Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 1° settimana del tempo ordinario (Sant'Antonio Abate)
Vangelo secondo Luca 6
1Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.2Alcuni farisei dissero: "Perché fate ciò che non è permesso di sabato?".3Gesù rispose: "Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?".5E diceva loro: "Il Figlio dell'uomo è signore del sabato".
6Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c'era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita.7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.8Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Alzati e mettiti nel mezzo!". L'uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.9Poi Gesù disse loro: "Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?".10E volgendo tutt'intorno lo sguardo su di loro, disse all'uomo: "Stendi la mano!". Egli lo fece e la mano guarì.11Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
12In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:14Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo,15Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota,16Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.
17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,18che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.
20Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
"Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
22Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.23Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
24Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
25Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
26Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.
27Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.30Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.31Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.32Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.33E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.
36Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;38date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio".
39Disse loro anche una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?40Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?42Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
43Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni.44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.45L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.
46Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?47Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile:48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.49Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande".
Secondo libro delle Cronache 34
1Quando Giosia divenne re, aveva otto anni; regnò trentun anni in Gerusalemme.2Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore e seguì le strade di Davide suo antenato, senza fuorviare in nulla.
3Nell'anno ottavo del suo regno, era ancora un ragazzo, cominciò a ricercare il Dio di Davide suo padre. Nell'anno decimosecondo cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme, eliminando le alture, i pali sacri e gli idoli scolpiti o fusi.4Sotto i suoi occhi furono demoliti gli altari di Baal; infranse gli altari per l'incenso, che vi erano sopra; distrusse i pali sacri e gli idoli scolpiti o fusi, riducendoli in polvere che sparse sui sepolcri di coloro che avevano sacrificato a tali cose.5Le ossa dei sacerdoti le bruciò sui loro altari; così purificò Giuda e Gerusalemme.6Lo stesso fece nella città di Manàsse, di Efraim e di Simeone fino a Nèftali, nei loro villaggi devastati.7Demolì gli altari; fece a pezzi i pali sacri e gli idoli in modo da ridurli in polvere; demolì tutti gli altari per l'incenso in tutto il paese di Israele; poi fece ritorno a Gerusalemme.
8Nell'anno decimottavo del suo regno, dopo aver purificato il paese e il tempio, affidò a Safàn figlio di Asalia, a Maaseia governatore della città, e a Ioach figlio di Ioacaz, archivista, il restauro del tempio del Signore suo Dio.9Costoro si presentarono al sommo sacerdote Chelkia e gli consegnarono il denaro depositato nel tempio; l'avevano raccolto i leviti custodi della soglia da Manàsse, da Èfraim e da tutto il resto di Israele, da tutto Giuda, da Beniamino e dagli abitanti di Gerusalemme.10Lo misero in mano ai direttori dei lavori che sovraintendevano al tempio ed essi l'utilizzarono per gli operai che lavoravano nel tempio per restaurarlo e rafforzarlo.11Lo diedero ai falegnami e ai muratori per l'acquisto di pietre da taglio e di legname per l'armatura e la travatura dei locali lasciati rovinare dai re di Giuda.
12Quegli uomini lavoravano con fedeltà; erano stati loro preposti per la direzione Iacat e Abdia, leviti dei figli di Merari, Zaccaria e Mesullàm, Keatiti. Leviti esperti di strumenti musicali13sorvegliavano i portatori e dirigevano quanti compivano lavori di qualsiasi genere; altri leviti erano scribi, ispettori e portieri.
14Mentre si prelevava il denaro depositato nel tempio, il sacerdote Chelkia trovò il libro della legge del Signore, data per mezzo di Mosè.15Chelkia prese la parola e disse allo scriba Safàn: "Ho trovato nel tempio il libro della legge". Chelkia diede il libro a Safàn.16Safàn portò il libro dal re; egli inoltre riferì al re: "Quanto è stato ordinato, i tuoi servitori lo eseguiscono.17Hanno versato il denaro trovato nel tempio e l'hanno consegnato ai sorveglianti e ai direttori dei lavori".18Poi lo scriba Safàn annunziò al re: "Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro". Safàn ne lesse una parte alla presenza del re.19Udite le parole della legge, il re si strappò le vesti20e comandò a Chelkia, ad Achikam figlio di Safàn, ad Abdon figlio di Mica, allo scriba Safàn e ad Asaia ministro del re:21"Andate, consultate il Signore per me e per quanti sono rimasti in Israele e in Giuda riguardo alle parole di questo libro ora trovato; grande infatti è la collera del Signore, che si è accesa contro di noi, poiché i nostri padri non hanno ascoltato le parole del Signore facendo quanto sta scritto in questo libro".
22Chelkia insieme con coloro che il re aveva designati si recò dalla profetessa Culda moglie di Sallùm, figlio di Tokat, figlio di Casra, il guardarobiere; essa abitava nel secondo quartiere di Gerusalemme. Le parlarono in tal senso23ed essa rispose loro: "Dice il Signore Dio di Israele: Riferite all'uomo che vi ha inviati da me:24Dice il Signore: Ecco, io farò piombare una sciagura su questo luogo e sui suoi abitanti, tutte le maledizioni scritte nel libro letto davanti al re di Giuda,25perché hanno abbandonato me e hanno bruciato incenso ad altri dèi provocandomi a sdegno con tutte le opere delle loro mani. La mia collera si accenderà contro questo luogo e non si potrà spegnere.26Al re di Giuda, che vi ha inviati a consultare il Signore, riferirete: Dice il Signore, Dio di Israele: A proposito delle parole che hai udito,27poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliato davanti a Dio, udendo le mie parole contro questo luogo e contro i suoi abitanti; poiché ti sei umiliato davanti a me, ti sei strappate le vesti e hai pianto davanti a me, anch'io ho ascoltato. Oracolo del Signore!28Ecco, io ti riunirò con i tuoi padri e sarai deposto nel tuo sepolcro in pace. I tuoi occhi non vedranno tutta la sciagura che io farò piombare su questo luogo e sui suoi abitanti". Quelli riferirono il messaggio al re.
29Allora il re inviò dei messi e radunò tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme.30Il re, insieme con tutti gli uomini di Giuda, con gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti, i leviti e tutto il popolo, dal più grande al più piccolo, salì al tempio. Egli fece leggere ai loro orecchi tutte le parole del libro dell'alleanza, trovato nel tempio.31Il re, stando in piedi presso la colonna, concluse un'alleanza davanti al Signore, impegnandosi a seguire il Signore, a osservarne i comandi, le leggi e i decreti con tutto il cuore e con tutta l'anima, eseguendo le parole dell'alleanza scritte in quel libro.32Fece impegnare quanti si trovavano in Gerusalemme e in Beniamino. Gli abitanti di Gerusalemme agirono secondo l'alleanza di Dio, del Dio dei loro padri.33Giosia rimosse tutti gli abomini da tutti i territori appartenenti agli Israeliti; costrinse quanti si trovavano in Israele a servire il Signore loro Dio. Finché egli visse non desistettero dal seguire il Signore, Dio dei loro padri.
Proverbi 28
1L'empio fugge anche se nessuno lo insegue,
mentre il giusto è sicuro come un giovane leone.
2Per i delitti di un paese molti sono i suoi tiranni,
ma con un uomo intelligente e saggio l'ordine si mantiene.
3Un uomo empio che opprime i miseri
è una pioggia torrenziale che non porta pane.
4Quelli che violano la legge lodano l'empio,
ma quanti osservano la legge gli muovono guerra.
5I malvagi non comprendono la giustizia,
ma quelli che cercano il Signore comprendono tutto.
6Meglio un povero dalla condotta integra
che uno dai costumi perversi, anche se ricco.
7Chi osserva la legge è un figlio intelligente,
chi frequenta i crapuloni disonora suo padre.
8Chi accresce il patrimonio con l'usura e l'interesse,
lo accumula per chi ha pietà dei miseri.
9Chi volge altrove l'orecchio per non ascoltare la legge,
anche la sua preghiera è in abominio.
10Chi fa traviare gli uomini retti per una cattiva strada,
cadrà egli stesso nella fossa,
mentre gli integri possederanno fortune.
11Il ricco si crede saggio,
ma il povero intelligente lo scruta bene.
12Grande è la gioia quando trionfano i giusti,
ma se prevalgono gli empi ognuno si nasconde.
13Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo;
chi le confessa e cessa di farle troverà indulgenza.
14Beato l'uomo che teme sempre,
chi indurisce il cuore cadrà nel male.
15Leone ruggente e orso affamato,
tale è il malvagio che domina su un popolo povero.
16Un principe privo di senno moltiplica le vessazioni,
ma chi odia la rapina prolungherà i suoi giorni.
17Un uomo perseguitato per omicidio
fuggirà fino alla tomba: nessuno lo soccorre.
18Chi procede con rettitudine sarà salvato,
chi va per vie tortuose cadrà ad un tratto.
19Chi lavora la sua terra si sazierà di pane,
chi insegue chimere si sazierà di miseria.
20L'uomo leale sarà colmo di benedizioni,
chi si arricchisce in fretta non sarà esente da colpa.
21Non è bene essere parziali,
per un pezzo di pane si pecca.
22L'uomo dall'occhio cupido è impaziente di arricchire
e non pensa che gli piomberà addosso la miseria.
23Chi corregge un altro troverà in fine più favore
di chi ha una lingua adulatrice.
24Chi deruba il padre o la madre e dice: "Non è peccato",
è compagno dell'assassino.
25L'uomo avido suscita litigi,
ma chi confida nel Signore avrà successo.
26Chi confida nel suo senno è uno stolto,
chi si comporta con saggezza sarà salvato.
27Per chi dà al povero non c'è indigenza,
ma chi chiude gli occhi avrà grandi maledizioni.
28Se prevalgono gli empi, tutti si nascondono,
se essi periscono, sono potenti i giusti.
Salmi 33
1Esultate, giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.
2Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate.
3Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.
4Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
6Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.
8Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.
10Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
11Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.
12Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.
13Il Signore guarda dal cielo,
egli vede tutti gli uomini.
14Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
15lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere.
16Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.
17Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.
18Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
19per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
20L'anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
22Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.
Geremia 52
1Sedecìa aveva ventun'anni quando divenne re e regnò undici anni a Gerusalemme; sua madre si chiamava Camitàl figlia di Geremia ed era di Libna.2Egli fece ciò che dispiace al Signore, proprio come aveva fatto Ioiakìm.
3Ma, a causa dell'ira del Signore, in Gerusalemme e in Giuda le cose arrivarono a tal punto che il Signore li scacciò dalla sua presenza. Sedecìa si era ribellato al re di Babilonia.
4Allora nel decimo mese dell'anno nono del suo regno, il dieci del mese, venne Nabucodònosor re di Babilonia con tutto l'esercito contro Gerusalemme. Costoro si accamparono intorno ad essa e costruirono attorno opere d'assedio.5La città rimase assediata fino all'undecimo anno del re Sedecìa.
6Nel quarto mese, il nove del mese, mentre la fame dominava nella città e non c'era più pane per la popolazione,7fu aperta una breccia nella città. Allora tutti i soldati fuggirono, uscendo dalla città di notte per la via della porta fra le due mura, che era presso il giardino del re e, mentre i Caldei erano intorno alla città, presero la via dell'Araba.
8Le truppe dei Caldei però inseguirono il re e raggiunsero Sedecìa nelle steppe di Gèrico; allora tutto il suo esercito lo abbandonò e si disperse.9Il re fu catturato e condotto a Ribla nel paese di Amat presso il re di Babilonia che pronunziò la sentenza contro di lui.10Il re di Babilonia fece sgozzare i figli di Sedecìa sotto i suoi occhi e fece sgozzare anche tutti i capi di Giuda in Ribla;11cavò gli occhi a Sedecìa e lo fece legare con catene e condurre a Babilonia, dove lo tenne in carcere fino alla sua morte.
12Nel quinto mese, il dieci del mese, essendo l'anno decimonono del regno di Nabucodònosor re di Babilonia, Nabuzaradàn, capo delle guardie, che prestava servizio alla presenza del re di Babilonia, entrò a Gerusalemme.13Egli incendiò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme, diede alle fiamme anche tutte le case dei nobili.14Tutto l'esercito dei Caldei, che era con il capo delle guardie, demolì tutte le mura intorno a Gerusalemme.
15Il resto del popolo che era stato lasciato in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e quanti eran rimasti degli artigiani, Nabuzaradàn, capo delle guardie, li deportò:16dei più poveri del paese Nabuzaradàn, capo delle guardie ne lasciò una parte come vignaioli e come campagnoli.17I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nel tempio, le basi a ruote e il mare di bronzo che era nel tempio e ne portarono tutto il bronzo in Babilonia.18Essi presero ancora le caldaie, le palette, i coltelli, i bacini per l'aspersione, le coppe e tutti gli arredi di bronzo che servivano al culto.19Il capo delle guardie prese ancora i bicchieri, i bracieri, i bacini, le caldaie, i candelabri, le coppe e i calici, quanto era d'oro e d'argento.20Quanto alle due colonne, all'unico mare, ai dodici buoi di bronzo che erano sotto di esso e alle basi a ruote, cose che aveva fatto il re Salomone per il tempio del Signore, non si poteva calcolare quale fosse il peso del bronzo di tutti questi arredi.21Delle colonne poi una sola era alta diciotto cubiti e ci voleva un filo di dodici cùbiti per misurarne la circonferenza; il suo spessore era di quattro dita, essendo vuota nell'interno.22Su di essa c'era un capitello di bronzo e l'altezza di un capitello era di cinque cùbiti; tutto intorno al capitello c'erano un reticolato per lato e melagrane, il tutto di bronzo; così era anche l'altra colonna.23Le melagrane erano novantasei; tutte le melagrane intorno al reticolato ammontavano a cento.
24Il capo delle guardie fece prigioniero Seraià, sacerdote capo, e il secondo sacerdote Sofonia insieme con tre custodi della soglia.25Dalla città egli fece prigionieri un funzionario, che era a capo dei soldati, e sette uomini fra i più familiari del re, i quali furono trovati in città, e l'aiutante del capo dell'esercito che arruolava la gente del paese, e sessanta uomini della gente del paese, che furono trovati nella città.26Nabuzaradàn, capo delle guardie, li prese e li condusse presso il re di Babilonia, a Ribla.27Il re di Babilonia li fece percuotere e uccidere a Ribla, nel paese di Amat. Così fu deportato Giuda dal suo paese.
28Questa è la gente che Nabucodònosor deportò: nell'anno settimo tremilaventitré Giudei;29nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor furono deportati da Gerusalemme ottocentotrentadue persone;30nell'anno ventitreesimo di Nabucodònosor, Nabuzaradàn capo delle guardie deportò settecentoquarantacinque Giudei: in tutto quattromilaseicento persone.
31Ora, nell'anno trentasettesimo della deportazione di Ioiachìn re di Giuda, nel decimosecondo mese, il venticinque del mese, Evil-Merodàch re di Babilonia, nell'anno della sua ascesa al regno, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo fece uscire dalla prigione.32Gli parlò con benevolenza e pose il seggio di lui al di sopra dei seggi dei re che si trovavano con lui a Babilonia.33Gli cambiò le vesti da prigioniero e Ioiachìn mangiò sempre il cibo alla presenza di lui per tutti i giorni della sua vita.34Il suo sostentamento, come sostentamento abituale, gli era fornito dal re di Babilonia ogni giorno, fino al giorno della sua morte, per tutto il tempo della sua vita.
Lettera ai Colossesi 2
1Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti coloro che non mi hanno mai visto di persona,2perché i loro cuori vengano consolati e così, strettamente congiunti nell'amore, essi acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo,3nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza.4Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti,5perché, anche se sono lontano con il corpo, sono tra voi con lo spirito e gioisco al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo.
6Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto,7ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie.8Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
9È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,10e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà.11In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo.12Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.13Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati,14annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce;15avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo.
16Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati:17tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo!18Nessuno v'impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale,19senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio.
20Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché lasciarvi imporre, come se viveste ancora nel mondo, dei precetti quali21"Non prendere, non gustare, non toccare"?22Tutte cose destinate a scomparire con l'uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini!23Queste cose hanno una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo, ma in realtà non servono che per soddisfare la carne.
Capitolo IX: Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi, pregando per tutti
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione? Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio. Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.
2. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso. Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene! Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli. O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.
LETTERA 135: Volusiano espone ad Agostino le discussioni che si svolgono tra gl'intellettuali del suo circolo e gli propone alcune obiezioni relative alla religione cristiana.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta nel 411/412.
Volusiano espone ad Agostino le discussioni che si svolgono tra gl'intellettuali del suo circolo (n. 1) e gli propone alcune obiezioni relative alla religione cristiana (n. 2).
VOLUSIANO AD AGOSTINO VESCOVO, SIGNORE VERAMENTE SANTO E PADRE MERITAMENTE VENERABILE
Le discussioni del circolo di Volusiano.
1. Tu che sei esempio di probità e di giustizia, m'inviti ad interrogarti su alcuni passi ambigui della S. Scrittura per impararli per bene. Accetto il compito cortesemente impostomi e volentieri mi metto alla tua scuola, seguendo l'autorità di un'antica massima che nessuna età è sufficiente per imparare a fondo 1. Bene a ragione quel sapiente non fissò limiti o termine alcuno agli studi della saggezza dal momento che la virtù, lontana dalle sue scaturigini, a coloro che le si accostano non si rivela mai così apertamente da apparire subito del tutto chiara. Mette conto, o mio signore veramente santo e padre meritamente venerando, ragguagliarti della conversazione che si svolse tra noi ultimamente. Eravamo parecchi amici riuniti e ognuno diceva la sua, secondo il proprio ingegno e le proprie tendenze. Il tema della discussione era la distribuzione della materia nel discorso. Parlo con uno che se n'intende, poiché una volta tu hai insegnato anche questa disciplina. Si proponevano e si esponevano i seguenti argomenti: in che cosa consista la forza dell'invenzione, quanta fatica esiga la disposizione, quanta forza di spirito richieda, qual attrattiva abbia la traslazione, qual bellezza le similitudini e inoltre quale sia lo stile oratorio appropriato del carattere e alla natura del soggetto. Alcuni erano a loro volta fautori dell'arte poetica e la innalzavano al cielo. Per te non resta muta o ignorata neppure questa parte dell'eloquenza, sicché giustamente il poeta cantò che: tra i lauri della vittoria serpeggia in tuo onore l'edera 2. Si diceva dunque: quanto grande ornamento fosse la sapiente distribuzione delle parti nel discorso, quale la bellezza delle metafore, quanta la sublimità della comparazione; inoltre si parlava dei versi agili e scorrevoli e, per così dire, della varietà armoniosa delle cesure. Il discorso venne poi a cadere sulla filosofia a te familiare, che proprio tu eri solito coltivare alla maniera d'Aristotele e di Isocrate. Ci chiedevamo inoltre qual beneficio avesse arrecato il maestro del Liceo, l'ambigua e continua esitazione nel dubbio dell'Accademia, il famoso dialettico del Portico, la scienza dei Fisici, il piacere degli Epicurei, la smania delle dispute senza fine di tutte le sette tra loro, e che la verità fu maggiormente ignorata da quando si ebbe la presunzione che la si potesse conoscere.
Alcune obiezioni alla religione cristiana.
2. Mentre la nostra conversazione si prolungava in argomenti, uno fra i tanti uscì a dire: " Chi è istruito nella dottrina cristiana tanto perfettamente da potermi spiegare alcuni punti oscuri in cui mi trovo impigliato e da poter rinsaldare le mie vaghe e incerte opinioni con ragioni di fede vere o verisimili? ". Restammo stupiti e in silenzio. Egli allora proruppe spontaneamente in queste obiezioni: " Mi sembra strano che il Signore e reggitore del mondo abbia riempito il seno d'una donna intemerata; che la madre abbia sopportato le lunghe noie di dieci mesi 3; che, benché vergine, lo abbia dato alla luce nel modo ordinario di partorire e che in seguito a ciò la sua verginità sia rimasta intatta ". A queste soggiunse altre obiezioni: " (Come mai) nel corpicciuolo d'un bimbo che vagisce si nasconde Colui che l'universo a mala pena potrebbe contenere? Come mai in questo corpicciuolo egli soffre gli anni della puerizia, si fa adulto, si fa maturo nella giovinezza? Tanto a lungo rimane lontano dal suo regno il re (dell'universo) e il governo di tutto il mondo è rivolto a un solo corpicciuolo? In seguito si abbandona al sonno, si alimenta di cibo, prova tutti i sentimenti dei mortali, senza che da alcun segno adatto a provarla appaiano indizi lampanti d'una maestà così grande? Poiché i demoni scacciati dagli invasati, gl'infermi guariti, i morti risuscitati, se si pensa che sono opere compiute anche da altri taumaturghi, son tutte piccole cose per un Dio". Lo interrompemmo mentre voleva continuare a porre altre obiezioni e, sciolta l'adunanza, rimandammo le questioni alla competenza di uno più esperto, per evitare che, mentre si profanavano troppo imprudentemente dei misteri, un errore ancora innocente degenerasse in una colpa. Eccoti, o uomo meritevole di ogni gloria, la confessione della nostra ignoranza; ora sai bene cosa ci si atttende da parte tua. Importa alla tua reputazione che noi conosciamo la tua risposta in merito ai nostri quesiti. Negli altri sacerdoti si tollera comunque l'ignoranza di questi problemi, senza che ne soffra il culto divino, ma quando si viene al sacerdote Agostino, (si può credere che) non è normale che si possa ignorare qualsiasi questione capiti. Il sommo Dio protegga incolume la tua venerabilità, o uomo veramente santo e padre giustamente venerando.
1 - PLAUT., Trucul., 22.
2 - VERG., Ecl. 8, 13.
3 - Cf. VERG., Ecl. 4, 61.
6 - La visita di Maria santissima ai luoghi sacri.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca480. È a gloria della beatissima Madre se la capacità umana non arriva mai a spiegare la pienezza di perfezione di tutte le sue opere; difatti, restiamo sempre vinti dalla grandezza di ogni sua virtù, per piccola che fosse dal punto di vista materiale in cui venne adempiuta. Da parte nostra, comunque, non cesseremo di provarci, ma non con uno sforzo presuntuoso rivolto a misurare l'oceano della grazia, bensì con un approfondimento umile, diretto a magnificare in lei il Creatore e a scoprire sempre maggiori cose per poterle mirabilmente imitare. Io mi reputerò assai fortunata se giungerò a far recepire ai figli della Chiesa - rivelando i favori che Dio elargì alla Vergine - qualcosa di quanto non riesco a far capire con termini propri e adeguati, che non trovo, anche se farò il possibile, da rozza, balbuziente e senza spirito quale sono. Straordinari sono gli eventi che mi sono stati palesati per scrivere questo capitolo e i seguenti, in cui esporrò solo quanto potrò: appena un accenno di quello che la fede e la pietà cristiana faranno meglio comprendere.
481. Dopo aver espletato l'obbedienza a san Pietro, Maria ritenne conveniente assecondare la sua devozione, visitando i luoghi santi del nostro riscatto. Distribuiva tutte le sue azioni senza tralasciarne alcuna e dando prudentemente il proprio spazio a ciascuna, affinché non mancassero le circostanze necessarie perché fossero praticate in maniera eminente. Con questa sapienza prima compiva quello che era più importante e prioritario e dopo quello che sembrava da meno, ma sempre con tutto lo zelo inerente all'esercizio di ogni cosa. Uscì dal cenacolo accompagnata dagli angeli e seguita da Lucifero e dalle sue legioni, che continuavano a muoverle guerra. I ministri infernali si presentavano terribili sotto l'aspetto di figure così minacciose come le suggestioni che suscitavano; tuttavia, non appena ella giungeva a venerare uno dei posti, costoro restavano lontano, sia perché trattenuti dal potere divino, sia perché sentivano venir meno il loro vigore, indebolito dalla forza che Gesù aveva comunicato a quei territori con i misteri della sua morte e resurrezione. Satana si sforzava ostinatamente di avvicinarsi, animato dalla temerarietà della sua stessa superbia e dal permesso che aveva di perseguitare e tentare la nostra sovrana: desiderava allora - se ne avesse avuto l'opportunità - riportare su di lei qualche trionfo proprio là dove egli era stato vinto, o almeno impedirle di esternare una simile riverenza.
482. L 'Altissimo dispose di muoversi contro i diavoli per mezzo della Regina, in modo che fossero debellati e decapitati dalla spada di quegli stessi atti che esigevano da lei. E così avvenne: l'ossequio con cui ella adorò il nostro Maestro e rinnovò la memoria e la riconoscenza della redenzione li spaventò talmente da non poterla tollerare. Sentirono contro di loro una potenza invincibile, proveniente dalla Signora, che li tormentava costringendoli a starle lontani, ed emettendo terrificanti ruggiti uditi solo da lei dicevano: «Fuggiamo dalla nostra avversaria che ci confonde tanto e ci opprime con la sua santità. Noi pretendiamo di cancellare il ricordo e il culto di questi posti, che segnarono la salvezza degli uomini e la nostra disfatta. Questa semplice creatura impedisce i nostri intenti e ripristina la vittoria che suo Figlio riportò su di noi dalla croce».
483. La Principessa girò per tutti i luoghi sacri scortata dagli spiriti superni. Arrivata alla fine al monte degli Ulivi, mentre era assorta dove era avvenuta l'ascensione, sua Maestà scese dall'empireo con ineffabile bellezza e circonfuso di gloria per visitarla e confortarla. Le si manifestò con affetto e tenerezza filiali, con le qualità proprie della sua divinità e, con particolari benefici, la elevò al di sopra dell'esistenza terrena tanto che per molto tempo fu astratta da ogni cosa visibile. Ella non tralasciò le opere esteriori, ma rispetto alle altre volte le fu necessaria una maggiore energia per attendervi, perché restò tutta spiritualizzata e trasfigurata. Fu informata dallo stesso Signore che quei doni erano solo una parte del premio della sua umiltà e dell'obbedienza prestata a Pietro e anteposta non solo alla propria devozione, ma anche a tutti gli altri interessi. Cristo, inoltre, le confermò che l'avrebbe assistita nella battaglia contro i demoni, e per realizzare questa promessa dispose che essi riconoscessero in lei un'autorità nuova e sublime.
484. La candidissima colomba ritornò al cenacolo e i principi del male ricominciarono a perseguitarla con le loro lusinghe, sperimentando, però, lo stesso effetto che subisce un pallone quando, lanciato in aria con impeto, va a sbattere contro un muro di bronzo; e come accade a tale oggetto che, rimbalzando, ritorna con somma celerità al punto da cui era stato tirato, così avvenne a questi presuntuosi nemici, i quali, dinanzi a Maria, retrocedettero con un furore contro se stessi quasi più violento di quello che nutrivano contro di lei. Moltiplicando urla e dispettosi lamenti, e facendo forzatamente numerose confessioni, dichiaravano: «Oh, infelici noi alla vista della felicità del genere umano! A quale eccezionale dignità è stata innalzata una semplice creatura! Quanto ingrati e stolti saranno i discendenti di Adamo se non sapranno guadagnarsi i beni ricevuti attraverso di lei, che è il loro rimedio e la nostra distruzione! Grande si mostra il suo Unigenito nei suoi confronti, giacché ella non lo demerita. Per noi è un flagello crudele, poiché ci costringe ad affermare tali verità. Oh, se l'Eterno ci occultasse questa donna che aizza tanto la nostra invidia! E come potremo sconfiggerla, se la sua sola presenza è per noi insopportabile? Ma consoliamoci nel prevedere che i mortali perderanno tutto quello che ella ha conseguito per loro, disprezzandola stoltamente. Su di essi vendicheremo le nostre molestie e metteremo in atto il nostro sdegno; li riempiremo di illusioni e di peccati, perché se volgeranno l'attenzione a questo modello tutti ne beneficeranno e imiteranno le sue virtù. Tuttavia - soggiunse Lucifero -, ciò non basta per mio sollievo: io intuisco che Dio si lascerà obbligare da sua Madre molto più di quanto venga disobbligato dalle colpe di coloro che noi pervertiamo. E quand'anche non fosse così, la mia eccellenza sarebbe ugualmente afflitta nel constatare che la natura umana è tanto elevata in una persona fragile, quale è costei. Tale fastidio è intollerabile: ritorniamo a perseguitarla, animiamo la nostra gelosia e la nostra rabbia nell'affrontare l'acerbità della pena accostandoci a lei e, nonostante il tormento che subiamo, non si spenga la nostra superbia, perché in ogni caso sarà possibile schiacciarla qualche volta».
485. La beata Vergine conosceva e udiva tutte queste furiose minacce, e come sovrana perfetta le aborriva. Allora, senza mutare aspetto, si ritirò nella sua casa per meditare con la sua eccelsa prudenza gli arcani superni in quel duello con il dragone, e le difficili questioni nelle quali la Chiesa si trovava impegnata riguardo al decreto della fine della circoncisione ed agli antichi precetti. Per tali motivi si angustiò per alcuni giorni, rimanendo sempre in raccoglimento con suppliche, gemiti e prostrazioni e, per quanto le spettava, chiedeva all'Onnipotente di stendere la sua destra contro satana e di concederle la vittoria. Benché sapesse di avere dalla sua parte l'Altissimo, che non l'avrebbe lasciata soccombere nelle tribolazioni, non interrompeva mai la preghiera, ed anzi agiva come se fosse stata la più debole di tutti, per insegnare a noi ciò che dobbiamo fare in tempo di tentazione, a noi che siamo tanto soggetti a cadere e ad essere soffocati. Domandò anche per la comunità ecclesiale la conferma della nuova legge, pura, monda, senza ruga e libera dalle vecchie prescrizioni.
486. La Signora fece questa implorazione con ardentissimo fervore, perché sapeva bene che il serpente e tutto l'inferno pretendevano, per mezzo dei giudei, di conservare la circoncisione assieme al battesimo e i riti di Mosè con la dottrina del Vangelo, e così, tratti da questo inganno, molti avrebbero perseverato nella primitiva osservanza per i secoli futuri. Uno dei tanti trionfi da lei riportati sul demonio fu quello che, dal concilio di cui ora parlerò, si incominciasse a proibire la circoncisione, e in avvenire restasse sempre separato il grano puro della verità evangelica dalla paglia e dalle spighe secche e senza frutto delle tradizioni mosaiche, come del resto viene fatto oggi. La Maestra disponeva tutto questo con i suoi meriti e le sue orazioni, mentre sapeva che Paolo e Barnaba partiti da Antiochia stavano per arrivare a Gerusalemme, inviati dai fedeli per risolvere con Pietro e gli altri tali problemi, come racconta san Luca nel capitolo quindicesimo degli Atti.
487. I due apostoli giunsero nella città santa e, certi che già vi si trovava sua Altezza, si incamminarono immediatamente verso la casa dove ella risiedeva; quindi, le si inginocchiarono dinanzi con abbondanti lacrime per la gioia di vederla. D'altra parte la felicità della Principessa di fronte ad essi non fu minore, poiché li amava nel Signore con affetto speciale a motivo delle loro fatiche, sostenute per l'esaltazione del nome dell'Eterno e la predicazione della buona novella. La più umile degli umili desiderava che prima fossero presentati al vicario di Cristo e agli altri e infine a lei, ma essi seppero ben ordinare la carità e la venerazione, ritenendo che nessuno dovesse essere anteposto a colei che era Madre di Dio, regina dell'universo e principio di ogni nostro bene. Ella si stese anche ai piedi dei due discepoli, baciando loro la mano e chiedendo la benedizione. San Paolo in questa occasione ebbe un meraviglioso rapimento estatico, in cui gli furono rivelati altri misteri sulla mistica città di Dio, Maria beatissima, che scorse tutta rivestita della luce della stessa Divinità.
488. Con tale visione rimase colmo di stupore e di incomparabile amore verso di lei e, rientrando ancor più in se stesso, le disse: «Sovrana di ogni pietà e clemenza, perdonate questo uomo peccatore e vile che ha perseguitato l'Autore della vita e i credenti». Ella rispose: «O servo dell'Altissimo, se colui che vi ha creato e redento vi ha chiamato alla sua amicizia, e vi ha reso strumento eletto, come non deve perdonarvi questa sua schiava? L'anima mia lo magnifica ed esalta, perché in voi volle manifestarsi tanto potente, santo e misericordioso». Egli le rese grazie per il beneficio della sua conversione e per i favori che gli aveva fatto dispensare, preservandolo da tanti pericoli. Anche Barnaba fece lo stesso e poi entrambi la supplicarono di custodirli e difenderli. La Vergine acconsentì e promise tutto.
489. San Pietro, come guida della Chiesa, convocò gli apostoli e i discepoli che erano nelle vicinanze di Gerusalemme e li riunì con gli altri al cospetto della Signora del mondo, posponendo a tal fine la sua autorità, affinché ella non si ritirasse dall'adunanza per la sua profonda umiltà. Quindi, parlò loro: «Fratelli e figli miei in Gesù, è stato necessario incontrarci per risolvere i dubbi e le questioni di cui Paolo e Barnaba ci hanno informato, ed altre cose che riguardano la propagazione della fede. Prima di discutere su ciò conviene che ci ritiriamo in preghiera, per domandare l'assistenza dello Spirito Santo; persevereremo in essa per dieci giorni, secondo la nostra usanza. All'inizio e alla fine celebreremo la Messa per disporre i nostri cuori ad essere illuminati». Questa decisione venne approvata unanimemente e, perché tutto fosse pronto il giorno successivo, la candidissima colomba pulì ed adornò decorosamente con le sue mani la sala e preparò il necessario per accostarsi all'eucaristia. Presiedette sempre il capo del collegio apostolico, osservando in tali circostanze gli stessi riti e le stesse tradizioni che aveva precedentemente rispettato.
490. La nostra Maestra, che era solita occupare l'ultimo posto, ricevette la comunione dopo gli altri. Durante quel periodo tutti videro il cenacolo, in cui erano discesi tanti angeli, riempirsi di mirabile splendore e fragranza, con molti effetti trasmessi dall'Onnipotente agli astanti. Furono poi stabilite le ore da dedicare all'orazione, senza mancare al ministero delle anime, per ritornare poi subito in raccoglimento. In quei giorni la Principessa si recò da sola in un luogo in cui si trattenne senza muoversi né mangiare né conversare con alcuno. Durante questo arco di tempo ci furono degli eventi così prodigiosi e misteriosi da suscitare negli spiriti celesti una nuova ammirazione, ed in me uno stupore ineffabile per quanto su di essi mi era stato palesato: esporrò brevemente qualcosa, perché tutto non sarà possibile. La Madre dopo essersi comunicata si appartò, ma immediatamente, per ordine superno, fu sollevata dai suoi custodi nelle altezze in anima e corpo, mentre uno di essi restò in sua vece con le sue sembianze, affinché gli apostoli non si accorgessero della sua assenza. Fu trasportata con maggior maestà di quella riferita in altre occasioni, per l'intento che il Signore aveva nel disporre questa meraviglia. Quando giunse nell'area più distante dalla terra, l'Eterno comandò a Lucifero di venire dall'inferno con le sue malvagie schiere. In quel momento comparvero tutti ed ella poté riconoscerli nel loro vero stato: erano tanto ripugnanti che la loro vista avrebbe suscitato in lei un'immensa pena, se non fosse stata armata della forza divina perché non provasse disgusto di fronte a quegli esseri così esecrabili e brutti. Ciò, invece, non avvenne ad essi poiché fu fatta loro comprendere, in modo del tutto speciale e con particolari raffigurazioni, la grandezza e la superiorità che aveva colei che perseguitavano come nemica, perché si rendessero conto che era stata temeraria pazzia tutto quello che contro di lei avevano preteso ed intentato. Inoltre, intesero per maggior loro terrore che ella possedeva nel suo petto Cristo sacramentato ed era tenuta sotto la protezione dell'Onnipotente, affinché con la partecipazione delle sue virtù li umiliasse e li schiacciasse facendoli svanire.
491. I diavoli sentirono anche una voce che usciva dall'essere supremo: «Con lo scudo della mia invincibile destra difenderò sempre la comunità ecclesiale. Questa donna schiaccerà il capo al serpente e trionferà sulla sua antica superbia, a gloria del mio santo nome». Essi capirono ed ascoltarono ciò assieme ad altri arcani concernenti
la Vergine , mentre la rimiravano a loro dispetto. E, disperati, sperimentarono un dolore ed un annientamento tali da indurli a gridare: «L'Altissimo ci scagli subito nelle nostre caverne e non ci tenga più dinanzi questa creatura che ci strazia più del fuoco. O donna forte ed imbattibile, allontanati tu, dal momento che noi non possiamo fuggire dalla tua presenza, a cui ci tiene legati la catena dell'infinita potenza. Per qual motivo ci torturi ancor prima del tempo? Tu sola nella natura umana sei strumento del sommo sovrano contro di noi e per tuo mezzo gli uomini possono acquistare i beni imperituri che noi perdemmo. E quand'anche essi non attendessero alla contemplazione beatifica, la sola tua vista, per noi castigo e tormento perché ti aborriamo, per loro sarebbe premio per le opere buone che devono al Redentore. Lasciateci andare, ormai, Dio, fate che abbia fine questo atroce supplizio, con il quale rinnovate quello che ci infliggeste precipitandoci dal cielo; eseguite, con il vostro insuperabile braccio, quanto allora minacciaste di compiere».
492. Trattenuti a lungo davanti all'invincibile Regina, prorompevano in questi ed in altri lamentevoli trasporti di rabbia e, pur facendo degli sforzi immani per ritirarsi, ciò non fu concesso così presto come il loro furore bramava. Ma il Signore, per far sì che lo sgomento destato da Maria restasse più impresso, dispose che fosse lei con la sua autorità a concedere agli avversari il permesso di scappare; come difatti accadde. In quell'istante, i principi delle tenebre si gettarono dal luogo in cui erano stati chiamati ad accorrere nel profondo dell'abisso, con tutta la velocità posseduta dalle loro facoltà. Emettendo allora spaventevoli urla, turbarono i dannati con nuove pene, confessando dinanzi a loro il potere del Salvatore e di colei che lo aveva generato, benché lo conoscessero e soffrissero in modo violento per non poterlo negare. Con tale trionfo la serenissima Imperatrice proseguì il suo cammino fino a quando giunse all'empireo: qui, accolta con straordinario giubilo dai suoi cortigiani, dimorò per ventiquattro ore.
493. Ella si prostrò al cospetto della santissima Trinità, che adorò nell'unità di una indivisibile natura e magnificenza. Quindi, pregò perché i Dodici intendessero e determinassero ciò che era conveniente per stabilire la legge evangelica e porre termine a quella di Mosè. Mentre elevava queste suppliche udì una voce, con la quale le tre divine Persone, singolarmente e secondo il proprio ordine, le promettevano di assistere gli apostoli e i discepoli nel dichiarare e confermare la verità della dottrina cristiana: il Padre li avrebbe governati con la sua onnipotenza, il Figlio, come capo, con la sua sapienza, e lo Spirito Santo, come sposo, con il suo amore e i suoi doni. La Madre vide che l'umanità del Verbo approvava le sue orazioni e la sua intercessione, le presentava all'Eterno e ne chiedeva l'esecuzione, proponendo le ragioni per le quali avrebbero dovuto essere esaudite, affinché i nuovi precetti si radicassero nel mondo conformemente al suo volere.
494. E subito, in risposta all'intervento del suo Unigenito, la Regina notò che dall'essere immutabile di Dio usciva una figura a forma di tempio così puro, bello e splendente da sembrare edificato con diamante o lucidissimo cristallo, e adorno di molti smalti e rilievi che lo rendevano più leggiadro e prezioso. Gli angeli e i beati dinanzi ad esso rimasero strabiliati ed esclamarono: «Santo, santo, santo, e potente siete, o Signore, nelle vostre opere». La Trinità lo consegnò a Gesù, che lo unì a sé in un modo tanto mirabile da non poterlo esprimere con termini appropriati. Egli lo rimise poi nelle mani della Principessa, la quale, nel medesimo istante, venne circonfusa e sommersa di splendore e contemplò la Divinità intuitivamente e chiaramente.
495. La Vergine stette in questo godimento estatico per molte ore, realmente introdotta dal supremo Re nella cella dell'aromatico vino, di cui parla il Cantico dei cantici. E poiché ciò che ricevette e quanto le successe in quest'occasione trascende ogni pensiero ed ogni comprensione umana, mi è sufficiente dire che fu rafforzata in lei la carità, perché la mettesse nuovamente in pratica nella Chiesa, affidatale proprio sotto il vessillo di quella virtù. Ricolma di tutti questi benefici, fu riaccompagnata dai ministri superni al cenacolo, tenendo sempre nelle sue mani il misterioso tempio donatole da sua Maestà. Per tutti i nove giorni seguenti rimase in raccoglimento, senza muoversi né interrompere gli atti nei quali l'aveva lasciata la visione: atti inconcepibili ed indicibili per le facoltà umane. Tra le tante altre cose che compì, distribuì i tesori della redenzione ai cristiani di quel tempo, iniziando dai Dodici, e riservandoli per il futuro anche ai diversi giusti e santi, secondo gli occulti segreti dell'eterna predestinazione; difatti, le fu ordinato di eseguire i decreti celesti e le furono dati a tal fine il dominio sulla comunità ecclesiale e la facoltà di dispensare la grazia che dal riscatto in poi si sarebbe riversata su ciascuno. Io non riesco ad accostarmi in miglior modo ad un arcano così sublime ed insondabile per poterlo e farlo maggiormente capire.
496. Al termine dei dieci giorni, san Pietro celebrò l'altra Messa in cui le stesse persone della prima si comunicarono. Quindi, stando tutti riuniti nel nome del Signore,
invocarono il Paraclito ed incominciarono a conferire sui loro dubbi. All'inizio parlò il vicario di Cristo, seguito da Paolo e Barnaba e dopo da Giacomo il Minore, come si dichiara nel capitolo quindicesimo degli Atti. Fu subito approvato di non imporre ai credenti la gravosa tradizione della circoncisione, né la legge mosaica, rilevando come la salvezza fosse già concessa per mezzo del battesimo e della fede nel Messia. E benché ciò sia quanto riferisce principalmente l'Evangelista, si stabilirono anche altre questioni, riguardanti il governo e i riti liturgici, in maniera da disciplinare i diversi abusi che alcuni, con indiscreta devozione, andavano introducendo. Tale concilio viene reputato il primo, nonostante gli apostoli si fossero già radunati per stilare il "Credo" e risolvere altri problemi. Questa volta, però, oltre ai Dodici vi parteciparono anche i discepoli; inoltre, le cerimonie per deliberare furono differenti e in forma propria di determinazione, come si può notare da quanto riporta Luca: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi congregati in uno...».
497. I vari provvedimenti presi vennero comunicati ai fedeli di Gerusalemme e di Antiochia, Siria e Cilicia tramite lettere inviate per mano di Paolo, Barnaba e altri. L'Onnipotente, in segno di assenso, fece sì che nel cenacolo in quel momento - e in Antiochia quando furono lette le epistole - scendesse il Consolatore in forma di fuoco visibile: tutti restarono così confortati e confermati nella verità cattolica. Maria rese grazie all'Altissimo per i favori elargiti alla Chiesa e immediatamente accomiatò tutti gli astanti; per consolazione, diede loro una parte delle reliquie degli abiti che Gesù aveva indossato durante la passione e, promettendo la sua protezione e le sue preghiere, li inviò ripieni di sollievo, vigore e nuovo giubilo in modo che fossero capaci di sostenere le pene da cui erano sovrastati. In quei giorni satana e i suoi non poterono avvicinarsi al cenacolo, per il timore che la Principessa aveva suscitato in essi, e benché da lontano cercassero di ordire insidie, non riuscirono ad eseguire niente contro i convocati. Oh, felice secolo! Oh, fortunata assemblea!
498. Frattanto, Lucifero girava sempre attorno alla Regina e ruggiva contro di lei come un leone; constatando, comunque, che da se stesso non otteneva nulla, cercò alcune donne, maghe in quella città, con le quali aveva sancito una dichiarata alleanza e le persuase a togliere la vita alla Vergine per via di malefici. Esse, irretite, provarono ad effettuare per diverse strade le loro stregonerie, ma contro di lei non poterono fare niente: ogni volta che le si accostavano rimanevano mute e tramortite. Tra l'altro la soavissima colomba si mosse talmente a pietà da frenarle e disingannarle con dolci ed amabili parole, concedendo loro grandi benefici; di queste quattro, però, solo una si convertì e fu battezzata. Vedendo cadere tutti questi tentativi, l'astuto dragone rimase turbato e confuso, e si sarebbe ritirato dal perseguitare ulteriormente la Regina , se non fosse stato spronato dalla sua irreparabile superbia. Dio permetteva tutto ciò affinché i trionfi di sua Madre fossero più gloriosi, come racconteremo in seguito.
Insegnamento della Regina del cielo
499. Carissima, nella costanza e nella fortezza con le quali superai la dura ostinazione dei diavoli hai un sublime esempio per proseguire sulla retta via ed acquistare molte corone. La natura dell'uomo e quella degli angeli - benché sia anche presente nei demoni - hanno proprietà opposte e diverse; difatti, mentre la condizione spirituale non conosce stanchezza, quella dei mortali è fragile e tanto soggetta alla fatica che subito viene meno nell'operare e, appena incontra qualche difficoltà nell'esercizio delle virtù, si abbatte tornando indietro in quanto ha incominciato. E così quello che un giorno fa con zelo, un altro lo trova noioso; una cosa che oggi le sembra facile, domani le appare difficoltosa; ora vuole, ora non vuole; ora è fervorosa, ora tiepida. Il serpente non si dà mai per vinto nell'opprimerla e tentarla, e tuttavia la Provvidenza non è mai completamente assente, perché in ogni caso pone dei limiti ai principi delle tenebre, frenandoli con la sua potenza affinché non oltrepassino la linea del divino permesso, né mettano in atto tutte le loro inesauribili forze nel tormentare le anime. D'altra parte il Padre celeste aiuta i suoi figli nella loro debolezza, dando la grazia per resistere ai nemici e abbatterli.
500. Resta pertanto imperdonabile l'incostanza di coloro che vengono meno nelle virtù e cedono alle seduzioni per non sopportare, con tenacia e pazienza, la poca amarezza che ci può essere nel compiere il bene e far fronte al male. In tali casi, si passa in fretta all'inclinazione delle passioni, che portano a bramare ardentemente il piacere presente e sensibile. Lucifero, nella sua diabolica astuzia, rappresenta a queste povere creature le delizie terrene con grande gagliardia e con uguale prontezza pone dinanzi ad esse la considerazione dell'acerbità della mortificazione, mostrandola dannosa alla salvezza ed alla vita. Egli riesce così a rovinare innumerevoli persone, traendole in inganno fino a precipitarle da un abisso all'altro. Con quanto ti ho detto, sarà facile per te ravvisare lo sbaglio abominevole agli occhi miei e del Signore commesso frequentemente dagli amanti del mondo, che non sono capaci di rimanere saldi e perseveranti nel servizio dell'Altissimo, e di agire con bontà o fare penitenza dei loro errori. E questi stessi poi che nel bene sono vulnerabili, nel peccare sono invece forti e nel servizio dell'avversario costanti: tale schiavitù li conduce ad intraprendere e ad eseguire azioni più ardue e impegnative di quante ne prescriva la legge superna. Per salvarsi sono senza vigore, ma per procurarsi la dannazione eterna sono robusti.
501. Una simile disgrazia suole toccare quei religiosi che iniziano a prestare orecchio ai loro patimenti più del necessario, finendo per attardarsi nella via della perfezione o per soccombere alle lusinghe di satana. Ed affinché tu non incorra in sì gravi pericoli, ti servirà tenere presenti la fortezza e la costanza che opposi al maligno e avere sempre innanzi agli occhi la superiorità con la quale disprezzai le sue false suggestioni, senza turbarmi e lasciarmi confondere, giacché questo è il miglior modo per sconfiggere la sua arrogante superbia. Neppure a causa delle sue insidie fui mai tiepida né tralasciai per un solo istante i miei pii esercizi, anzi li accrebbi moltiplicando le suppliche, le preghiere e le lacrime, come si deve fare nelle battaglie contro nemici così maliziosi. Ti avviso, dunque, di attuare ogni cosa con la massima diligenza, perché le trame da lui ordite contro di te non sono ordinarie, ma tessute con somma astuzia, come molte volte ti ho manifestato e l'esperienza ti insegna.
502. E poiché hai riflettuto a lungo sul terrore che invase i diavoli quando seppero che io tenevo in me il mio Unigenito sacramentato, ti voglio informare di due cose. La prima è che per distruggere l'inferno ed incutere paura in tutti i suoi abitanti sono armi efficaci i sacramenti, soprattutto la santa eucaristia. In realtà, mirando a tale misterioso fine, Cristo istituì questo regale segno ed anche gli altri, e se oggi gli uomini non ne avvertono gli effetti nell'accostarvisi, ciò succede perché, essendosi assuefatti, hanno perduto la maggior parte della responsabilità con cui li devono ricevere. Tuttavia, ti assicuro che, se si frequentano con la debita riverenza e devozione, si diventa straordinariamente resistenti ai demoni, acquistando su di loro un grande dominio, simile a quello che hai appreso e descritto su di me. La ragione di tutto ciò sta nel fatto che il fuoco divino dimora nell'anima pura come nella sua sfera naturale; difatti, in me rimase con tutta la vitalità possibile in una candida creatura ed è per tale motivo che fui tanto temuta negli antri oscuri.
503. La seconda cosa che ti rivelo a conferma di questa verità è che il beneficio di portare dentro di sé Gesù sacramentato non è stato concesso solo a me, perché Dio lo ha dispensato anche ad altri. Recentemente è avvenuto nella Chiesa che egli abbia posto innanzi al dragone, per vincerlo, un'anima con l'eucaristia nel petto. Costui allora è stato talmente umiliato e abbattuto da non azzardarsi ad avvicinarsi a lei per molti giorni, supplicando l'Onnipotente che non gli facesse più vedere quella figura. In un'altra occasione, servendosi di alcuni eretici e di altri malvagi cristiani, intentò un danno così grave contro il regno cattolico della Spagna che, se non fosse stato arrestato dall'Eterno, già al presente la terra si troverebbe in rovina ed in preda al potere dei suoi avversari. La divina clemenza per frenarlo si valse anche in questa circostanza della medesima persona della quale ti sto parlando, mostrandogliela dopo che si era comunicata: egli provò una paura tale da desistere per sempre dalla perfidia tramata. Non ti svelo chi sia questa creatura poiché non è indispensabile; ti ho consegnato questo segreto soltanto perché ti sia nota la stima di cui gode al cospetto del supremo sovrano chi si dispone ad accostarsi al corpo e al sangue di suo Figlio in modo virtuoso e decoroso. In verità, egli interviene nelle necessità dei credenti secondo i tempi e le situazioni, e non solo con me, per la mia dignità e santità di Madre, egli si dimostra liberale e potente, ma anche con le sue spose, dalle quali vuole essere riconosciuto e glorificato.
504. Da ciò comprenderai come gli spiriti maligni temano i fedeli che con purezza di cuore ricevono l'eucaristia e gli altri sacramenti, ed impiegano tutte le forze per schiac-
ciarli, impedendo loro di acquistare un'autorità grande quanto quella che può trasmettere il Signore. Datti da fare, dunque, contro nemici così infaticabili ed astuti e cerca di imitarmi nella virtù della fortezza. Desidero, ancor più, che tu abbia in profonda venerazione i concili della Chiesa e le sue assemblee, con quanto viene disposto e deliberato. Difatti, in ogni concilio c'è il sostegno dello Spirito Santo e in ogni assemblea il Redentore è presente, avendo promesso di essere in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome. E, benché non si scorgano segni visibili e tangibili dell'assistenza del Paraclito in tali adunanze, non per questo egli tralascia di governarle nascostamente, anche se oggi i prodigi e i miracoli non sono così necessari come nella comunità primitiva; ma quando ce n'è bisogno l'Altissimo non li nega. Per tutti i favori sopraddetti e specialmente per quelli che mi ha elargito durante il pellegrinaggio terreno, benedici e loda la sua sconfinata misericordia.
36-10 Maggio 19, 1938 La Divina Volontà forma la paralisi a tutti i mali, e l’umano volere paralizza i beni. Come amare è possedere. Come viene formato Dio nella creatura e la creatura in Dio. Timori sugli scritti.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Sono sempre nel mare del Voler Divino, il quale, come se mi volesse mettere in guardia di stare attenta, di non fare entrare in me il povero ed irrequieto volere umano. Io sono restata impensierita, ed il mio dolce Gesú, visitando la piccola anima mia mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, fatti coraggio, non temere, la Virtù, la Potenza della mia Divina Volontà è tanta, che come si entra in Essa per vivere, così restano paralizzati tutti i mali, paralizzate le passioni, i passi e le opere cattive, la volontà umana subisce tale sconfitta da sentirsi morire, ma senza morire; ma però comprende con suo grande contento, che mentre si sente paralizzare il male, si sente risorgere la vita del bene, la luce che mai si spegna, la forza che mai vien meno, l’amore che sempre ama; sorge in essa l’eroismo del sacrificio, la pazienza invitta, posso dire che la mia Volontà mette il basta ai mali della creatura, perché non vi è principio e vita di bene, se non che dalla mia Volontà. Ora, se il mio Fiat tiene il potere di paralizzare i mali, il volere umano, quando domina solo nella creatura, ogni bene resta paralizzato. Povero bene sotto la paralisi del volere umano, vuole camminare, e si trascina appena; vuole operare, e si sente cadere le braccia; vuole pensare il bene, e si sente intontito e come scimunito. Sicché la volontà umana senza della mia, è il principio di tutti i mali e la rovina totale della povera creatura”.
(3) Onde dopo, il mio amato Gesú ha soggiunto con un accento commovente:
(4) “Figlia mia, chi mi vuol possedere mi deve amare. Amare e possedere è lo stesso; come tu mi ami, così resto formato nell’anima tua, e come ritorni ad amarmi, così cresco, perché solo l’amore mi fa crescere, e come ripeti il tuo amore, così mi faccio conoscere per farmi amare di più. Sicché come tu mi ami, così mi faccio sentire quanto ti amo. Ora, come tu mi ami, Io amo te e ti posseggo, e come ci alterniamo nell’amarci, così resti formata in Me, cresci, ti alimento col mio Amore, ti formo nella Vita del mio Volere, ti inondo coi miei mari d’amore per farti sentire quanto ti amo, con quanta tenerezza ti cresco nel mio cuore, come ti tengo, geloso, custodita, affinché tu mi ami di più, e usi con Me quella stessa tenerezza che ti faccio Io, col tenermi custodito e con gelosia d’amore, la quale è tutt’occhio, tutta attenzione di darmi la sua vita in ogni istante per amarmi, per rendermi felice e contento nell’anima sua, come la rendo felice e contenta nel cuor mio. L’amore vuole andare di pari passo; se ama e non è amato, sente l’infelicità, l’amarezza di chi lo dovrebbe amare e non l’ama. Perciò amami sempre e se vuoi amarmi davvero, amami nel mio Volere, nel quale troverai l’amore che non cessa mai, e mi formerai catene sì lunghe d’amore da imprigionarmi, in modo da non sapermi sprigionare dal tuo amore”.
(5) Dopo ciò pensavo al grande sacrificio di scrivere, le mie ripugnanze, le lotte che ho subito per mettere penna sulla carta, che solo il pensiero di dispiacere il mio caro Gesú mi faceva fare il sacrificio di ubbidire a chi mi comandava di farlo, eppure dicevo tra me: “Chi sa dove, dove andranno a finire, in mano a chi potranno andare, chi sa quanti cavilli, quante opposizioni faranno, quanti dubbi. E mi sentivo irrequieta, la mia mente era funestata da tale apprensione, che mi sentivo morire. Ed il mio dolce Gesú, per quietarmi, è ritornato dicendomi:
(6) “Figlia mia, non ti turbare, questi scritti sono i miei, non tuoi, ed in mano a chi potranno andare, nessuno potrà toccarli per sciuparli; Io li saprò custodire e difendere, perché è roba che mi appartiene, e chiunque li prenderà con buona e retta volontà, troverà una catena di luce e di amore, con cui amo le creature. Questi scritti li posso chiamare sfogo del mio Amore, follie, deliri, eccessi del mio Amore, con cui voglio vincere la creatura, affinché mi ritorni nelle mie braccia, per farle sentire quanto l’amo. E per maggiormente farle conoscere quanto l’amo, voglio giungere all’eccesso di darle il gran dono della mia Volontà come vita, perché solo con Essa l’uomo potrà mettersi al sicuro e sentire le fiamme del mio Amore, le mie ansie di quanto lo amo. Sicché, chi leggerà questi scritti con l’intenzione di trovare la verità, sentirà le mie fiamme e si sentirà trasformato in amore, e mi amerà di più; chi poi li leggerà per trovare cavilli e dubbi, la sua intelligenza, dalla mia luce e dal mio Amore resterà accecata e confusa.
(7) Figlia mia, il bene, le mie verità, producono due effetti, uno contrario all’altro: Ai disposti è luce per formare l’occhio nella sua intelligenza, e vita, per dare la vita di santità che le mie verità racchiudono; agli indisposti le acceca e li priva del bene che le mie verità racchiudono”.
(8) Poi ha soggiunto: “Figlia mia, fatti coraggio, né volerti turbare, ciò che ha fatto il tuo Gesú era necessario al mio Amore e all’importanza di ciò che ti dovevo manifestare sulla mia Divina Volontà. Posso dire che doveva servire alla mia stessa Vita e a farmi compiere l’opera della Creazione, perciò era necessario che al principio di questo tuo stato, usassi con te tanti stratagemmi d’amore; usai tante intimità con te che dà dell’incredibile, come Io giunsi a tanto e ti feci pure tanto soffrire, per vedere se tu ti sottoponevi a tutto, e poi ti affogavo con le mie grazie, col mio Amore, e ti sottoponevo di nuovo alle pene, per essere sicuro che tu non mi avresti negato nulla, e questo per vincere la tua volontà. Oh! se Io non ti avessi mostrato quanto ti amo, non ti avrei largito tante grazie, credi tu che era facile che ti saresti sottoposta a questo stato di pena e per sì lungo tempo? Era il mio Amore, le mie verità, che ti tenevano e ti tengono ancora come calamitata in chi tanto ti ama. Però tutto ciò che ho fatto al principio di questo tuo stato era necessario, ché doveva servire come fondo, come decenza, decoro, preparazione, santità e disposizione alle grandi verità che ti dovevo manifestare sulla mia Divina Volontà. Perciò degli scritti avrò più interesse Io che tu, perché sono i miei, e una sola verità sul mio Fiat, mi costa tanto, che supera il valore di tutta la Creazione, perché la Creazione è opera mia, invece la mia verità è Vita mia, e Vita che voglio dare alle creature; e lo puoi comprendere da ciò che hai sofferto e dalle grazie che ti ho fatto per giungere a manifestarti le mie verità sul mio Santo Volere. Perciò quietati e amiamoci figlia mia, non spezziamo il nostro amore, perché ci costa assai a tutti e due, tu col tenere la tua vita sacrificata a mia disposizione, ed Io col sacrificarmi per te”.
(9) Con tutto il parlare di Gesú non mi sentivo pienamente quieta, nell’atto del suo parlare mi è ritornata la pace; ma dopo, ripensando a ciò che mi è successo in questi giorni, che non è necessario qui dirlo, sono ritornata a turbarmi. Onde per circa due giorni, il mio dolce Gesú ha fatto silenzio, perciò mi sentivo sfinita di forza, con una debolezza estrema; ed il mio amato Gesú, avendo di me compassione, tutto bontà mi ha detto:
(10) “Povera figlia mia, stai digiuna, perciò ti senti sfinita di forze, sono due giorni che non prendi cibo, perché non stando tu in pace, Io non potevo darti il cibo delle mie verità, perché esse, mentre alimentano l’anima, comunicano anche la forza al corpo; molto più che stando turbata non mi avresti capito, né saresti disposta a prendere un cibo sì prelibato, perché tu devi sapere che la pace è la porta da dove entrano le verità, ed il primo bacio ed invito che le fanno le creature per ascoltarle e per farle parlare. Quindi, se vuoi che ti dia molto cibo, ritorna al tuo stato pacifico. Anzi, in questi giorni che tu eri turbata, il Cielo, gli angeli, i santi, stavano come tremebondi su di te, perché sentivano un’aria malsana uscire da te, che a loro non apparteneva, perciò tutti hanno pregato che ti ritornassi la perfetta pace.
(11) La pace è il sorriso del Cielo, la sorgente da dove scaturiscono le gioie celesti. E poi, il tuo Gesú non è mai turbato; per quante offese mi possono fare, posso dire: Il mio trono è la Pace. Così voglio te, tutta pacifica. Figlia mia, anche nel modo ci dobbiamo adattare, assomigliare; pacifico Io, pacifica tu; altrimenti il regno della mia Volontà non potrà stabilirsi in te, perché Essa è regno di pace”.