolta le sue parole, perché non abbia ad arrestarti sul monte. Ecco come continua: Forse che Paolo è stato crocifisso per voi? 65. Ebbene, fissa pure lo sguardo sui monti dai quali ti viene l'aiuto, cioè sugli autori delle sacre Scritture, ma poi osserva com'essi, con tutto se stessi, ossa e midolla, gridino a Dio: Signore, chi è simile a te? 66. In tal modo tu, senza timore d'offendere i monti, potrai dire: Il mio aiuto è dal Signore che ha fatto il cielo e la terra 67. Se ti comporterai così, i monti non solo non si adireranno con te, ma ti ameranno e appoggeranno; mentre invece, se confiderai in loro, si dispiaceranno. Un giorno un angelo mostrò a un uomo le infinite meraviglie del Signore. Quell'uomo si fece per adorarlo (voleva, per così dire, elevare lo sguardo su quel monte), ma l'angelo, dissuadendolo e indirizzandolo al Signore, gli disse: Non fare così. Adora Dio, poiché, quanto a me, sono uno dei suoi servi, come lo sei tu e i tuoi fratelli 68.

Il moltiplicarsi delle sètte eretiche e l'unità della Chiesa.

18. Si sono sparse per ogni monte e colle e su tutta la faccia della terra 69. Che significa: Si sono sparse su tutta la faccia della terra? Vanno in cerca di tutte le cose terrene, amano ciò che qui sulla terra presenta dello splendore e vi si attaccano. Ricusano di morire al fine di condurre una vita nascosta in Cristo. Dice: Su tutta la faccia della terra perché amano le cose terrene e perché di pecore così sbandate ce ne sono per tutta la terra 70. Non che gli eretici siano tutti in ogni parte della terra, ma di eretici ce ne sono dovunque in tutta la terra. Gli uni qui, gli altri là, ma non c'è luogo che ne sia esente, al segno che gli stessi eretici non si conoscono fra loro. Una setta in Africa, un'altra in Oriente, un'altra ancora in Egitto o in Mesopotamia, tanto per far degli esempi. In luoghi diversi diverse eresie, ma generate tutte dalla stessa madre: la superbia, come unica è anche la nostra madre, la Chiesa cattolica, che ha generato tutti i cristiani fedeli sparsi in tutto il mondo. Né c'è da stupirsi che l'orgoglio produca disgregazione, mentre l'amore produce unità. Orbene, questa madre che è la Chiesa cattolica, e il pastore che la regge, in ogni luogo ricerca gli smarriti, rafforza i deboli, cura i malati, fascia gli spezzati, eretici distinti gli uni dagli altri, al segno che non si conoscono fra loro. La Chiesa al contrario li conosce tutti poiché è a contatto con tutti. Vi fo degli esempi. La setta di Donato è in Africa, mentre gli eunomiani in Africa non ci sono. Ebbene, qui nell'Africa insieme con la setta di Donato c'è la Chiesa cattolica. Gli eunomiani sono in oriente, dove non c'è lo scisma donatista. Ebbene, in oriente insieme con gli eunomiani c'è la Chiesa cattolica. Questa Chiesa infatti è come una vite: sviluppandosi si è estesa per tutto il mondo 71; gli eretici al contrario sono rami inutili e quindi, appunto perché infruttuosi, sono stati recisi dalle forbici dell'agricoltore. La vite è stata potata, non tagliata alle radici, mentre i rami secchi, tagliati, sono rimasti sul luogo della potatura. Comunque, questa vite che seguita a crescere in ogni direzione conosce i rami che le sono rimasti attaccati e vede attorno a sé quelli che sono stati recisi da lei 72; né mai omette di richiamare i dispersi, poiché proprio riguardo ai rami staccati [dalla vite] dice l'Apostolo che Dio è potente da poterveli riattaccare 73. Si parli dunque di pecore sbandate dal gregge o di rami troncati dalla vite, resta sempre vero che non è diminuito il potere di Dio di richiamare le pecore [all'ovile] e di reinnestare [alla vite] i tralci recisi: poiché il supremo pastore e il vero agricoltore è lui 74. Si sono disperse su tutta la faccia della terra e non c'era nessuno che le ricercasse e le richiamasse 75. Non c'era nessuno: (intendi: in mezzo a quei pastori cattivi). Non c'era nessuno (intendi: nessun uomo) che le ricercasse.

Il giuramento del Signore.

19. Pertanto ascoltate la voce del Signore, o pastori! Com'è vero che io vivo, dice il Signore Dio 76. Notate l'inizio [della frase]: è come un giuramento sulla bocca di Dio. Egli prende a testimone la sua vita. Com'è vero che io vivo, dice il Signore. I pastori sono morti, ma le pecore sono al sicuro poiché il Signore vive. Com'è vero che io vivo, dice il Signore Dio. Quali sono i pastori morti? Quelli che cercano gli interessi propri e non quelli di Gesù Cristo 77. Ma, allora, ci saranno anche (e li si dovranno anche incontrare!) dei pastori che, dimenticando gli interessi propri, cercheranno quelli di Gesù Cristo? Senz'altro! ci saranno e li si incontreranno. Non mancano oggi e non mancheranno in avvenire. Ma vediamo cosa dice il Signore dopo aver giurato sulla sua vita: se dice che toglierà le pecore ai cattivi pastori, intenti a pascere se stessi e non le pecore, e le darà ai pastori buoni, che pasceranno le pecore e non se stessi. Per la mia vita, dice il Signore Dio, mi vendicherò del fatto che, per mancanza del [vero] pastore, le mie pecore son divenute preda di tutte le bestie selvagge 78. Menziona ancora il pastore. Come aveva detto prima, così ripete adesso. Non si lamenta che manchino pastori. Infatti queste pecore, disgraziatamente sbandate e avviate alla rovina, sebbene abbiano lì vicino a loro un pastore, sono senza pastore: come nel caso della luce, la quale, sebbene in realtà ci sia, per chi è cieco essa non c'è. I pastori non hanno ricercato le mie pecore; essi pascolarono se stessi, non le mie pecore 79.

Pastore e sentinella.

20. In conseguenza di ciò, ascoltate, o pastori, la parola del Signore 80. A quali pastori dice: Ascoltate? Così parla il Signore Iddio: Ecco io [interverrò] contro i pastori e domanderò loro conto delle mie pecore che erano nelle loro mani 81. Ascoltate, o pecore di Dio, e imparate! Dio chiederà conto delle sue pecore ai cattivi pastori; chiederà conto della loro morte. Dice infatti il Signore in un altro passo dello stesso profeta: Figlio dell'uomo, ti ho costituito sentinella per la casa d'Israele. Dalla mia bocca ascolterai la parola e tu li metterai in guardia da parte mia. Io dirò al peccatore: Certamente morrai, e se tu non parlerai esortando l'empio ad abbandonare la sua via, il colpevole morrà nelle sue iniquità, ma a te chiederò conto del suo sangue. Se invece tu metterai in guardia l'empio dalla sua condotta, esortandolo ad abbandonarla, ma lui non vorrà ritrarsene, egli morrà nella sua colpa, ma tu avrai liberato la tua anima 82 [da ogni responsabilità]. Cosa significa questo, fratelli? Vedete quanto sia pericoloso starsene in silenzio! Quel tale muore e muore meritatamente: muore per la sua empietà e i suoi peccati. La sua negligenza lo uccide; avrebbe dovuto infatti scoprire il [pastore] vivente, che afferma: Com'è vero che io vivo, dice il Signore 83. Ma siccome egli se ne restò inerte né fu richiamato al dovere da colui che proprio per questo era stato costituito capo e sentinella, l'uno giustamente morrà e l'altro ne riceverà giusta condanna. E seguita: Se invece dirai all'empio al quale io ho minacciato la sentenza capitale: Tu certamente morrai, in tal caso, se lui non si curerà di schivare la condanna che lo sovrasta e questa gli piomberà addosso e lo ucciderà, lui effettivamente morrà ma tu avrai liberato la tua anima 84 [da ogni responsabilità]. È pertanto nostro dovere non starcene muti; ma, anche nel caso che noi tacessimo, sarebbe vostro compito porvi in ascolto della parola del Pastore [supremo] tramandataci dalle sacre Scritture.

Conto severo sarà chiesto al pastore eretico.

21. Tornando al tema propostoci, vediamo se Dio tolga le pecore ai cattivi pastori per darle ai buoni. Che le tolga ai pastori cattivi, lo vedo. Dice infatti: Ecco io [interverrò] contro i pastori e domanderò loro conto delle mie pecore che erano nelle loro mani; e le allontanerò da loro, in modo che non pascano più le mie pecore, e cosi essi non pasceranno più se stessi 85. Sebbene infatti io dica loro che pascano le mie pecore, essi pascono se stessi e non le mie pecore. Le allontanerò quindi, in modo che essi non pascano più le mie pecore. In che senso le allontana, sicché essi più non le pascano? Fate ciò che dicono, non ciò che essi stessi fanno 86. È come se dicesse: Dicono del mio, ma fanno del loro. Avrebbe potuto dire: Fate tranquillamente ciò che fanno, poiché, sebbene ad essi per la loro cattiva condotta io infliggerò il castigo, tuttavia ne risparmierò voi che avete seguito i vostri capi. Se avesse parlato in questa maniera, avrebbe incusso timore ai cattivi pastori, che pascono se stessi e non le pecore; ma il Signore vuole che tema non soltanto il cieco che fa da guida ma anche quello che si lascia guidare. Non dice infatti: Cadrà nella fossa il cieco che guida, mentre non vi cadrà chi lo segue, ma: Se un cieco fa da guida a un altro cieco, tutt'e due cadono nella fossa 87. Volendo quindi mettere in guardia anche le pecore disse: Fate ciò che dicono, ma non ciò che essi stessi fanno 88. Evitando di compiere le opere che compiono i cattivi pastori, vi sottraete al loro pascolo; facendo le opere che essi vi insegnano, vi lasciate pascere da me, poiché mie son le cose che essi, pur senza praticarle, vi dicono. Certuni affermano: Noi stiamo tranquilli, poiché seguiamo i nostri vescovi. Son parole che si odono spesso sulla bocca degli eretici, quando vengono convinti per l'evidenza sfolgorante della verità. Noi siamo il gregge - dicono -; di noi renderanno conto i nostri pastori. Certo, essi renderanno conto severo della vostra rovina, poiché il cattivo pastore renderà conto severo della rovina delle pecore, anche cattive. Tuttavia, vivrà forse la pecora per il fatto che la sua pelle è marchiata? Si rimprovera il pastore perché non s'è curato della pecora smarrita e questa è stata inghiottita e sbranata dal lupo. Cosa gioverà a un tale pastore presentare una pelle marchiata? Il padrone di casa vuole la vita della pecora; il cattivo pastore gli presenta la pelle. Di quella pelle renderà conto. Ma non potrà ingarbugliarlo? Colui che giudica ha osservato già prima ogni cosa dall'alto. Colui al quale il cattivo pastore voleva raccontar frottole registra i fatti, scruta i pensieri. Si provi dunque, il cattivo pastore, a render conto della pelle della pecora uccisa. Dirà: Le ho gridato le tue parole, ma essa si è ricusata di seguirmi; ho fatto l'impossibile per non farla allontanare dal gregge, ma lei non mi ha obbedito. Se, dicendo così, le sue parole saranno vere (Lui lo sa!), il pastore si sarà scagionato bene della sorte toccata alla pecora cattiva. Ma se egli non si è curato della pecora errante né l'ha richiamata quand'era sull'orlo della rovina (e Dio lo conosce), cosa gioverà al pastore l'aver ritrovato la pelle da riportarsi? La pecora avrebbe dovuto ritrovare, non la pelle dell'uccisa da presentare [al Giudice] ! E poi, se è vero che non ha scuse valide colui che ha omesso di ricercare la pecora smarrita, quali scuse potrà addurre colui che l'ha spinta nell'errore? E mi spiego. Se nell'ambito della Chiesa cattolica un vescovo renderà conto severo di ogni pecora che non abbia ricercata quando errava lontano dal gregge di Dio, quale non sarà il conto che dovrà rendere l'eretico, che non solo non richiama dall'errore le pecore ma ve le sospinge?.

Fate quel che dicono, non quel che fanno.

22. Vediamo ora - come accennavo sopra - in che modo Dio richiami le pecore dal seguito dei cattivi pastori. L'ho ricordato prima. Fate ciò che vi dicono, non ciò che loro stessi fanno 89. In realtà, chi vi pasce non sono loro ma Dio. Difatti i pastori, se vogliono appropriarsi della lana e del latte, debbono, volenti o nolenti, predicarvi la parola di Dio. Tu predichi di non rubare e intanto rubi 90, dice l'Apostolo a chi insegna il bene e vive male. Ebbene, in tal caso tu ascolterai chi ti esorta a non rubare, ma non imiterai chi ruba. Se lo imiterai nel rubare, ti lascerai pascere dalle opere dell'uomo cattivo il quale ti somministrerà del veleno, non cibo sano. Ascolta invece ciò che egli ti dice non di suo ma da parte di Dio. È vero infatti che non si raccoglie uva dagli spini - è questa una massima del Signore: Nessuno raccoglie uva dagli spini né fichi dagli sterpi 91 -, ma non per questo tu devi recriminare contro il tuo Signore dicendogli: Signore, tu mi metti in crisi, poiché mi dici che è impossibile raccogliere uva dagli spini e poi, nei riguardi di certe persone, mi esorti a fare ciò che mi dicono, pur evitando di fare ciò che fanno 92. Difatti, costoro per il fatto che agiscono male sono spini. Come pretendi che io, da tali spini, raccolga l'uva della [tua] parola? Ti risponderà: Tale uva non è prodotta dagli spini, ma è come quando un tralcio allungandosi penetra in una siepe: l'uva pende dal cespuglio di spini ma non nasce dalla radice dello spino. Se ti senti affamato e non hai altro per saziarti, stendi pure la mano verso la siepe, ma sta' attento a non lasciarti ferire dalle spine. Cioè: Non imitare la condotta dei cattivi! Raccogli pure l'uva che pende in mezzo alle spine ma nasce dalla vite. Tu dal grappolo ricaverai nutrimento, alle spine è riservato il tormento del fuoco.

Le pecore di Cristo ascoltano la sua voce.

23. Dice: Strapperò le mie pecore dalla loro bocca e dalle loro mani, né saranno più loro pasto 93. È questa un'idea che torna anche in un salmo: Non se ne accorgeranno forse tutti coloro che compiono opere inique e divorano il mio popolo come un boccone di pane? 94. Lo stesso qui. Non saranno più loro pasto, poiché così parla il Signore Iddio: Ecco io stesso 95... Ho sottratto ai pastori cattivi le mie pecore quando - come ricordavo sopra - le mettevo in guardia affinché non facessero le loro opere, e cioè: affinché le pecore per superficialità o trascuranza non facessero quel che fanno i loro cattivi pastori. E cosa aggiunge? A chi affida le pecore tolte ad essi? Forse a pastori buoni? Non continua così. E allora cosa diremo, fratelli? Non ci sono forse pastori buoni? Non è detto in un altro passo scritturale: Io darò loro dei pastori secondo il mio cuore e le pasceranno nella saggezza 96? In che senso dunque non dà ai pastori buoni le pecore che toglie ai cattivi ma, quasi che in nessuna parte siano rimasti dei buoni pastori, asserisce: Io stesso [le] pascerò? Eppure a Pietro diceva un giorno: Pasci le mie pecore 97. Come risolveremo il problema? Quando le pecore vengono affidate a Pietro, non si verificano le parole del Signore secondo le quali egli personalmente, e non Pietro, le avrebbe pascolate. Là infatti si dice: Pietro, mi ami tu? Ebbene, pasci le mie pecore. O che, forse, per il fatto che Pietro non è sulla terra - egli è nel riposo eterno fra gli Apostoli e i martiri - non ci sarà più adesso sulla terra nessuno al quale il padrone delle pecore possa dire fiducioso: Pasci le mie pecore?, sicché egli stesso debba scendere quasi per necessità - diciamo così -e menare al pascolo le sue pecore, non trovando persone a cui affidarle e, dall'altro canto, non volendole lasciare sole? Questo infatti sembrerebbe il senso delle parole: Questo dice il Signore Iddio: Ecco io stesso 98. Proprio come noi or ora dicevamo: Volgiti a noi, tu che pasci Israele e che conduci come un gregge Giuseppe 99, cioè il popolo formatosi in Egitto; poiché Giuseppe è lo stesso popolo d'Israele, in quanto diffuso fra le genti. Voi infatti sapete che Giuseppe dovette rifugiarsi in Egitto, dove fu venduto dai fratelli 100, come più tardi avverrà a Cristo venduto dai giudei. Non fu infatti senza motivo che fra gli apostoli ci fosse quel mercante di Giuda. Ebbene, quando Cristo cominciò a manifestarsi alle genti e fu da queste onorato, cominciò anche a svilupparsi nel mondo un suo popolo, un popolo che il buon pastore mai non abbandona. Dice: Scuoti la tua potenza e vieni a salvarci 101. E difatti così fa egli oggi e così farà sempre, secondo quelle parole: Ecco io stesso [provvederò] e ricercherò le mie pecore e le visiterò come il pastore visita il suo gregge 102. I cattivi pastori non si son curati delle pecore perché non le avevano riscattate con il loro sangue. Continua: Come il pastore visita il suo gregge nel giorno. Quale giorno? Quando ci saranno turbine e nuvolosità 103, cioè pioggia e nebbia. Pioggia e nebbia sono gli errori del mondo presente; grande infatti è la foschia che si leva dalle passioni umane: nebbia fitta che ricopre la terra, e in mezzo a questa nebbia è difficile che le pecore non si smarriscano. Tuttavia il pastore non le abbandona ma le ricerca, lui che con vista acutissima penetra la nebbia e non è ostacolato dall'opacità delle nubi. Egli vede, e da ogni parte richiama la [pecora] smarrita, in modo che si adempiano le parole del Vangelo: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono 104. In mezzo alle pecore disperse io ricercherò così le mie pecore, e le ricondurrò all'ovile da ogni luogo in cui si saranno sperdute nel giorno del turbine e della nuvolosità 105. Quando sarà difficoltoso ritrovarle, le ritroverò io di persona. Sia pur fitta la nebbia e denso il turbine nulla sfugge al suo occhio.

Monti d'Israele sono gli autori delle Scritture.

24. E le ritrarrò di mezzo alle genti e le raccoglierò dalle [diverse] regioni, e le ricondurrò nella loro terra e le pascerò sui monti d'Israele 106. Egli ha formato i monti d'Israele, cioè gli autori delle Scritture divine. Lì andate a pascolare, se volete pascolare sicure. Ciò che udrete da quei monti formi il vostro gusto; ciò che vi viene da altre parti, respingetelo. Per non smarrirvi fra le nebbie, ascoltate la voce del pastore: raccoglietevi attorno ai monti che sono le sacre Scritture. Lì sia la delizia del vostro cuore, poiché lì non c'è nulla di velenoso né di estraneo: sono pascoli inesauribili. Badate soltanto a giungervi sane, per pascervi salutarmente sui monti d'Israele. E lungo i ruscelli e in ogni dimora esistente sulla terra 107. Dai monti or ora descritti sono emanati i ruscelli dell'annuncio evangelico, quando il loro suono si diffuse per tutta la terra 108 e ogni dimora esistente sulla terra si allietò e divenne feconda e capace di nutrire le pecore. Le pascerò in pascoli ubertosi e sugli alti monti d'Israele. Lì saranno i loro ovili 109. Vuol dire: Lì avranno modo di riposare, lì diranno: Ora stiamo bene; lì diranno: È vero, è chiaro, non siamo ingannate. Riposeranno nella gloria di Dio come nel loro ovile. Dormiranno (è lo stesso che "riposeranno") e riposeranno in luoghi buoni e deliziosi 110.

25. Pascoleranno in pascoli ubertosi sui monti d'Israele 111. Ho già parlato dei monti d'Israele: monti buoni, verso i quali leviamo lo sguardo perché ce ne venga l'aiuto 112. Ma il nostro aiuto è dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Per questo, al fine d'insegnarci che la nostra speranza non riposa nei monti, nemmeno quelli buoni, dopo aver detto: Pascerò le mie pecore sui monti d'Israele 113, perché non ti fermassi nei monti, subito aggiunge: Io pascerò le mie pecore. Leva pure lo sguardo ai monti da cui ti viene l'aiuto, ma ricordati di colui che ti dice: Io le pascerò. Difatti l'aiuto viene a te dal Signore, creatore del cielo e della terra.

26. E io le farò riposare, dice il Signore Iddio 114. Per farle riposare, prima di che cosa si premura? È infatti di quello che prima ha curato che in seguito dice: Così parla il Signore Iddio: Ricercherò le pecore perdute, richiamerò quelle sbandate, fascerò quelle con le ossa spezzate, rinvigorirò quelle in fin di vita e custodirò quelle che son grasse e robuste 115. Cose tutte, queste, che non facevano i pastori cattivi, intenti a pascere se stessi e non le pecore. Non dice il Signore: Incaricherò altri pastori, pastori buoni, che facciano queste cose, ma: Io stesso lo farò - dice -, né affiderò ad altri pastori le mie pecore. Voi, fratelli, siete al sicuro; voi, pecore, siete sicure; quanto a noi invece sembra che dovremmo temere che venga a mancare il buon pastore.

Cristo pasce con retto giudizio coloro che ha riscattati.

27. Conclude nel modo seguente: E le pascerò con [retto] giudizio 116. Nota come lui sia l'unico a pascere perché pasce con giudizio. Quel uomo infatti è in grado di giudicare rettamente l'uomo? Il mondo è pieno di giudizi avventati. Si dispera della salvezza di uno, e invece eccotelo convertirsi e diventare ottimo. Si ha cieca fiducia in un altro; invece all'improvviso scantona e diventa pessimo. Non siamo certi né in quello che temiamo né in quello che amiamo. Che cosa sia adesso un uomo, lo sa, sì e no, l'interessato: il quale, se sa con una certa approssimazione quello che è al presente, non sa in alcun modo quel che sarà domani. Dio solo dunque pascola con giudizio, distribuendo a ciascuno quel che gli compete: questo a questi e quello a quelli, a ciascuno secondo quel che gli è dovuto: questo o quest'altro. Egli infatti ben conosce il da farsi: egli pasce con retto giudizio coloro che riscattò sottoponendosi al giudizio. Sicuramente quindi egli pasce con giudizio.

Il diavolo seduttore punito.

28. Sta scritto nel profeta Geremia: Una pernice ha gridato; ha radunato i figli da lei non generati, accumulando ricchezze senza giudizio 117. A differenza di questa pernice, che si procura ricchezze senza giudizio, il pastore divino pasce con giudizio. Perché della pernice si afferma che opera senza giudizio? Perché raduna ciò che lei non ha generato. Perché il pastore agisce con giudizio? Perché ha cura di ciò che ha generato. Parliamo infatti del pastore buono. I pastori buoni o non ci sono o stanno nascosti... Se non ci sono, perché occuparcene? Se stanno nascosti, perché passarli sotto silenzio? Ad ogni modo però, quanto alla pernice sopra nominata, certi studiosi dell'antichità che ci hanno preceduto nell'interpretazione della Scrittura 118 vi hanno ravvisato il diavolo, il quale si raduna attorno un popolo da lui non generato. Il diavolo infatti non è creatore ma seduttore, e si procura delle ricchezze senza curarsi del giudizio. Non gli interessa infatti se uno sbaglia in una direzione e un altro in un'altra: vuole che tutti vadano fuori strada, qualunque sia l'errore in cui ciascuno incappa. Quanto sono diverse le eresie! quanto diversi i vari errori! Di tutti però si compiace il diavolo, se l'uomo ne è traviato. Il diavolo non dice: Ci siano pure i donatisti, ma non ci siano gli ariani. Gli uni e gli altri, si trovino qui o altrove, son proprietà sua: di lui, cioè, che raduna senza giudizio. Dice ancora: Adori pure quel tale gli idoli: egli è mio. Ovvero: Rimanga nelle aberrazioni del giudaismo: è mio. Abbracci questa o quell'eresia: quando si sarà staccato dall'unità, è mio. Ecco chi raduna accumulando ricchezze senza giudizio. Ma come prosegue il testo sacro? A metà dei suoi giorni lo abbandoneranno e alla fine diverrà uno stolto 119. Verrà infatti il Signore a radunare da ogni dove le sue pecore, e l'altro a metà dei suoi giorni (cioè più presto di quanto non si lusingasse o illudesse) si vedrà abbandonato e alla fine diverrà uno stolto. Perché in un primo tempo egli era sapiente e alla fine diviene uno stolto? Ascoltatemi, fratelli! Nella Scrittura a volte col nome di sapienza si indica l'astuzia, per un uso abusivo, non appropriato, della parola. Si dice ad esempio: Dov'è il sapiente? dove lo scriba? dove il sottile ricercatore della scienza mondana? Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? 120. Ora, questa pernice, che è lo stesso di dragone e di serpente, fu, per così dire, sapiente quando ingannò Adamo servendosi di Eva 121. Lo si ritenne veritiero, si suppose che volesse dare un consiglio vantaggioso, e gli si prestò fede a dispetto di Dio. E tutto questo è chiamato sapienza, per un uso improprio e peggiorativo del termine frequente nelle nostre Scritture (cosa infatti intendano per "sapienza" gli autori profani, a noi non interessa). Lo si ricava dal medesimo libro, dove è detto: Il serpente era la più saggia di tutte le bestie 122. Saggio più di tutte le bestie in quanto fu più astuto e scaltro nell'ordire l'inganno. In un secondo momento poi, ecco che non lo si crede più e gli si dice: Noi rinunziamo a te. Basta l'averci tu presi di sprovvista una volta e ingannati. Così alla fine diverrà stolto: i suoi tranelli saranno scoperti e quindi non saranno più tranelli. Alla fine diverrà stolto lui che s'è raccolto attorno figli da lui non generati e si è procurato delle ricchezze senza giudizio. A differenza di lui, il nostro Redentore ci pasce nel giudizio.

Le astuzie degli eretici.

29. Ecco ora un eretico. Se non un fratello del diavolo certo ne è un collaboratore e un figlio. Anche a costui io darei il nome di pernice, animale litigioso al segno che (come ben sanno i cacciatori) si lascia prendere anche per la voglia che ha di attaccare. Allo stesso modo gli eretici muovono attacchi alla verità; e questo fin dal momento che si separarono dall'unità. Attualmente dicono: Non abbiamo alcuna voglia di litigare; ma lo dicono perché già sono stati catturati. Anzi, oggi non hanno più nemmeno l'occasione di dire: Non voglio litigare. O eretico, ora imbrigliato, tempi addietro, agli inizi del tuo scisma, tu eri certamente uno di quelli che rimproveravi i "traditori" condannavi gli innocenti, ricorrevi al giudizio dell'imperatore, dissentivi dalle sentenze dei vescovi, vinto ti appellavi ripetutamente, e dinanzi al tribunale dell'imperatore contendevi con un accanimento esacerbato. Volevi radunare figli che non avevi generati. Dov'è ora la tua alterigia, le tue chiacchiere, i tuoi insulti? Effettivamente, avvicinandoti alla tua fine sei divenuto uno stolto, e ti sei messo a temere, sebbene senza giudizio. Non cerchi infatti un giudizio retto né riguardo al tuo errore né riguardo alla verità. A differenza di te, Cristo ci pasce nel giudizio, discernendo a dovere le sue pecore da quelle che non sono sue. Dice: Le mie pecore conoscono la mia voce e mi seguono 123.

Non mancheranno mai i buoni pastori.

30. In questo passo trovo che nell'unico pastore ci sono tutti i pastori buoni. Non è infatti vero che manchino i buoni pastori: essi si trovano nell'unico pastore. Gli altri, essendo divisi, sono in molti; fra noi si predica che uno è il pastore come affermazione di unità. Che se si omette di parlare dei diversi pastori per menzionare l'unico pastore, non lo si fa perché il Signore non abbia trovato a chi affidare le sue pecore. Le affidò un tempo quando trovò Pietro; ma nella scelta stessa di Pietro inculcò l'unità. Gli Apostoli erano molti, eppure fu detto ad uno solo: Pasci le mie pecore 124. Lungi da noi il pensiero che adesso manchino i buoni pastori! Dio non voglia che ne rimaniamo privi! Lungi da noi il pensiero che la misericordia divina abbia smesso di generarli e d'investirli della loro missione! In realtà, se ci sono buone pecore debbono esserci anche buoni pastori: i buoni pastori infatti nascono in mezzo a buone pecore. Tuttavia i buoni pastori sono tutti nell'unità, sono una cosa sola. In essi che pascolano, è Cristo che pascola. Non fanno risuonare la loro voce, gli amici dello sposo, ma si rallegrano quand'odono la voce dello sposo 125. Quando pascono loro è Cristo che pasce, e per questo può dire: Io pasco, in quanto in loro c'è la sua voce e la sua carità. Riandiamo a Pietro. Nell'atto di affidare a lui, come a persona distinta, le proprie pecore, Cristo volle immedesimarlo con sé, sicché, consegnando a lui le pecore, il Signore restasse sempre il capo e Pietro rappresentasse il corpo, cioè la Chiesa, e tutt'e due, come lo sposo e la sposa, fossero due in una sola carne 126. A tal fine (cioè per non affidare come ad un estraneo le proprie pecore) cosa gli chiede prima di consegnargliele? Pietro, mi ami tu? E Pietro: Sì, ti amo. E di nuovo: Mi ami tu? E Pietro: Sì, ti amo. E per la terza volta: Mi ami tu? E Pietro: Sì, ti amo 127. Gli conferma l'amore per rinsaldare l'unità. In simili pastori pasce dunque l'unico pastore, essendo tutti nell'unità: per cui dei pastori [buoni] non si fa menzione [nella profezia], pur non omettendosi di parlarne. Se tali pastori si gloriano di qualcosa, ricordano che chi si gloria si glori nel Signore 128. Ecco cosa significa pascere Cristo, per Cristo e in Cristo, e non voler pascere per sé escludendo Cristo. Non è infatti in riferimento alla scarsità dei pastori che il profeta dice: Io stesso pascerò le mie pecore 129 (cioè: Non ho a chi affidarle), quasi che preannunzi per l'avvenire simili tempi disgraziati. Anche al tempo di Pietro, anche quando erano al mondo gli Apostoli (cioè quando vivevano su questa terra), disse quell'uno nel quale tutti si forma una unità: Ho delle pecore che non sono di questo gregge, e bisogna che io le conduca [all'ovile], perché uno sia il gregge e uno il pastore 130. Che tutti i pastori siano dunque nell'unico pastore ed emettano l'unica sua voce, in modo che le pecore ascoltino quest'unica voce e seguano il loro pastore! Non questo o quello, ma l'unico. E in lui parlino tutti un unico linguaggio; non abbiano voci discordanti. Vi scongiuro, fratelli! Abbiate tutti lo stesso sentire, né siano scismi tra voi! 131. Ecco la voce limpida, purificata da ogni scisma e da ogni eresia, che le pecore debbono ascoltare, seguendo il loro pastore che dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono 132.

I donatisti respingono i cattolici dalle loro assemblee.

31. Vuoi convincerti, o eretico, di quanto tu sia privo della voce del pastore e di quanto pericolosamente le pecore seguono te, internamente lupo rapace sebbene all'esterno rivestito di pelle di pecora 133? Che ascoltino la tua voce! Vedremo se sia la voce di Cristo. Ecco, una pecora malata, smarritasi dal gregge, cerca la Chiesa. Non sapendo dove sia il gregge di Cristo, ne va in cerca per riunirvisi, ne cerca la porta. Parla! facci udire se [la tua voce] sia quella di Cristo, se sia voce d'agnello o di pernice. La pecora di Dio cerca il suo gregge. Fa' conto che si tratti di una pecora partitasi dall'oriente e giunta in Africa. Mentre cerca il suo gregge, s'imbatte in te, nella tua basilica, e vuole entrare. Trattandosi d'una faccia sconosciuta, tu rimani perplesso: tu o il tuo accolito. In piedi o seduto, alla porta egli interroga la pecora che sta ricercando il suo gregge o, meglio, il gregge di Dio. Ella vuol entrare fra quelli del suo gregge che crede si trovi lì, e tu prendi a interrogarla: Sei pagano o cristiano? Risponde: Cristiano; si tratta infatti d'una pecora del Signore. Gli domandi se per caso sia catecumeno e si disponga ai sacramenti, e ti risponde: Sono un fedele. Gli chiedi ancora di quale comunione sia, e ti risponde: Sono cattolico. Tu allora lo scacci: scacci chi è cristiano, fedele, cattolico. Chi sono, dunque, quelli che ti tieni dentro? Avanti! sbattilo pure fuori, scomunicalo! Scomunicato da te, sarà accettato da Cristo. E volesse il cielo che quanti sono presso di te ti conoscano [a fondo] e nel mezzo dei tuoi giorni ti piantino in asso! Alcuni dei nostri fratelli ieri si recarono alla basilica degli eretici: per quanto infatti cattivi fratelli, essi son sempre fratelli. Orbene, fratelli miei, notate la differenza che passa tra la fiducia di chi è nella verità e il timore di chi è nella falsità. Quando in mezzo alla folla voi riconoscete qualcuno di loro, come godete! Questo, perché in voi è colui che cerca chi s'era perduto 134. Talvolta vi si insinua: "Vi ascolterà ma poi vi abbandonerà". E voi: "Che intanto ascolti! anche se dovesse abbandonarci". "Ma... ascolterà e si befferà di voi!". "Ascolti anche se dovesse beffarsi di noi!. Verrà giorno in cui rinsavito riconoscerà [la verità]. Verrà giorno in cui il suo popolo lo abbandonerà e rimarrà solo con la sua coscienza. Allora rinunzierà al suo errore e ringrazierà Dio". Loro invece come si comportano? "Chi siete?". "Siamo cristiani". "Non è vero; siete spioni". E gli altri: "Noi siamo cattolici". Al sentir questo, più volte li hanno strapazzati, sebbene poi, cambiando idea, se ne siano pentiti. Oh, volesse il cielo che si pentano di rimanere nello scisma come si son pentiti d'aver oltraggiato quelli che erano andati da loro! Comunque, quelli che hanno scacciati erano cristiani, fedeli, cattolici. Chi siano coloro che si son tenuti, non voglio dirlo. Vedo chi abbiano scacciato. Chi si siano tenuti, lo dicano loro!.

32. Emettano dunque la loro voce! Controlliamo se sia la voce di Cristo, la voce del pastore che le pecore debbono seguire. Sia buono o cattivo l'uomo che la emette, osserviamo se sia la voce del Pastore. Un'anima inferma e fuorviata cerca la Chiesa. Tu cosa le dici? La Chiesa è nella setta di Donato. Ma io vo in cerca della voce del pastore! Trovami in qualche profeta o nei salmi una prova che lo confermi. Citami qualcosa o dalla Legge o dal Vangelo e dagli scritti apostolici. Attingendo alle stesse fonti, io ti mostrerò che la Chiesa dev'essere sparsa per tutto il mondo, e comincio con le parole del Signore: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono 135. Qual è la voce del pastore? Nel nome di lui ha da essere predicata la conversione e il perdono dei peccati in tutte le genti a cominciare da Gerusalemme 136. Ecco la voce del pastore. Riconosci te stesso e segui lui, se vuoi essere una delle sue pecore.

Le Scritture parlano dell'universalità della Chiesa.

33. Ma quei tali consegnarono i sacri codici e quegli altri offrirono incenso agli idoli: ad esempio quel tale, quell'altro. Che importa a me di quello e di quell'altro? Se si son comportati così, è segno che non erano pastori. Tu fai conoscere la voce del Pastore, poiché non annunzi la voce del Pastore per riguardo a loro. Tu li accusi, non il Vangelo! tu, non uno dei profeti o degli apostoli! Se la voce di questi mi parla di qualcheduno, io ci credo; agli altri non credo. Ma tu mi presenterai gli atti [del proconsole]. Ti presento gli atti, mi dici. Ebbene, crediamo alle tue testimonianze; tu però credi alle mie. E se io non le crederò, allora non credere nemmeno tu alle mie. Oh, si tolgano di mezzo i documenti umani e risuonino le voci divine! Citami una sola riga della Scrittura che sia favorevole allo scisma di Donato. Ascolta invece le innumerevoli testimonianze in prò della Chiesa universale. Chi potrà contarle? chi esaurirle? Tuttavia, tanto per ricordarne qualcuna, odi la Legge, il testamento primitivo di Dio. Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 137. Nel salmo: Chiedi a me, e io ti darò in eredità le genti, i confini della terra in tuo possesso 138. Si ricorderanno e si volgeranno al Signore tutti i confini della terra, e lo adoreranno tutte le famiglie delle genti, poiché suo è il dominio e lui governerà le genti 139. Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, [o uomini di] tutta la terra 140. E: Lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti lo serviranno 141. Chi sarà in grado di citare [tutti i passi]? Non c'è pagina, si può dire, in cui non si parli di Cristo e della Chiesa diffusa su tutta la terra. Mi si tiri fuori una sola parola in favore dello scisma di Donato! È forse troppo quello che ti chiedo? Loro dicono che la Chiesa diffusa su tutta la terra sarebbe scomparsa. Scomparsa quando con tante testimonianze la si predice stabile per sempre? Non c'è in tal senso, né nella legge né nei profeti né nei salmi, una sola voce che sia voce del pastore. Né loro sono mai stati in grado di dire la verità, separati come sono dal Verbo di Dio, cioè da Cristo. Ora ascolta la voce del Verbo e ascoltala dalla bocca stessa del Verbo.

34. Ammirando la fede del centurione, disse: In verità vi dico che in Israele non ho trovato una fede così grande. Per questo vi dico: Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e si assideranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 142. Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente: ecco la Chiesa di Cristo, il gregge di Cristo! Notalo bene, se vuoi essere una pecora [buona]. Non può sfuggirti un gregge diffuso per ogni dove; né troverai cosa rispondere al tuo giudice, che ti sei rifiutato d'avere per tuo pastore. Non potrai - dico - ribattere al tuo giudice: Ma io non lo sapevo! Non l'ho mai visto; non ne ho mai sentito parlare. Cosa non sapevi? Nessuno può sottrarsi al suo calore 143. Cosa non hai visto? Le estremità della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio 144. Che cosa non hai udito? In tutta la terra s'è sparso il loro rumore e fino agli estremi confini della terra le loro parole 145.

Nessun testo scritturale è a favore dei donatisti.

35. A buon diritto si esige di udire da voi la voce di Cristo, la voce del pastore che le pecore debbono udire per porsi al suo seguito. Voi non trovate una risposta, in quanto non avete la voce del pastore. Ascoltatelo e mettetevi al suo seguito! Smettetela con la [vostra] voce da lupi e seguite la voce del pastore; o, almeno, fateci ascoltare la voce del pastore. Rispondono: Certo che ve la facciamo sentire! Bene! ascoltiamo. Anche da noi risuona la voce del pastore. Ascoltiamola! Dicono: Nel Cantico dei cantici la sposa parla allo sposo, la Chiesa a Cristo. Noi conosciamo il Cantico dei cantici: un poema santo, un poema d'amore, di amore santo, di santa carità, di santa dolcezza. Mi piace veramente ascoltare da quel carme la voce del pastore, la voce dello sposo amabilissimo. Tira fuori quel che ci trovi. Ascoltiamo! Dicono: La sposa rivolge allo sposo queste parole: Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli, dove riposi 146. E lui (sempre secondo loro) risponde: Nel mezzodì. Io ti portavo delle prove irrefragabili, prove che non ammettevano interpretazioni differenti, come [ad esempio]: Chiedi a me, e io ti darò in eredità le genti, i confini della terra in tuo possesso 147; ovvero: Se ne ricorderanno e si volgeranno al Signore tutti i confini della terra 148. E tu cosa mi vieni a presentare dal Cantico dei cantici? Un brano che, probabilmente, tu stesso non capisci. Difatti il Cantico è un libro denso di misteri, che solo pochi, dotati del dono dell'intelletto, riescono a penetrare, e che vengono palesati soltanto a quei pochi che perseverano nel bussare 149. Quanto a te, accetta e conserva con venerazione e rispetto le verità palesi, per meritarti la comprensione di quelle occulte, poiché... come pretenderai d'essere scopritore di verità nascoste se avrai disprezzato quelle manifeste?.

Esegesi di Cant 1, 6 di cui abusavano i donatisti.

36. Vogliamo ora, fratelli, esaminare (nei limiti che ci è consentito) le parole del Cantico. Ci aiuti il Signore a mostrarvi quale ne sia il significato esatto. In primo luogo notiamo una cosa che con estrema facilità può essere valutata da tutti, anche dai più ignoranti, e cioè com'essi spezzino malamente la frase. Appena l'ascolterete ve ne convincerete. Il testo della profezia, come giace, si presenta così. La sposa parla allo sposo dicendogli: Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi 150. Che queste siano parole rivolte dalla sposa allo sposo (cioè dalla Chiesa a Cristo), non lo poniamo in dubbio né noi né loro. Ma ascolta tutte le parole della sposa. Perché vuoi attribuire allo sposo parole che invece sono dette ancora dalla sposa? Prima si riferiscano per intero le parole della sposa, poi risponderà lo sposo. Ascolta come non ci sia cosa più evidente della divisione [della frase] di cui ti parlerò. Non vi troverai alcun appiglio. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì. È sempre la sposa che dice: Dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì. Nota come sia realmente la stessa sposa a pronunziare tali parole. Continua infatti il testo: Affinché io non diventi come una [che è] nascosta fra i greggi dei tuoi compagni 151. Suppongo che voi tutti, dotti e ignoranti, sappiate distinguere fra genere maschile e genere femminile. Nascosta di che genere è? Lo chiedo a tutti: È maschile o femminile? Dice: Rivela a me, o diletto dell'anima mia. Parlando di un diletto, si rivolge a un uomo, allo sposo. Che poi a interpellare quest'uomo sia una donna, lo indicano le parole successive: Rivela a me dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzogiorno, perché io non divenga come una [che è] nascosta. Intendi nascosta [al femminile] perché il senso sia palese. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzogiorno, perché io non divenga come una [che è] nascosta fra i greggi dei tuoi compagni. Fin qui le parole della sposa; dopo cominciano (è chiarissimo) le parole dello sposo: Bada a conoscere te stessa! Pur essendo donna, riconosci virilmente te stessa. Bada - dice - a conoscere te stessa 152, - e ascolta anche il seguito: o bella fra le donne -. Bada a conoscere te stessa o bella fra le donne! Esci sulle orme dei greggi e pasci i tuoi capretti fra le tende dei pastori, non dentro la tenda del pastore. Nota come lo sposo parli minaccioso. Nota com'egli, sebbene amabile, dinanzi al pericolo escluda ogni lusinga. Con che tenerezza aveva parlato lei! Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì 153. Verrà infatti il mezzogiorno, quando i pastori si rifugiano sotto l'ombra, e potrebbe, forse, celarmisi il luogo dei tuoi pascoli e del tuo riposo, mentre io voglio che tu me lo riveli affinché io non sia come una che è nascosta, cioè non vista, sconosciuta. In realtà io sono manifesta, né ha da succedere che, come una che è nascosta, celata, mi mescoli alle greggi dei tuoi compagni. Difatti tutti gli eretici sono usciti dal [gregge di] Cristo. Quanti son diventati pastori cattivi e posseggono greggi non propri, pur avendoli segnati col nome di Cristo, un tempo furono suoi compagni, presero parte alla sua mensa. Si chiamano infatti compagni coloro che partecipano (come si dice) di una mensa comune; e la lingua latina li dice appunto sodales per il fatto che mangiano alla stessa mensa. Ascolta da un salmo il rimprovero che un tale rivolge a certi cattivi compagni, cioè a gente nutrita alla stessa mensa. Dice: Se mi avesse ingiuriato un nemico, l'avrei tollerato; se contro di me avesse pronunciato parole offensive, mi sarei certo nascosto lontano da lui. Ma tu, mio amico e mio conoscente, tu, mia guida che insieme con me prendevi i cibi gustosi 154. In effetti, molti amici del Signore, ingrati alla mensa da lui imbandita, se ne sono usciti fuori. Erano commensali perversi, e si fecero mense proprie ed eressero dei contraltari. In costoro teme lo sposo che la sposa abbia ad incorrere.

Il cristiano forestiero che capita in Africa.

37. Tu ritieni che il mezzodì sia l'Africa. Io potrei dimostrarti che parti della terra situate a mezzodì siano piuttosto l'Egitto o quelle regioni bruciate dal sole dove non piove mai. Difatti sono il mezzodì quei luoghi dove picchia il sole a metà giorno. Là però c'è il deserto, che rigurgita di migliaia di servi di Dio. Per cui, se vogliamo parlare di mezzodì in senso locale, perché non sarebbero quelli i luoghi dove egli ha i suoi pascoli e dove riposa, dal momento che fu detto: Ubertosi saranno i deserti più aridi 155? Ma voglio ammettere la tua interpretazione e ritenere che il mezzodì sia l'Africa. Sia dunque l'Africa il mezzodì, dove sono i cattivi compagni. La Chiesa d'oltremare, in qualche suo membro, fa vela per l'Africa e, sollecita che quel tale possa cadere in errore, invoca il suo sposo e gli dice: Sento dire che in Africa ci sono in gran numero gli eretici, in gran numero i ribattezzatori. Tuttavia - a quanto sento dire - ci sono anche i tuoi. Mi giunge l'una e l'altra notizia; ma io voglio udire direttamente dalla tua bocca quale dei due gruppi sia il tuo. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì 156, cioè in quelle regioni meridionali donde mi giunge notizia dell'esistenza di due fazioni: l'una di Donato, l'altra in comunione con l'universo a te fedele. Dimmi tu stesso dove debbo andare, in modo che io, come una [che è] nascosta (cioè sconosciuta), non sia fra i greggi dei tuoi compagni 157. Affinché cioè non m'imbatta nei greggi degli eretici, intenti a sovrapporre pietra su pietra nel loro edificio destinato a crollare, né precipiti in mezzo ai ribattezzatori. Rivela a me. Le risponde colui che, volendo inculcare l'unità del pastore, nel brano ora letto diceva: Io stesso le pascerò 158; colui che biasimava certi pastori che, per essere in molti, avevano lacerato l'unità. La sua risposta non è mite ma quanto mai severa, proporzionata alla gravità del pericolo. Dice: Bada a conoscere te stessa, o bella fra le donne 159. Tu sei bella fra le donne, ma sappiti riconoscere! Da che cosa ti riconoscerai? Dall'essere in tutto il mondo. Se infatti sei bella devi possedere l'unità, poiché dove c'è divisione c'è bruttezza, non beltà. Bada a conoscere te stessa! Hai creduto in me: riconosci te stessa! Come hai creduto in me? Alla stessa maniera come vi hanno creduto quei tuoi cattivi compagni i quali, come te, ammettono che il Verbo si sia fatto carne, sia nato dalla Vergine, sia morto sulla croce e poi sia risorto e asceso al cielo. Tale mi hai creduto tu ed altrettanto mi proclamano loro. Ebbene, sappi riconoscere me e te: me in cielo, te sparsa su tutta la terra. È Cristo che così apostrofa un membro qualsiasi della Chiesa, come parlando alla Chiesa intera. Difatti, come potrebbe la Chiesa essere in cerca della Chiesa? Voglio argomentare come usano loro. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi 160. Cosa cerca? La Chiesa. E l'interpellato, come mostrandole la Chiesa, risponde: Nel mezzodì. Così interpretano. Mi rispondano allora come faccia la Chiesa a ricercare la Chiesa. Rivela a me, o diletto dell'anima mia. Chi parla così? La Chiesa. Cosa desidera le venga palesato? Dove siano i tuoi pascoli e dove riposi, cioè dove sia la Chiesa. Parla la Chiesa e cerca dove si trovi la Chiesa; e l'altro - così opinano - risponde: Nel mezzodì. Se, come dicono il mezzodì è unicamente l'Africa, come fa la Chiesa a domandare dove lei stessa si trovi? O, forse, è la Chiesa d'oltremare che si pone la domanda (in verità pertinente) nei riguardi del mezzodì per non cadere in errore. È Cristo che si rivolge ai singoli membri della sua Chiesa e come parlando a [tutt'intera] la sua Chiesa. E cosa dice? Bada a riconoscerti, o bella fra le donne; altrimenti esci fuori 161! Uscire è proprio degli eretici. Orbene, o sappiti riconoscere o esci fuori! poiché, se non saprai riconoscerti, uscirai fuori. E dove andrai uscendo? Sulle orme dei greggi: seguirai greggi cattivi. Non credere che, uscendo fuori, seguirai le orme delle pecore! Ascolta come continua [il profeta]: Esci fuori, sulle orme dei greggi, e pasci i tuoi capretti 162. Non le pecore! E voi sapete, fratelli, dove andranno a finire i capretti. Tutti coloro che sono usciti dalla Chiesa finiranno alla sinistra. A Pietro che persevererà è detto: Pasci le mie pecore 163; all'eretico che se ne andrà via: Pasci i tuoi capretti 164.

Esegesi donatista di Hab 3, 3.

38. Insistono: C'è un altro testo. Ugualmente contro di te. Dillo: ascoltiamo! Sarà senz'altro contrario a te, come il precedente che ritenevi a te favorevole. Dicono: È vero che per mezzodì intendete l'Egitto? Noi allora potremmo intenderlo in molte altre maniere; anzi, prendendo lo stesso Egitto per una qualsiasi regione del mondo; potremmo perfino identificarlo con l'Africa. Odi però cosa io intendo per mezzodì. Vi intendo il fervore degli uomini spirituali, ardente per il fuoco della carità, splendente per la luce della verità. Si dice infatti in un salmo: Manifestami la tua destra e quanti hanno il cuore istruito nella sapienza 165. Mostrami la destra, non i capretti; e quanti hanno il cuore istruito nella sapienza, poiché un uomo siffatto è il mezzodì, come sta scritto nel profeta: Le tue tenebre saranno come il meriggio 166. In molte maniere possiamo quindi interpretare questo "mezzodì", ma io voglio vedervi proprio l'Africa, nient'altro che l'Africa. Forse da te mi viene una spiegazione migliore di quella che, senz'essere edotto da te, io non sarei riuscito a scoprire. Sia dunque l'Africa il mezzodì ! Ma la Chiesa d'oltremare teme d'incappare nei ribattezzatori, teme d'imbattersi come una sconosciuta nelle greggi dei compagni, e chiede allo sposo che le riveli dove siano i suoi pascoli e dove riposi a mezzodì 167. Questo, perché nello stesso mezzodì ci sono alcuni nei quali egli pasce mentre in altri non pasce, alcuni nei quali riposa e altri nei quali non riposa. Ebbene, ascolti [questo emigrante] il [nostro] consiglio: Venga dalla Chiesa cattolica; non si mescoli ai greggi dei compagni, non si metta a pascere propri capretti! E adesso citami pure il testo che mi volevi citare. Risponde: Il profeta afferma: Dio verrà dalle regioni dell'africo 168. Ora, dove è l'africo lì c'è anche l'Africa... O testimonianza [veramente magnifica]! Dio verrà dalle regioni dell'africo. E questo vorrà dire che Dio ha da venire dall'Africa? Dunque gli eretici proclamano che in Africa ha da nascere un altro Cristo e da lì spingersi per tutto il mondo ! Vi prego, cosa significa: Dio verrà dalle regioni dell'africo? Se voi mi rispondeste: Significa che Dio ha soggiornato in Africa, questa sarebbe certo una risposta sconcia. Voi invece mi asserite che significa: Dio ha da venire dall'Africa! Di Cristo sappiamo dove sia nato, dove abbia patito, dove sia asceso al cielo e donde abbia inviato gli apostoli, dopo averli riempiti di Spirito Santo, comandando di evangelizzare il mondo intero. Al suo ordine si attennero i discepoli e il mondo è già pieno del messaggio evangelico; e tu mi sostieni che Dio ha da venire dall'Africa?

Replica di Agostino.

39. Mi replica: Allora dimmi tu il significato delle parole Dio verrà dalle regioni dell'africo. Cita per intero il passo e forse lo comprenderai. Dio verrà dalle regioni dell'africo, e il Santo dal monte ombreggiato 169. Spiegami tu in che modo può venire dall'Africa, se viene dal monte ombreggiato. Lo scisma di Donato è sorto in Numidia: furono numidi quelli che per primi passarono allo scisma, provocando tumulti e scandali e infliggendo [alla Chiesa] una terribile piaga. Altri numidi ve li sospinsero. Ve li sospinse Secondo di Tigisi, e dove sia Tigisi è cosa nota. I chierici che vi furono inviati li radunarono fuori della chiesa, né vollero far parte del clero cartaginese. Si nominarono un visitatore, e furono accolti in casa da Lucilla. L'autore di tutta questa sciagurata vicenda fu, dunque, un eretico della Numidia. Ora, nella Numidia, da cui ebbe origine il movimento che con tanti disastri è giunto fino a noi, c'è sì e no un qualche cespuglio, tant'è vero che la gente abita nelle grotte. Ci saranno dunque nella Numidia montagne ombreggiate? Spiegami la cosa. Non fermarti alle parole: Dio verrà dalle regioni dell'africo; io voglio la spiegazione anche del resto: Il Santo [verrà] dal monte ombreggiato. Mostrami come il donatismo, sorto in Numidia, possa venire dal monte ombreggiato. Ovunque troverai regioni prive di vegetazione. Se vi sono dei campi fertili, essi son coltivati a frumento, ma in nessun posto troverai oliveti o altre piantagioni che rendano ameno il paese. Come parlare di monti ombreggiati esistenti in Numidia, donde ha tratto origine lo scandalo donatista?.

La realizzazione della profezia di Hab 3, 3.

40. Insistono: Spiegami dunque tu cosa significhi il detto: Dio verrà dalle regioni dell'africo e il Santo dal monte ombreggiato. Vedi quanto mi sia facile spiegartelo! Ascolta in primo luogo le parole del Signore: Era necessario che Cristo patisse e il terzo giorno risorgesse, e che nel suo nome fossero predicati la conversione e il perdono dei peccati fra tutte le genti a cominciare da Gerusalemme 170. Ecco da che parte è venuto il Signore. Quando dice: A cominciare preannunzia che a partire da lì avrebbe raggiunto le altre genti nella persona dei suoi santi. Leggi nel libro di Gesù di Nave in qual modo la terra dei figli d'Israele venne ripartita fra le diverse tribù. Ivi è detto chiaramente che dalle parti dell'africo c'è Gebus, cioè Gerusalemme 171. Leggi, scruta e troverai; e volesse il cielo che, trovando [la verità], vi creda e la smetta con il tuo astio. Dalle parti dell'africo c'è Gebus, cioè Gerusalemme; e il Signore: A cominciare da Gerusalemme 172. Ecco cosa significa: Dio verrà dalle regioni dell'africo. Ma allora, in che senso: Dal monte ombreggiato? Leggi il Vangelo! Cristo salì al cielo dal monte Oliveto. Continua! Potrebbe essere più chiaro? Ti senti dire: Dall'africo, e ancora: Dal monte ombreggiato. Riferiamo parole della Legge e riferiamo parole del Vangelo. Ti sei sentito dire: A cominciare da Gerusalemme; ascolta anche: Fra tutte le genti. Dalla bocca dello stesso profeta prosegui a leggere anche le parole che non avevi calcolate, anzi avevi del tutto omesse: Dio verrà dalle regioni dell'africo e il Santo dal monte ombreggiato; la sua ombra coprirà i monti, e della sua gloria sarà piena la terra 173. Dunque, fra tutte le genti a cominciare da Gerusalemme 174. Ma come a cominciare da Gerusalemme? Dio verrà dall'africo e il Santo dal monte ombreggiato, cioè dal monte degli Olivi, dove Cristo salì al cielo e donde inviò i discepoli. Fu lì che, prima di ascendere, disse: Non spetta a voi conoscere il tempo che il Padre nella sua potenza ha stabilito, ma riceverete una forza dall'alto e mi sarete testimoni. Notate come ebbe inizio la predicazione evangelica! Mi sarete testimoni in Gerusalemme e in Giudea e in Samaria e per tutta la terra 175. Pertanto, allorché venne [a noi] Cristo-Dio e quando il suo nome e l'annunzio evangelico mossero da Gerusalemme, fu allora che egli venne dall'africo; e venne anche dal monte ombreggiato, cioè dal monte Oliveto. E siccome fra tutte le genti s'è diffuso il Vangelo, ecco perché la sua ombra coprirà i monti (si riferisce al suo refrigerio e alla sua protezione! e in che modo della sua lode è piena la terra 176. Con tutta la terra dunque cantate il cantico nuovo; non il cantico antico che si canta in un angolo della terra.

Il cireneo e Giuseppe d'Arimatea.

41. Dicono un'altra storia. Questa: Simone di Cirene fu costretto a portare la croce del Signore 177. Sì, lo leggiamo; ma vorrei proprio sapere cosa ti serva questo. Risponde: Il cireneo è un africano, e quel tale fu costretto a portare la croce esattamente per questo motivo. Ma tu, forse, non sai dove si trovi Cirene. È nella Libia, nella Pentapoli: una regione confinante con l'Africa, che però fa parte piuttosto dell'Oriente. Ricavalo almeno dalla distribuzione delle province imperiali. È l'imperatore d'Oriente che manda il giudice a Cirene. Ti rispondo in due parole: Dove alligna la setta di Donato, non è Cirene; e dove è Cirene, là non esiste la setta di Donato. La verità, chiarissima, smaschera l'errore. Mi si mostri Cirene là dove sono i donatisti; mi si mostrino i donatisti a Cirene! È infatti cosa arcinota, fratelli, che nella Pentapoli c'è la Chiesa cattolica, non la setta donatista. Sicuri [della verità], prendiamoci pur gioco di quelli che dovremmo compiangere o, meglio, compiangiamo quelli che ci verrebbe voglia di prendere in giro. Cosa mai dici? Mi richiami alla mente i meriti insigni di quel tal cireneo che portò la croce del Signore, e lo supponi un africano. Invece egli è un orientale. Si può infatti parlare di Libia in doppio senso: o intendendo questa [provincia] che propriamente è l'Africa o quella regione dell'Oriente vicina e confinante in tutto con l'Africa. Ma ammettiamo pure che quel cireneo fosse un africano. Lo ritieni beato perché, costretto, portò la croce del Signore 178? Con quanto maggior ragione un altro potrebbe concludere che la Chiesa di Cristo è rimasta in Arimatea! Difatti quel Giuseppe, uomo ricco di Arimatea che aspirava al regno di Dio, si avvicinò alla croce non forzato, non costretto, anzi, a differenza degli altri, sopraffatti dal timore, chiese a Pilato di seppellire il corpo del Signore, lo depose dal patibolo, ne curò la sepoltura, lo nascose nel sepolcro: e di tutto questo è elogiato nel Vangelo. E allora? Perché questo devoto, che tanta cura si prese della salma del Signore, era nato in Arimatea, forse che, per questo, la Chiesa è rimasta in Arimatea? O, al contrario, dato che a voi piace di più quell'altro che venne forzato (cioè costretto) a portare la croce, in tal caso fanno bene gli imperatori cattolici, a ridurvi per forza all'unità.

 

 

1 - Cf. Sal 79, 2.

2 - Ez 34, 1-2.

3 - Ez 34, 2.

4 - Fil 2, 21.

5 - Cf. Sir 12, 14.

6 - Ez 34, 3-5.

7 - 1 Cor 9, 7.

8 - Cf. 2 Ts 3, 8.

9 - Cf. 2 Ts 3, 9.

10 - Cf. 1 Cor 9, 12.

11 - Lc 10, 35.

12 - Fil 4, 14.

13 - Fil 4, 11-14.

14 - Cf. Fil 4, 16.

15 - Fil 4, 17.

16 - Lc 12, 35.

17 - Mt 5, 15-16.

18 - Cf. Fil 2, 21.

19 - Gal 4, 14-15.

20 - 1 Cor 12, 27.

21 - Gal 4, 16.

22 - Cf. Fil 2, 21.

23 - Cf. Sap 2, 8.

24 - Tt 2, 7.

25 - 1 Tm 4, 12.

26 - Mt 23, 3.

27 - Mt 5, 28.

28 - Ez 34, 3.

29 - Ez 34, 4.

30 - Sir 2, 1.

31 - Cf. Mt 7, 24, 26.

32 - 1 Cor 10, 4.

33 - 2 Tm 3, 12.

34 - Cf. Mt 7, 26.

35 - Cf. Mt 7, 25, 27.

36 - Cf. Sal 68, 5.

37 - Eb 12, 6.

38 - Fil 2, 6.

39 - Cf. Gv 1, 3.

40 - Cf. Rm 8, 14-16; 8, 23; Gal 4, 5.

41 - Cf. Rm 8, 17.

42 - Sal 2, 8.

43 - Sir 2, 1.

44 - 1 Cor 10, 13.

45 - Cf. 1 Cor 10, 13.

46 - 2 Cor 13, 3.

47 - 1 Cor 10, 13.

48 - Sal 79, 6.

49 - Ez 34, 4.

50 - Cf. Mc 2, 3.

51 - Ez 34, 4.

52 - 1 Cor 10, 13.

53 - Ez 34, 4.

54 - 2 Tm 4, 2.

55 - Ez 34, 4.

56 - 2 Cor 5, 10.

57 - Ez 34, 4.

58 - Ez 34, 3.

59 - Ez 34, 4.

60 - Ez 34, 5.

61 - Ez 34, 5-6.

62 - Sal 120, 1.

63 - Sal 120, 2.

64 - 1 Cor 1, 11-12.

65 - 1 Cor 1, 13.

66 - Sal 82, 2.

67 - Sal 120, 2.

68 - Ap 19, 10.

69 - Ez 34, 6.

70 - Cf. Col 3, 3.

71 - Cf. Gv 15, 1-2.

72 - Cf. Gv 15, 4.

73 - Rm 11, 23.

74 - Cf. Gv 15, 1.

75 - Ez 34, 6.

76 - Ez 34, 7-8.

77 - Cf. Fil 2, 21.

78 - Ez 34, 8.

79 - Ez 34. 8.

80 - Ez 34, 9.

81 - Ez 34, 10.

82 - Ez 33, 7-9.

83 - Ez 34, 8.

84 - Cf. Ez 33, 2-6.

85 - Ez 34, 10.

86 - Mt 23, 3.

87 - Mt 15, 14.

88 - Mt 23, 3.

89 - Mt 23, 3.

90 - Rm 2, 21.

91 - Mt 7, 26.

92 - Mt 23, 3.

93 - Ez 34, 10.

94 - Sal 13, 4.

95 - Ez 34, 11.

96 - Ger 3, 15.

97 - Gv 21, 15-17.

98 - Ez 34, 10.

99 - Sal 79, 2.

100 - Cf. Gn 37.

101 - Sal 79, 3.

102 - Ez 34, 11-12.

103 - Ez 34, 12.

104 - Gv 10, 27.

105 - Ez 34, 12.

106 - Ez 34, 13.

107 - Ez 34, 13.

108 - Sal 18, 5.

109 - Ez 34, 14.

110 - Ez 34, 14.

111 - Ez 34, 14.

112 - Cf. Sal 120, 1-2.

113 - Ez 34, 14.

114 - Ez 34, 15.

115 - Ez 34, 16.

116 - Ez 34, 16.

117 - Ger 17, 11.

118 - Cf. 2 Cor 11, 3; 1 Tm 2, 14.

119 - Ger 17, 11.

120 - 1 Cor 1, 20.

121 - Cf. Gn 3, 6.

122 - Gn 3, 1.

123 - Gv 10, 27.

124 - Gv 21, 17.

125 - Cf. Gv 3, 29.

126 - Cf. Mt 19, 5.

127 - Gv 21, 15-17.

128 - 2 Cor 10, 17.

129 - Ez 34, 15.

130 - Gv 10, 16.

131 - 1 Cor 10, 10.

132 - Gv 10, 27.

133 - Cf Mt 7, 15.

134 - Cf. Lc 19, 10.

135 - Gv 10, 27.

136 - Lc 24, 47.

137 - Gn 22, 18.

138 - Sal 2, 8.

139 - Sal 21, 28-29.

140 - Sal 95, 1.

141 - Sal 71, 11.

142 - Mt 8, 10-11.

143 - Sal 18, 7.

144 - Sal 97, 3.

145 - Sal 18, 5.

146 - Ct 1, 6.

147 - Sal 2, 8.

148 - Sal 21, 28.

149 - Cf. Mt 7, 7.

150 - Ct 1, 6.

151 - Ct 1, 6.

152 - Ct 1, 7.

153 - Ct 1, 6.

154 - Sal 54, 13.

155 - Is 5, 17.

156 - Ct 1, 6.

157 - Ct 1, 6.

158 - Ez 34, 15.

159 - Ct 1, 7.

160 - Ct 1, 6.

161 - Ct 1, 7.

162 - Ct 1, 7.

163 - Gv 21, 17.

164 - Ct 1, 7.

165 - Sal 89, 12.

166 - Is 58, 10.

167 - Cf. Ct 1, 6.

168 - Ab 3, 3.

169 - Ab 3, 3.

170 - Lc 24, 46.

171 - Gs 15, 8.

172 - Lc 24, 46.

173 - Ab 3, 3.

174 - Lc 24, 46.

175 - At 1, 7-8.

176 - Sal 95, 1.

177 - Mt 27, 32.

178 - Cf Mt 27, 57-60.


10 - Si narra ciò che Maria santissima operò dopo essere stata illuminata sui dieci comandamenti.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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817. Come gli articoli della fede cattolica appartengono agli atti dell'intelletto, dei quali sono oggetto, così i pre­cetti a quelli della volontà. Anche se tutti gli atti liberi di­pendono da questa in ogni virtù infusa ed acquisita, non ne scaturiscono allo stesso modo. Gli atti di fede nascono immediatamente dall'intelletto che li produce e dipendono dalla volontà solo in quanto essa li stabilisce con affetto puro, santo, pio e riverenziale; le verità oscure, infatti, non costringono l'intelletto a crederle senza il suo intervento, così che questo aspetta ciò che essa dispone. Nelle altre virtù, però, la volontà opera da se stessa e chiede all'intel­letto soltanto che le proponga quello che deve fare, come chi porta la luce davanti agli altri; è talmente autonoma che non ammette imposizioni da esso, né violenza da al­cuno. Il Signore ha determinato ciò affinché nessuno lo serva con tristezza o per costrizione, ma veramente libero e con gioia, come insegna l'Apostolo.

818. Maria santissima era straordinariamente rischiara­ta sui dogmi e, perché fosse rinnovata nella conoscenza del decalogo, ebbe una visione di Dio, simile a quella prece­dente. In essa le furono manifestati più distintamente tut­ti i misteri dei dieci comandamenti, così come la mente di­vina li aveva fissati per indirizzare i mortali verso la vita eterna e come erano stati dati a Mosè sulle due tavole. Sul­la prima erano incisi i tre riguardanti l'onore dovuto al­l'Altissimo e sull'altra i sette da esercitare verso il prossimo. Seppe anche che suo Figlio, il redentore del mondo, li avrebbe riscritti nei cuori, facendoli osservare prima di tut­to a lei, e che erano necessari per giungere alla partecipa­zione di Dio. Ebbe profonda cognizione dell'equità e della sapienza con cui erano stati ordinati; comprese che erano una legge santa, perfetta, dolce e leggera, pura, vera e conveniente per le creature, perché tanto giusta e confor­me al loro animo che esse la potevano e dovevano ab­bracciare con stima e diletto. L'Autore di tali decreti an­dava in aiuto agli uomini con la grazia perché potessero ri­spettarli. La nostra Signora contemplò molti altri sublimi arcani riguardanti lo stato della Chiesa ed ebbe notizia di quanti in essa si sarebbero attenuti ai precetti, come anche di quanti li avrebbero infranti e disprezzati.

819. Maria, dopo essere uscita da questa visione in­fiammata e trasformata nell'ardore e nello zelo per la leg­ge divina, si recò subito dal suo Unigenito; in lui la pene­trò ancora, così come egli l'aveva disposta nella sua sag­gezza e volontà, per darle compimento. Capì inoltre che era suo desiderio che ella fosse immagine vivente di tutti gli insegnamenti contenuti in essa. La conoscenza che ne aveva era abituale e perpetua, affinché la usasse conti­nuamente, ma ogni giorno si approfondiva e riceveva più intensità. Dato che l'estensione e l'altezza degli oggetti era quasi immensa, le restava sempre come un campo interminabile in cui dilatare la sua vista e scoprire altri segre­ti. In tale occasione furono molte le novità che il Maestro le insegnò, proponendole i suoi comandamenti nella suc­cessione e nel modo adeguato che avrebbero avuto nella Chiesa; di ciascuna poi le dava abbondanti e singolari ri­velazioni in altre circostanze. Benché la limitatezza uma­na non possa cogliere misteri così eccelsi, niente rimase occulto alla gran Regina, e neppure è possibile ponderare la sua incommensurabile intelligenza regolandoci con la nostra ristretta capacità.

820. Umilmente si presentò a suo Figlio e con l'intimo pronto ad obbedire lo pregò di ammaestrarla e di aiutar­la ad eseguire quanto le era ingiunto. Il Signore le rispo­se: «Madre mia, scelta e predestinata dal mio eterno vo­lere per maggior compiacimento e beneplacito del Padre, che ha la mia stessa natura, il nostro amore infinito, che ci obbligò a comunicare la nostra divinità ai mortali, in­nalzandoli alla partecipazione della nostra gloria e felicità, ordinò questa legge santa e pura per mezzo della quale potessero conseguire il fine per cui furono creati dalla no­stra clemenza. Questa nostra aspirazione riposerà in voi colomba e amica mia, lasciando scolpiti nel vostro cuore i nostri decreti con tanta forza e chiarezza che non po­tranno mai essere oscurati o cancellati, né mai saranno impediti nella loro efficacia, né mancheranno in nessuna cosa, come, invece, negli altri discendenti di Adamo. Con­siderate, o Sulammita e carissima, che essi sono imma­colati e limpidi e noi li vogliamo affidare a un soggetto senza macchia, in cui vengano esaltati i nostri pensieri e le nostre opere».

821. Queste parole, che in lei compirono pienamente quanto racchiudevano, la rinnovarono e beatificarono con la comprensione e la pratica di ognuno dei dieci precetti. Rivolgendo la sua attenzione alla celeste luce e l'animo al­la docilità al suo divino Maestro, intese il primo e il più grande: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto i1 tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente». Prima degli evangelisti, l'aveva scritto Mo­sè con le condizioni che l'Altissimo aveva posto, stabilen­do che tutti lo custodissero nel cuore, lo insegnassero ai figli, lo meditassero per via e in casa, sedendo, cammi­nando, dormendo e vegliando, lo portassero sempre da­vanti agli occhi interiori. Maria adempì il comandamen­to dell'amore di Dio nel modo in cui lo capì e con gli ob­blighi che le furono dati; nessuno riuscì a realizzarlo del tutto in vita, ma ella fece questo sulla terra più che i se­rafini e gli eletti nel cielo. Non mi dilungo oltre perché ho già parlato della carità e delle virtù della Regina nella prima parte. In tale occasione, però, ella pianse partico­larmente le colpe che si sarebbero commesse nel mondo contro questa norma e compensò col suo affetto le man­canze e i limiti degli altri.

822. Segue poi la prescrizione di non disonorare Dio giurando invano e quella di onorarlo nelle feste, osservan­dole e santificandole. La Madre della sapienza le penetrò a fondo, le ripose nel suo umile cuore e diede ad esse il grado supremo di culto e venerazione. Ponderò degna­mente quanto si ingiuria l'essere immutabile dell'Altissimo e la sua infinita bontà con spergiuri e espressioni blasfe­me contro la devozione che gli spetta, in se stesso e nei beati. Addolorata nel vedere quanto gli uomini, nel pre­sente e in futuro, avrebbero peccato in ciò, incaricò gli an­geli che l'assistevano di chiedere da parte sua a ciascuno degli altri custodi di far cessare l'irriverenza di coloro che gli erano affidati, di moderarli con ispirazioni e illumina­zioni, e di impaurirli con il timore di Dio, perché non giurassero e non bestemmiassero. Inoltre, desiderava che gli spiriti celesti implorassero il Signore di mandare mol­te benedizioni di dolcezza a chi non dice il falso, ma ri­spetta il suo nome; ella, intanto, faceva la stessa supplica con gran fervore ed affetto.

823. Quanto al terzo comandamento, Maria fu infor­mata di tutte le festività che dovevano cadere sotto pre­cetto nella Chiesa e di come si dovevano osservare. Dal tempo della fuga in Egitto aveva iniziato a celebrare quel­le attinenti ai misteri precedenti, ma dopo questa notizia fece lo stesso anche con altre, come quelle di suo Figlio, della Trinità e degli angeli. Invitava questi ultimi a tali so­lennità e a quelle che sarebbero poi state istituite, e per ognuna componeva cantici di lode e di ringraziamento. Tra­scorreva questi giorni particolari soltanto pregando e oc­cupandosi del culto divino, non perché le azioni corpora­li impedissero la sua concentrazione o la sua contempla­zione, ma perché voleva eseguire ciò che si sarebbe prati­cato in seguito santificando le feste e tenere davanti agli occhi l'avvenire della legge di grazia. Come prima disce­pola del Redentore, si affrettò ad operare con perfetta emu­lazione quanto in essa era contenuto.

824. Ebbe la stessa comprensione di ciascuno degli al­tri sette precetti, che riguardano il nostro prossimo. Nel quarto si dice di onorare il padre e la madre, ed ella capì che cosa si intenda con tali titoli; al rispetto per Dio segue quello per i genitori, che devono essere serviti e aiutati, ma hanno degli obblighi verso i loro figli. Il quinto ingiunge di non uccidere, perché è il Signore l'autore della vita e, se egli non ha voluto dare ad ognuno il dominio della propria, tanto meno ha accordato di togliere o ingiuriare quella al­trui; essa, infatti, è il primo dei beni della natura e il fon­damento della grazia. La nostra Regina magnificò l'Altissi­mo per aver donato questo decreto a vantaggio dei morta­li e, poiché li guardava come creature di Dio, capaci del­la sua gloria e che sarebbero state liberate dal sangue pre­zioso di Cristo, fece intense suppliche perché esso non fos­se trascurato. Ella intuì poi la qualità del sesto come i bea­ti, che non mirano il pericolo della fragilità terrena in se stessi, ma negli uomini, senza che giunga fino ad essi. Ma­ria, priva della spinta al peccato da cui era stata preserva­ta, lo conosceva da un luogo più sublime. In questa gran­de estimatrice della castità gli effetti furono tali che, aman­dolo e piangendo le colpe contro di esso, di nuovo ferì il cuore di Dio e, secondo il nostro modo di parlare, con­solò suo Figlio per le offese che gli sarebbero state recate con la sua violazione. Poiché seppe che l'osservanza del Van­gelo si doveva estendere fino all'istituzione di congregazio­ni di vergini e di religiosi che facessero voto di tale virtù, pregò il Signore che desse loro la sua perenne benedizio­ne. Egli fece quanto gli era stato domandato e assegnò la ricompensa speciale che corrisponde alla purezza, per l'i­mitazione della vergine e Madre dell'agnello. Maria lo rin­graziò incomparabilmente con affettuoso giubilo poiché, se­guendo il suo esempio, questa si sarebbe propagata tanto nella comunità ecclesiale. Non mi trattengo maggiormente a riferire quanto ella la valutasse perché l'ho già fatto nel­la prima parte e in altre occasioni.

825. Le furono rivelati anche gli altri comandamenti, che invitano il settimo a non rubare, l'ottavo a non atte­stare il falso, il nono a non desiderare la donna altrui, il decimo a non bramare i beni degli altri. Per ciascuno di essi compiva tutti gli atti che occorrevano perché si adem­pisse e lodava l'Onnipotente, manifestandogli gratitudine a nome dell'umanità per aver stabilito una legge così ben ordinata, che indirizzava sapientemente ed efficacemente al gaudio eterno. Attenendosi ad essa, infatti, i credenti non solo si sarebbero assicurati il premio che era stato loro promesso, ma anche nel tempo presente avrebbero avuto una pace e una tranquillità tali da renderli beati conformemente al loro stato. Se tutti si conformassero al­la sua equità, se la custodissero e le obbedissero, go­drebbero di una felicità stupenda e piacevolissima, qual è la testimonianza della buona coscienza, perché i di­letti materiali non si possono paragonare alla consola­zione data dall'essere fedeli nel poco e nel molto. Que­sto beneficio ci è donato singolarmente da Cristo, nostro redentore, poiché egli alle azioni rette ha collegato sod­disfazione, riposo, conforto e tante altre gioie nella vita quaggiù, e se non tutti le ottengono è perché non rispet­tano i suoi precetti. I travagli, le calamità e le disgrazie sono come conseguenze necessarie del disordine dei mor­tali; ognuno di noi ne è causa, ma siamo così insensati che, quando sopraggiunge la tribolazione, cerchiamo su­bito il colpevole.

826. Chi mai riuscirà a ponderare i danni che nascono dal rubare le cose altrui, non osservando la norma che lo vieta, e dal non accontentarsi ciascuno della propria sorte aspettando in essa il soccorso del Signore, che non trascura neppure gli uccelli del cielo e non dimentica i più spregevoli vermiciattoli? Quante miserie e afflizioni stan­no soffrendo i fedeli perché ai sovrani non basta ciò che l'altissimo Re ha concesso loro e anzi, pretendendo di estendere il loro dominio, non lasciano sulla terra né quie­te, né pace, né beni, né anime per il Creatore? Le dispo­sizioni false e le menzogne, che offendono la somma ve­rità e i rapporti, non procurano minori danni e discordie, in quanto anch'esse turbano la serenità. Sia l'uno che l'al­tro peccato impediscono agli uomini di essere tempio di Dio, cosa che egli desidera da loro. Quanti mali, occulti e palesi, hanno arrecato e arrecano fra i cattolici la cupi­digia della donna altrui, l'adulterio, l'oltraggio della legge del matrimonio, confermata e santificata da Gesù? Biso­gna per altro considerare che molti di questi restano na­scosti al mondo, ma non passano sotto gli occhi di Dio, giudice giusto, senza trovare castigo anche in questa vi­ta; la condanna poi sarà tanto più severa quanto più egli avrà dissimulato nel tempo presente per non distruggere la cristianità, come, invece, avverrebbe se fin da ora pu­nisse degnamente tale peccato.

827. La nostra Regina era testimone di tutte queste verità, che contemplava nell'Onnipotente. Vedeva la bassezza dei mortali, che con grande leggerezza e per cose così meschine perdono il rispetto per Dio, e capiva con quanta benignità egli aveva ritenuto indispensabile imporre delle regole; tutta­via non si scandalizzava della fragilità, né si stupiva delle lo­ro numerose ingratitudini, ma come madre pietosa li com­pativa tutti, provava ardente affetto per loro, era riconoscente al posto loro per le opere dell'Altissimo, compensava le tra­sgressioni che avrebbero commesso contro il Vangelo e pre­gava perché ognuno potesse aderirvi. Comprese profonda­mente che i dieci comandamenti si riassumono in quelli di amare il Signore sopra ogni cosa e il prossimo come se stes­si e che in questi due, ben intesi ed eseguiti, è racchiusa la vera sapienza, poiché chi arriva ad attuarli non è lontano dal regno di Dio, come disse Gesù medesimo, e il loro adem­pimento vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici. La nostra Maestra li mise in pratica nel grado corrispondente alla co­noscenza che ne aveva, non tralasciando neanche il più pic­colo di essi, e da sola si conformò agli insegnamenti del Re­dentore più del resto dei santi e dei discepoli.

 

Insegnamento della Regina del cielo

828. Figlia mia, se il Verbo discese dal seno del Padre per prendere carne nel mio grembo e così riscattare il genere umano, bisognava che, per rischiarare quelli che stavano nel­le tenebre e nell'ombra della morte e ricondurli alla gioia smarrita, egli fosse loro luce, via, verità e vita; era neces­sario che desse loro ammaestramenti tanto santi da giustifi­carli, tanto chiari da illuminarli, tanto sicuri da farli affida­re, tanto forti da muoverli, tanto efficaci da aiutarli e tanto certi da donare loro allegria e sapienza. L'immacolata paro­la del Signore ha la virtù di procurare tutti questi e altri me­ravigliosi effetti; inoltre, compone e ordina le creature, tan­to che il loro gaudio spirituale e corporale, temporale ed eter­no, consiste solo nell'osservarla. Da ciò potrai dedurre la cieca ignoranza degli uomini, servendosi della quale l'astu­zia ammaliatrice dei loro nemici li inganna, infatti tutti so­no inclini alla propria felicità e aspirano ad essa, ma sono pochi coloro che la raggiungono proprio perché non la cer­cano nei decreti divini, unico luogo in cui possono trovarla.

829. Prepara il tuo cuore con tale scienza, affinché l'On­nipotente scriva in esso la sua legge, così come ha fatto con me. Allontana da te e dimentica ciò che è visibile e terreno, perché le tue facoltà siano libere da altre imma­gini e racchiudano solo quelle che vi porrà il dito di Dio con il suo beneplacito e la sua dottrina, come questa è con­tenuta nel Vangelo. Affinché i tuoi desideri non siano fru­strati, né restino sterili, chiedi incessantemente a mio Fi­glio di renderti degna di una tale grazia e della sua pro­messa. Considera con attenzione che la tua negligenza in questo sarebbe più abominevole di quella di chiunque al­tro, perché la sua tenerezza non ha chiamato nessuno con benefici simili a quelli concessi a te. Così nel giorno di questa abbondanza come nella notte della tentazione e del­le tribolazioni, avrai sempre presente tale debito e lo zelo del Signore; allora i favori non ti faranno insuperbire, e le pene e le afflizioni non ti opprimeranno. Otterrai tanto se nell'uno e nell'altro stato ti rivolgerai ai precetti impressi in te, per seguirli inviolabilmente e senza tiepidezza o ne­gligenza, ma con ogni avvertenza e perfezione. Per quan­to riguarda l'amore del prossimo, applica sempre la prima regola con la quale esso si deve misurare, cioè quella di fare agli altri quanto vorresti che facessero a te. Se ti fa piacere che ti giudichino positivamente, che parlino bene di te e si comportino di conseguenza, anche tu devi fare lo stesso. Se provi amarezza quando ti offendono in qual­che cosa da poco, evita anche tu di recar loro un simile torto. Se ti sembra ingiusto che essi feriscano i propri fra­telli, guardati dal farlo tu, dal momento che già sai che questo non conviene alla norma della benevolenza, che si deve ad essi e che l'Altissimo comanda. Piangi, inoltre, le tue e le loro colpe perché sono contro Dio e la sua santa legge: questa è buona carità con il Signore e con loro. A mia imitazione addolorati dei tormenti altrui come dei tuoi.


17-35 Marzo 15, 1925 La Divina Volontà tiene il poter di formare la Vita di Gesù nella creatura.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi stavo tutta fondendo nel Santo Voler Divino, ma mentre ciò facevo sentivo tutta l’amarezza della privazione del mio dolce Gesù, e per quanto quasi abituata a soffrire l’assenza di Lui, però ogni volta che sono priva è sempre nuova la pena. Mi sembra che ogni volta che resto priva della Vita della mia vita, Gesù vi mette un grado di più di dolore, ed io sento più al vivo la pena della sua lontananza. Oh! come è vero che in Gesù sono sempre nuove le pene e nuove le gioie! Ora, mentre mi abbandonavo nella sua Volontà, il mio amabile Gesù è uscito una mano da dentro il mio interno, tutta piena di luce, ma nella sua ci aveva anche la mia, ma tanto immedesimata nella sua, che a stento si scorgeva che invece di una erano due mani trasformate insieme, e Gesù, compassionando la mia estrema amarezza mi ha detto:

(2) “Figlia mia, la luce della mia Volontà ci trasforma insieme, e vi forma una sola vita, la luce si fa via ed il calore che contiene la luce svuota, consuma tutto ciò che può impedire la immedesimazione con la mia Vita e farne una sola. Perché tanto ti affliggi? Non senti in te questa mia Vita, e non fantastica, ma reale? Quante volte non senti in te la mia Vita operante, altre volte sofferente, ed altre ti riempio tanto che tu sei costretta a perdere il moto, il respiro, le facoltà mentali, e la tua stessa natura perde la sua vita per dar luogo alla mia? E per fare che tu potessi rivivere, sono costretto ad impicciolirmi in te stessa, per farti acquistare il moto naturale e l’uso dei sensi, ma sempre dentro di te rimango, e non vedi che ogniqualvolta mi vedi, è da dentro il tuo interno che mi vedi uscire? Dunque, perché temi che Io ti lasci se tu la senti questa mia Vita in te?”.

(3) Ed io: “Ah! mio Gesù, è vero che sento un’altra vita in me, che opera, che soffre, che si muove, che respira, che si distende in me, ma tanto, che io stessa non so dire ciò che mi succede, molte volte credo di dover morire, ma come quella vita che sento in me s’impiccolisce, ritirandosi dalle braccia, dalla testa, io incomincio di nuovo a rivivere, ma molte volte non ti veggo; ti sento, ma non vedo la tua amabile presenza, ed io temo, e ho quasi paura di quella vita che sento in me, pensando: chi potrà essere colui che tiene tanta padronanza in me, che io mi sento un cencio sotto del suo potere? Non può essere anche un mio nemico? E se mi voglio opporre a ciò che lui vuol fare in me, si fa tanto forte ed imponente, che non mi cede un atto della mia volontà, ed io subito gli cedo la vincita su di me”.

(4) E Gesù: “Figlia mia, solo la mia Volontà tiene questo potere di formarsi una Vita nella creatura. S’intende che l’anima mi abbia dato, chi sa quante volte, prove certe che vuol vivere della mia Volontà, non della sua, perché ogni atto di volontà umana impedisce che si compisse questa mia Vita; ed è questo il più grande prodigio che sa operare la mia Volontà: La mia Vita nella creatura. La sua luce mi prepara il luogo, il suo calore purifica e consuma tutto ciò che potrebbe essere disdicevole alla mia Vita, e mi somministra gli elementi necessari per poter sviluppare la mia Vita; perciò lasciami fare affinché possa compire tutto ciò che ha stabilito la mia Volontà su di te”.