Sotto il Tuo Manto

Martedi, 10 giugno 2025 - Santa Faustina di Cizico (Letture di oggi)

Riflettevo sulla santa Trinità , che è l'essenza divina. Volevo conoscere Dio a tutti i costi. D'improvviso, il mio spirito venne trasportato al di là  di tutti i mondi, vidi una luce inaccessibile e, in seno ad essa, come tre sorgenti di splendore che non mi era dato di comprendere. Da quella luce partivano parole risonanti attorno al cielo ed alla terra. Non potendo capirle, ne provai vivo dolore. Di colpo, dal mare di splendore inaccessibile, uscì il nostro Salvatore. Possedeva il fascino di un'indicibile bellezza e le ferite sul suo corpo sfavillavano. Una voce uscì da quel fulgore: «Quale Dio è nella sua essenza, nessuna creatura è in grado di capirlo, né angelo, né uomo». La voce aggiunse però queste parole: «Acquista la conoscenza di Dio, meditando i suoi attributi». (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 1° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 27

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Levitico 4

1Il Signore disse a Mosè: "Riferisci agli Israeliti:2Quando un uomo inavvertitamente trasgredisce un qualsiasi divieto della legge del Signore, facendo una cosa proibita:3se chi ha peccato è il sacerdote che ha ricevuto l'unzione e così ha reso colpevole il popolo, offrirà al Signore per il peccato da lui commesso un giovenco senza difetto come sacrificio di espiazione.4Condurrà il giovenco davanti al Signore all'ingresso della tenda del convegno; poserà la mano sulla testa del giovenco e l'immolerà davanti al Signore.5Il sacerdote che ha ricevuto l'unzione prenderà il sangue del giovenco e lo porterà nell'interno della tenda del convegno;6intingerà il dito nel sangue e farà sette aspersioni davanti al Signore di fronte al velo del santuario.7Bagnerà con il sangue i corni dell'altare dei profumi che bruciano davanti al Signore nella tenda del convegno; verserà il resto del sangue alla base dell'altare degli olocausti, che si trova all'ingresso della tenda del convegno.8Poi dal giovenco del sacrificio toglierà tutto il grasso: il grasso che avvolge le viscere, tutto quello che vi è sopra,9i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato, che distaccherà al di sopra dei reni.10Farà come si fa per il giovenco del sacrificio di comunione e brucerà il tutto sull'altare degli olocausti.11Ma la pelle del giovenco, la carne con la testa, le viscere, le zampe e gli escrementi,12cioè tutto il giovenco, egli lo porterà fuori dell'accampamento in luogo puro, dove si gettano le ceneri, e lo brucerà sulla legna: dovrà essere bruciato sul mucchio delle ceneri.
13Se tutta la comunità d'Israele ha commesso una inavvertenza, senza che tutta l'assemblea la conosca, violando così un divieto della legge del Signore e rendendosi colpevole,14quando il peccato commesso sarà conosciuto, l'assemblea offrirà come sacrificio espiatorio un giovenco, un capo di grosso bestiame senza difetto e lo condurrà davanti alla tenda del convegno.15Gli anziani della comunità poseranno le mani sulla testa del giovenco e lo si immolerà davanti al Signore.16Il sacerdote che ha ricevuto l'unzione porterà il sangue del giovenco nell'interno della tenda del convegno;17intingerà il dito nel sangue, e farà sette aspersioni davanti al Signore di fronte al velo.18Bagnerà con il sangue i corni dell'altare che è davanti al Signore nella tenda del convegno e verserà il resto del sangue alla base dell'altare degli olocausti, all'ingresso della tenda del convegno.19Toglierà al giovenco tutte le parti grasse, per bruciarle sull'altare.20Farà di questo giovenco come di quello offerto in sacrificio di espiazione: tutto allo stesso modo. Il sacerdote farà per loro il rito espiatorio e sarà loro perdonato.21Poi porterà il giovenco fuori del campo e lo brucerà come ha bruciato il primo: è il sacrificio di espiazione per l'assemblea.
22Se è un capo chi ha peccato, violando per inavvertenza un divieto del Signore suo Dio e così si è reso colpevole,23quando conosca il peccato commesso, porterà come offerta un capro maschio senza difetto.24Poserà la mano sulla testa del capro e lo immolerà nel luogo dove si immolano gli olocausti davanti al Signore: è un sacrificio espiatorio.25Il sacerdote prenderà con il dito il sangue del sacrificio espiatorio e bagnerà i corni dell'altare degli olocausti; verserà il resto del sangue alla base dell'altare degli olocausti.26Poi brucerà sull'altare ogni parte grassa, come il grasso del sacrificio di comunione. Il sacerdote farà per lui il rito espiatorio per il suo peccato e gli sarà perdonato.
27Se chi ha peccato è stato qualcuno del popolo, violando per inavvertenza un divieto del Signore, e così si è reso colpevole,28quando conosca il peccato commesso, porti come offerta una capra femmina, senza difetto, in espiazione del suo peccato.29Poserà la mano sulla testa della vittima di espiazione e la immolerà nel luogo dove si immolano gli olocausti.30Il sacerdote prenderà con il dito un po' di sangue di essa e bagnerà i corni dell'altare degli olocausti; poi verserà il resto del sangue alla base dell'altare.31Preleverà tutte le parti grasse, come si preleva il grasso del sacrificio di comunione, e il sacerdote le brucerà sull'altare, profumo soave in onore del Signore. Il sacerdote farà per lui il rito espiatorio e gli sarà perdonato.32Se porta una pecora come offerta per il peccato, porterà una femmina senza difetto.33Poserà la mano sulla testa della vittima espiatoria e la immolerà in espiazione nel luogo dove si immolano gli olocausti.34Il sacerdote prenderà con il dito un po' di sangue della vittima espiatoria e bagnerà i corni dell'altare degli olocausti; poi verserà il resto del sangue alla base dell'altare.35Preleverà tutte le parti grasse, come si preleva il grasso della pecora del sacrificio di comunione e il sacerdote le brucerà sull'altare sopra le vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. Il sacerdote farà per lui il rito espiatorio per il peccato commesso e gli sarà perdonato.


Salmi 69

1'Al maestro del coro. Su "I gigli". Di Davide.'

2Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
3Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
4Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
5Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?

6Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.

8Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
9sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.

10Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
11Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.

12Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
13Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.

14Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
15Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
16Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.

17Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
18Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.

19Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
20Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
21L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

23La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
24Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.

25Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
26La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
27perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
28Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
29Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.

30Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
31Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
32che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.

33Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
34poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
35A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.

36Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
37La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.


Salmi 111

1Alleluia.

Alef. Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
Bet. nel consesso dei giusti e nell'assemblea.

2Ghimel. Grandi le opere del Signore,
Dalet. le contemplino coloro che le amano.
3He. Le sue opere sono splendore di bellezza,
Vau. la sua giustizia dura per sempre.
4Zain. Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi:
Het. pietà e tenerezza è il Signore.
5Tet. Egli dà il cibo a chi lo teme,
Iod. si ricorda sempre della sua alleanza.

6Caf. Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
Lamed. gli diede l'eredità delle genti.
7Mem. Le opere delle sue mani sono verità e giustizia,
Nun. stabili sono tutti i suoi comandi,
8Samech. immutabili nei secoli, per sempre,
Ain. eseguiti con fedeltà e rettitudine.
9Pe. Mandò a liberare il suo popolo,
Sade. stabilì la sua alleanza per sempre.

10Kof. Santo e terribile il suo nome.
Res. Principio della saggezza è il timore del Signore,
Sin. saggio è colui che gli è fedele;
Tau. la lode del Signore è senza fine.


Ezechiele 18

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Perché andate ripetendo questo proverbio sul paese d'Israele:

I padri han mangiato l'uva acerba
e i denti dei figli si sono allegati?

3Com'è vero ch'io vivo, dice il Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele.4Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà.
5Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia,6se non mangia sulle alture e non alza gli occhi agli idoli della casa d'Israele, se non disonora la moglie del suo prossimo e non si accosta a una donna durante il suo stato di impurità,7se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l'affamato e copre di vesti l'ignudo,8se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall'iniquità e pronunzia retto giudizio fra un uomo e un altro,9se cammina nei miei decreti e osserva le mie leggi agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, parola del Signore Dio.10Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario che commette qualcuna di tali azioni,11mentre egli non le commette, e questo figlio mangia sulle alture, disonora la donna del prossimo,12opprime il povero e l'indigente, commette rapine, non restituisce il pegno, volge gli occhi agli idoli, compie azioni abominevoli,13presta a usura ed esige gli interessi, egli non vivrà; poiché ha commesso queste azioni abominevoli, costui morirà e dovrà a se stesso la propria morte.14Ma, se uno ha generato un figlio che vedendo tutti i peccati commessi dal padre, sebbene li veda, non li commette,15non mangia sulle alture, non volge gli occhi agli idoli di Israele, non disonora la donna del prossimo,16non opprime alcuno, non trattiene il pegno, non commette rapina, da' il pane all'affamato e copre di vesti l'ignudo,17desiste dall'iniquità, non presta a usura né a interesse, osserva i miei decreti, cammina secondo le mie leggi, costui non morirà per l'iniquità di suo padre, ma certo vivrà.18Suo padre invece, che ha oppresso e derubato il suo prossimo, che non ha agito bene in mezzo al popolo, morirà per la sua iniquità.
19Voi dite: Perché il figlio non sconta l'iniquità del padre? Perché il figlio ha agito secondo giustizia e rettitudine, ha osservato tutti i miei comandamenti e li ha messi in pratica, perciò egli vivrà.
20Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità.
21Ma se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commessi e osserva tutti i miei decreti e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà.22Nessuna delle colpe commesse sarà ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticata.
23Forse che io ho piacere della morte del malvagio - dice il Signore Dio - o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?
24Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette l'iniquità e agisce secondo tutti gli abomini che l'empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.
25Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore.
Ascolta dunque, popolo d'Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?26Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l'iniquità e a causa di questa muore, egli muore appunto per l'iniquità che ha commessa.27E se l'ingiusto desiste dall'ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso.28Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.29Eppure gli Israeliti van dicendo: Non è retta la via del Signore. O popolo d'Israele, non sono rette le mie vie o piuttosto non sono rette le vostre?
30Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l'iniquità non sarà più causa della vostra rovina.31Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o Israeliti?32Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete".


Apocalisse 18

1Dopo ciò, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere e la terra fu illuminata dal suo splendore.
2Gridò a gran voce:

"È caduta, è caduta
Babilonia la grande
ed è diventata covo di demòni,
carcere di ogni spirito immondo,
carcere d'ogni uccello impuro e aborrito
e carcere di ogni bestia immonda e aborrita.
3Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino
della sua sfrenata prostituzione,
i re della terra si sono prostituiti con essa
e i mercanti della terra si sono arricchiti
del suo lusso sfrenato".

4Poi udii un'altra voce dal cielo:
"Uscite, popolo mio, da Babilonia
per non associarvi ai suoi peccati
e non ricevere parte dei suoi flagelli.
5Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo
e Dio si è ricordato delle sue iniquità.
6Pagatela con la sua stessa moneta,
retribuitele il doppio dei suoi misfatti.
Versatele doppia misura nella coppa con cui mesceva.
7Tutto ciò che ha speso per la sua gloria e il suo lusso,
restituiteglielo in tanto tormento e afflizione.
Poiché diceva in cuor suo:
Io seggo regina,
vedova non sono e lutto non vedrò;
8per questo, in un solo giorno,
verranno su di lei questi flagelli:
morte, lutto e fame;
sarà bruciata dal fuoco,
poiché potente Signore è Dio
che l'ha condannata".

9I re della terra che si sono prostituiti e han vissuto nel fasto con essa piangeranno e si lamenteranno a causa di lei, quando vedranno il fumo del suo incendio,10tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti e diranno:

"Guai, guai, immensa città,
Babilonia, possente città;
in un'ora sola è giunta la tua condanna!".

11Anche i mercanti della terra piangono e gemono su di lei, perché nessuno compera più le loro merci:12carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo;13cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, cocchi, schiavi e vite umane.

14"I frutti che ti piacevano tanto,
tutto quel lusso e quello splendore
sono perduti per te,
mai più potranno trovarli".

15I mercanti divenuti ricchi per essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e gemendo, diranno:

16"Guai, guai, immensa città,
tutta ammantata di bisso,
di porpora e di scarlatto,
adorna d'oro,
di pietre preziose e di perle!
17In un'ora sola
è andata dispersa sì grande ricchezza!".

Tutti i comandanti di navi e l'intera ciurma, i naviganti e quanti commerciano per mare se ne stanno a distanza,18e gridano guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai somigliante all'immensa città?".19Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono:

"Guai, guai, immensa città,
del cui lusso arricchirono
quanti avevano navi sul mare!
In un'ora sola fu ridotta a un deserto!
20Esulta, o cielo, su di essa,
e voi, santi, apostoli, profeti,
perché condannando Babilonia
Dio vi ha reso giustizia!".

21Un angelo possente prese allora una pietra grande come una mola, e la gettò nel mare esclamando:

"Con la stessa violenza sarà precipitata
Babilonia, la grande città
e più non riapparirà.
22La voce degli arpisti e dei musici,
dei flautisti e dei suonatori di tromba,
non si udrà più in te;
ed ogni artigiano di qualsiasi mestiere
non si troverà più in te;
e la voce della mola
non si udrà più in te;
23e la luce della lampada
non brillerà più in te;
e voce di sposo e di sposa
non si udrà più in te.
Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra;
perché tutte le nazioni dalle tue malìe furon sedotte.
24In essa fu trovato il sangue dei profeti e dei santi
e di tutti coloro che furono uccisi sulla terra".


Capitolo XIII: Nel Sacramento l’anima devota tenda con tutta se stessa all’unione con Cristo

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Voce del discepolo

1. "Chi mi darà, o Signore, di trovare te solo", di aprirti tutto il mio cuore e di godere di te, secondo il desiderio dell'anima mia? "Allora nessuno potrebbe offendermi" (Ct 8,1), nessuna creatura potrebbe scuotermi, e neppure sfiorarmi con uno sguardo; ma sarai tu solo a parlarmi, ed io a te, come colui che ama suole parlare con la persona amata, e come l'amico suole stare a mensa con l'amico. Questo io chiedo, questo io desidero: unirmi tutto a te, distogliere il mio cuore da tutto ciò che è creato e apprendere a gustare sempre più le cose celesti ed eterne, grazie alla santa Comunione e alla frequente celebrazione della Messa. Ah, Signore Dio, quando sarò interamente unito e assunto in te, dimenticando del tutto me stesso? Tu in me ed io in te. Fa' che possiamo rimanere uniti così. Veramente tu sei "il mio diletto scelto tra mille" (Ct 5,10), con il quale piacque all'anima mia di restare per tutti i giorni della vita. Veramente tu sei colui che mi dà la pace; colui nel quale consiste la pace suprema, il riposo vero, e fuori del quale tutto è fatica e dolore e miseria senza fine. "Veramente tu sei il Dio nascosto" (Is 45,15); la tua conversazione non è con i malvagi; la tua parola si rivolge agli umili e ai semplici. "Oh, quanto è soave, o Signore, il tuo Spirito" (Sap 12,1): tu vuoi mostrare la tua benevolenza ai tuoi figli e ti degni di ristorarli "con il pane sommamente soave che scende dal cielo" (Sap 16,20s).

2. Davvero "non c'è altro popolo così grande, a cui i propri dei si siano fatti così vicini, come sei vicino tu, o Dio nostro" (Dt 4,7), a tutti i tuoi fedeli. A questi, infatti, tu doni te stesso in salutare nutrimento, quale quotidiano conforto e quale mezzo per volgere il cuore verso il cielo. C'è un'altra gente così gloriosa, come il popolo cristiano? C'è, sotto il nostro cielo, una creatura da te così amata come l'anima devota, nella quale entra Dio stesso, per nutrirla del suo corpo di Gloria? Oh!, grazia ineffabile, degnazione meravigliosa, oh!, amore incommensurabile, privilegio concesso agli uomini. Ma che cosa darò io al Signore in cambio di tale grazia, di un amore così straordinario? Nulla io posso offrire, che sia più gradito del dono totale del mio cuore al mio Dio e dell'intima unione con lui. Allora esulterò nel profondo, quando l'anima mia sarà perfettamente unita a Dio. Allora Dio stesso mi dirà: se tu vuoi essere con me, io voglio essere con te. Ed io a lui risponderò: degnati, o Signore, di restare con me; mi piace, e lo voglio, essere con te. Qui è tutto il mio desiderio, che il mio cuore sia unito al tuo.


La grazia di Cristo e il peccato originale: Libro primo

La grazia di Cristo e il peccato originale - Sant'Agostino

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LA GRAZIA DI CRISTO
Dedica di questa opera ad Albina, Piniano e Melania.

1. 1. Quanto goda della vostra salute corporale e principalmente della vostra salute spirituale, o fratelli sincerissimi amati da Dio, Albina, Piniano e Melania, essendomi impossibile dirlo, lo lascio pensare e credere a voi, per poter subito parlare piuttosto delle questioni sulle quali mi avete consultato. Poiché era prossima la partenza del messaggero, ho dettato, come ho potuto e come Dio si è degnato concedermi, queste pagine in mezzo alle nostre occupazioni, molto più fitte qui a Cartagine che in tutti gli altri luoghi.

Ambiguità di Pelagio.

2. 2. Mi avete informato d'esservi adoperati con Pelagio perché condannasse per scritto tutti gli errori di cui è accusato e che ha risposto davanti a voi: "Anatematizzo chi pensa o dice che la grazia di Dio, in virtù della quale il Cristo è venuto in questo mondo per salvare i peccatori 1, non è necessaria non solo nelle singole ore o nei singoli momenti, ma anche per le nostre singole azioni; e coloro che tentano di eliminare la grazia finiscano nelle pene eterne". Chiunque ascolta queste parole ignorando il senso che Pelagio con sufficiente evidenza ha espresso nei suoi libri, non in quelli che dice essergli stati sottratti prima di poterli correggere o in quelli che nega assolutamente essere suoi, ma in quelli che ricorda nella sua lettera mandata a Roma, crede senz'altro che il suo pensiero collimi con il pensiero della verità. Chi invece sta attento a ciò che Pelagio dice più esplicitamente in quei libri, deve ritenere sospette anche coteste sue parole. Infatti, sebbene faccia consistere nella sola remissione dei peccati la grazia di Dio, in virtù della quale il Cristo è venuto nel mondo a salvare i peccatori, può aggiustare la sua dichiarazione di sopra ai limiti della remissione dei peccati dicendo: la grazia è necessaria nelle singole ore, nei singoli momenti e per le nostre singole azioni, perché, tenendo noi sempre in mente e richiamandoci alla memoria che ci sono stati rimessi i peccati, non dobbiamo peccare ulteriormente, aiutati non dalla somministrazione di un qualche potere, ma dalle sole forze della nostra propria volontà memore nelle singole azioni di quanto le è stato elargito con la remissione dei peccati. Similmente poiché i pelagiani sono soliti dire che il Cristo ci ha prestato il suo aiuto a non peccare per il fatto che ci ha lasciato un bell'esempio vivendo egli stesso con giustizia ed insegnando con giustizia, possono aggiustare la dichiarazione di sopra anche ai limiti dell'esemplarità di Gesù e dire che nei singoli momenti e per le singole nostre azioni è necessaria a noi una grazia siffatta, quella cioè di saper guardare in ogni nostro comportamento al comportamento esemplare del Signore. Si accorge benissimo la vostra fede quanto sia da distinguere questo riconoscimento della grazia da parte di Pelagio dal riconoscimento della grazia sul quale verte la questione. Eppure può esser coperta la differenza dall'ambiguità di coteste parole.

Pelagio dimostra di credere ancora a quello che sembrava aver condannato.

3. 3. Ma che c'è da meravigliarsi? Lo stesso Pelagio, dopo aver condannato negli Atti episcopali 2 senza nessuna esitazione quanti dicono che la grazia di Dio e il suo aiuto non si dà per le nostre singole azioni, ma consiste nel libero arbitrio o nella legge o nella dottrina - e qui noi credevamo che fossero finite su questo punto tutte le sue tergiversazioni -; dopo aver condannato altresì quanti insegnano che la grazia di Dio si dà secondo i nostri meriti, nonostante tutto questo, nei libri che ha poi pubblicati In difesa del libero arbitrio e ha ricordati nella lettera indirizzata a Roma, non dimostra di credere in nient'altro che in quello che sembrava aver condannato. Infatti fa consistere la grazia di Dio e il suo aiuto, che ci aiuta a non peccare, o nella natura e nel libero arbitrio o nella legge e nella dottrina: nel senso cioè che l'aiuto di Dio all'uomo perché stia lontano dal male e faccia il bene 3 si deve credere che consista nel fatto che Dio rivela e indica all'uomo ciò che deve fare, non nel fatto che Dio cooperi altresì con l'uomo e gli metta nell'animo l'amore necessario per fare ciò che ha conosciuto di dover fare.

Potere, volere, fare.

3. 4. Stabilisce e distingue tre fattori necessari perché si adempiano i comandamenti di Dio: la possibilità, la volontà, l'attività. La possibilità per cui l'uomo può essere giusto, la volontà con cui l'uomo vuol essere giusto, l'attività nella quale l'uomo è giusto. Del primo di questi tre elementi, cioè della possibilità, dice che è stata concessa dal Creatore alla nostra natura: non è in nostro potere, ma la possediamo anche contro la nostra volontà. Degli altri due elementi, cioè della volontà e dell'attività, dice che sono nostri e li riconosce così a noi da farli provenire solamente da noi. Spiega inoltre che dalla grazia di Dio non sono aiutati i due fattori che vuole esclusivamente nostri, cioè la volontà e l'attività, ma è aiutato dalla grazia di Dio il fattore che non è in nostro potere e ci proviene da Dio, cioè la possibilità. Come se i fattori che sono nostri, ossia la volontà e l'attività, fossero tanto forti per tener lontano il male e fare il bene da non aver bisogno dell'aiuto divino, e viceversa il fattore che ci proviene da Dio, ossia la possibilità, fosse debole e dovesse esser sempre aiutato dall'aiuto della grazia 4.

Le parole stesse di Pelagio.

4. 5. Ma perché qualcuno non dica forse che o noi non intendiamo bene come parla Pelagio o travolgiamo maliziosamente le sue parole in un altro senso nel quale non sono state dette, state ora a sentire le sue stesse parole. Dice: " Noi distinguiamo così questi tre fattori e li disponiamo come distribuiti in questo determinato ordine. Al primo posto mettiamo il potere, al secondo il volere, al terzo l'essere. Collochiamo il potere nella natura, il volere nell'arbitrio, l'essere nell'attività. Il primo, cioè il potere, appartiene propriamente a Dio che l'ha concesso alla sua creatura, gli altri due invece, il volere e l'essere, sono da riportarsi all'uomo, perché discendono dalla fonte dell'arbitrio. Dunque nel volere il bene e nel fare il bene c'è il merito dell'uomo, anzi e dell'uomo e di Dio il quale ha dato la possibilità del volere stesso e del fare e aiuta sempre con il soccorso della sua grazia tale possibilità. Al contrario la possibilità che l'uomo ha di volere il bene e di fare il bene è dono di Dio soltanto. Può dunque esistere la possibilità da sola senza gli altri due fattori, questi invece non possono sussistere senza la possibilità. Io pertanto sono libero di non avere né la buona volontà né la buona attività, non posso invece in nessun modo non avere la possibilità del bene: essa risiede in me anche contro la mia volontà e in questo la natura non viene mai meno a se stessa. Alcuni esempi ci renderanno più chiara l'idea. Poter vedere con gli occhi non è merito nostro, vedere invece bene o vedere male è affar nostro. La possibilità che abbiamo di parlare è dono di Dio; ma parlare bene o male è affar nostro. E per abbracciare tutto in blocco, la possibilità che abbiamo riguardo ad ogni bene di farlo, di dirlo, di pensarlo è di colui che ci ha donato questa possibilità e aiuta questa possibilità; al contrario fare bene o parlare bene o pensare bene è affar nostro, perché possiamo volgere anche al male tutte queste nostre scelte. Quando perciò noi, e per la vostra calunnia dobbiamo ripeterlo spesso, diciamo che l'uomo può essere senza peccato, noi allora, con il riconoscimento della possibilità che abbiamo ricevuta, lodiamo Dio che ci ha elargito questa possibilità. Né c'è nessuna ragione di lodare l'uomo qui dove si tratta soltanto di Dio: non si parla infatti del volere, né dell'essere, ma unicamente di ciò che può essere " 5.

Pelagio contro S. Paolo.

5. 6. Ecco, questo è tutto il dogma di Pelagio diligentemente enunziato con le stesse sue parole nel terzo libro della sua opera In difesa del libero arbitrio. Con tanta sottigliezza ha curato di distinguere questi tre elementi, prima il potere, poi il volere, terzo l'essere, cioè la possibilità, la volontà, l'attività, che ogni volta ci càpiti di leggere o di ascoltare che egli riconosce l'aiuto della grazia divina per allontanarci dal male e fare il bene 6, sia quando ripone l'aiuto nella legge e nella dottrina, sia quando lo ripone dove gli piace, noi sappiamo già quello che dice, né ci sbagliamo intendendo diversamente il suo pensiero. Dobbiamo sapere appunto che egli crede che né la nostra volontà, né la nostra attività sono aiutate dall'aiuto divino, ma è aiutata unicamente la nostra possibilità di volere e di agire, la quale dei tre fattori è la sola che secondo lui riceviamo da Dio: come se questo fattore che Dio stesso ha posto nella nostra natura fosse infermo e gli altri invece che Pelagio vuole nostri fossero così sani e forti e autosufficienti da non aver bisogno di alcun aiuto divino. Perciò Dio non ci aiuta a volere, non ci aiuta ad agire, ma ci aiuta solamente ad avere la possibilità di volere e di agire. Al contrario l'Apostolo dice: Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore 7. E perché i fedeli si sapessero aiutati da Dio non soltanto nel poter operare - l'avevano infatti già ricevuto per mezzo della natura e della dottrina -, ma anche nel fatto stesso di operare, non dice: È Dio che suscita in voi il potere, come se il volere e l'operare li avessero già da se stessi e non abbisognassero in questi due fattori dell'aiuto di Dio, ma dice: È Dio che suscita in voi il volere e il compiere 8, o come si legge in altri codici specialmente greci: il volere e l'operare. Vedete voi se l'Apostolo non ha previsto molto tempo prima per mezzo dello Spirito Santo i futuri avversari della grazia di Dio e non ha detto che è Dio a suscitare in noi questi due fattori, cioè il volere e l'operare, che Pelagio ha voluti così nostri, come se non fossero aiutati in se stessi dall'aiuto della grazia divina.

Agostino smaschera Pelagio.

6. 7. Né Pelagio inganni gli incauti e i semplici o anche se stesso per il fatto che dopo aver detto: " Nel volere dunque il bene e nel fare il bene c'è il merito dell'uomo " si è quasi corretto ed ha aggiunto: " Anzi e dell'uomo e di Dio ". Egli infatti non lo dice volendo far intendere che secondo la sana dottrina Dio suscita in noi il volere e l'operare, ma in che senso lo dica l'ha indicato ben evidentemente soggiungendo subito: " Il quale ha dato la possibilità del volere stesso e del fare ". Che poi tale possibilità egli la riponga nella natura è chiaro dalle sue parole precedenti. Ma perché non sembrasse che non aveva detto nulla della grazia, ha continuato dichiarando: " E aiuta sempre con la sua grazia tale possibilità ". Non dice: Aiuta la stessa volontà o la stessa attività. Se lo dicesse, non dimostrerebbe avversione alla dottrina dell'Apostolo. Ma dice: " Tale possibilità ", cioè quel fattore che dei tre ha riposto nella natura, " aiuta sempre con il soccorso della sua grazia ". Ne segue che la ragione per cui nel volere e nel fare c'è il merito e di Dio e dell'uomo non è secondo Pelagio il fatto che l'uomo vuole in quanto è Dio che ispira nella sua volontà l'ardore dell'amore, e parimenti il fatto che l'uomo opera non è perché coopera con lui Dio - e senza l'aiuto di Dio che sarebbe mai l'uomo? -; ma la ragione per cui Pelagio ha aggiunto al merito dell'uomo anche il merito di Dio è perché se non esistesse la natura, nella quale Dio ci ha creati perché con essa potessimo volere ed agire, non vorremmo né agiremmo.

Pelagio ripone la grazia divina nella legge e nella dottrina.

6. 8. Quanto poi al riconoscimento da parte di Pelagio che la possibilità naturale è aiutata dalla grazia di Dio, non è chiaro in questo testo né quale sia la grazia di cui parla, né in quale misura ritenga che da essa sia aiutata la natura, ma, come si può capire in altri passi dove parla con più evidenza, vuole che s'intenda che ad aiutare la possibilità naturale non sia nient'altro che la legge e la dottrina.

7. 8. Infatti dice in un suo testo: " Qui i più ignoranti degli uomini credono che noi rechiamo offesa alla grazia divina perché diciamo che essa senza la nostra volontà non porta in nessun modo alla perfezione in noi la santità, come se Dio avesse comandato qualcosa alla sua grazia e non somministrasse anche l'aiuto della sua grazia a quelli ai quali ha comandato qualcosa, perché gli uomini possano adempiere più facilmente per mezzo della grazia ciò che è comandato ad essi di fare per mezzo del libero arbitrio " 9. E come sul punto di spiegare di quale grazia parli, ha di seguito aggiunto: " E noi riconosciamo che la grazia non sta solo nella legge, come tu pensi di noi, ma anche nell'aiuto di Dio ". Chi a questo punto non desidererebbe che egli indichi quale grazia vuole che s'intenda? Per questo in modo particolare da lui dobbiamo aspettare che si voglia spiegare quando dice di non riporre la grazia unicamente nella legge. Ma mentre ce ne stiamo sospesi in quest'attesa, guardate che cosa ha soggiunto: " Dio infatti ci aiuta con la sua dottrina e con la sua rivelazione quando apre gli occhi del nostro cuore, quando ci mostra i beni futuri perché non c'ingombrino i beni presenti, quando sventa le insidie del diavolo, quando ci illumina con il dono multiforme ed ineffabile della grazia celeste ". Poi, concludendo la sua sentenza con una specie d'autogiustificazione, domanda: " Ti sembra che neghi la grazia di Dio chi dice così? O non confessa e il libero arbitrio dell'uomo e la grazia di Dio? ". In tutto questo testo non si è discostato dal fare l'elogio della legge e della dottrina, inculcando diligentemente che la legge e la dottrina sono la grazia adiuvante di Dio e rispettando ciò che si era proposto nel dire: " Ma noi riconosciamo che la grazia sta anche nell'aiuto di Dio ". Poi ha creduto di dover insinuare l'aiuto di Dio sotto molteplici aspetti ricordando la dottrina e la rivelazione, l'aprire gli occhi del cuore, l'indicazione dei beni futuri, il mandare a vuoto le insidie diaboliche, la nostra illuminazione con il dono multiforme ed ineffabile della grazia celeste: tutto questo serve appunto a che noi impariamo i comandamenti di Dio e le sue promesse. Questo è dunque riporre la grazia di Dio nella legge e nella dottrina.

La legge senza la grazia.

8. 9. Da qui dunque apparisce che Pelagio riconosce come grazia quella con la quale Dio mostra e rivela che cosa dobbiamo fare, non quella con la quale Dio ci dona di fare e ci aiuta a fare. Ora, la cognizione della legge, se manca la cooperazione della grazia, vale piuttosto a far sì che ci sia la trasgressione del comandamento. Dice infatti l'Apostolo: Dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione 10, e: Non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare 11. Sono quindi tanto diverse tra loro la legge e la grazia, che la legge, se la grazia non ci aiuta, non solo non giova a nulla, ma anzi ci nuoce moltissimo, e l'utilità della legge si manifesta in questo: tutti quelli che essa fa rei di trasgressione li costringe a ricorrere alla grazia per esser liberati e anche aiutati a vincere le cattive concupiscenze. La legge infatti più che aiutare comanda, diagnostica il male, non lo guarisce, anzi il male che essa non guarisce piuttosto lo acuisce, perché si cerchi più attentamente e più sollecitamente la medicina della grazia. Tanto che è scritto: La lettera uccide, lo Spirito dà vita 12. Se fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge 13. Tuttavia, perché anche la legge presta un suo aiuto, l'Apostolo aggiunge: La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo. Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotti a Gesù Cristo 14. Ai superbi dunque lo stesso esser rinchiusi sotto il peccato più strettamente e più manifestamente è utile, perché nel fare la giustizia non presumano delle forze del libero arbitrio come se fossero forze proprie di esso, ma sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio. Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui, perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato. Ora invece, indipendentemente dalla legge si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti 15. Ma come si è manifestata indipendentemente dalla legge, se è testimoniata dalla legge? Dunque la giustizia non si è manifestata senza la legge, però non dipende dalla legge perché è la giustizia di Dio, cioè la giustizia che non viene a noi dalla legge, ma da Dio, non la giustizia che è oggetto di timore attraverso la conoscenza di un Dio che comanda, ma la giustizia che è oggetto di possesso attraverso l'amore di un Dio che dona, perché chi si vanta, si vanti nel Signore 16.

Pelagio non riesce a coprirsi.

9. 10. Che senso ha infatti che costui reputi la legge e la dottrina una grazia dalla quale siamo aiutati a operare la giustizia, quando la legge e la dottrina, per molto che ci aiuti, ci aiuta al massimo perché si cerchi la grazia? Nessuno può adempiere la legge per mezzo della legge. Infatti pieno adempimento della legge è l'amore 17. L'amore di Dio però non è stato riversato nei nostri cuori per mezzo della legge, ma per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 18. Perciò per mezzo della legge si addita la grazia, perché per mezzo della grazia si attui la legge. Che giova a Pelagio dire la medesima cosa con parole diverse per impedire di far capire che ripone nella legge e nella dottrina la grazia, dalla quale asserisce che è aiutata la possibilità della natura? Per quanto ne giudico io, egli teme di farsi capire, proprio perché ha condannato coloro che dicono che la grazia di Dio e il suo aiuto non si dà per le nostre singole azioni, ma consiste nel libero arbitrio e nella legge e nella dottrina. E tuttavia egli crede di riuscire a nascondersi, girando e rigirando in tutti i versi il concetto di legge e di dottrina.

La grazia è più della dottrina.

10. 11. In un altro passo, dopo essersi dilungato nell'asserire che a fare in noi la buona volontà non è l'aiuto di Dio, ma siamo noi stessi, affronta l'obiezione che gli nasce dalla lettera dell'Apostolo e dice: " Come si giustificherà allora l'affermazione: È Dio che suscita in voi il volere e l'operare 19? ". Poi per fare vista di sciogliere quest'obiezione che sentiva molto forte contro il suo dogma soggiunge: " Dio suscita in noi la volontà di ciò che è buono e la volontà di ciò che è santo in tre modi: primo, perché con la grandezza della gloria futura e con la promessa dei premi infiamma noi che siamo dediti ai desideri terreni e affezionati unicamente ai beni terreni e guisa d'animali muti; secondo, perché mediante la rivelazione della sapienza sommove la nostra volontà indolente al desiderio di Dio; terzo, perché - e tu non temi di negarlo altrove - ci persuade di tutto ciò che è buono " 20. Che cosa potrebbe essere più manifesto di tutto questo per farci capire che Pelagio nient'altro che la legge e la dottrina dice esser la grazia con la quale Dio suscita in noi la volontà di ciò che è buono? È infatti nella legge e nella dottrina delle sante Scritture che si promette la grandezza della gloria futura e dei premi. Nella dottrina rientra pure che la sapienza si riveli, nella dottrina rientra che si persuada tutto ciò che è buono. Se poi tra insegnare e persuadere o meglio esortare sembra che ci sia qualche differenza, tuttavia anche persuadere è compreso nel termine generale di dottrina, che abbraccia qualsiasi forma di discorsi o di scritti: infatti anche le sante Scritture e insegnano ed esortano, e l'uomo altresì può operare nell'insegnare e nell'esortare. Ma noi vogliamo da Pelagio una buona volta il riconoscimento di quella grazia che non solo promette la grandezza della gloria futura, ma la fa pure credere e sperare; la grazia che non solo rivela la sapienza, ma la fa pure amare; la grazia che non fa solo opera suasiva per quanto è buono, ma fa anche opera persuasiva. Non di tutti infatti è la fede 21 tra coloro che ascoltano il Signore promettere per mezzo delle Scritture il regno dei cieli, o non con tutti riesce ad essere persuasiva l'opera suasiva che li invita ad andare da colui che dice: Venite a me, voi tutti che siete affaticati 22. Di quali poi sia la fede e quali siano quelli che si lasciano persuadere ad andare da lui, l'ha ben indicato lui stesso là dove dice: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato 23. E poco dopo, parlando di coloro che non credevano, dichiara: Vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio 24. Questa è la grazia che Pelagio deve riconoscere, se vuole non solo chiamarsi cristiano, ma anche essere cristiano.

Senza la grazia non giovano nemmeno le più grandi rivelazioni.

11. 12. Che dire poi della rivelazione della sapienza? Nessuno potrà facilmente sperare di poter giungere in questa vita alla grandezza delle rivelazioni dell'apostolo Paolo, e in esse appunto che altro c'è da credere che gli fosse solitamente rivelato se non ciò che concerneva la sapienza? Eppure egli dice: Perché non montassi in superbia per la grandezza delle mie rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un messo di satana incaricato di schiaffeggiarmi. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: Ti basta la mia grazia: la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza 25. Al riparo da ogni dubbio, se già fin da quel momento la carità fosse stata nell'Apostolo somma e tale che nulla le fosse da aggiungere, se fosse stata una carità che non potesse gonfiarsi in nessun modo, sarebbe forse stato necessario un messo di satana che con i suoi schiaffi reprimesse il levarsi di Paolo in superbia, che gli poteva capitare nella grandezza delle rivelazioni? Che cos'è poi " levarsi in superbia " se non gonfiarsi? E della carità appunto è stato detto con tutta verità: La carità non è invidiosa, non si gonfia 26. Questa carità pertanto, anche in un Apostolo così grande, andava certamente aumentando di giorno in giorno, mentre si rinnovava in lui di giorno in giorno l'uomo interiore 27, ed era destinata la sua carità a diventare perfetta senza dubbio là dove non avrebbe più potuto gonfiarsi. Per il momento invece la mente dell'Apostolo era ancora in questa vita dove poteva gonfiarsi per la grandezza delle rivelazioni, fino a quando non si fosse riempita della solida struttura della carità: la sua corsa non era ancora arrivata a conquistare il premio, al quale si andava avvicinando sempre di più.

Chi non si confessa debole, non diventa forte.

12. 13. Perciò a Paolo che non voleva sopportare quel fastidio incaricato di reprimere il suo levarsi in superbia, prima che ci fosse in lui l'ultima e somma perfezione della carità si dice ottimamente: Ti basta la mia grazia: la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza 28. S'intende nella debolezza non della carne soltanto, come crede Pelagio, ma e della carne e dello spirito, perché anche l'animo di Paolo era debole a confronto di quella perfezione somma e al suo animo s'intendeva data la spina della carne, il messo di satana, perché non si levasse in superbia 29, sebbene a confronto con le persone carnali o animali che non comprendono ancora le cose dello Spirito di Dio 30 l'animo di Paolo fosse fortissimo. Se dunque la potenza divina si manifesta pienamente nella debolezza umana 31, chi non si riconosce debole, non arriva a manifestarsi pienamente forte della potenza divina. Questa grazia poi, per la quale la potenza divina si manifesta pienamente nella debolezza umana 32, è la grazia che conduce alla sommità della perfezione e alla glorificazione coloro che sono stati predestinati e chiamati secondo il disegno divino 33. E tale grazia ci procura non solo la conoscenza dei doveri da compiere, ma anche la forza di compiere i doveri conosciuti, né ci procura solo il dono di credere nei beni da amare, ma anche la forza d'amare i beni creduti.

Con la grazia Dio insegna meglio che con la dottrina.

13. 14. Se questa grazia si deve chiamare dottrina, si chiami pure così, ma in modo da credere che sia Dio a infonderla più profondamente e più interiormente con ineffabile soavità nell'animo umano, non solo attraverso l'opera di coloro che piantano e irrigano all'esterno, ma anche con il suo intervento diretto che dà occultamente il suo incremento 34, così che questa grazia non additi semplicemente la verità, ma somministri anche la carità. Dio infatti insegna a coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno 35 in modo da fare ad essi nello stesso tempo e il dono di sapere che cosa fare e il dono di fare ciò che sono venuti a sapere. Perciò l'Apostolo parla così ai Tessalonicesi: Riguardo all'amore fraterno, non avete bisogno che io ve ne scriva: voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri. E a prova che avevano imparato da Dio soggiunge: E questo voi fate verso tutti i fratelli nell'intera Macedonia 36. Come se il segno più certo che hai imparato da Dio sia questo: se fai ciò che hai imparato. In questo modo tutti coloro che sono stati chiamati secondo il disegno divino hanno imparato da Dio 37, com'è scritto nei profeti. Al contrario, chi conosce, sì, ciò che si deve fare, ma non lo fa, costui non ha ancora imparato da Dio secondo la grazia, ma solo secondo la legge, non ancora secondo lo Spirito, ma solo secondo la lettera. Sebbene sembri che molti facciano ciò che comanda la legge per timore della pena e non per amore della giustizia, e questa è la giustizia che l'Apostolo chiama la sua giustizia derivante dalla legge, come giustizia comandata e non data. Se invece è data, non si chiama giustizia nostra, ma giustizia di Dio, perché diventa nostra, ma venendoci da Dio. Scrive infatti: Per essere trovato nel Cristo non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Gesù, cioè con la giustizia che deriva da Dio 38. C'è dunque tanta distanza tra la legge e la grazia che, sebbene non si dubiti della provenienza della legge da Dio, tuttavia nel linguaggio di Paolo la giustizia che viene dalla legge non viene da Dio, ma viene da Dio la giustizia che ha il compimento per la grazia. Infatti giustizia derivante dalla legge si dice quella che Dio fa mediante la maledizione della legge, giustizia derivante da Dio si dice quella che è data mediante il beneficio della grazia, allo scopo che il comandamento di Dio non sia terribile, ma soave, come si prega nel salmo: Soave sei tu, o Signore: nella tua soavità insegnami i tuoi decreti: 39 cioè ti prego che io non sia costretto a vivere servilmente sotto la legge per paura della pena, ma goda la gioia di vivere con la legge per libera carità. Osserva appunto la legge liberamente chi l'osserva volentieri. E chi impara in questo modo fa sempre e perfettamente tutto quello che gli è stato insegnato di fare.

L'insegnamento del Padre mediante la grazia illustrato da Gesù.

14. 15. Relativamente a questo modo d'insegnare da parte di Dio anche il Signore dice: Chiunque ha udito il Padre mio e ha imparato da lui, viene a me 40. Dunque di chi non viene non si può dire con esattezza: Ha udito, sì, e ha imparato di dover venire, ma non vuol fare ciò che gli è stato insegnato. Non è assolutamente esatto dirlo del modo d'insegnare di Dio per mezzo della grazia. Se infatti, come dichiara la Verità, chiunque ha imparato viene, vuol dire che se non viene non ha certamente nemmeno imparato. Chi non vede poi che ciascuno viene e non viene in forza dell'arbitrio della sua volontà? Ma questo arbitrio rimane da solo nel caso che l'uditore non vada al Signore; non può fare a meno invece d'essere aiutato l'uditore che va al Signore, e aiutato così che non solo conosca che cosa fare, ma anche faccia ciò che è venuto a conoscere. Pertanto quando Dio insegna non per mezzo della lettera della legge, ma per mezzo della grazia dello Spirito, insegna in tal modo che chiunque ha imparato non solo veda con l'intelligenza ciò che gli è stato insegnato, ma anche lo brami! con la volontà e lo compia perfettamente con l'attività. E da questo modo divino d'insegnare ricevono aiuto anche lo stesso volere e lo stesso agire, non solamente la possibilità naturale di volere e di agire. Se infatti questa grazia fosse d'aiuto soltanto al nostro potere, il Signore direbbe così: Chiunque ha udito il Padre e ha imparato, può venire a me. Invece non dice così, ma dice: Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Pelagio ripone nella natura il poter venire o anche, come ha cominciato a dire adesso, lo ripone nella grazia, qualunque sia l'opinione che ha di essa: " Dalla quale, dice, è aiutata la stessa possibilità " 41; il venire invece dipende già dalla volontà e dall'attività. Ma non ne segue che, chi può venire, venga di fatto, se in realtà non lo vuole e non lo fa. Al contrario chi ha imparato dal Padre, non solo può venire, ma viene, e qui ci sono insieme già tutti e tre i fattori: il vantaggio della possibilità, l'affetto della volontà, l'effetto dell'attività.

La critica degli esempi che Pelagio porta per illustrare la sua dottrina.

15. 16. A che servono dunque i suoi esempi se non a renderci davvero più chiaro, come ha promesso, il suo pensiero? Non perché noi dobbiamo condividere le sue idee, ma perché veniamo a conoscerle più manifestamente e più esplicitamente. Egli scrive: " Poter vedere con gli occhi non è merito nostro, vedere invece bene o vedere male è affar nostro " 42. Gli risponda il salmo dove si dice a Dio: Distogli, o Dio, i miei occhi dal vedere le cose vane 43. Anche se è detto degli occhi della mente, è proprio da lì che proviene agli occhi della carne di vedere bene o male. Non nel senso in cui si dice che vedono bene quelli che hanno gli occhi sani e vedono male quelli che li hanno malati, ma vedere bene per sovvenire e vedere male per desiderare. Sebbene infatti vediamo per mezzo di questi occhi esterni tanto il povero cui si presta assistenza, quanto la donna che si fa oggetto di concupiscenza, tuttavia è dagli occhi interiori che proviene la pietà o la sensualità a vedere bene o male. Perché dunque si direbbe a Dio: Distogli i miei occhi dal vedere le cose vane? Perché, se Dio non viene in aiuto della nostra volontà, si domanda a lui quello che appartiene alla nostra possibilità?

Continua la critica.

16. 17. Scrive Pelagio: " La possibilità che abbiamo di parlare è dono di Dio, ma parlare bene o male è affar nostro " 44. Non insegna così Gesù che parla bene: Non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi 45. Scrive Pelagio: " E per abbracciare tutto in blocco, il potere che abbiamo riguardo ad ogni bene di farlo, di dirlo, di pensarlo è di colui che ci ha donato questo potere ed aiuta questo potere" 46. Ecco che anche qui ripete il pensiero di prima: dei tre elementi, cioè possibilità, volontà, attività, unicamente la possibilità viene aiutata. E aggiunge a completamento del suo pensiero: "Al contrario, fare bene o parlare bene o pensare bene è merito nostro " 47. Si è dimenticato di quella sua specie di correzione apportata più sopra, dove, dopo aver detto: " Nel volere dunque il bene e nel fare il bene c'è il merito dell'uomo ", aveva aggiunto: " Anzi e dell'uomo e di Dio, il quale ha dato la possibilità del volere stesso e del fare " 48. Perché non se n'è ricordato anche in questi esempi per dire almeno alla fine: il potere che abbiamo riguardo ad ogni bene di farlo, di dirlo, di pensarlo è di colui che ci ha donato questo potere e aiuta questo potere; al contrario, fare bene o parlare bene o pensare bene è merito nostro e di Dio? Non l'ha detto, ma io mi avvedo di vedere, se non sbaglio, che cosa l'ha intimorito.

Dio si deve lodare del bene che facciamo, non si deve accusare del male che facciamo.

17. 18. Infatti, volendo spiegare come sia merito nostro dice: " Perché possiamo volgere anche al male tutte queste nostre scelte " 49. Ebbe dunque paura di dire che è merito e nostro e di Dio, perché non gli si rispondesse: Se fare bene, parlare bene, pensare bene è merito e nostro e di Dio, perché egli ha dato a noi questo potere, allora è merito e nostro e di Dio anche se facciamo male, se parliamo male, se pensiamo male, perché Dio ci ha dato quel potere per ambedue le scelte, e in tal modo verrebbe fuori un'assurda conseguenza: come nelle opere buone siamo lodati assieme a Dio, così siamo incolpati assieme a Dio nelle opere cattive. La possibilità infatti che egli ci ha data ci dà di poter fare tanto il bene quanto il male.

Il bene e il male non provengono dalla stessa radice.

18. 19. Di tale possibilità Pelagio nel primo libro del suo In difesa del libero arbitrio parla così: "Ora, abbiamo da Dio la possibilità innata di ambedue le scelte, quasi, per così dire, una radice fruttifera e feconda, che per volontà della creatura umana generi e produca frutti diversi e che a seconda dell'arbitrio del proprio coltivatore possa o splendere dei fiori delle virtù o coprirsi delle spine dei vizi" 50. Qui, senza intuire quello che dice, stabilisce una sola e medesima radice dei beni e dei mali, in contraddizione con la verità evangelica e con la dottrina apostolica. Infatti da una parte il Signore dice che né un albero buono può fare frutti cattivi, né un albero cattivo frutti buoni 51, dall'altra l'apostolo Paolo, quando afferma che la radice di tutti i mali è la cupidità 52, ci ricorda certamente di sottintendere la carità come radice di tutti i beni. Perciò se i due alberi, buono e cattivo, sono due uomini, buono e cattivo, che cos'è l'uomo buono se non l'uomo di buona volontà, cioè un albero dalla radice buona? E che cos'è l'uomo cattivo se non l'uomo di cattiva volontà, cioè un albero dalla radice cattiva? I frutti poi di queste radici e di questi alberi sono le azioni, sono le parole, sono i pensieri: quelli buoni provengono dalla volontà buona, quelli cattivi dalla volontà cattiva.

L'uomo con la grazia è un albero buono, l'uomo senza la grazia è un albero cattivo.

19. 20. Ma a fare buono l'albero è l'uomo, quando accoglie la grazia di Dio. Non è infatti da se stesso che l'uomo si fa buono da cattivo, ma diventa buono per iniziativa di Dio e per mezzo di Dio e per unione a Dio che è sempre buono. E non solo per essere un albero buono, ma anche per fare buoni frutti è necessario all'uomo d'essere aiutato dalla medesima grazia, senza la quale non può fare alcunché di buono. Alla produzione dei frutti coopera appunto negli alberi buoni Dio stesso che all'esterno irriga e coltiva per mezzo di ogni suo ministro e all'interno dona da sé la crescita 53. Al contrario, è l'uomo che fa cattivo l'albero, quando fa cattivo se stesso, quando si distacca dal Bene immutabile: è questo distacco da Dio che dà origine appunto alla volontà cattiva. Tale distacco non inizia un'altra natura cattiva, ma vizia quella che è stata creata buona. Risanato però quel vizio, non rimane più nessun male, perché nella natura c'era, sì, il vizio, ma il vizio non era la natura.

Radice del bene è nell'uomo la carità, radice del male la cupidità.

20. 21. Non è dunque vero che quella possibilità sia, come pensa Pelagio, una sola e medesima radice dei beni e dei mali 54. Altra cosa è infatti la carità radice dei beni, altra cosa la cupidità radice dei mali e differiscono tanto tra loro quanto la virtù e il vizio. Ma certamente quella possibilità è capace di contenere ambedue le radici, perché l'uomo può avere non solo la carità per essere con essa un albero buono, ma può avere anche la cupidità per essere con essa un albero cattivo. Ora, la cupidità dell'uomo, che è un vizio, ha per suo autore o l'uomo o l'ingannatore dell'uomo, ma non il Creatore dell'uomo. La cupidità stessa è infatti la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita, che non viene dal Padre, ma dal mondo 55. Chi ignora poi che la Scrittura è solita chiamare con il nome di mondo coloro che abitano questo mondo?

La carità che è anche la buona volontà ci viene da Dio e non da noi.

21. 22. Al contrario la carità che è una virtù viene a noi da Dio e non da noi, attestandolo la Scrittura che dice: L'amore è da Dio: chi ama è generato da Dio e conosce Dio, perché Dio è amore 56. Meglio in riferimento a questa carità s'intende detto: Chiunque è nato da Dio non commette peccato 57 e non lo può commettere 58. Perché la carità, per la quale è generato da Dio, non agisce sconsideratamente e non pensa al male 59. Perciò quando l'uomo pecca, non pecca secondo la carità, ma secondo la cupidità per la quale non è generato da Dio. Infatti quella possibilità, come si è detto, è capace di ambedue le radici. Poiché dunque la Scrittura afferma che l'amore è da Dio 60 o ancora di più che Dio è amore 61, e poiché l'apostolo Giovanni esclama assai apertamente: Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente 62, come mai Pelagio, pur sentendo dire che Dio è amore, insiste tanto nel sostenere che di quei tre fattori noi riceviamo da Dio esclusivamente la possibilità e abbiamo da noi invece la buona volontà e la buona attività? Come se la buona volontà fosse una cosa diversa dalla carità che la Scrittura proclama venirci da Dio e data a noi dal Padre perché fossimo suoi figli.

Contraddizione di Pelagio.

22. 23. Ma forse saranno i nostri meriti precedenti a farci ricevere il dono dell'amore, come Pelagio pensa della grazia di Dio in quel libro che mandò ad una vergine consacrata e di cui fece cenno anche nella lettera inviata a Roma 63. In esso infatti, dopo aver riferito il testo dell'apostolo Giacomo: Sottomettetevi a Dio, resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi 64, lo commenta così: " Spiega come dobbiamo resistere al diavolo. Stando sottomessi a Dio e facendo la sua volontà meritiamo la grazia divina e con l'aiuto dello Spirito Santo resistiamo più facilmente allo spirito cattivo " 65. Ecco con quale sincerità egli ha condannato nel giudizio ecclesiastico palestinese quanti dicono che la grazia di Dio si dà secondo i nostri meriti! Possiamo dubitare ancora che questo sia il suo pensiero e il suo esplicitissimo insegnamento? Come dunque fu sincera quella sua confessione nell'interrogatorio episcopale? Aveva già scritto forse questo libro, dove dice nel modo più aperto che la grazia divina si dà secondo i nostri meriti: ciò che nel Sinodo palestinese ha condannato senza opporre nessun rifiuto? Confesserebbe allora d'aver ritenuto così antecedentemente, ma di non ritenerlo più adesso, e godremmo pubblicamente della sua correzione. Al contrario, essendogli stata contestata in quell'occasione anche questo tra gli altri errori, rispose: " Se queste affermazioni siano di Celestio lo vedano coloro stessi che gliele attribuiscono. Quanto a me, io non ho ritenuto mai così, ma anatematizzo coloro che ritengono così ". Come non l'ha ritenuto mai, se aveva già scritto questo libro? O come anatematizza coloro che lo ritengono, se questo libro l'ha scritto dopo?

Pelagio sottomette al merito dell'uomo la grazia di Dio.

22. 24. Ma non vorrei che rispondesse d'aver detto: " Facendo la volontà di Dio meritiamo la grazia divina " nel modo in cui ai fedeli e a coloro che vivono piamente si aggiunge altra grazia, perché con essa resistano fortemente al tentatore, pur avendo già precedentemente ricevuto la grazia per poter fare la volontà di Dio. Perché non dia dunque eventualmente questa risposta, sentite altre sue parole sul medesimo argomento: " Chi corre al Signore e desidera essere governato da lui, ossia lega la sua volontà alla volontà di Dio, e chi aderendo a Dio continuamente diventa un solo spirito con lui 66, secondo le parole dell'Apostolo, non fa tutto questo se non in forza della libertà dell'arbitrio " 67. Vedete quale grande risultato fa dipendere dalla libertà dell'arbitrio. Pelagio quindi pensa che noi senza l'aiuto di Dio aderiamo a Dio. Questo significano le sue parole: " Se non in forza della libertà dell'arbitrio ". E questo importa che dopo aver aderito a Dio senza bisogno del suo aiuto, allora, proprio perché abbiamo aderito a lui, meritiamo finalmente anche il suo aiuto.

23. 24. Prosegue infatti a dire: " Chi usa bene di essa ", cioè chi usa bene della libertà dell'arbitrio, " si consegna così totalmente a Dio e mortifica così ogni sua volontà da poter dire con l'Apostolo: Non sono più io che vivo, ma il Cristo vive in me 68, e pone il suo cuore nelle mani di Dio perché lo volga dove vuole " 69. Grande aiuto certamente della grazia divina quello con il quale Dio volge dove vuole il nostro cuore! Ma questo così grande aiuto noi allora lo meritiamo, come fantastica Pelagio, quando senza nessun aiuto divino e solo in forza della libertà dell'arbitrio corriamo al Signore, desideriamo d'essere governati da lui, leghiamo alla sua la nostra volontà e aderendo costantemente a lui diventiamo un solo spirito con lui 70. Cioè questi benefici così ingenti non li otteniamo secondo Pelagio se non in forza della libertà dell'arbitrio e per questi nostri meriti antecedenti conseguiamo tanta grazia di Dio che egli volga dove vuole il nostro cuore. In che modo dunque è grazia, se non viene data gratis? In che modo è grazia, se viene pagata per debito? In che modo sarebbe vero allora quello che dice l'Apostolo: Non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene 71; e ancora: Se lo è per grazia, non lo è per le opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia 72? In che modo, dico, è vero tutto questo, se precedono opere tanto grandi da dare a noi il merito di ricevere la grazia, per il quale merito la grazia non ci è regalata gratuitamente, ma pagata debitamente? È forse vero dunque che per giungere ad avere l'aiuto di Dio si corre a Dio senza bisogno del suo aiuto, e per essere aiutati da Dio quando aderiamo già a lui, siamo in grado di aderire a Dio senza bisogno del suo aiuto? Quale altro bene più grande o uguale potrà prestare all'uomo la grazia stessa, se già senza di essa e solo in forza della libertà dell'arbitrio l'uomo è potuto diventare un solo spirito con il Signore 73?

Agostino confuta Pelagio con l'episodio di Assuero.

24. 25. Vorrei però che Pelagio dicesse qualcosa su quel re d'Assiria di cui quella santa donna di Ester aborriva il letto 74, quando, era assiso sul trono del suo regno, vestito del manto della sua gloria, tutto scintillante d'oro e di pietre preziose, terribilissimo in volto. Levò la faccia, fiammeggiante di splendore, a guardare Ester, come un toro nell'impeto del suo furore, tanto che la regina ebbe paura, mutò di colore, svenne e dovette appoggiarsi sulla spalla di un'ancella che la precedeva 75. Vorrei dunque che costui ci dicesse se quel re era già corso al Signore, se aveva già desiderato d'essere governato da lui, se aveva già legato la sua volontà alla volontà di Dio, se aderendo costantemente a lui era già diventato un solo spirito con lui 76, unicamente in forza della libertà dell'arbitrio, se si era già affidato totalmente a Dio e aveva mortificato ogni sua volontà e posto il suo cuore nelle mani di Dio. Chi giudica così di quel re come era allora, non credo che sia uno sciocco, ma un pazzo: e, ciò nonostante, Dio convertì lo sdegno di Assuero in dolcezza 77. Ora, chi non vede che è un'operazione molto più grande cambiare lo sdegno facendolo passare all'opposto, in dolcezza, che inclinare il cuore a qualcosa, quando non è attaccato a nulla per partito preso, ma equidistante dalle parti opposte? Leggano dunque e comprendano, lo capiscano e lo riconoscano: non con la legge e la dottrina che risuona dal di fuori, ma con un intervento interno ed occulto, mirabile ed ineffabile, Dio non fa negli animi degli uomini solamente delle rivelazioni perché conoscano la verità, ma opera altresì per far buone le loro volontà.

La grazia non s'identifica con il nostro potere naturale, ma è una forza aggiunta che investe il volere e il fare.

25. 26. La smetta dunque ormai Pelagio d'ingannare se stesso e gli altri discorrendo contro la grazia di Dio. La grazia di Dio verso di noi non si deve predicare solamente per uno solo di quei tre fattori, ossia per la possibilità di volere il bene e di fare il bene, ma anche per la volontà buona e per l'attività buona. Pelagio dichiara infatti che tale possibilità vale per ambedue le scelte, e tuttavia non sono da attribuirsi per questo a Dio anche i nostri peccati, come solo per la medesima possibilità gli vuole attribuire le nostre opere buone. Non per questo si deve celebrare l'aiuto così grande della grazia divina, perché aiuta la possibilità naturale. La smetta Pelagio di dire: " Il potere che abbiamo riguardo ad ogni bene di farlo, di dirlo, di pensarlo, è di colui che ci ha donato questo potere e aiuta questo potere. Al contrario fare bene o parlare bene o pensare bene è merito nostro " 78. La smetta, ripeto, di dire questo. Dio infatti non solo ci ha donato il nostro potere e lo aiuta, ma anche suscita in noi il volere e l'operare 79. Non nel senso che non siamo noi a volere e non siamo noi a operare, ma perché senza il suo aiuto né vogliamo né facciamo alcunché di buono. Come si può dire: " Il potere che noi abbiamo di fare il bene è di Dio, ma fare il bene è merito nostro " 80, quando l'Apostolo dice che pregava Dio per quelli a cui scriveva perché non facessero nulla di male e facessero il bene? Non dice infatti: Preghiamo perché non possiate fare alcun male, ma dice: Perché non facciate alcun male. Non dice: Perché possiate fare il bene, ma: Perché facciate il bene 81. Coloro infatti dei quali è scritto: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio 82, certamente perché facciano il bene sono guidati da colui che è il Bene. Come può dire Pelagio: " Il potere che abbiamo di parlare bene è di Dio, che parliamo bene è merito nostro ", mentre il Signore dice: È lo Spirito del Padre vostro che parla in voi 83? E infatti non dice: Non siete stati voi a darvi il potere di parlare bene, ma dice: Non siete voi a parlare. Né dice: È lo Spirito del Padre vostro che a voi dà o ha dato il potere di parlare bene, ma dice: Che parla in voi, non indicando il vantaggio della possibilità, ma esprimendo l'effetto di una nostra attività concorde con quella di Dio. Come può dire quell'esaltato assertore del libero arbitrio: " Il potere che abbiamo di pensare bene è di Dio, ma pensare bene è merito nostro"? Gli risponde quell'umile predicatore della grazia: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio 84. Non dice: " Poter pensare", ma: Pensare.

Non vale il bene, dove manca la carità, che è grazia.

26. 27. Questo tipo di grazia divina, manifesto nella parola di Dio, lo riconosca manifestamente anche Pelagio e non copra con un pudore spudoratissimo che per tanto tempo ha nutrito idee contrarie a questa dottrina, ma lo scopra con un dolore salutarissimo, perché la Chiesa santa non sia turbata dalla sua ostinazione pervicace, ma sia allietata dalla sua correzione verace. Distingua come si devono distinguere, la cognizione e l'amore: La scienza gonfia, la carità edifica 85. Ed è quando la carità edifica che la scienza non gonfia più. Ed essendo ambedue doni di Dio, ma uno minore e l'altro maggiore, non esalti così la nostra giustizia al di sopra della lode che è dovuta al nostro Giustificatore, eviti cioè di attribuire il minore di questi due doni all'aiuto divino e di usurpare il dono maggiore per l'arbitrio umano. E se accorderà che è dalla grazia di Dio che noi riceviamo la carità, eviti di pensare che alcuni buoni meriti da parte nostra abbiano preceduto il dono della carità. Quali meriti buoni potevamo avere quando non amavamo Dio? Fu appunto per ricevere l'amore con il quale amare Dio che siamo stati amati da Dio quando non avevamo ancora il suo amore. Lo dice in forma tanto chiara l'apostolo Giovanni: Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi 86, e anche: Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo 87. Affermazione davvero ottima e verissima! Non avremmo infatti l'amore per amarlo, se non lo ricevessimo da lui che ce lo dona amandoci per primo. Che bene poi faremmo se non amassimo? O come ci è possibile non fare il bene se amiamo? Benché infatti sembri talvolta che i comandamenti di Dio siano osservati non da gente che ama, ma da gente che teme, tuttavia dove manca l'amore nessun'opera si accredita come buona, né è giusto che si chiami opera buona, perché tutto ciò che non viene dalla fede è peccato 88, e la fede opera per amore 89. E quindi chi vuole riconoscere veracemente la grazia di Dio, che riversa nei nostri cuori l'amore di Dio per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 90, la riconosca così da non dubitare che senza di essa non si può fare assolutamente nulla di buono che riguardi la pietà e la vera giustizia. Non si comporti come Pelagio, il quale, dicendo che " la ragione per cui si dà la grazia è che si adempia più facilmente ciò che Dio comanda " 91, mostra abbastanza chiaramente quale sia il suo pensiero sulla grazia: anche senza di essa, sebbene meno facilmente, si può fare tuttavia ciò che Dio comanda.

Secondo Pelagio la grazia è utile, ma non necessaria.

27. 28. Svela appunto con certezza il suo pensiero nel libro già ricordato 92 che egli indirizzò ad una vergine consacrata, quando dice: " Cerchiamo di meritare la grazia divina e più facilmente con l'aiuto dello Spirito Santo resisteremo allo spirito cattivo " 93. Perché mai ha inserito questa espressione " più facilmente "? Non era completo il senso delle parole: " Con l'aiuto dello Spirito Santo resisteremo allo spirito cattivo "? Ma chi non riuscirebbe a capire quanto danno abbia fatto con quell'aggiunta? Volendo evidentemente dare ad intendere che le forze della natura, che egli danneggia esaltandole, sono così grandi che, sebbene meno facilmente, si può tuttavia resistere in qualche modo allo spirito cattivo anche senza l'aiuto dello Spirito Santo.

La stessa dottrina di Pelagio nella sua opera Pro libero arbitrio.

28. 29. Similmente scrive nel primo libro del suo In difesa del libero arbitrio: " Ma pur avendo in noi, per non peccare, così forte e così saldo il libero arbitrio, che il Creatore ha inserito universalmente nella natura umana, in più, per la sua inestimabile benevolenza, siamo difesi dal suo quotidiano aiuto " 94. Che bisogno c'è di quest'aiuto, se il libero arbitrio è tanto forte, se è tanto saldo per non peccare? Ma anche qui vuol dare ad intendere che l'aiuto divino ha questo scopo: che per mezzo della grazia si faccia più facilmente ciò che crede possibile fare, sebbene meno facilmente, anche senza la grazia.

Un altro testo dell'opera Pro libero arbitrio.

29. 30. Lo stesso dice in un altro passo del medesimo libro: " Perché gli uomini possano per mezzo della grazia fare più facilmente ciò che si comanda ad essi di fare per mezzo del libero arbitrio ". Togli " più facilmente " e il senso non solo sarà pieno, ma anche sano, se si dice in questo modo: Perché gli uomini possano per mezzo della grazia fare ciò che si comanda ad essi di fare per mezzo del libero arbitrio. Aggiungendo invece " più facilmente " si suggerisce in sordina che il compimento dell'opera buona è possibile anche senza la grazia di Dio. È l'idea riprovata da colui che dice: Senza di me non potete far nulla 95.

Nessuno degli scritti di Pelagio e di Celestio si dichiara positivamente per la grazia.

30. 31. Si corregga Pelagio su tutti questi punti, perché, se l'umana infermità ha errato nella profondità di grandi verità, non aggiunga al suo errore anche una diabolica falsità o animosità, sia negando d'aver ritenuto l'errore, sia difendendo l'errore che ha ritenuto, benché abbia conosciuto per l'evidenza della verità che non avrebbe dovuto ritenere gli errori ricordati. È proprio di questo tipo di grazia, dalla quale siamo giustificati, dalla quale cioè si riversa nei nostri cuori la carità per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 96, che io negli scritti di Pelagio e di Celestio, tra quanti ne ho potuti leggere, non ho mai trovato che essi in nessun passo l'abbiano mai professato nella maniera in cui si deve professare 97. Io non mi sono mai accorto assolutamente in nessun loro testo che essi riconoscano nel modo in cui si devono riconoscere i figli della promessa, dei quali l'Apostolo dice: Non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa 98. Ebbene, quello che Dio promette non siamo noi a farlo con l'arbitrio o con la natura, ma è lui stesso che lo fa con la grazia.

Agostino limita il suo esame agli ultimi scritti mandati da Pelagio a Roma.

30. 32. Non voglio occuparmi per ora degli opuscoli di Celestio o dei suoi libelli che allegò agli Atti del processo ecclesiastico e che noi vi abbiamo fatti mandare al completo insieme ad altre lettere, stimate da noi necessarie. Da tutti questi scritti, dopo un diligente esame, potrete accorgervi che Celestio non ripone la grazia di Dio, dalla quale siamo aiutati o ad allontanarci dal male o a fare il bene 99, in nient'altro che nella legge e nella dottrina, oltre che nell'arbitrio naturale della volontà, tanto che ammette la necessità delle stesse orazioni solo perché sia indicato all'uomo ciò che deve desiderare e amare. Per tacere dunque sul momento di tutti questi documenti, cade a proposito che poco tempo fa lo stesso Pelagio ha mandato a Roma e una lettera e il libello della sua professione di fede, scrivendo al papa Innocenzo di beata memoria, di cui egli ignorava la morte. In tale lettera dice dunque: " Ci sono due punti sui quali certuni tentano d'infamarmi. Uno di negare il sacramento del battesimo ai bambini e di promettere ad alcuni i regni dei cieli senza bisogno della redenzione del Cristo. L'altro di dire che l'uomo può così bene evitare il peccato da escludere l'aiuto di Dio, e di confidare tanto nel libero arbitrio da ripudiare l'aiuto della grazia " 100. Ma quanto il suo errore riguardo al battesimo dei bambini, sebbene conceda che lo si deve dare ai bambini, sia contrario alla fede cristiana e alla verità cattolica, non è questo il momento di discutere con tutta la necessaria diligenza. Adesso infatti dobbiamo portare a termine il lavoro che abbiamo intrapreso sull'aiuto della grazia. Vediamo perciò quale sia anche in questa lettera la sua risposta alle accuse da lui riferite. Per non dire nulla delle sue astiose lamentele nei riguardi dei suoi nemici, quando arrivò all'argomento rispose nei termini seguenti.

Nella sua lettera a papa Innocenzo Pelagio non esce dall'equivoco.

31. 33. Scrive: " Ecco, mi scagioni presso la tua beatitudine questa lettera, nella quale diciamo puramente e semplicemente che per peccare e non peccare noi abbiamo integro il nostro libero arbitrio, il quale in tutte le opere buone è aiutato sempre dall'aiuto divino " 101. Vedete comunque, con l'intelligenza che il Signore vi ha data, che non bastano a risolvere la questione queste sue parole. Chiediamo ancora una volta da quale aiuto dica aiutato il libero arbitrio, perché non voglia malauguratamente far intendere, com'è solito, la legge e la dottrina. Se infatti domandi per quale ragione dice " sempre ", potrà rispondere: Perché è scritto: La sua legge medita giorno e notte 102. Più avanti, dopo aver interposto alcune considerazioni sulla condizione dell'uomo e sulla sua naturale possibilità di peccare e di non peccare, aggiunge: " Questo potere del libero arbitrio diciamo che esiste universalmente in tutti: nei cristiani, nei giudei e nei gentili. In tutti c'è ugualmente per natura il libero arbitrio, ma unicamente nei cristiani è aiutato dalla grazia " 103. Chiediamo di nuovo: da quale grazia? Ed egli potrà rispondere ancora: dalla legge e dalla dottrina cristiana.

La grazia di Pelagio non è grazia, perché non è gratuita.

31. 34. Poi, comunque intenda la grazia, dice che essa si dà ai cristiani secondo i loro meriti, mentre in Palestina aveva già condannato con quella sua bella autodifesa coloro che lo dicevano, come ho ricordato già più sopra. Le sue parole sono precisamente queste: " In quelli il bene della condizione è nudo e inerme ": si riferisce a coloro che non sono cristiani. Poi proseguendo nell'ordine dice: " Al contrario in questi che appartengono al Cristo è protetto dall'aiuto del Cristo ". Vedete che rimane ancora incerto da quale aiuto, secondo quanto abbiamo già detto. Ma continua a parlare ancora di quelli che non sono cristiani e dice: " La ragione per cui devono subire il giudizio e la condanna è che, sebbene abbiano il libero arbitrio per mezzo del quale potrebbero giungere alla fede e meritare la grazia di Dio, usano male la libertà ricevuta. Sono invece da premiare coloro che usando bene il libero arbitrio meritano la grazia del Signore e osservano i suoi comandamenti " 104. È manifesto dunque: egli dice che la grazia si dà secondo i meriti, qualunque contenuto e qualità egli attribuisca alla grazia, che tuttavia non spiega apertamente. Quando infatti dice che sono da premiare coloro che usano bene il libero arbitrio e per questo meritano la grazia del Signore, confessa che ad essi è pagato un debito. Dove se ne va allora l'affermazione dell'Apostolo: Giustificati gratuitamente per la sua grazia 105? Dove se ne va anche l'altra sua affermazione: Per grazia siete salvi 106? E perché non credessero d'essere salvi " per le opere ", aggiunge: mediante la fede. Perché poi non credessero d'aver diritto, senza la grazia di Dio, a ricevere la fede stessa, scrive: E ciò non viene da voi, ma è dono di Dio 107. Il senso è dunque questo: quel dono da cui partono tutti gli altri doni che si dicono ricevuti da noi per nostro merito, e cioè il dono della fede, lo riceviamo senza nostro merito. O se si nega che la fede si dà, perché allora si dice: Secondo la misura di fede che Dio ha data a ciascuno 108? Se poi la fede si dice data così da essere pagata ai nostri meriti e non regalata, perché mai l'Apostolo torna a dire di nuovo: A voi è stata concessa la grazia non solo di credere nel Cristo, ma anche di soffrire per lui 109? Di ambedue le virtù ha infatti reso testimonianza che sono state donate: e la virtù per cui ciascuno crede nel Cristo e la virtù per cui ciascuno patisce per il Cristo. Costoro viceversa fanno dipendere così intrinsecamente la fede dal libero arbitrio da far ritenere che a noi perché arriviamo alla fede non si regala una grazia gratuita, ma si paga una grazia dovuta, e quindi nemmeno più una grazia, perché, se non è gratuita, non è grazia.

Anche secondo Pelagio i bambini ricevono il battesimo in remissione dei peccati.

32. 35. Ma da questa lettera Pelagio vuole che il lettore passi al libro della sua professione di fede, del quale vi ha fatto cenno e nel quale egli ha tirato per le lunghe a discutere di argomenti su cui non era interrogato. Noi invece vogliamo vedere i punti precisi di cui ci occupiamo nella controversia con i pelagiani. Dopo aver terminato un'esposizione lunga quanto ha voluto, dall'unità della Trinità fino alla risurrezione della carne, temi sui quali nessuno sollecitava il suo parere, scrive: " Noi riteniamo un solo battesimo e diciamo che si deve celebrare nei bambini con le medesime parole del rito sacramentale con le quali si celebra pure nei grandi " 110. Questo voi avete detto d'averlo udito con certezza e proprio da lui presente: ma a che serve che ci dica che il sacramento del battesimo si celebra nei bambini con le medesime parole con le quali si celebra anche nei grandi, quando da noi si va in cerca di cose e non di sole parole? È più importante ciò che rispose a viva voce a voi che lo interrogavate, come voi scrivete: " I bambini ricevono il battesimo in remissione dei peccati ". Non ha detto infatti anche qui: I bambini si battezzano con le parole della remissione dei peccati, ma ha confessato che i bambini si battezzano proprio in remissione dei peccati; e ciò nonostante, se gli domandate che cosa si debba credere che si rimetta a loro del peccato, sosterrà che essi non hanno nulla del peccato.

Pelagio ammette il dono della scienza, ma non il dono della carità.

33. 36. Chi crederebbe che sotto questa quasi palese confessione si nasconda un senso contrario, se non l'avesse svelato Celestio? Questi nel suo libello, che allegò agli Atti ecclesiastici di Roma, confessò per un verso che i bambini si battezzano in remissione dei peccati e per un altro verso negò che essi abbiano un qualche peccato originale 111. Ma poniamo ora attenzione a che cosa Pelagio abbia ritenuto non sul battesimo dei bambini, bensì piuttosto sull'aiuto della grazia anche nel libello della sua professione di fede, mandato da lui a Roma. Scrive: " Riconosciamo il libero arbitrio così da affermare insieme che abbiamo bisogno sempre dell'aiuto di Dio " 112. Ecco una volta ancora noi domandiamo di quale aiuto ci riconosca bisognosi e lo troviamo di nuovo ambiguo, perché può rispondere che intende la legge o la dottrina cristiana, dalla quale sia aiutata quella nostra famosa possibilità naturale. Noi al contrario cerchiamo nella confessione dei pelagiani la grazia di cui parla l'Apostolo dicendo: Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza 113. Ora, non è detto che chi ha il dono della scienza per conoscere cosa fare abbia pure il dono dell'amore necessario a farlo.

Agostino ricorda altri scritti di Pelagio: mai nulla sulla vera grazia.

34. 37. Anche quei suoi libri o scritti che Pelagio ricorda nella medesima lettera da lui mandata al papa Innocenzo di santa memoria io me li sono letti tutti, meno che una sola breve lettera che dice d'aver mandata al santo vescovo Costanzo, e in nessuno di tali documenti io sono riuscito a trovare riconosciuta da lui una grazia siffatta: la grazia che non solo aiuta la possibilità naturale di volere e di agire, che Pelagio dice in nostro possesso anche se non vogliamo il bene né lo facciamo, ma aiuta pure, con la somministrazione dello Spirito Santo, la stessa volontà e la stessa nostra attività.

Una lettera di Pelagio al vescovo Paolino.

35. 38. Dice: " Leggano quella lettera che io scrissi al santo vescovo Paolino quasi dodici anni fa e che in circa trecento righe non confessa nient'altro se non la grazia di Dio e il suo aiuto, e riconosce che noi senza Dio non possiamo fare assolutamente nulla di buono" 114. Io, dunque, me la sono letta quella lettera e ho trovato in essa che Pelagio non si ferma, quasi per tutta la sua lunghezza, se non sulla facoltà e possibilità della natura e ripone la grazia di Dio appena qui soltanto: nella possibilità naturale. Quanto invece alla grazia cristiana, l'accenna ricordandone solo il nome e tanto fugacemente da non dare nessun'altra impressione che quella d'aver avuto paura di tacerla. Comunque non apparisce in nessun modo se voglia che la grazia s'intenda nella remissione dei peccati, o anche nella dottrina del Cristo, dove è compresa pure l'esemplarità della sua vita, e ciò fa in alcuni passi delle sue opere, o creda che un qualche aiuto per agire bene sia aggiunto alla natura e alla dottrina mediante l'ispirazione di un'ardentissima e luminosissima carità.

Una lettera di Pelagio al vescovo Costanzio.

36. 39. Scrive: "Leggano altresì la mia lettera al santo vescovo Costanzo, dove brevemente, è vero, ma esplicitamente, io ho aggiunto al libero arbitrio dell'uomo la grazia e l'aiuto di Dio " 115. Io questa lettera non l'ho letta, come ho detto sopra, ma se non differisce dagli altri suoi scritti a me noti che egli ricorda, non ha nemmeno essa quello che noi cerchiamo.

Una lettera di Pelagio a Demetriade.

37. 40. Dice: " Leggano inoltre la lettera che abbiamo scritta alla sacra vergine del Cristo Demetriade, in Oriente, e troveranno che difendiamo la natura dell'uomo così da associare sempre l'aiuto della grazia di Dio ". Questa l'ho letta tutta e mi aveva quasi convinto ch'egli ammettesse il tipo di grazia di cui stiamo discutendo, benché in molti luoghi di quel suo scritto sembri contraddirsi. Ma, dopo che arrivarono tra le mie mani anche altre opere che Pelagio scrisse più recentemente e più estesamente, ho visto come anche nella lettera a Demetriade aveva potuto nominare la grazia, per nascondere sotto l'ambigua genericità del termine il proprio pensiero, riuscendo tuttavia con il vocabolo di grazia a rompere il malcontento e ad evitare il sospetto. Infatti all'inizio della stessa lettera, dove dice: " Dedichiamoci all'opera che ci è stata richiesta e non diffidiamo della mediocrità del nostro ingegno, che crediamo aiutato dalla fede della madre e dal merito della vergine " 116, mi era sembrato che riconoscesse la grazia dalla quale siamo aiutati a fare qualcosa, e non avevo badato che egli aveva potuto riporla semplicemente nella rivelazione della dottrina.

Altri due passi della lettera a Demetriade.

37. 41. Similmente in un altro passo della medesima lettera scrive: " Se anche gli uomini che sono senza Dio mostrano in quali condizioni siano stati fatti da Dio, non ti sfugga che cosa possano fare i cristiani, la cui natura è stata restaurata in meglio per mezzo del Cristo e che sono aiutati inoltre dall'aiuto della grazia divina " 117. Per restaurazione della natura in meglio vuole che s'intenda la remissione dei peccati, e lo indica sufficientemente in un altro testo della stessa lettera dicendo: " Anche coloro che per una lunga abitudine di peccare si sono in qualche modo induriti possono essere restaurati mediante la penitenza " 118. Quanto poi all'aiuto della grazia divina, può anche qui riporlo nella rivelazione della dottrina.

Altri passi della lettera a Demetriade.

38. 42. Ugualmente in un altro passo della medesima lettera scrive: " Se anche prima della legge, come abbiamo detto, e molto prima della venuta del nostro Signore e Salvatore si attesta che alcuni vissero nella giustizia e nella santità, quanto più si deve credere che ciò sia possibile a noi dopo l'illuminazione della sua venuta! Noi infatti siamo stati restaurati, mediante la grazia del Cristo e siamo rinati ad una umanità migliore e perciò, espiati e mondati dal suo sangue ed incitati alla perfezione della giustizia dal suo esempio, dobbiamo essere migliori di coloro che vissero prima della legge " 119. Notate come anche qui, sebbene con altre parole, faccia tuttavia consistere l'aiuto della grazia nella remissione dei peccati e nell'esempio del Cristo. Poi soggiunge: " Migliori altresì di coloro che vissero sotto la legge, dicendo l'Apostolo: Il peccato non dominerà più su di voi, poiché non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia 120 ". Scrive ancora: " E poiché abbiamo parlato sufficientemente, come penso, di questo tema, provvediamo adesso alla formazione di una vergine perfetta che, sempre fervorosa per la bontà della natura e della grazia, testimoni con la santità del suo comportamento morale la bontà dell'una e dell'altra " 121. In queste sue parole dovete cogliere che la ragione per cui ha voluto concludere in questo modo quello che diceva è di farci intendere per bontà di natura tutto quello che noi abbiamo ricevuto nel momento della nostra creazione e per bontà invece di grazia l'esempio del Cristo al quale possiamo volgere lo sguardo. Come se a coloro che vissero o vivono sotto la legge non sia stato perdonato il peccato, perché o non hanno avuto l'esempio del Cristo o non ci credono.

Un testo del Pro libero arbitrio di Pelagio.

39. 43. Che questo sia il suo pensiero lo mostrano anche altre sue parole, non di questa lettera, ma del terzo libro del suo In difesa del libero arbitrio. Ivi, rivolgendosi al suo avversario che gli obiettava le parole, dell'Apostolo: Io non faccio quello che voglio, e le altre: Nelle mie membra vedo un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente 122, e il seguito di tale testo, risponde: " Quello che tu vuoi riferire all'Apostolo, tutti gli autori ecclesiastici asseriscono che egli l'afferma nella persona del peccatore che è ancora sotto la legge. Costui per la troppo inveterata abitudine dei vizi è come posseduto da una specie di necessità di peccare e, per quanto desideri con la volontà il bene, tuttavia la consuetudine lo fa precipitare nel male. Ma Paolo nella persona di un solo uomo al singolare designa il popolo che peccava ancora sotto la vecchia legge e che, dice l'Apostolo, doveva esser liberato da questo suo male dell'abitudine cattiva per mezzo del Cristo, il quale in un primo momento rimette con il battesimo tutti i peccati a coloro che credono in lui, in un secondo momento li incita alla santità perfetta attraverso la sua imitazione e vince con l'esempio delle sue virtù la consuetudine dei vizi " 123. Ecco in che modo Pelagio vuole che s'intenda l'aiuto prestato a coloro che peccano sotto la legge, perché, giustificati per mezzo della grazia del Cristo siano liberi. Siccome ad essi, per la troppo inveterata consuetudine di peccare, non basta la legge da sola, viene aggiunto come supplemento, non l'immissione nel cuore dell'uomo della carità del Cristo per mezzo dello Spirito Santo, ma attraverso la dottrina evangelica l'esempio della sua virtù che si deve contemplare ed imitare. E certo, per dire espressamente di quale grazia parlava, aveva un'occasione d'oro qui dove il testo stesso su cui stava rispondendo si chiude così per bocca dell'Apostolo: Sono uno sventurato! Chi mi libererà dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore 124. Dal momento che Pelagio colloca questa grazia non nell'aiuto della potenza del Cristo, ma nell'esempio della sua imitazione, che più dobbiamo sperare da lui dovunque rammenta con ambigua genericità il nome di grazia?

Un altro testo della lettera a Demetriade.

40. 44. Similmente nella medesima lettera a quella sacra vergine di cui abbiamo già parlato sopra, scrive: " Dobbiamo stare sottomessi a Dio e facendo la sua volontà dobbiamo meritare la grazia divina per resistere più facilmente con l'aiuto dello Spirito Santo allo spirito cattivo " 125. Nelle quali sue parole è certamente manifesto questo senso: egli vuole che noi siamo aiutati dalla grazia dello Spirito Santo, non perché senza lo Spirito Santo e con la sola possibilità della natura non possiamo resistere al tentatore, ma perché gli resistiamo " più facilmente " [con lo Spirito Santo]. Tale aiuto nondimeno, di qualunque genere e portata esso sia, è da credere che egli lo faccia consistere in questo: per mezzo della dottrina comunicataci per rivelazione dallo Spirito noi riceviamo un supplemento di scienza che o non possiamo avere affatto o possiamo avere difficilmente per mezzo della natura. Questi sono i punti che ho potuti rilevare nella lettera scritta da lui a quella vergine del Cristo e nella quale sembra riconoscere la grazia. Del valore che possano avere questi testi ve ne accorgerete certamente da voi.

Il giudizio di Agostino sull'opera Pro libero arbitrio di Pelagio.

41. 45. Scrive Pelagio: " Leggano altresì la mia recente opera In difesa del libero arbitrio, che da poco tempo siamo stati spinti a pubblicare, e riconosceranno quanto ingiustamente si siano adoperati ad infamarci di negare la grazia, mentre in quasi tutto il testo di quest'opera confessiamo perfettamente e integralmente tanto il libero arbitrio, quanto la grazia" 126. Quattro sono i libri di quest'opera. Io li ho letti. Ho preso da essi i punti che mi sono proposto di esaminare e discutere, e che ho esaminati come ho potuto, prima di passare alla sua lettera spedita a Roma. Ma anche tutto quello che in questi quattro libri sembra dire a favore della grazia che ci aiuta ad allontanarci dal male e a fare il bene, lo dice in tal modo da non scostarsi per nulla da una ambiguità verbale. Egli poi risolve questa ambiguità con i suoi discepoli così che non credano in nessun altro aiuto di grazia che aiuti la possibilità della natura all'infuori della legge e della dottrina. Di conseguenza Pelagio, come afferma tanto apertamente nei suoi scritti, ritiene che anche alle stesse orazioni non si debba ricorrere per nessun altro fine che questo: che la dottrina apra a noi tutte le sue porte anche con le chiavi della rivelazione divina, e non che l'animo umano riceva un aiuto perché con l'amore e con l'azione arrivi anche a fare ciò che la dottrina gli ha insegnato di dover fare. Non recede Pelagio dunque minimamente da quel suo notissimo dogma dove stabilisce i tre elementi della possibilità, della volontà e dell'attività, e dove dice che soltanto la possibilità è sempre aiutata dall'aiuto divino, mentre ritiene che non abbiano bisogno di nessun aiuto di Dio la volontà e l'attività. Quanto poi allo stesso aiuto dal quale attesta che è aiutata la possibilità naturale, lo colloca nella legge e nella dottrina, e riguardo alla dottrina riconosce che essa ci è pure rivelata per mezzo dello Spirito Santo, per cui ammette anche la necessità di ricorrere alla preghiera. Ma è sua opinione che l'aiuto della legge e della dottrina esistesse già anche ai tempi dei profeti e invece l'aiuto della grazia, che si chiama grazia in senso proprio, consista nell'esempio del Cristo: il quale esempio tuttavia, ben lo capite, rientra nella dottrina evangelica a noi predicata, di modo che noi, ricevuta, per così dire, l'indicazione della strada su cui camminare, già con le forze del libero arbitrio, senza aver bisogno dell'aiuto di nessun altro, bastiamo a noi stessi per non svenire lungo la via 127. Sostiene però che la medesima strada si può trovare anche con la sola natura, ma si trova più facilmente, se ci aiuta la grazia.

Dalla Scrittura come l'hanno intesa i cattolici si deve ricevere la dottrina sulla grazia.

42. 46. Questo ho potuto capire, secondo i limiti della mia intelligenza, negli scritti di Pelagio, quando nomina la grazia. Ora, voi vedete che i sostenitori di queste idee, ignorando la giustizia di Dio, ne vogliono stabilire una propria 128 e se ne stanno lontani da quella che a noi deriva da Dio 129, non da noi, e che avrebbero dovuta conoscere e riconoscere massimamente nelle sante Scritture canoniche. Ma poiché costoro le leggono seguendo i loro preconcetti, non possono vedere in esse nemmeno le verità evidenti. Magari dunque considerassero attentamente negli scritti degli autori cattolici, dai quali non dubitano che le Scritture siano state intese nel modo giusto, che cosa si debba pensare dell'aiuto della grazia divina e non lo volessero passare sotto silenzio per eccessivo attaccamento alla propria opinione! Sentite infatti come lo stesso Pelagio in quella sua recente opera a cui rimanda per difendersi, cioè nel terzo libro del suo In difesa del libero arbitrio, loda S. Ambrogio.

L'ammirazione di Pelagio per S. Ambrogio.

43. 47. Scrive: " Il beato vescovo Ambrogio, nei cui libri la fede romana splende in modo particolare, che tra gli scrittori latini spiccò come un fiore pieno di bellezza, la cui fede e la cui purissima interpretazione delle Scritture non ha osato intaccare nemmeno un nemico " 130. Ecco con quali e con quante lodi celebra un personaggio santo e dotto quanto vuoi, ma non tuttavia paragonabile affatto all'autorità della Scrittura canonica. La ragione per cui lo incensa così è che gli sembra di poter adoperare un passo dei suoi libri come testimonianza per dimostrare che l'uomo può essere senza peccato. Questo non è l'argomento di cui si tratta adesso, ma si tratta dell'aiuto della grazia, dal quale siamo aiutati a non peccare e a vivere nella giustizia.

La dottrina di S. Ambrogio sulla grazia.

44. 48. Pelagio ascolti dunque quel venerabile vescovo quando spiega ed insegna, nel secondo libro dell'Esposizione del Vangelo secondo Luca, che il Signore collabora altresì con le nostre volontà. Dice Ambrogio: " Tu vedi che la potenza del Signore coopera sempre con gli sforzi dell'uomo, così che nessuno può edificare senza il Signore, nessuno può custodire senza il Signore, nessuno può cominciare alcunché senza il Signore. Perciò secondo l'Apostolo: Sia che mangiate, sia che beviate, fate tutto per la gloria di Dio 131 ". Voi vedete che Ambrogio con queste parole spazza via anche la solita affermazione comune tra la gente: " Noi cominciamo e Dio finisce ", dicendo che " nessuno può nemmeno cominciare alcunché senza Dio ". Ugualmente nel sesto libro della stessa opera, parlando di quei due debitori di un medesimo creditore, dice: " Secondo gli uomini ha offeso forse di più colui che doveva di più, ma per la misericordia del Signore la situazione si ribalta, cosicché ama di più colui che doveva di più, a patto però che ne riceva la grazia " 132. Ecco, insegna con tanta trasparenza questo dottore cattolico, che anche lo stesso amore con il quale uno ama di più appartiene al beneficio della grazia.

Un altro testo di S. Ambrogio.

45. 49. Il beato Ambrogio, nel nono libro della stessa opera, dice perfino che la stessa penitenza, che è opera senza dubbio della volontà umana, viene attuata mediante la misericordia e l'aiuto del Signore. Egli così si esprime: " Buone le lacrime che lavano la colpa! Finiscono col piangere quelli che Gesù guarda. Pietro negò una prima volta e non pianse perché il Signore non lo guardò. Negò una seconda volta e non pianse perché il Signore non lo guardò ancora. Negò una terza volta, Gesù lo guardò e Pietro pianse amarissimamente " 133. Leggano il Vangelo i pelagiani e si accorgano che in quel momento il Signore era dentro, essendo sotto l'interrogatorio dei principi dei sacerdoti, mentre l'apostolo Pietro stava fuori in basso nell'atrio con i servi, ora a sedere presso il fuoco e ora in piedi, come mostra il racconto veracissimo e concorde al massimo degli evangelisti. Non si può dire pertanto che il Signore si sia voltato a guardare Pietro con i suoi occhi corporali, rimproverandolo in modo visibile. Il fatto quindi attestato dalle parole: Il Signore, voltatosi, lo guardò 134, si compì in modo interiore, si compì nell'anima, si compì nella volontà. La misericordia del Signore intervenne segretamente, gli toccò il cuore, gli svegliò la memoria, visitò l'intimo di Pietro con la sua grazia, smosse i sentimenti nell'intimo dell'uomo e li rese palesi con le lacrime esterne. Ecco in che modo si affianca Dio con il suo aiuto alle nostre volontà e alle nostre attività, ecco in che modo suscita Dio in noi e il volere e l'operare 135.

Ancora un testo di S. Ambrogio.

45. 50. Nel medesimo libro lo stesso Ambrogio scrive: " Dal momento che cadde Pietro, il quale aveva detto: Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai 136, chi altri potrebbe giustamente fidarsi di sé? Anche Davide, che aveva affermato. Nella mia prosperità ho detto: Nulla mi farà vacillare, confessa che gli fu fatale la sua spavalderia: Quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato 137 " 138. Un personaggio tanto grande, di cui ha elogiato la dottrina e la fede, l'ascolti Pelagio nella dottrina che insegna, lo imiti nella fede che professa. Lo ascolti umilmente, lo imiti fedelmente. Non presuma ostinatamente di se stesso per non perdere se stesso. Perché mai Pelagio vuole affogare in quel pelago dal quale per intervento della Pietra fu liberato Pietro"

Un altro testo di S. Ambrogio.

46. 51. Ascolti Pelagio il medesimo vescovo di Dio, che scrive ugualmente nel sesto libro della stessa opera: " Perché non l'abbiano accolto lo ricorda lo stesso evangelista dicendo: Era diretto verso Gerusalemme 139. I suoi discepoli si davano però da fare per avere l'accesso in Samaria. Ma Dio chiama chi si degna di chiamare e rende religioso chi vuole " 140. O sensibilità di quell'uomo di Dio, bevuta dalla stessa fonte della grazia di Dio! " Dio chiama chi si degna di chiamare " dice " e rende religioso chi vuole ". Guardate se non è quello che afferma il profeta: Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia 141, e quello che attesta l'Apostolo: Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia 142. Proprio quello che dice anche quest'uomo di Dio dei nostri tempi: " Dio chiama chi si degna di chiamare e rende religioso chi vuole ". Oserà forse dire qualcuno che non è ancora religioso " chi corre al Signore e desidera d'esser governato da lui e lega la propria volontà alla volontà di lui e aderendo continuamente a lui diventa, secondo l'Apostolo, un solo spirito con lui 143 "? Ma tutto questo gran lavoro di un uomo religioso, secondo Pelagio, " si compie esclusivamente con la libertà dell'arbitrio ". Al contrario, il beato Ambrogio, tanto eccellentemente lodato dalla bocca dello stesso Pelagio, dice: " Il Signore Dio chiama chi si degna di chiamare e rende religioso chi vuole ". Perché dunque corra al Signore e desideri d'esser governato da lui e leghi la propria volontà alla volontà di lui e aderendo a lui continuamente diventi con lui, secondo l'Apostolo, un solo spirito, Dio " rende religioso chi vuole ". E tutte le suddette operazioni non le fa se non l'uomo religioso. Pertanto se Dio non fa sì che l'uomo le faccia, chi mai le fa?

Il vero crinale tra il cattolicesimo e il pelagianesimo.

47. 52. Ma poiché la matassa dei rapporti tra l'arbitrio della volontà e la grazia di Dio è talmente difficile a dipanarsi che, quando si difende il libero arbitrio sembra negata la grazia, e quando viceversa si asserisce la grazia si crede portato via il libero arbitrio, Pelagio può avvolgersi così bene dentro gli oscuri risvolti di tale questione. Egli può dire che acconsente anche ai passi che io ho riferiti dagli scritti di S. Ambrogio, e proclamare di condividere anche lui le medesime convinzioni e d'averle sempre condivise, e tentare di spiegare uno ad uno i propri testi così da farli combaciare con il modo di sentire d'Ambrogio. Perciò quanto alla presente questione sulla grazia e sull'aiuto di Dio badate bene ai tre fattori che Pelagio ha distinti con tanta evidenza: il potere, il volere, l'essere, cioè la possibilità, la volontà e l'attività. Se dunque egli converrà con noi che non solo la possibilità dell'uomo, anche quando non vuole e non fa il bene, ma altresì la volontà stessa e l'attività stessa, cioè il fatto che noi vogliamo il bene ed operiamo il bene - azioni che nell'uomo non ci sono se non quando vuole effettivamente in maniera buona e agisce in maniera buona -; se, come dicevo, converrà con noi che anche la volontà stessa e l'attività stessa sono aiutate da Dio ed aiutate in tal modo che senza l'aiuto di Dio noi non vogliamo e non facciamo nulla di buono; se converrà con noi che è questa la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore 144, nella quale egli ci rende giusti della giustizia sua e non della nostra, cosicché la nostra vera giustizia sia quella che viene a noi da Dio 145, allora, per quanto posso giudicare io, non rimarrà tra noi più nulla di tutto il contenzioso sull'aiuto della grazia di Dio.

Come si deve giudicare la santità di Zaccaria e di Elisabetta.

48. 53. Il motivo perché Pelagio ha elogiato in tal modo S. Ambrogio è d'aver trovato nei suoi scritti che si può dedurre, dalle lodi tributate da lui a Zaccaria ed Elisabetta, la possibilità dell'uomo d'essere senza peccato in questa vita. Sebbene tale possibilità non si debba negare, se il risultato è voluto da Dio al quale è possibile tutto 146, consideri nondimeno Pelagio con maggiore diligenza il contesto in cui ciò è stato detto. Infatti è stato detto, per quanto sembra a me, relativamente ad un certo modo di comportarsi in mezzo agli uomini che è degno d'approvazione e di lode e di cui nessuno potrebbe giustamente lamentarsi con accuse e incriminazioni. Un simile comportamento si dice osservato da Zaccaria e dalla sua moglie davanti a Dio 147, perché essi nella loro condotta non ingannavano il prossimo con nessuna simulazione, ma come apparivano alla gente così erano noti agli occhi di Dio. Non è stato detto invece relativamente a quella perfezione di giustizia nella quale vivremo veramente ed assolutamente immacolati e perfetti. A riprova, anche l'apostolo Paolo ha detto d'essere stato irreprensibile secondo la giustizia derivante dalla legge 148. In questa legge lo stesso Zaccaria si comportava irreprensibilmente. Ma l'Apostolo reputò tale giustizia spazzatura e perdita 149 a confronto con la giustizia che speriamo nell'eternità e della quale dobbiamo avere adesso fame e sete 150, per essere saziati un giorno nella visione della medesima giustizia che ora, finché il giusto vive di fede 151, sta nella nostra fede.

Qualunque sia il giudizio di S. Ambrogio su Zaccaria ed Elisabetta, esso va inteso in accordo con la sua dichiarazione che nessuno può in questo mondo essere senza peccato.

49. 54. Pelagio ascolti inoltre lo stesso venerabile vescovo Ambrogio che nel suo Commento al profeta Isaia dice: " Nessuno può essere senza peccato in questo mondo ". Dove non si può affermare che abbia detto " in questo mondo " quasi intendesse nell'amore di questo mondo. Parlava infatti dell'Apostolo che ha scritto: La nostra patria è nei cieli 152. Spiegando il senso di queste parole il suddetto vescovo Ambrogio dice: " L'Apostolo ammette che in questo mondo, ancora viventi con lui, ci sono molti cristiani perfetti. Se però guardi alla vera perfezione, questi non potevano essere perfetti. Egli dice infatti: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto 153. Pertanto uomini immacolati ci sono in questo mondo e uomini immacolati ci saranno nel regno di Dio, sebbene sia certo che, se esamini più sottilmente, nessuno può essere immacolato adesso, perché nessuno è senza peccato " 154. Perciò la testimonianza di S. Ambrogio di cui Pelagio si vale 155 per la propria sentenza o è stata pronunziata secondo un certo senso, buono, sì, ma non esaminato troppo minuziosamente, o, se quell'uomo santo ed umile credette che Zaccaria ed Elisabetta erano di una giustizia somma e assolutamente perfetta, alla quale non si potesse aggiungere più nulla, è certo che, esaminando più accuratamente la propria sentenza, l'ha poi corretta.

Ancora un testo di S. Ambrogio.

50. 55. Presti inoltre buona attenzione Pelagio che, in quel medesimo passo da cui ha preso la testimonianza che gli è piaciuta, Ambrogio dice pure questo: " È cosa impossibile alla natura umana essere senza macchia fin dalle origini " 156. E qui, riguardo a quella famosa possibilità naturale, che Pelagio non vuol riconoscere, in conformità con la fede, viziata dal peccato, e per questo la porta con superbia alle stelle, il venerando Ambrogio la dichiara assolutamente impotente ed inferma: senza dubbio contro la volontà di Pelagio, ma non contro la verità dell'Apostolo, dove si legge: Anche tutti noi un tempo eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri 157. Fu infatti la stessa natura ad essere viziata e condannata per il peccato del primo uomo, che provenne dal suo libero arbitrio; e l'unica a venire in soccorso della natura umana è stata la grazia divina per mezzo di colui che è il Mediatore tra Dio e gli uomini 158 e il Medico onnipotente. È già un bel pezzo che discorriamo dell'aiuto della grazia per la nostra giustificazione, aiuto con il quale Dio fa concorrere tutti gli eventi al bene di coloro che lo amano 159 e che egli ha amati per primo 160, donando ad essi l'amore per amarlo. Quindi cominciamo subito, secondo l'aiuto che ci concederà il Signore, ad esporre quanto ci sembrerà sufficiente anche sul peccato, che insieme con la morte a causa di un solo uomo è entrato nel mondo e così ha raggiunto tutti gli uomini 161, contro i pelagiani, i quali hanno rotto ancora più apertamente verso l'errore che si oppone a questa verità.

 


 

1 - 1 Tm 1, 15.

2 - Cf. De gestis Pel. 14, 30.

3 - 1 Pt 3, 11; cf. Sal 33, 15; 36, 27.

4 - Cf. Contra Cresconium 2, 17, 21-30. 38,

5 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

6 - Cf. 1 Pt 3, 11; Sal 33, 15; 36, 27.

7 - Fil 2, 12.

8 - Fil 2, 13.

9 - PELAG., Pro lib. arb. 1.

10 - Rm 4, 15.

11 - Rm 7, 7; cf. Es 20, 17.

12 - 2 Cor 3, 6.

13 - Gal 3, 21.

14 - Gal 3, 22. 24.

15 - Rm 3, 19-21.

16 - 1 Cor 1, 31.

17 - Rm 13, 10.

18 - Rm 5, 5.

19 - Fil 2, 13.

20 - PELAG., Pro lib, arb. 3.

21 - 2 Ts 3, 2.

22 - Mt 11, 28.

23 - Gv 6, 44.

24 - Gv 6, 65.

25 - 2 Cor 12, 7-9.

26 - 1 Cor 13, 4.

27 - Cf. 2 Cor 4, 16.

28 - 2 Cor 12, 9.

29 - Cf. 2 Cor 12, 7.

30 - 1 Cor 2, 14.

31 - Cf. 2 Cor 12, 9.

32 - 2 Cor 12, 9.

33 - Cf. Rm 8, 28.

34 - Cf. 1 Cor 3, 7.

35 - Rm 8, 28.

36 - 1 Ts 4, 9-10.

37 - Cf. Is 54, 13; Gv 6, 45.

38 - Fil 3, 9.

39 - Sal 118, 68.

40 - Gv 6, 45.

41 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

42 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

43 - Sal 118, 37.

44 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

45 - Mt 10, 20.

46 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

47 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

48 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

49 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

50 - PELAG., Pro lib. arb. 1.

51 - Cf. Mt 7, 18.

52 - Cf. 1 Tm 6, 10.

53 - Cf. 1 Cor 3, 7.

54 - Cf. 1 Tm 6, 10.

55 - 1 Gv 2, 16.

56 - 1 Gv 4, 7-8.

57 - 1 Gv 3, 9.

58 - 1 Gv 3, 9.

59 - 1 Cor 13, 4-5.

60 - 1 Gv 4, 7.

61 - 1 Gv 4, 8.

62 - 1 Gv 3, 1.

63 - Cf. PELAG., Ep. ad Innocentium.

64 - Gc 4, 7.

65 - PELAG., Ep. ad Demetr. 25

66 - Cf. 1 Cor 6, 17.

67 - PELAG., Pro lib. arb. 1.

68 - Gal 2, 20.

69 - Cf. PELAG., Pro lib. arb. 1, con allusione a Prv 21, 1.

70 - Cf. 1 Cor 6, 17.

71 - Ef 2, 8-9.

72 - Rm 11, 6.

73 - Cf. 1 Cor 6, 17.

74 - Cf. Est 14, 15.

75 - Est 15, 9-10.

76 - Cf. 1 Cor 6, 17.

77 - Cf. Est 15, 11.

78 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

79 - Fil 2, 13.

80 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

81 - 2 Cor 13, 7.

82 - Rm 8, 14.

83 - Mt 10, 20.

84 - 2 Cor 3, 5.

85 - 1 Cor 8, 2.

86 - 1 Gv 4, 10.

87 - 1 Gv 4, 19.

88 - Rm 14, 23.

89 - Gal 5, 6.

90 - Rm 5, 5.

91 - Cf. PELAG., Pro lib. arb. 1.

92 - Cf. lib. 1, 22-23.

93 - PELAG., Ep. ad Demetr. 25.

94 - PELAG., Pro lib. arb. 1.

95 - Gv 15, 5.

96 - Rm 5, 5.

97 - Cf. AUG., Ep. 188, 3, 13: NBA 23, 190-191.

98 - Rm 9, 8.

99 - Cf. 1 Pt 3, 11.

100 - Cf. PELAG., Ep. ad Innocentium.

101 - Cf. PELAG., Ep. ad Innocentium.

102 - Sal 1, 2.

103 - PELAG., EP. ad Innocentium.

104 - PELAG., Ep. ad Innocentium.

105 - Rm 3, 24.

106 - Ef 2, 8.

107 - Ef 2, 8.

108 - Rm 12, 3.

109 - Fil 1, 29.

110 - PELAG., Libellus fidei 7.

111 - CELEST., Libellus fidei.

112 - PELAG., Libellus fidei 13.

113 - 2 Tm 1, 7.

114 - PELAG., Ep. ad Innocentium.

115 - PELAG., Ep. ad Innocentium.

116 - PELAG., Ep. ad Demetr. 1.

117 - PELAG., Ep. ad Demetr. 3.

118 - PELAG., Ep. ad Demetr. 17.

119 - PELAG., Ep. ad Demetr. 8.

120 - Rm 6, 14.

121 - PELAG., Ep. ad Demetr. 8-9.

122 - Rm 7, 15. 23.

123 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

124 - Rm 7, 24-25.

125 - PELAG., Ep ad Demetr. 25.

126 - PELAG., Ep. ad Innocentium.

127 - Cf. Mt 15, 32.

128 - Rm 10, 3.

129 - Fil 3, 9.

130 - PELAG., Pro lib. arb. 3.

131 - 1 Cor 10, 31.

132 - AMBR., Expos. Ev. Lc 6, 25.

133 - AMBR., Expos. Ev. Lc 10, 89.

134 - Lc 22, 61.

135 - Fil 2, 13.

136 - Mt 26, 33.

137 - Sal 29, 7-8.

138 - AMBR., Expos. Ev. Lc 10, 91.

139 - Lc 9, 53.

140 - AMBR., Expos. Ev. Lc 7, 27.

141 - Es 33, 19; cf. Rm 9, 15.

142 - Rm 9, 16.

143 - Cf. 1 Cor 6, 17.

144 - Cf. Rm 7, 25.

145 - Cf. Fil 3, 9.

146 - Cf. Mt 19, 26.

147 - Cf. Lc 1, 6.

148 - Fil 3, 6.

149 - Cf. Fil 3, 8.

150 - Cf. Mt 5, 6.

151 - Rm 1, 17.

152 - Fil 3, 20.

153 - 1 Cor 13, 12.

154 - AMBR., Expos. Is proph.

155 - Cf. PELAG., Pro lib. arb. 3.

156 - Cf. AMBR., Expos. Ev. Lc 1, 17.

157 - Ef 2, 3.

158 - Cf. 1 Tm 2, 5.

159 - Rm 8, 28.

160 - 1 Gv 4, 19.

161 - Rm 5, 12.


Parte 2

Quaderno V - Santa Faustina Kowalska

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+ G.M.G. O mio Gesù, fra tremende sofferenze ed amarezze, Sento che il Tuo Cuore divino mi accarezza, Come una buona madre mi stringi al Tuo seno, E mi fai gustare fin d'ora ciò che il velo nasconde. O mio Gesù, in un orribile deserto, fra la desolazione, il mio cuore avverte la luce del Tuo sguardo, Che nessuna tempesta potrà offuscarmi, E mi dai la certezza interiore che mi ami molto, o Dio. O mio Gesù, fra tante miserie della vita, Tu m'illumini come una stella e mi difendi dal naufragio, E benché la mia miseria sia tanto grande, Confido molto nella potenza della Tua Misericordia. O Gesù nascosto, durante le molte lotte dell'ultima ora, L'onnipotenza della Tua grazia scenda nella mia anima, Affinché appena spirata, io possa contemplarTi Faccia a faccia, come gli eletti in paradiso. O mio Gesù, circondata da molti pericoli, Avanzo nella vita con un grido di gioia ed a fronte alta, Perché contro il Tuo Cuore pieno d'amore, o Gesù, S'infrangono tutti i nemici e si disperdono le tenebre.

+ O Gesù, nascondimi nella Tua Misericordia e difendimi da tutto ciò che potrebbe spaventare la mia anima; non sia delusa la fiducia che ho posto nella Tua Misericordia. Proteggimi con l'onnipotenza della Tua Misericordia ed inoltre giudicami con benevolenza. Oggi durante la santa Messa, accanto al mio inginocchiatoio, ho visto il Bambino Gesù che sembrava avesse circa un anno e mi ha chiesto di prenderlo in braccio. Quando l'ho preso in braccio, si è stretto al mio cuore ed ha detto: «Mi trovo bene accanto al tuo cuore». « Benché Tu sia così piccolo, lo so bene che sei Dio. Perché prendi l'aspetto di un bambino così piccolino per trattare con me? ». «Perché voglio insegnarti l'infanzia spirituale. Voglio che tu Sia molto piccola, poiché quando sei piccolina, ti porto accanto al Mio Cuore, così come tu in questo momento tieni Me accanto al tuo cuore». In quell'istante rimasi sola, ma nessuno potrà comprendere i sentimenti della mia anima; ero tutta immersa in Dio come una spugna gettata nel mare...

+ O mio Gesù, Tu sai che mi sono esposta a più di un rischio per aver detto la verità. O verità, quanto conculcata talvolta e che cammini quasi sempre con una corona di spine. O Verità Eterna, sostienimi, affinché abbia il coraggio di dire la verità, anche se dovessi suggellarla con la vita. O Gesù, quanto è difficile credere, quando si vede che l'insegnamento è in un modo ed il comportamento nella vita è in un altro! Per questo durante gli esercizi spirituali, dopo aver esaminato a lungo la vita, decisi di fissare fortemente il mio sguardo su di Te, o Gesù, modello perfettissimo. O eternità, che svelerai tanti segreti e mostrerai la verità... O Ostia viva, sostienimi in questo esilio, perché possa seguire fedelmente le orme del Salvatore. Non Ti chiedo, Signore, di togliermi dalla croce, ma Ti supplico di darmi la forza di perseverare su di essa. Desidero essere stesa in croce come Te, o Gesù; desidero tutti i tormenti ed i dolori che hai patito Tu; desidero bere il callce dell'amarezza fino in fondo.


LA BONTA’ DI DIO.
La Misericordia di Dio nascosto nel SS.mo Sacramento, la voce del Signore che dal trono della Misericordia ci dice: «Venite a Me tutti».

DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L’ANIMA PECCATRICE.
Gesù: “Anima peccatrice, non aver paura del tuo Salvatore. Io per primo Mi avvicino a te, poiché so che tu da sola non sei capace di innalzarti fino a Me. Non fuggire, figliola, dal Padre tuo. Cerca di parlare a tu per tu col tuo Dio misericordioso, che desidera dirti parole di perdono e colmarti delle Sue grazie. Oh, quanto Mi è cara la tua anima! Ti tengo scritta sulle Mie mani. Sei rimasta incisa nella ferita profonda del Mio Cuore”. - L'anima: “Signore, sento la Tua voce che m'invita ad abbandonare la cattiva strada, ma non ho né la forza né il coraggio”. - Gesù: «Sono Io la tua forza. Io ti darò la forza per la lotta». - L'anima: “Signore, conosco la Tua santità, ed ho paura di Te”. - Gesù: «Perché hai paura, figlia Mia, del Dio della Misericordia? La Mia Santità non M'impedisce di essere misericordioso con te. Guarda, o anima, che per te ho istituito un trono di Misericordia sulla terra, e questo trono è il tabernacolo e da questo trono di Misericordia desidero scendere nel tuo cuore. Guarda, non Mi sono circondato né da un seguito né da guardie, puoi venire da Me in ogni momento, in ogni ora del giorno voglio parlare con te e desidero elargirti le Mie grazie». - L'anima: “Signore, ho paura che non mi possa perdonare un così gran numero di peccati, la mia miseria mi riempie di terrore”. - Gesù: «La Mia Misericordia è più grande delle tue miserie e di quelle del mondo intero. Chi ha misurato la Mia bontà? Per te sono disceso dal cielo in terra, per te Mi sono lasciato mettere in croce, per te ho permesso che venisse aperto con la lancia il Mio Sacratissimo Cuore ed ho aperto per te una sorgente di Misericordia. Vieni ed attingi le grazie da questa sorgente con il recipiente della fiducia. Non respingerò mai un cuore che si umilia; la tua miseria verrà sprofondata nell'abisso della Mia Misericordia. Perché mai dovresti litigare con Me sulla tua miseria? Fammi il piacere, dammi tutte le tue pene e tutta la tua miseria ed io ti colmerò con i tesori delle mie grazie». - L'anima: «Hai vinto, Signore, con la Tua bontà il mio cuore di pietra. Ecco che m'avvicino con fiducia ed umiltà al tribunale della Tua Misericordia, assolvimi Tu stesso per mano del Tuo rappresentante. O Signore, sento che è discesa la grazia e la pace nella mia povera anima. Sento che la Tua Misericordia, Signore, è penetrata in me da parte a parte. Mi hai perdonato più di quanto io osassi sperare, più di quanto fossi in grado di immaginare. La tua bontà ha superato ogni mio desiderio. Ed ora T'invito nel mio cuore presa da gratitudine per tante grazie. Ho sbagliato come il figliol prodigo andando fuori strada, ma Tu non hai cessato di essermi Padre. Moltiplica con me la Tua Misericordia, poiché vedi quanto sono debole». - Gesù: «Figlia, non parlare più della tua miseria, perché io non la ricordo più. Ascolta, figlia Mia, quello che desidero dirti: stringiti alle Mie ferite ed attingi dalla Sorgente della Vita tutto ciò che il tuo cuore può desiderare. Bevi a piene labbra alla Sorgente della Vita e non verrai meno durante il viaggio. Fissa lo sguardo allo splendore della Mia Misericordia e non temere i nemici della tua salvezza. Glorifica la Mia Misericordia».


DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L'ANIMA DISPERATA.

- Gesù: « Anima immersa nelle tenebre, non ti disperare, non è ancora perduto tutto. Parla col tuo Dio, che è l'amore e la Misericordia in persona ». Ma purtroppo l'anima rimane sorda al richiamo di Dio e s'immerge in tenebre ancora maggiori.

- Gesù la chiama di nuovo: « Anima, ascolta la voce di tuo Padre misericordioso ». Nell'anima si sta preparando una risposta: « Per me non c'è più Misericordia ». Ed essa precipita in tenebre sempre più fitte, in una specie di disperazione che le fa pregustare in certo modo l'inferno e la rende completamente incapace di avvicinarsi a Dio. Gesù per la terza volta parla all'anima, ma l'anima è sorda e cieca, incomincia a consolidarsi nell'ostinazione e nella disperazione. Allora incominciano in certo qual modo a sforzarsi le viscere della Misericordia di Dio e, senza alcuna cooperazione da parte dell'anima, Iddio le dà l'ultima grazia. Se la disprezza, Iddio la lascia ormai nello stato in cui essa stessa vuole stare per l'eternità. Questa grazia scaturisce dal Cuore misericordioso di Gesù e colpisce l'anima con la sua luce e l'anima incomincia a comprendere lo sforzo di Dio, ma la conversione dipende da lei. Essa sa che quella grazia è l'ultima per lei e se mostra un piccolo cenno di buona volontà - anche il più piccolo - la Misericordia di Dio farà il resto. - « Qui agisce l'onnipotenza della Mia Misericordia; felice l'anima che approfitta di quella grazia ». - Gesù: « Che grande gioia riempie il Mio cuore quando ritorni da Me. Vedo che sei molto debole, perciò ti prendo fra le Mie braccia e ti porto nella casa del Padre Mio ».

- L'anima è come se si risvegliasse: « È mai possibile che ci sia ancora Misericordia per me? » domanda piena di spavento.

- Gesù: « Proprio tu, bambina Mia, hai il diritto esclusivo alla Mia Misericordia. Permetti alla Mia Misericordia di operare in te, nella tua povera anima, fa' entrare nell'anima i raggi della grazia, essi vi porteranno luce, calore e vita ».

- L'anima: « Però al solo ricordo dei miei peccati sono presa dalla paura e questa paura tremenda mi spinge a dubitare della Tua bontà ».

- Gesù: « Sappi, o anima, che tutti i tuoi peccati non Mi hanno ferito così dolorosamente il cuore come la tua attuale sfiducia. Dopo tanti sforzi del Mio amore e della Mia Misericordia, non ti fidi della Mia bontà ».

- L'anima: « O Signore, salvami Tu, altrimenti perisco. Sii il mio Salvatore. O Signore, non sono capace di dire altro, il mio povero cuore è a pezzi, ma Tu, Signore... ». Gesù non permette all'anima di terminare la frase, ma la solleva da terra, dall'abisso della sua miseria e in un attimo l'introduce nella dimora del proprio Cuore, mentre tutti i peccati sono scomparsi in un batter d'occhio, un fuoco d'amore li ha distrutti.

- Gesù: « Eccoti, o anima, tutti i tesori del Mio Cuore, prendi tutto quello che ti serve ».

- L'anima: « O Signore, mi sento inondata dalla tua grazia, sento che è entrata in me una vita nuova, ma soprattutto sento il Tuo amore nel mio cuore; questo mi basta. O Signore, glorificherò l'onnipotenza della Tua Misericordia per tutta l'eternità. Incoraggiata dalla Tua bontà, Ti esprimerò tutto il dolore del mio cuore ».

- Gesù: « Dì tutto, bambina Mia, senza alcuna riserva, poiché ti ascolta un Cuore che ti ama, il Cuore del tuo migliore amico ».

-L'anima: « Signore, ora vedo tutta la mia ingratitudine e la Tua bontà. Tu m'inseguivi con la Tua grazia e io rendevo vani tutti i Tuoi sforzi; vedo che mi spettava il fondo stesso dell'inferno per aver sperperato le tue grazie ».

- Gesù interrompe le parole dell'anima e dice: « Non rivangare la tua miseria, sei troppo debole per parlare, guarda piuttosto il Mio Cuore pieno di bontà, assorbi i Miei sentimenti e procura di acquistare la mitezza e l'umiltà. Sii misericordiosa con gli altri, come Io lo sono con te e quando ti accorgi che le tue forze diventano deboli, vieni alla sorgente della Misericordia e rafforza la tua anima e non verrai meno lungo il tuo cammino ».

- L'anima: « Ormai comprendo la Tua Misericordia, che mi ripara come una nube luminosa e mi conduce alla casa del Padre mio, salvandomi dall'orribile inferno che avrei meritato non una, ma mille volte. O Signore, non sarà sufficiente per me l'eternità, per esaltare degnamente la Tua sconfinata Misericordia e la compassione che hai avuto per me ».

DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L'ANIMA CHE SOFFRE.

- Gesù: « O anima, ti vedo tanto sofferente, vedo che non hai nemmeno le forze per parlare con Me. Ecco che ti parlerò Io, o anima. Anche se le tue sofferenze fossero le più grandi, non perdere la serenità dello spirito e non lasciarti vincere dallo sconforto. Però dimmi, bambina Mia, chi ha osato ferire il tuo cuore? RaccontaMi tutto, raccontaMi tutto, sii sincera nel trattare con Me. SvelaMi tutte le ferite del tuo cuore, Io le guarirò e la tua sofferenza diverrà la fonte della tua santificazione ».

- L'anima: « Signore, le mie sofferenze sono così grandi, diverse e durano da così lungo tempo, che lo sconforto si è impadronito di me ».

- Gesù: « Bambina Mia, non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto. So che confidi in Me illimitatamente, so che conosci la Mia bontà e Misericordia, perciò potremmo parlare dettagliatamente di tutto ciò che ti pesa maggiormente sul cuore ».

- L'anima: « Sono tante e diverse le cose che ho, che non sodi che cosa parlare prima e come dire tutto questo ».

- Gesù: « Parlalai con semplicità, come si parla fra due amici. Su, dimmi un po', bambina Mia, che cos'è che ti frena sulla strada della santità? ».

- L'anima: « La mancanza di salute mi frena sulla strada della santità, non posso adempire i miei doveri ed eccomi qua, sono proprio una nullità. Non posso mortificarmi, fare un digiuno rigoroso, come hanno fatto i santi, inoltre non credono che io sia malata ed alla sofferenza fisica si aggiunge quella morale e da ciò derivano molte umiliazioni. Vedi bene, Gesù, come si può diventar santa in tali condizioni? ».

- Gesù: « Piccola, è vero, tutto ciò è sofferenza, ma per il cielo non c'è altra strada, all'infuori della strada della croce. Io Stesso l'ho percorsa per primo. Sappi che è la strada più corta e la più sicura ».

- L'anima: « Signore, ecco ancora un altro impedimento ed un ostacolo sulla strada della santità. Mi perseguitano perché Ti sono fedele e per questo motivo mi fanno soffrire ».

- Gesù: « Sappi che siccome non sei di questo mondo, il mondo ti odia. Ha perseguitato prima Me. Questa persecuzione è il segno che segui fedelmente le Mie orme ».

- L'anima: « Signore, un'altra cosa che mi dà sconforto è il fatto che le mie sofferenze interiori non le comprendono né i superiori né il confessore. Le tenebre hanno offuscato la mia mente e, in tali condizioni, come andare avanti? Ecco, tutto ciò in qualche modo contribuisce a scoraggiarmi e penso che le vette della santità non sono per me ».

- Gesù: « Ecco, bambina Mia, questa volta Mi hai detto molte cose. Lo so che è una grande sofferenza non essere capiti e per di più da coloro che amiamo e verso i quali la nostra sincerità è grande. Ti basti questo però, che Io comprendo tutte le tue pene e le tue miserie. Gioisco per la profonda fede che hai, nonostante tutto, nei Miei rappresentanti, ma sappi che gli uomini non possono capire totalmente un'anima, poiché ciò è al di sopra delle loro possibilità. Per questo sono restato sulla terra Io stesso, per confortare il tuo cuore addolorato e rafforzare la tua anima, affinché non venga meno lungo il cammino. Tu dici che grandi tenebre coprono la tua mente ed allora perché in quei momenti non vieni da Me, che sono la luce e in un istante posso infondere nella tua anima tanta luce e comprensione della santità che non potrai attingere da nessun libro e che nessun confessore è in grado d'insegnare, illuminando così un'anima? Sappi inoltre che queste tenebre, di cui ti lamenti, le ho sperimentate prima Io per te nell'Orto degli Ulivi. La Mia anima è stata oppressa da una tristezza mortale e a te do una piccola parte di quelle sofferenze, e questo per l'amore particolare che ho verso di te e per l'alto grado di santità che ti destino in cielo. L'anima che soffre è la più vicina al Mio Cuore ».

- L'anima: « Ancora una cosa, Signore. Cosa fare quando vengo disprezzata e respinta dalla gente e specialmente da coloro sui quali avevo diritto di contare e ciò nei momenti di maggior necessità? ».

- Gesù: « Bambina Mia, fai il proposito di non contare mai sugli uomini. Farai molte cose, se ti affiderai completamente alla Mia volontà e dirai: Avvenga di me non come voglio io, ma secondo la Tua volontà, o Dio. Sappi che queste parole, dette dal profondo del cuore, portano l'anima in un attimo sulle vette della santità. Per una tale anima ho una speciale predilezione, un'anima del genere Mi rende una grande gloria e riempie il cielo col profumo delle sue virtù. Sappi anche che la forza che hai per sopportare le sofferenze, la devi alla santa Comunione frequente, perciò va spesso a quella fonte di Misericordia ed attingi col recipiente della fiducia tutto ciò che ti serve ».

- L'anima: « Ti ringrazio, Signore, per la tua inconcepibile bontà, per esserTi degnato di rimanere con noi in questo esilio, dove dimori con noi come Dio di Misericordia e diffondi attorno a te lo splendore della tua compassione e bontà. Alla luce dei Tuoi raggi di Misericordia ho conosciuto quanto mi ami ».

DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L'ANIMA CHE TENDE VERSO LA PERFEZIONE.

- Gesù: « Mi sono graditi i tuoi sforzi, o anima che tendi alla perfezione, ma perché ti vedo così spesso triste ed abbattuta? Dimmi, bambina Mia, che significa questa tristezza e quale ne è la causa? ».

- L'anima: « La causa della mia tristezza, Signore, proviene dal fatto che, nonostante i miei propositi sinceri, cado continuamente e sempre negli stessi difetti. La mattina faccio i propositi, e la sera vedo quanto sono andata lontano da tali propositi ».

- Gesù: « Vedi, bambina Mia, quello che sei per te stessa. La causa delle tue cadute dipende dal fatto che conti troppo su te stessa e ti appoggi troppo poco su di Me. Ma questo non deve rattristarti eccessivamente, hai a che fare con un Dio misericordioso; la tua miseria non Lo esaurisce, del resto non ho limitato il numero delle volte in cui posso perdonarti ».

- L'anima: « Si, conosco tutto ciò, ma mi assalgono grandi tentazioni e vari dubbi sorgono in me ed inoltre tutto mi irrita e mi scoraggia ».

- Gesù: « Sappi, bambina Mia, che l'ostacolo più grande alla santità è lo scoraggiamento e l'inquietudine ingiustificata, che ti toglie la possibilità di esercitarti nelle virtù. Tutte le tentazioni messe assieme non dovrebbero turbarti la pace interiore nemmeno per un istante e l'irritabilità e lo scoraggiamento sono frutto del tuo amor proprio. Non devi scoraggiarti, ma cercare di far regnare il Mio amore al posto del tuo amor proprio. Perciò fiducia, bambina Mia, non devi scoraggiarti, ma venire a chiedere il perdono a Me, dato che Io sono sempre disposto a perdonarti. Ogni volta che Me lo chiedi, esalti la Mia Misericordia ».

- L'anima: «Io conosco ciò che è più perfetto e ciò che a Te piace di più, ma incontro grandi ostacoli nell'eseguire ciò che conosco».

- Gesù: « Bambina Mia, la vita su questa terra è una lotta ed una grande lotta per il Mio regno, ma non temere, non sei sola. Io ti sostengo sempre, quindi appoggiati al Mio braccio e combatti senza aver paura di nulla. Prendi il recipiente della fiducia ed attingi alla sorgente della vita, non solo per te, ma pensa anche alle altre anime, e specialmente a quelle che non hanno fiducia nella mia bontà ».

- L'anima: « Signore, sento che il mio cuore si riempie del Tuo amore, che i raggi della Tua Misericordia e del Tuo amore sono penetrati nella mia anima. Eccomi, Signore, che vengo per rispondere alla Tua chiamata. Ecco, vado alla conquista delle anime, sostenuta dalla Tua grazia; sono pronta a seguirTi, Signore non solo sul Tabor, ma anche sul Calvario. Voglio condurre le anime alla sorgente della Tua Misericordia, affinché su tutte le anime si rifletta lo splendore dei Tuoi raggi misericordiosi e si riempia la casa del Padre. E quando il nemico comincerà a lanciare i suoi proiettili contro di me, mi riparerò dietro lo scudo della Tua Misericordia ».

DIALOGO FRA DIO MISERICORDIOSO E L'ANIMA PERFETTA.

- L'anima: « O mio Signore e Maestro, desidero parlare un po con te ».

- Gesù: « Parla, figliola cara che ti ascolto in ogni momento e ti attendo sempre. Di che cosa desideri parlare con Me? ».

- L'anima: « Signore, prima di tutto effondo il mio cuore ai Tuoi piedi, come profumo di riconoscenza per tante grazie e benefici, di cui mi colmi continuamente e che, se anche lo volessi, non sarei in grado di elencare. Ricorderò soltanto che non c'è stato un solo momento nella mia vita in cui non abbia sperimentato la Tua protezione e la Tua bontà ».

- Gesù: « Ho piacere di parlare con te e la riconoscenza che hai espresso ti apre nuovi tesori di grazie, ma bambina Mia, invece di parlare così in generale, vogliamo scendere ai particolari su ciò che ti sta maggiormente a cuore? Parleremo confidenzialmente, sinceramente, come due cuori che si amano reciprocamente ».

- L'anima: « O mio Signore misericordioso, ci sono segreti nel mio cuore, dei quali nessuno sa né saprà nulla eccetto Te, poiché anche se li volessi svelare, nessuno mi comprenderebbe. Ne conosce qualche cosa il Tuo rappresentante; dato che mi confesso da lui, ma solo in quanto io sono in grado di svelare questi segreti. Il resto, Signore, rimane fra di noi per l'eternità! Mi hai coperto col manto della Tua Misericordia, perdonandomi sempre i peccati. Non mi hai rifiutato il Tuo perdono nemmeno una volta, ma avendo compassione di me, mi hai dato sempre una vita nuova, la vita della grazia. Ed affinché non avessi dubbi in nulla, mi hai affidato all'amorevole assistenza della Tua Chiesa, di questa vera tenera madre, che a nome Tuo mi assicura sulle verità della fede e vigila perché non cada in errore. E specialmente nel tribunale della Tua Misericordia la mia anima esperimenta tutto un mare di benevolenza. Agli angeli caduti non hai dato il tempo di fare penitenza, non hai prolungato per loro il tempo della Misericordia. O mio Signore, hai posto sulla strada della mia vita dei santi sacerdoti, che mi indicano il cammino sicuro. O Gesù, c'è ancora un segreto nella mia vita, il più profondo ed il più caro per me: sei Tu stesso sotto le specie del pane, quando vieni nel mio cuore. Qui c'è tutto il mistero della mia santità. Qui il mio cuore unito al Tuo diviene una cosa sola, qui non esiste più alcun mistero, poiché tutto quello che è Tuo è mio, e quello che è mio è Tuo. Ecco l'onnipotenza ed il miracolo della Tua Misericordia. Anche se fossero unite insieme tutte le lingue, umane ed angeliche, non si troverebbero parole a sufficienza per esaltare questo mistero d'amore e della Tua insondabile Misericordia. Quando considero questo mistero d'amore, il mio cuore cade in una nuova estasi d'amore e ti parlo di tutto, Signore, tacendo, poiché il linguaggio d'amore è senza parole, ma non perde un solo palpito del mio cuore. O Signore, nonostante che Tu Ti sia grandemente abbassato, la Tua grandezza è molto aumentata nella mia anima e per questo si è risvegliato nella mia anima un amore ancora più grande verso di Te, unico oggetto del mio amore. E la vita d'amore e d'unione si manifesta all'esterno con una perfetta purezza e una profonda umiltà, una soave mitezza ed un grande fervore per la salvezza delle anime. O mio dolcissimo Signore, Tu vegli su di me in ogni istante e mi mandi l'ispirazione sul modo di comportarmi in un dato caso, quando il mio cuore è incerto fra una cosa o l'altra. Tu stesso più d'una volta sei intervenuto a risolvere questioni. Ah, quante innumerevoli volte, con una illuminazione istantanea, mi hai fatto conoscere quello che preferivi! Quanti segreti perdoni, di cui nessuno sa nulla! Quante volte hai riversato forza e coraggio nella mia anima, perché andasse avanti. Tu stesso hai rimosso le difficoltà dal mio cammino, intervenendo direttamente nella vicenda umana. O Gesù, tutto quello che Ti ho detto è una pallida ombra di fronte alla realtà che c'è nel mio cuore. O mio Gesù, quanto desidero la conversione dei peccatori! Tu sai quello che faccio per loro, per conquistarli a Te. Mi addolora enormemente ogni offesa fatta a Te. Tu vedi che non risparmio né forza né salute né vita in difesa del Tuo regno. Sebbene i miei sforzi non siano avvertibili su questa terra, non di meno hanno valore ai Tuoi occhi. O Gesù, desidero condurre le anime alla sorgente della Tua Misericordia affinché attingano con il recipiente della fiducia l'acqua vivificante della vita. Quando un'anima desidera per sé una maggiore Misericordia di Dio, si avvicini a Lui con grande fiducia, e se la sua fiducia in Dio sarà senza limiti, anche la divina Misericordia sarà per lei senza limiti. O mio Signore, che conosci ogni battito del mio cuore, Tu sai quanto ardentemente desidero che tutti i cuori battano esclusivamente per Te, affinché ogni anima esalti la grandezza della Tua Misericordia ».

- Gesù: « Mia cara figliola, delizia del Mio cuore, la tua conversazione per Me è più piacevole e gradita del canto degli angeli. Per te sono aperti tutti i tesori del Mio Cuore. Prendi da questo Cuore ciò che serve per te e per il mondo intero. Per il tuo amore ritiro le giuste punizioni che l'umanità aveva meritato. Un solo atto di puro amore verso di Me, Mi è più gradito che migliaia di inni di anime imperfette. Un tuo solo sospiro d'amore Mi ricompensa per molti insulti di cui Mi coprono gli empi. La tua più piccola azione, cioè un atto di virtù, ha ai Miei occhi un valore smisurato, e questo per il grande amore che hai per Me. In un'anima che vive esclusivamente del Mio amore, Io regno come in cielo. Il Mio occhio veglia su di lei giorno e notte e trovo in essa il Mio compiacimento ed ho l'orecchio teso alle sue suppliche ed al più piccolo fremito del suo cuore e spesso prevengo le sue richieste. O figlia da Me particolarmente amata, pupilla del Mio occhio, riposa un momento accanto al Mio Cuore ed assapora quell'amore di cui ti delizierai per tutta l'eternità. Ma, figlia, ancora non sei nella patria, perciò va', fortificata dalla Mia grazia e combatti per il Mio regno nelle anime umane, combatti come figlia dei Re e ricordati che i giorni dell'esilio passeranno presto e con essi la possibilità di acquistare meriti per il cielo. Figlia Mia, da te Mi aspetto un gran numero di anime, che glorificheranno la Mia Misericordia per tutta l'eternità. Figlia Mia, per rispondere degnamente alla Mia chiamata, riceviMi ogni giorno nella santa Comunione: essa ti darà la forza... ».

-L'anima: Gesù, non lasciarmi sola nella sofferenza; Tu, Signore, sai quanto sono debole, sono un abisso di miseria, sono il nulla stesso. Perciò che c'è di strano se mi lasci sola e cado? Sono come un lattante, Signore, non so cavarmela da sola, però nonostante ogni abbandono, ho fiducia anche in contrasto coi miei sentimenti; ho fiducia e mi trasformo tutta in fiducia, talvolta, nonostante quello che sento in contrario dentro di me. Non diminuire affatto le mie pene, ma dammi la forza di sopportane. Fa' di me quello che vuoi, o Signore, dammi solo la grazia di saperTi amare in ogni caso e in ogni circostanza. Non ridurre, Signore, il calice dell'amarezza, ma dammi la forza di berlo fino all'ultima goccia. O Signore, talvolta m'innazzl fino allo splendore delle visioni e poi mi sprofondi di nuovo in una notte buia e nell'abisso del mio nulla e l'anima si sente quasi sola nel mezzo di un gran deserto... Tuttavia al di sopra di tutto confido in Te, o Gesù, poiché sei immutabile. La mia disposizione d'animo è mutevole, Tu invece sei sempre lo stesso, pieno di Misericordia.
O Gesù, fonte della vita, santificami! Mia forza, fortificami! O mio Capo supremo, combatti per me! Unica luce della mia anima, illuminami! Mio Maestro, guidami! Mi affido a Te come un lattante all'amore della propria mamma. Anche se tutto congiurasse contro di me ed anche se venisse a mancarmi la terra sotto i piedi, rimarrei tranquilla accanto al Tuo Cuore. Tu sei per me la più tenera delle madri e sorpassi tutte le madri. Ti canterò il mio dolore col silenzio e Tu mi comprenderai oltre ogni mio modo di esprimermi...

+ Oggi il Signore è venuto a farmi visita e mi ha detto: «Figlia Mia, non aver paura di quello che potrà accaderti, non ti darò prove al di sopra delle tue forze. Conosci la potenza della Mia grazia, questo ti basti». Dopo queste parole il Signore mi ha fatto comprendere in modo più approfondito l'azione della Sua grazia. Prima della santa Comunione Gesù mi ha fatto conoscere che non dovevo assolutamente dare ascolto nel parlare con una certa suora, perché non Gli piace la sua scaltrezza e la sua astuzia. «Figlia Mia, non far conoscere a quella persona né le tue idee né la tua opinione». Ho chiesto perdono al Signore per quello che non Gli piace in quell'anima e L'ho scongiurato di sostenermi con la Sua grazia nel momento in cui verrà di nuovo a parlare con me. Quella persona mi aveva domandato molte cose alle quali avevo risposto con tutto l'affetto di sorella e, per dimostrarle che parlavo sinceramente, le avevo detto alcune cose sperimentate personalmente da me, ma le intenzioni di quell'anima erano diverse dalle parole che aveva sulle labbra..

+ O mio Gesù, dai momento in cui mi sono data completamente a Te, non penso affatto a me stessa. Puoi fare di me quello che Ti piace. Io penso soltanto ad una cosa, cioè a quello che Ti piace di più, con che cosa, Signore, posso farTi piacere. Sto in ascolto ed attenta ad ogni occasione, non curandomi che all'esterno venga in tal caso giudicata diversamente...

15.1.1938. Oggi quando è venuta a trovarmi quella stessa suora, per la quale sono stata ammonita dal Signore, mi sono preparata spiritualmente per la lotta. Benché la cosa mi sia costata molto, non mi sono allontanata nemmeno di un capello dalla raccomandazione divina. Tuttavia, quando stava già per passare un'ora di tempo e quella suora non pensava ad andarsene, ho invocato interiormente l'aiuto di Gesù. All'improvviso ho udito una voce nell'anima: «Non temere, ti guardo in questo momento e ti vengo in aiuto. Ti mando subito due suore, che verranno a farti visita ed allora ti sarà facile continuare la conversazione». Ed in quello stesso istante entrarono due suore e la conversazione allora divenne molto facile, ma si protrasse ancora per mezz’ora. Oh, com'è bene durante una conversazione invocare l'aiuto di Gesù! Oh, com'è bene nei momenti di tranquillità impetrare per sé le grazie attuali! Ho una gran paura di simili conversazioni apparentemente confidenziali; in casi analoghi occorre avere molta luce da parte di Dio per poter conversare con profitto per quell'anima e per noi. Dio concede il Suo aiuto, ma bisogna domandarglielo; nessuno confidi eccessivamente su se stesso.

17.1.1938. Oggi fin dalla mattina la mia anima si trova nelle tenebre. Non riesco ad elevarmi fino a Gesù, mi sento quasi abbandonata da Lui. Non mi rivolgerò alle creature per ottenere luce, poiché so che esse non possono illuminarmi, se Gesù intende mantenermi nelle tenebre. Mi sottometto alla Sua santa volontà e soffro, ma la lotta assume un aspetto sempre maggiore. Durante i vespri ho voluto unirmi con la preghiera alle consorelle. Quando mi sono trasferita col pensiero in cappella, il mio spirito è sprofondato in tenebre ancora più fitte. Sentivo disgusto per ogni cosa. All'improvviso sento la voce di satana: «Guarda come è tutto contraddittorio ciò che ti dà Gesù: ti ordina di fondare un convento e ti manda la malattia; ti ordina di interessarti della festa della Misericordia ed una festa del genere il mondo non la vuole. Perché preghi per questa festa? Questa festa è così inopportuna». L'anima mia tace e prega con un atto della volontà, senza entrare in colloquio con lo spirito delle tenebre. Tuttavia s'impadronisce di me un disgusto così strano della vita, che debbo fare un grande sforzo della volontà per poterla accettare... E sento di nuovo le parole del tentatore: «Domani, dopo la santa Comunione, chiedi di morire. Dio ti ascolterà. Infatti ti ha ascoltato tante volte e ti ha dato quello che Gli avevi chiesto». Taccio e prego con un atto della volontà, anzi mi sottometto a Dio, pregandoLo interiormente che non mi abbandoni in questo momento.

Sono già le undici di sera, tutte le suore dormono ormai nelle loro celle, solo la mia anima combatte e con grande impegno. Il tentatore mi dice ancora: « Perché t'interessano le altre anime? Tu devi pregare solo per te stessa. I peccatori si convertiranno senza le tue preghiere. Vedo che soffri molto in questo momento, ti do un consiglio dal quale dipenderà la tua felicità: non parlare mai della divina Misericordia, e specialmente non incitare i peccatori alla fiducia nella divina Misericordia, poiché a loro spetta una giusta punizione. La seconda cosa è la più importante, non parlare di quello che avviene nella tua anima coi confessori e specialmente a quel Padre straordinario e a quel prete di Wilno. Io li conosco, so chi sono, perciò voglio metterti in guardia da loro. Guarda che per essere una buona suora è sufficiente vivere come tutte le altre. Perché esporti a tante difficoltà? ». Io continuo a tacere e con un atto della volontà persevero tutta in Dio, sebbene mi sfugga dal cuore un lamento. Il tentatore finalmente se ne andò e io sfinita mi addormentai immediatamente. La mattina, subito dopo la santa Comunione, entrai nella mia cella e, cadendo in ginocchio, rinnovai l'atto di sottomissione in tutto alla santissima volontà di Dio.

Ti prego, Gesù, dammi la forza per lottare, avvenga di me secondo la Tua SS.ma volontà. La mia anima si è innamorata della Tua SS.ma volontà. In quel momento vidi Gesù che mi disse: «Sono contento di quello che fai e continua a stare tranquilla se fai sempre tutto quello che è in tuo potere per quest'opera della Misericordia. Abbi la massima sincerità col confessore. Satana, dalla tentazione che ti ha teso, non ha avuto alcun profitto, poiché non ti sei messa a conversare con lui. Continua così. Oggi Mi hai reso un grande onore lottando così fedelmente. Perseveri e si rafforzi il tuo cuore nella convinzione che Io sono sempre con te, anche se nel momento della lotta tu non Mi senti...». Oggi l'amore di Dio mi trasporta in un altro mondo. Sono immersa nell'amore, amo e sento che sono amata e sto vivendo questo in piena consapevolezza. La mia anima annega nel Signore, e conosce la grande maestà di Dio e la propria piccolezza e tale conoscenza aumenta la mia felicità... Questa consapevolezza è tanto viva nella mia anima, tanto forte e nello stesso tempo tanto dolce.

+ Dato che ora non posso dormire di notte neppure un po' perché i dolori non me lo permettono, visito tutte le chiese e cappelle e, sebbene per poco tempo, adoro il SS.mo Sacramento. Quando torno nella mia cappella, prego per certi sacerdoti che annunciano e diffondono la Misericordia di Dio. Prego anche per le intenzioni del Santo Padre e per impetrare la Misericordia di Dio per i peccatori. Queste sono le mie notti.

20.1.38. Non striscio mai davanti a nessuno. Non sopporto le adulazioni, e l'umiltà è solo verità; nella vera umiltà non c'è servilismo. Benché mi consideri la più piccola di tutto il convento, d'altra parte sono lieta della dignità di sposa di Gesù... Poco importa se qualche volta sento dire che sono superba, poiché so bene che i giudizi degli uomini non riescono a scorgere i motivi delle azioni. Quando all'inizio della mia vita religiosa, subito dopo il noviziato, cominciai ad esercitarmi in modo particolare nell'umiltà, non mi bastavano le sole umiliazioni che Dio mi mandava, ma le cercavo io stessa e in un fervore esagerato mi mostravo talvolta ai superiori quale non ero in realtà e non avevo neppure un'idea di tali miserie. Dopo poco però Gesù mi fece conoscere che l'umiltà è soltanto verità. Da quel momento mutai il mio punto di vista seguendo fedelmente la luce di Gesù. Compresi che se un'anima sta con Gesù, Egli non le permette di sbagliare.

+ Signore, Tu sai che fin dalla mia giovinezza ho sempre cercato la Tua volontà e, conosciutala, ho cercato di metterla in pratica. Il mio cuore era abituato alle ispirazioni dello Spirito Santo, al quale sono fedele. Anche in mezzo al più grande frastuono riuscivo ad udire la voce di Dio; so sempre quello che avviene nel mio intimo.. M'impegno per la santità, poiché con essa sarò utile alla Chiesa. Faccio sforzi continui nelle virtù. Procuro di imitare fedelmente Gesù e questa serie di atti di virtù quotidiani, silenziosi, nascosti, quasi impercettibili, ma eseguiti con tanto amore, li depongo nel tesoro della Chiesa di Dio a comune vantaggio delle anime. Sento interiormente come se avessi la responsabilità di tutte le anime: sento chiaramente che vivo non solo per me, ma per tutta la Chiesa...

+ O Dio incomprensibile, il mio cuore si strugge dalla gioia, poiché m'hai permesso di penetrare i misteri della Tua Misericordia. Tutto ha inizio dalla Tua Misericordia, e tutto termina nella Tua Misericordia... Ogni grazia deriva dalla Misericordia e l'ultima ora è piena di Misericordia per noi. Nessuno dubiti della bontà di Dio, anche se i suoi peccati fossero neri come la notte, la Misericordia di Dio è più forte della nostra miseria. Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po' le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia: Dio farà il resto. Ma infelice quell'anima che perfino nell'ultima ora ha tenuto chiusa la porta alla Misericordia di Dio! Sono state queste anime che hanno immerso Gesù nell'Orto degli Ulivi in una tristezza mortale. Ciò nonostante dal Suo Cuore compassionevolissimo scaturì la divina Misericordia.

21.1.38. Gesù, sarebbe veramente tremendo soffrire se non ci fossi Tu, ma proprio Tu, o Gesù disteso in croce, mi dai forza e sei sempre accanto all'anima che soffre. Le creature abbandonano l'uomo che soffre, ma Tu, Signore, sei fedele... Capita spesso durante la malattia come con Giobbe nell'Antico Testamento. Finché uno cammina e lavora, va tutto bene e liscio, ma se Dio manda una malattia, gli amici cominciano a diminuire. Però ci sono. S'interessano dei nostri patimenti e così via; ma se Iddio ci manda una lunga malattia, poco alla volta cominciano ad abbandonarci anche questi amici fedeli. Ci vengono a visitare più di rado e spesso le loro visite ci procurano sofferenza. Invece di confortarci, ci rinfacciano varie cose che ci fanno soffrire molto e così l'anima, come Giobbe, rimane sola, ma per fortuna non è sola, dato che c'è con lei Gesù Ostia. Dopo aver assaporato le predette sofferenze ed aver passato tutta la notte nell'amarezza, quando al mattino il cappellano mi portò la santa Comunione, dovetti frenarmi con la forza della volontà, per non gridare a piena voce: “Ti saluto, vero ed unico Amico! “.

La santa Comunione mi dà la forza per affrontare la sofferenza e la lotta. Voglio dire ancora una cosa che ho sperimentato io stessa. Quando Dio non manda né la morte, né la salute e questo dura degli anni, le persone attorno vi si abituano e considerano il malato come se non fosse tale. Allora incomincia la catena di un silenzioso martirio. Dio solo sa quanti sacrifici Gli offre quell'anima. Una sera che mi sentivo così male che non sapevo come raggiungere la cella, incontrai la suora Assistente che stava dicendo ad una delle suore direttrici di andare in portineria per una commissione. Appena mi vide disse alla stessa: « Sorella, non va più lei, andrà Suor Faustina, dato che piove forte ». Risposi: « Va bene ». Andai e sbrigai la commissione, ma Dio solo ne sa qualcosa. Questa è soltanto una di tante frasi analoghe. Qualche volta sembra proprio che una suora del secondo coro sia di sasso, ma anch'essa è una creatura umana, ha un cuore e dei sentimenti.'In casi del genere Dio stesso viene in aiuto, altrimenti l'anima non riuscirebbe a sopportare tali croci, di cui non ho scritto ancora nulla e non ho intenzione di scriverne adesso, ma ne scriverò quando avrò l'ispirazione... Oggi durante la santa Messa ho visto Gesù sofferente, come se agonizzasse in croce, il quale mi ha detto: «Figlia Mia, medita spesso sulle Mie sofferenze che ho subito per te, e quello che tu soffri per Me non ti sembrerà eccessivo. Mi fai molto piacere quando mediti sulla Mia dolorosa Passione. Unisci le tue piccole sofferenze alla Mia dolorosa Passione, affinché acquistino un valore infinito davanti alla Mia Maestà».

+ Oggi Gesù mi ha detto: «Mi chiami spesso Maestro. Ciò è gradito al Mio cuore, ma non dimenticare, alunna Mia, che sei alunna di un Maestro Crocifisso. Questa sola parola ti basti. Tu sai ciò che è racchiuso nella croce».

+ Ho conosciuto che nella pazienza è nascosta la potenza più grande. Vedo che la pazienza conduce sempre alla vittoria, benché non subito, ma tale vittoria arriva dopo anni. La pazienza va assieme alla mitezza. Ho passato tutta la notte nella prigione sotterranea con Gesù. Era una notte di adorazione. Le suore pregavano in cappella. Io mi sono unita a loro in ispirito, perché la mancanza di salute non mi ha permesso di andare in cappella. Per tutta la notte però non sono riuscita ad addormentarmi, perciò l'ho passata nella prigione sotterranea con Gesù. Gesù mi ha fatto conoscere le sofferenze che vi ha patito. Il mondo le conoscerà il giorno del giudizio. «Figlia Mia, dì alle anime che dò loro come difesa la Mia Misericordia. Combatto per loro Io solo e sopporto la giusta collera del Padre Mio». “Figlia Mia, dì che la festa della Mia Misericordia è uscita dalle Mie viscere a conforto del mondo intero”. O Gesù, mia pace e mio riposo, Ti prego per questa suora, illuminala, in modo che cambi interiormente, sostienila potentemente con la Tua grazia, affinché anche lei possa giungere alla perfezione...

Oggi prima della santa Comunione il Signore mi ha detto: «Figlia Mia, oggi parla con la Superiora apertamente della Mia Misericordia, poiché essa fra le Superiore è stata quella che ha partecipato maggiormente a diffonderla». In realtà nei pomeriggio è venuta la Madre ed abbiamo parlato di quest'opera di Dio. La Madre mi ha detto che le immaginette non erano venute molto bene e che ne vendevano poche. «Ma io stessa, ha aggiunto, ne ho preso un bel po' e le distribuisco dove ritengo opportuno e faccio quello che posso perché si diffonda l'opera della Misericordia». Quando se ne fu andata, il Signore mi ha fatto conoscere quanto Gli è cara quell'anima. Oggi il Signore mi ha detto: «Ho aperto il Mio Cuore come una viva sorgente di Misericordia, tutte le anime vi attingano la vita, si avvicinino con grande fiducia a questo mare di Misericordia. I peccatori otterranno la giustificazione ed i giusti verranno rafforzati nel bene. A colui che avrà posto la sua fiducia nella Mia Misericordia, nell'ora della morte colmerò l'anima con la Mia pace divina». Il Signore mi ha detto: «Figlia Mia, non desistere dal diffondere la Mia Misericordia, con ciò procurerai refrigerio al Mio Cuore, che arde del fuoco della compassione per i peccatori. Dì ai Miei sacerdoti che i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata Misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore. Ai sacerdoti che proclameranno ed esalteranno la Mia Misericordia, darò una forza meravigliosa, unzione alle loro parole e commuoverò i cuori ai quali parleranno». La vita comune è pesante per se stessa, ma è doppiamente pesante vivere a stretto contatto con anime superbe. O Dio, concedimi una fede più profonda, in modo che riesca sempre a scorgere in ogni suora la Tua santa immagine, scolpita nella sua anima... Amore eterno, fiamma pura, ardi incessantemente nel mio cuore e divinizza tutto il mio essere in forza della Tua eterna predilezione, per la quale mi hai dato l'esistenza, chiamandomi a partecipare alla Tua eterna felicità. O Signore misericordioso, mi hai colmata di questi doni unicamente per la Tua Misericordia. Vedendo che tutto quello che ho mi è stato dato gratuitamente, nell'umiltà più profonda adoro la Tua bontà inconcepibile. Signore, lo stupore m'inonda il cuore al pensiero che Tu, Signore assoluto, non hai bisogno di nessuno e tuttavia per puro amore Ti abbassi a questo modo fino a noi. Non finisco mai di stupirmi quando il Signore entra in rapporti di intimità così stretta con una sua creatura; anche qui è evidente la Sua insondabile bontà. Incomincio sempre questa meditazione e non riesco mai a terminarla, poiché il mio spirito s'immerge totalmente in Lui. Che delizia amare con tutte le forze della propria anima ed essere a sua volta amata ancora di più, sentire tutto questo e viverlo nella piena consapevolezza del proprio essere! Non ci sono parole per esprimerlo.

25.1.38. O mio Gesù, quanto sei buono e paziente! Talvolta ci guardi proprio come dei bambini. Certe volte Ti preghiamo e non sappiamo nemmeno noi per che cosa ed alla fine della preghiera, quando ci dai quello che abbiamo chiesto, non vogliamo accettarlo. Un giorno venne da me una certa suora e mi chiese di pregare e mi disse che non poteva più resistere se la situazione continuava così. « Preghi, sorella ». Risposi che l'avrei fatto. Incominciai una novena alla divina Misericordia e venni a sapere che Dio le avrebbe concesso la grazia, ma lei dopo averla ottenuta sarebbe stata nuovamente insoddisfatta. Tuttavia continuai a pregare come mi aveva chiesto. Il giorno dopo rivenne la stessa suora. Appena iniziò il discorso, si mise a parlare della stessa cosa. Le dissi: « Lei sa, sorella, che non dobbiamo costringere il Signore Dio con la preghiera a darci quello che vogliamo noi, ma dobbiamo piuttosto sottometterci alla Sua santa volontà ». A lei però sembrava che quanto chiedeva fosse indispensabile. Verso la fine della novena tornò di nuovo quella suora e mi disse: « Gesù mi ha concesso la grazia, ma... ma adesso la penso diversamente. Sorella, preghi, perché torni di nuovo com'era prima». Le risposi: « Si, pregherò, ma perché lei faccia la volontà di Dio e non quello che vuole lei... Misericordiosissimo Cuore di Gesù, difendici dalla giusta ira di Dio!

+ Una certa suora mi perseguita di continuo unicamente per il fatto che Dio ha rapporti così stretti con me. A lei sembra che tutto ciò sia una finzione da parte mia. Quando ritiene che io abbia commesso qualche mancanza, dice: « Hanno le visioni e commettono colpe di questo genere! ». Ne ha parlato in giro alle altre suore con un'interpretazione sempre sfavorevole; diffonde prevalentemente l’opinione che si tratti di una mezza pazza. Un giorno mi diede fastidio che quella goccia d'intelligenza umana indagasse a quel modo sui doni di Dio. Dopo la santa Comunione pregni perché Iddio la illuminasse. Conobbi tuttavia che quell'anima, se non cambia la sua disposizione interiore, non giungerà alla perfezione.

+ Quando mi lamentai con Gesù per una certa persona: « Gesù, come può quella persona emettere un simile giudizio anche sull'intenzione? ». Il Signore mi rispose: «Non ti meravigliare di questo. Quell'anima non conosce nemmeno se stessa, come può emettere un giudizio equilibrato su un'altra anima?». Oggi ho visto Padre Andrasz che pregava. Ho conosciuto che intercedeva presso Dio anche per me. Il Signore qualche volta mi fa conoscere chi prega per me. Mi sono ritirata un po' nell'ombra, come se quest'opera di Dio non m'interessasse. In questo momento non ne parlo, ma con tutta l'anima sono immersa nella preghiera e supplico Dio che si degni di affrettare questo grande dono, cioè la festa della Misericordia e vedo che Gesù opera e dà Egli stesso le indicazioni su come condurla a termine. Nulla avviene per caso. Oggi ho detto a Gesù: « Vedi quante difficoltà prima che credano che sei Tu stesso l'autore di quest'opera? Ed anche adesso non tutti ci credono ancora ». «Sta' tranquilla, bambina Mia, nulla può opporsi alla Mia volontà. Nonostante le mormorazioni e l'avversione delle suore, la Mia volontà si compirà in te in tutta la sua estensione, fino all'ultimo desiderio e determinazione. Non rattristarti per questo. Anch'io sono Stato la pietra dello scandalo per alcune anime...».

+ Gesù si è lamentato per il gran dolore che gli procura l'infedeltà delle anime elette: «Ed ancora di più ferisce il Mio Cuore la loro mancanza di fiducia dopo la caduta. Se non avessero sperimentato la bontà del Mio Cuore, ciò Mi addolorerebbe di meno». Ho visto la collera di Dio sospesa sulla Polonia. Ed ora vedo che, se Iddio colpisse il nostro paese coi più grandi castighi, ciò sarebbe ancora una grande Misericordia da parte Sua, poiché per delitti così gravi potrebbe punirci con la rovina eterna. Rimasi terrorizzata quando il Signore scostò appena un poco il velo. Ora vedo chiaramente che le anime elette sostengono l'esistenza del mondo, fino a quando la misura sarà colma...

+ Ho visto l'impegno nella preghiera di un certo sacerdote. La sua preghiera era simile alla preghiera di Gesù nell'Orto. Oh, se quel sacerdote sapesse quanto è stata gradita al Signore quella preghiera!... O Gesù, mi chiudo nel Tuo misericordiosissimo Cuore, come in una fortezza inespugnabile, per difendermi dai proiettili dei nemici. Oggi sono stata accanto ad una certa persona che agonizzava, stava morendo dalle parti della nostra famiglia. L'ho sostenuta con la preghiera. Dopo un po' ho sentito dolore alle mani, ai piedi ed al fianco per un breve momento...

27.1.38. Oggi durante l'ora santa Gesù si è lamentato con me per l'ingratitudine delle anime. «In cambio dei benefici ottengo ingratitudine, in cambio dell'amore ottengo dimenticanza ed indifferenza. Il Mio cuore non può sopportarlo». A questo punto nel mio cuore si è acceso un amore così forte verso Gesù che mentre mi offrivo per le anime ingrate, in un istante mi sono immersa completamente in Lui. Quando sono rientrata in me, il Signore mi ha fatto assaporare una piccola parte di quell'ingratitudine che inondava il Suo Cuore. Quest'esperienza è durata un tempo breve. Oggi ho detto al Signore: «Quando mi prenderai con Te? Io mi sono già sentita così male che ho atteso la Tua venuta con tanta nostalgia». Gesù mi ha risposto: «Sii sempre pronta, ma ormai non ti lascerò più a lungo in questo esilio. Deve compiersi in te la Mia santa volontà». «O Signore, se la Tua santa volontà non si è ancora completamente adempiuta su di me, eccomi sono pronta a tutto ciò che Tu vuoi, o Signore. O mio Gesù, mi meraviglio soltanto per il fatto che Tu mi fai conoscere tanti segreti, ma l'ora della mia morte non vuoi rivelarmela ». Ed il Signore ha risposto: «Sta' tranquilla, te la farò conoscere, ma non ora». « Ah, mio Signore, Ti chiedo perdono per aver voluto saperlo. Tu sai bene perché, poiché Tu conosci il mio cuore pieno di nostalgia, che anela ardentemente a Te. Tu sai che non vorrei morire nemmeno un istante prima, ma solo quando Tu hai stabilito fin dall'eternità». Gesù ha ascoltato con singolare benevolenza le mie confidenze. [Qui metà della pagina è bianca].

28.1.38. Oggi il Signore mi ha detto: «Figlia Mia, scrivi queste parole: «Tutte le anime che adoreranno la Mia Misericordia e ne diffonderanno il culto, esortando altre anime alla fiducia nella Mia Misericordia, queste anime nell'ora della morte non avranno paura. La Mia Misericordia le proteggerà in quell'ultima lotta... Figlia Mia, esorta le anime a recitare la coroncina che ti ho dato. Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno. Se la reciteranno peccatori incalliti, colmerò di pace la loro anima, e l'ora della loro morte sarà serena. Scrivi questo per le anime afflitte: quando l'anima vede e riconosce la gravità dei suoi peccati, quando si svela ai suoi occhi tutto l'abisso di miseria in cui è precipitata, non si disperi, ma si getti con fiducia nelle braccia della Mia Misericordia, come un bambino fra le braccia della madre teneramente amata. Queste anime hanno la precedenza nel Mio Cuore compassionevole, esse hanno la precedenza nella Mia Misericordia. Proclama che nessun'anima, che ha invocato la Mia Misericordia, è rimasta delusa né confusa. Ho una predilezione particolare per l'anima che ha fiducia nella Mia bontà. Scrivi che quando verrà recitata la coroncina vicino agli agonizzanti, Mi metterò fra il Padre e l'anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso». In quel momento il Signore mi fece conoscere quanto è geloso del mio cuore. «Anche fra le tue consorelle ti sentirai sola, ebbene sappi che desidero che ti unisca più strettamente a Me. A Me interessa ogni battito del tuo cuore; ogni palpito del tuo amore si ripercuote nel Mio Cuore; sono assetato del tuo amore». « Si, o Gesù, ma anche il mio cuore non saprebbe vivere senza di Te, poiché pur se mi venisse offerto il cuore di tutte le creature, esse non appagherebbero i profondi desideri del mio cuore ». Questa sera il Signore mi ha detto: «Affidati completamente a Me nell'ora della morte e io ti presenterò al Padre Mio come Mia sposa. Adesso ti raccomando di unire ai Miei meriti le tue azioni anche le più piccole ed allora il Padre Mio le guarderà con amore come se fossero Mie... Non cambiare l'esame particolare che ti ho dato tramite Padre Andrasz, quello cioè di unirti continuamente a Me; questo è quanto oggi esigo chiaramente da te. Sii come una bambina di fronte ai Miei rappresentanti, poiché Io prendo in prestito la loro bocca per parlare a te, in modo che tu non abbia dubbi di alcun genere». La mia salute è migliorata un po'; oggi sono scesa in refettorio ed in cappella. Non posso ancora riprendere il mio lavoro e resto in cella a lavorare con la spoletta. Questo lavoro mi attrae enormemente, ma mi stanco egualmente, anche se è un lavoretto così leggero. Vedo che le mie forze si sono molto indebolite. Non ho momenti di ozio, poiché ogni istante della mia vita è assorbito dalla preghiera, dalla sofferenza e dal lavoro. Se non posso adorare Dio in un modo, lo faccio in un altro e se Dio mi concedesse la vita una seconda volta, non so se saprei utilizzarla meglio... Il Signore mi ha detto: «Mi diletto del tuo amore; il tuo amore sincero è così gradito al Mio Cuore, come il profumo di un bocciolo di rosa nelle prime ore del mattino, quando il sole non gli ha ancora prosciugato la rugiada. La freschezza del tuo cuore Mi affascina, per cui Mi unisco a te così intimamente, come con nessun altra creatura...». Oggi ho visto gli sforzi di quel sacerdote per la causa di Dio. Il suo cuore comincia ad assaporare quello di cui era ricolmo il Cuore Divino durante la vita terrena, per gli sforzi, l'ingratitudine... Ma il suo zelo per la gloria di Dio è grande.

30.1.1938. Ritiro spirituale di un giorno. Durante la meditazione il Signore mi ha fatto conoscere che, finché il cuore mi batterà in petto, dovrò sempre impegnarmi perché il regno di Dio si diffonda sulla terra. Debbo lottare per la gloria del mio Creatore. So che darò a Dio la gloria che attende da me, se cercherò di cooperare fedelmente con la Sua grazia. Desidero vivere in spirito di fede, accetto tutto quello che mi capita come mandato dall'amorevole volontà di Dio, che desidera sinceramente la mia felicità. Accetterò quindi tutto quello che Iddio mi manderà con sottomissione e gratitudine, non badando alla voce della natura né ai suggerimenti dell'amor proprio. Prima di iniziare un azione di una certa importanza rifletterò un momento, per vedere che rapporto ha con la vita eterna, qual è il motivo principale per cui viene intrapresa, se la gloria di Dio, se un qualche vantaggio per la mia anima od il bene di altre anime. Se il cuore mi risponderà che è così, allora sarò inflessibile nell'eseguire quella data azione senza badare ad alcun ostacolo, ad alcun sacrificio. Non mi farò distogliere dallo scopo che mi sono prefissa, mi basta soltanto sapere che è gradito a Dio. Al contrario se conoscerò che determinate azioni non hanno nulla in comune con quanto detto sopra, procurerò di elevarle a sfere più alte mediante una buona intenzione. Se poi conoscerò che qualche cosa proviene dall'amor proprio, la sopprimerò sul nascere stesso. Nei momenti di dubbio non agirò, ma cercherò con cura chiarimenti presso ecclesiastici e specialmente presso il mio direttore spirituale. Non giustificarsi di fronte ai rimproveri e alle osservazioni fatte da chiunque, se non nel caso in cui venissi direttamente interrogata per dare testimonianza alla verità. Ascoltare con grande pazienza le confidenze degli altri, accoglierne le sofferenze, sostenendoli nel morale ed immergere le proprie sofferenze nel Cuore compassionevolissimo di Gesù. Non uscire mai dagli abissi della Sua Misericordia ed introdurvi il mondo intero.

Durante la meditazione sulla morte ho pregato il Signore, perché si degni di far penetrare nel mio cuore gli stessi sentimenti che avrò nel momento della morte. E la grazia divina mi ha risposto interiormente che, avendo fatto quanto era nelle mie possibilità, potevo stare tranquilla. In quel momento si risvegliò in me tanta gratitudine verso il Signore che dalla gioia scoppiai a piangere come una bambina... Mi preparai a ricevere la santa Comunione il mattino dopo come viatico e recitai per me le preghiere degli agonizzanti. Ad un tratto udii queste parole: «Come sei unita a Me in vita, così sarai unita al momento della morte». Dopo queste parole si risvegliò nella mia anima una fiducia così grande nella divina Misericordia che, anche se avessi sulla coscienza i peccati del mondo intero ed i peccati di tutte le anime dannate, nonostante ciò non dubiterei della bontà di Dio, ma senza pensarci mi getterei nell'abisso della divina Misericordia, che è sempre aperto per noi e col cuore a pezzi sprofondato nella polvere, mi getterei ai piedi del Signore e mi abbandonerei completamente alla Sua santa volontà, che è la Misericordia personificata. O mio Gesù, vita della mia anima, vita mia, mio Salvatore, mio dolcissimo Sposo, e nello stesso tempo mio Giudice, Tu sai che nell'ultima ora non farò affidamento su nessun mio merito, ma unicamente sulla Tua Misericordia. Ecco che fin d'ora m'immergo nella voragine della Tua Misericordia, che è sempre aperta per ogni anima. O mio Gesù, io ho un unico compito in vita, in morte e per tutta l'eternità ed è quello di adorare la tua insondabile Misericordia. Nessuna mente, né di angeli né di uomini riuscirà mai a scandagliare i misteri della Tua Misericordia. Gli angeli rimangono stupiti di fronte al mistero della Tua Misericordia, ma non riescono a comprenderlo. Tutto ciò che è uscito dalle mani del Creatore è racchiuso in un mistero inconcepibile, cioè nelle viscere della Sua Misericordia. Quando considero ciò, il mio spirito vien meno, per la gioia il cuore mi si scioglie. O Gesù, attraverso il tuo pietosissimo Cuore come attraverso un cristallo, sono giunti a noi i raggi della Divina Misericordia.

1.II.38. Oggi mi sento un po' peggio in salute, tuttavia partecipo ancora alla vita comune di tutta la Congregazione. Faccio però grandi sforzi che tu solo, o Gesù, conosci. Oggi in refettorio pensavo di non poter resistere per tutto il pranzo. Ogni volta che prendo cibo, avverto dolori tremendi. Una settimana fa è venuta a farmi visita la Madre Superiora e mi ha detto: «A lei, sorella, si attacca ogni malattia perché ha l'organismo debole, ma non è colpa sua. Se un'altra suora soffrisse dello stesso male, sicuramente camminerebbe; lei invece deve rimanere a letto». Queste parole non mi diedero fastidio, ma con dei malati gravi è meglio non fare paragoni simili, dato che il loro calice è già pieno abbastanza. Inoltre quando le suore vanno a trovare le ammalate, non domandino ogni volta nei particolari che cosa fa male e come fa male, poiché ripetere continuamente ad ogni suora le stesse cose stanca enormemente, specialmente quando talora capita di doverlo fare diverse volte al giorno.

Quando entrai per un momento in cappella, il Signore mi fece conoscere che fra le anime che sceglie ne ha alcune elette in modo particolare, che chiama ad una santità superiore, ad un'unione eccezionale con Sé. Sono anime serafiche, dalle quali Iddio esige che Lo amino più delle altre anime, benché vivano tutte nello stesso convento; talvolta però questo amore più intenso lo esige da una sola anima. Quest'anima comprende la chiamata, poiché Iddio gliela fa conoscere interiormente, però può seguirla e può anche non seguirla. Dipende dall'anima rispondere alla chiamata dello Spirito Santo oppure opporsi allo stesso Spirito Santo. Ho saputo che c'è un luogo in purgatorio, dove le anime espiano di fronte a Dio per colpe di questo genere. Questa fra le varie pene è la più dura. L'anima segnata in modo particolare da Dio si distinguerà ovunque, in paradiso, in purgatorio e all'inferno. In paradiso si distingue dalle altre anime per una gloria maggiore, per lo splendore e per una più profonda conoscenza di Dio. In purgatorio per una sofferenza più acuta, poiché conosce più a fondo e desidera più violentemente Iddio. All'inferno soffrirà più delle altre anime perché conosce meglio Colui che ha perduto. Il sigillo dell'amore esclusivo di Dio che è in lei non si cancella. O Gesù, mantienimi nel Tuo santo timore, in modo che non sprechi le grazie. Aiutami ad essere fedele alle ispirazioni dello Spirito Santo, permetti che mi si spezzi il cuore per amore verso di Te, piuttosto che tralasci un solo atto di quest'amore.

2.II.38. Le tenebre dell'anima. Oggi è festa della Madonna e nella mia anima c'è tanto buio. il Signore si è nascosto, e io sono sola, completamente sola. La mia mente è così offuscata che all'intorno vedo solo fantasmi, nemmeno uno spiraglio di luce mi entra nell'anima, non riesco a capire me stessa né coloro che mi parlano. Tentazioni terribili contro la santa fede mi stanno opprimendo. O mio Gesù, salvami. Non riesco a dire di più. Non posso fare una descrizione particolareggiata, perché temo che qualcuno leggendo rimanga scandalizzato. Sono sbalordita che ad un'anima possano capitare tribolazioni di questo genere. O uragano, che ne fai della barchetta del mio cuore? Questa tempesta è durata un giorno intero ed una notte. Quando è venuta da me la Madre Superiora e mi ha chiesto: « Sorella, non vorrebbe approfittare per confessarsi, dato che c'è Padre Andrasz? », le ho risposto di no. Mi sembrava che né il Padre m'avrebbe potuto capire, né io sarei riuscita a confessarmi. Ho passato tutta la notte con Gesù nel Getsemani. Un continuo gemito di dolore usciva dal mio petto. Sarà più leggera l'agonia naturale, poiché in quel caso si agonizza e si muore, mentre qui uno agonizza senza poter morire. O Gesù, non credevo che esistessero sofferenze di questo genere. il nulla, ecco la realtà. O Gesù, salvami. Credo in Te con tutto il cuore, ho visto tante volte lo splendore del Tuo Volto e adesso dove sei, Signore?... Credo, credo ed ancora una volta credo in Te, unico Dio nella SS.ma Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo e a tutte le verità che la Tua santa Chiesa mi propone a credere... Tuttavia le tenebre non scompaiono ed il mio spirito sprofonda in un'agonia ancora peggiore. A un dato momento fui presa da un'angoscia così straziante, che ora mi meraviglio io stessa di non aver esalato l'ultimo respiro, ma fu un momento breve. All'improvviso vidi Gesù. Dal suo Cuore uscivano i due noti raggi che m'investirono in pieno. In quello stesso istante scomparve ogni mia angoscia. «Figlia Mia - mi disse il Signore - sappi che quanto ora hai passato è ciò che sei da te stessa, e solo in forza della Mia grazia partecipi alla vita eterna ed a tutti i doni che generosamente ti concedo». E da queste parole del Signore ho avuto la vera conoscenza di me stessa. Gesù mi dà un insegnamento di profonda umiltà e nello stesso tempo di completa fiducia in Lui. Il mio cuore è ridotto in cenere, in polvere e se anche tutta la gente mi calpestasse, lo considererei ancora una grazia. Sento e sono così profondamente convinta di essere una nullità, che le vere umiliazioni saranno un refrigerio per me.

3.II.38. Oggi dopo la santa Comunione, Gesù mi ha dato nuovamente alcune indicazioni: «Primo: non lottare da sola contro la tentazione, ma rivelarla subito al confessore ed allora la tentazione perderà tutta la sua forza. Secondo: in queste prove non perdere la calma, vivi alla Mia presenza, chiedi l'aiuto della Madre Mia e dei Santi. Terzo: abbi la certezza che io ti guardo e ti sostengo. Quarto: non temere né le lotte spirituali né alcuna tentazione, poiché Io ti sostengo, purché tu voglia lottare, sappi che la vittoria sarà sempre dalla tua parte. Quinto: sappi che con una lotta intrepida Mi fai un grande onore e metti da parte meriti per te; la tentazione ti offre la possibilità di mostrarMi la tua fedeltà. Ed ora ti dirò la cosa più importante per te: una sincerità senza limiti col tuo direttore spirituale. Se non approfitterai di questa grazia secondo le Mie indicazioni, te lo porterò via ed allora rimarrai sola con te stessa e ti ritorneranno tutti i tormenti spirituali che ben conosci. Non Mi piace che non approfitti dell'occasione quando puoi incontrarlo e parlare con lui. Sappi che è una Mia grazia grande, se do ad un'anima un direttore spirituale. Molte anime Me lo chiedono, e non a tutte concedo questa grazia. Dal momento che te l'ho dato come direttore spirituale, l'ho fornito di nuovi lumi, affinché possa facilmente conoscere e comprendere la tua anima...». O mio Gesù, o mia unica Misericordia, permettimi di vedere la contentezza sul Tuo Volto, come segno di riconciliazione con me, poiché il mio cuore non sopporta la Tua serietà; se la prolungherai ancora un momento, mi si spezzerà dal dolore. Vedi che sono già ridotta in polvere. In quello stesso istante mi vidi come in un palazzo e Gesù mi diede la mano e mi sistemò accanto a Sé e disse amabilmente: «Mia sposa, Mi piaci sempre per l'umiltà. La più grande miseria non M'impedisce di unirMi all'anima, ma dove c'è la superbia, Io non ci sono». Quando rientrai in me, esaminai tutto quello che era avvenuto nel mio cuore, ringraziando Iddio per l'amore e la Misericordia che mi aveva dimostrato. O Gesù, nascondimi come Ti sei nascosto Tu sotto le specie di una bianca Ostia, così nascondi anche me agli occhi degli uomini e nascondi specialmente i doni che Tu benignamente mi concedi. Fa' che non riveli all'esterno ciò che Tu operi nella mia anima. Davanti a Te, o divino Sacerdote, sono una bianca ostia; consacrami Tu stesso e la mia trasformazione sia nota soltanto a Te. Ogni giorno come vittima sacrificale mi presento davanti a Te e Ti supplico di concedere la Tua Misericordia al mondo. Mi annienterò al Tuo cospetto in silenzio e senza che alcuno mi scorga; come una vittima per l'olocausto in un silenzio profondo arderà il mio amore puro ed indivisibile e il profumo di quest'amore giunga ai piedi del Tuo trono. Tu sei il Signore dei Signori, però hai una predilezione per i cuori più piccoli e umili...

Quando entrai un momento in cappella, Gesù mi disse: «Figlia Mia, aiutaMi a salvare un peccatore in agonia; recita per lui la coroncina che ti ho insegnato». Quando cominciai a recitare la coroncina, vidi quel moribondo fra atroci tormenti e lotte. Era difeso dall'angelo custode, il quale però era come impotente di fronte alla grande miseria di quell'anima. Una moltitudine di demoni stava in attesa di quell'anima, ma mentre recitavo la coroncina vidi Gesù nell'aspetto in cui è dipinto nell'immagine. I raggi che uscirono dal Cuore di Gesù avvolsero il malato e le potenze delle tenebre fuggirono provocando scompiglio. Il malato spirò serenamente. Quando rientrai in me compresi che questa coroncina è importante accanto ai moribondi, essa placa l'ira di Dio. Quando chiesi perdono a Gesù per una mia azione, che dopo poco risultò imperfetta, Gesù mi tranquillizzò con queste parole: «Figlia Mia, ti ricompenso per la purezza dell'intenzione che hai avuto al momento di agire. Il Mio Cuore ha gioito poiché sul punto di compiere l'azione hai tenuto in considerazione il Mio amore e ciò in modo molto evidente. E adesso ne hai ancora un vantaggio, che è l'umiliazione. Si, bambina Mia, desidero che tu abbia sempre una grande purezza d'intenzione fin nelle tue più piccole iniziative». Nel momento in cui presi la penna in mano, pregai brevemente lo Spirito Santo, poi dissi: « Gesù, benedici questa penna, affinché tutto quello che mi ordini di scrivere sia a gloria di Dio ». E subito udii una voce: «Si, la benedico poiché in questo scritto c'è il sigillo dell'obbedienza alla Superiora ed al confessore e per ciò stesso è motivo di gloria per Me e molte anime ne ricaveranno vantaggio. Figlia Mia, voglio che tutti i momenti liberi li impieghi a scrivere sulla Mia bontà e Misericordia. Questo è il tuo incarico ed il tuo compito per tutta la vita, far conoscere alle anime la grande Misericordia che ho per loro ed esortarle alla fiducia nell'abisso della Mia Misericordia». O mio Gesù, credo alle Tue parole e non ho più alcun dubbio a questo riguardo, poiché in un colloquio con la Madre Superiora anch'essa mi ha detto che dovevo scrivere di più sulla Tua Misericordia. Le sue parole sono state in pieno accordo con la Tua richiesta. O mio Gesù, ora comprendo che se esigi qualche cosa da un'anima, dai ai superiori l'ispirazione di concederci la possibilità di eseguire le Tue richieste, anche se capita che non sempre si ottenga subito. Talvolta la nostra pazienza è messa alla prova...

+ O Amore eterno, o Gesù, che Ti sei chiuso in quest'Ostia, Celando la Tua divina Maestà e la Tua bellezza, Lo fai, per darTi tutto alla mia anima, E non spaventarla con la Tua immensità. O Amore eterno, o Gesù, che Ti sei nascosto nel pane, Eterno splendore, inimmaginabile sorgente di felicità e di gioia, Che vuoi essere il mio paradiso in terra, E lo sei quando mi comunichi il Tuo amore divino. O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l'umanità grida dall'abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi la Tua Misericordia, in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell'ora della morte. L'onnipotenza della Tua Misericordia ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta nel giorno noto soltanto a Te. E speriamo, nonostante tutta la nostra miseria, di ottenere tutto ciò che ci è stato promesso da Gesù, poiché Gesù è la nostra fiducia; attraverso il Suo Cuore misericordioso, come attraverso una porta aperta, entreremo in paradiso.

Ho notato che fin da quando sono entrata in convento, mi è stata fatta sempre una sola critica e cioè che sono santa; tale nomignolo mi veniva dato per burla. In principio la cosa mi dava molto fastidio, ma quando mi sono innalzata un po' di più, non vi ho fatto più caso. Però quando in un dato momento, a causa della mia santità, venne colpita una certa persona, la cosa mi dispiacque molto, per il fatto che altri dovevano avere dei dispiaceri per causa mia. Cominciai allora a lamentarmi con Gesù perché era così ed il Signore mi rispose: “Ti rattristi per questo? Dopotutto lo sei. Fra non molto Io stesso io manifesterò in te e pronunceranno la stessa parola “santa", ma ormai soltanto con amore ... Figlia Mia, ogni volta che senti l'orologio battere le tre, ricordati di immergerti tutta nella Mia Misericordia, adorandola ed esaltandola; invoca la sua onnipotenza per il mondo intero e specialmente per i poveri peccatori, poiché fu in quell'ora che venne spalancata per ogni anima. In quell'ora otterrai tutto per te stessa e per gli altri; in quell'ora fu fatta grazia al mondo intero, la Misericordia vinse la giustizia. Figlia Mia, in quell'ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via Crucis, entra almeno per un momento in cappella ed onora il Mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di Misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi. Voglio il culto della Mia Misericordia da ogni creatura, ma prima di tutto da te, poiché a te ho fatto conoscere questo mistero nella maniera più profonda.

+ O mio Dio, quanta nostalgia mi prende oggi per Te! Nulla attrae più il mio cuore, la terra non ha più nulla per me. O Gesù, quanto intensamente sento questo esilio, quanto si prolunga per me! O morte, messaggera di Dio, quando mi annuncerai quel momento tanto desiderato, nel quale mi unirò al mio Dio per l'eternità? O mio Gesù, gli ultimi giorni dell'esilio siano completamente conformi alla Tua santissima volontà. Unisco le mie sofferenze, le mie amarezze e l'agonia stessa alla tua santa Passione e mi offro per il mondo intero per impetrare l'abbondanza della divina Misericordia alle anime e specialmente alle anime che vivono nelle nostre case. Ho tanta fiducia e mi affido completamente alla Tua santa volontà, che è la Misericordia stessa. La Tua Misericordia sarà tutto per me nell'ultima ora, come Tu stesso mi hai promesso...

+ Ti saluto Amore Eterno, o mio dolce Gesù, che ti sei degnato dimorare nel mio cuore, Ti saluto, o Divinità gloriosa, che Ti sei degnata umiliarTi per me ed annientarTi per amor mio fino a ridurTi ad una tenue apparenza di pane. Ti saluto, Gesù, incorruttibile fiore di umanità, Tu sei l'unico per la mia anima. il Tuo amore è più puro del giglio ed il Tuo rapporto con me mi è più gradito del profumo del giacinto. La Tua amicizia e più tenera e più delicata del profumo della rosa e tuttavia più forte della morte. O Gesù, bellezza inconcepibile, Tu comunichi di preferenza con le anime pure, poiché solo esse sono capaci di eroismo e di sacrificio. O dolce e rosato Sangue di Gesù, nobilita il mio sangue e trasformalo nel Tuo proprio Sangue. Avvenga questo a me secondo il Tuo beneplacito. «Sappi, figlia Mia, che fra Me e te c'è un abisso incolmabile, che separa il Creatore dalla creatura, ma questo abisso viene livellato dalla Mia Misericordia. T'innalzo fino a Me, non perché abbia bisogno di te, ma unicamente per la Mia Misericordia ti dono la grazia di unione. Dì alle anime che non pongano ostacoli nel proprio cuore alla Mia Misericordia, la quale ha un grande desiderio di operare in esse. La Mia Misericordia agisce in tutti i cuori che le aprono la porta; sia il peccatore che il giusto hanno bisogno della Mia Misericordia. La conversione e la perseveranza sono grazie della Mia Misericordia. Le anime che tendono alla perfezione abbiano un culto speciale per la Mia Misericordia, poiché l'abbondanza delle grazie che concedo loro proviene dalla Mia Misericordia. Desidero che queste anime si distinguano per una fiducia senza limiti nella Mia Misericordia, Io stesso Mi occupo della santificazione di queste anime, fornisco loro tutto ciò che serve per la loro santità. Le grazie della Mia Misericordia si attingono con un solo recipiente e questo è la fiducia. Più un'anima ha fiducia, più ottiene. Sono di grande conforto per Me le anime che hanno una fiducia illimitata, e su tali anime riverso tutti i tesori delle Mie grazie. Sono contento quando chiedono molto, poiché è Mio desiderio dare molto anzi moltissimo. Mi rattrista invece se le anime chiedono poco, comprimendo i desideri dei loro cuori».

+ Ciò che mi fa soffrire di più è incontrarmi con l'ipocrisia. Adesso comprendo, Salvatore mio, perché hai inveito così aspramente contro i farisei, per la loro ipocrisia. Hai trattato con maggior benevolenza peccatori ostinati quando pentiti si rivolgevano a Te. O mio Gesù, ecco vedo che sono passata attraverso tutti i periodi della vita con Te: l'infanzia, la giovinezza, la vocazione, il lavoro apostolico, il Tabor, l'Orto degli Ulivi ed ora sono ormai con Te sul Calvario. Mi sono sottoposta spontaneamente alla crocifissione e sono già crocifissa, benché cammini ancora per poco. Ma sono stesa in croce e sento chiaramente che la forza mi deriva dalla Tua Croce, che sei Tu la mia perseveranza. Sebbene abbia sentito più di una volta la voce della tentazione che mi gridava: « Scendi dalla croce! », la potenza di Dio mi ha sorretta. Benché abbandoni, tenebre e sofferenze di vario genere si abbattano contro il mio cuore, una misteriosa forza divina mi sostiene e mi rafforza. Desidero bere il calice fino all'ultima goccia. Confido fermamente che se la tua grazia mi ha sostenuta nei momenti in cui ero nell'Orto degli Ulivi, mi aiuterà anche adesso che sono sul Calvario. O mio Gesù, o Maestro, unisco i miei desideri ai desideri che Tu hai avuto sulla croce: desidero fare la Tua santa volontà; desidero la conversione delle anime; desidero che la Tua Misericordia venga adorata; desidero che sia affrettato il trionfo della Chiesa; desidero che la festa della Misericordia venga celebrata in tutto il mondo; desidero la santità per i sacerdoti; desidero che ci sia una santa nella nostra Congregazione; desidero che ci sia uno spirito di grande fervore in tutta la nostra Congregazione per la gloria di Dio e la salvezza delle anime; desidero che le anime che vivono nelle nostre case non offendano mai Dio, ma perseverino nel bene; desidero la benedizione di Dio per i genitori e per tutta la mia famiglia; desidero che Iddio conceda una luce particolare ai miei direttori spirituali, e specialmente a Padre Andiasz e a Don Sopocko; desidero una benedizione particolare per le mie superiore, sotto le quali sono stata e soprattutto per la Madre Generale, per M. Irene e la Maestra M. Giuseppina. O mio Gesù, adesso abbraccio il mondo intero e per esso chiedo la Tua Misericordia.

Quando mi dirai, o Dio, che ormai basta, che si è già adempiuta totalmente la Tua santa volontà, allora in unione con Te, o mio Salvatore, renderò la mia anima nelle mani del Padre Celeste, piena di fiducia nella Tua imperscrutabile Misericordia e quando mi presenterò ai piedi del Tuo trono, intonerò il primo inno alla Tua Misericordia. Ma non mi dimenticherò di te, povera terra, sebbene senta che m'immergerò immediatamente tutta in Dio, come in un oceano di felicità, ma ciò non mi potrà impedire di tornare sulla terra a dare coraggio alle anime ed esortarle alla fiducia nella divina Misericordia. Anzi quell'immersione in Dio mi darà una possibilità d'azione illimitata. Mentre sto scrivendo queste cose, sento che satana digrigna i denti, dato che non può sopportare la Misericordia di Dio e fa fracasso con gli oggetti che sono nella mia cella. Io però sento in me una forza così grande da parte del Signore, che non m'importa affatto che il nemico della nostra salvezza si stia infuriando e continuo a scrivere tranquillamente. O incomprensibile bontà di Dio che ci proteggi ad ogni passo, sia lode incessante alla Tua Misericordia, poiché Ti sei affratellato non con gli angeli, ma con gli uomini. Questo è un miracolo dell'insondabile mistero della Tua Misericordia. La nostra fiducia sta tutta in Te, nostro fratello primogenito, Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Il cuore mi freme dalla gioia vedendo quanto è buono Dio con noi uomini così miseri ed ingrati, ed a prova del suo amore ci dà un dono inconcepibile, cioè Se stesso nella persona del Figlio Suo. Questo mistero d'amore non riusciremo a scandagliarlo in tutta l'eternità. O umanità, perché pensi così poco al fatto che Dio è veramente in mezzo a noi? O Agnello di Dio, non so che cosa ammirare prima in Te, se la mitezza, il nascondimento e l'annientamento per amore dell'uomo oppure il miracolo incessante della Tua Misericordia che trasforma le anime e le risuscita alla vita eterna.

Benché Tu sia così nascosto, la Tua onnipotenza si manifesta qui maggiormente che nella creazione dell'uomo; sebbene l’onnipotenza della Tua Misericordia operi per giustificare i peccatori, tuttavia il Tuo operare è tanto silenzioso e nascosto. Visione della Madonna. Vidi la Madonna in un grande splendore, con una veste bianca, una cintura d'oro e piccole stelle anch'esse d'oro su tutta la veste e le maniche a triangolo guarnite d'oro. Aveva un manto azzurro gettato leggermente sulle spalle, in capo aveva un velo leggero trasparente, i capelli sciolti, sistemati splendidamente ed una corona d'oro che terminava con piccole croci. Sul braccio sinistro teneva il Bambino Gesù. Una Madonna così non l'avevo ancora vista. Ad un tratto mi guardò amabilmente e disse: «Sono la Madonna dei sacerdoti ». Poi depose a terra Gesù ed alzò la mano destra verso il cielo e disse: «O Dio, benedici la Polonia, benedici i sacerdoti». E di nuovo rivolta verso di me disse: «Racconta ai sacerdoti quello che hai visto». Decisi fra di me che alla prima occasione in cui avessi incontrato il Padre, gliel'avrei detto, ma io stessa non sono riuscita a capir nulla di questa visione. O mio Gesù, Tu vedi quanta riconoscenza ho per Don Sopocko, che ha portato tanto avanti la Tua opera. Quell'anima così umile ha saputo resistere a tutte le tempeste e non si è scoraggiata per le contrarietà, ma ha corrisposto fedelmente alla chiamata divina.

+ Una volta il servizio presso le ammalate toccò ad una suora così negligente nel servirle, che bisognava veramente mortificarsi parecchio per sopportarla. Un giorno avevo deciso di parlarne con le superiore, ma udii una voce nell'anima: «Sopporta pazientemente; ne parlerà qualcun’altra». Tuttavia il servizio continuò così per tutto il mese. Quando riuscii a scendere un po' in refettorio ed in ricreazione, udii all'improvviso nell'anima queste parole: «Ora altre suore parleranno della negligenza nel servizio di quella religiosa, ma tu taci e non prendere la parola su questo argomento». In quel momento cominciò una discussione abbastanza aspra contro quella suora ed essa non riuscì a trovare nulla a sua discolpa, mentre tutte le suore ripetevano in coro: « Si corregga, sorella, ed impari a servire meglio le ammalate ». Ho conosciuto così che talvolta Gesù non desidera che noi diciamo qualche cosa di nostra iniziativa. Egli ha i suoi mezzi e sa quando è il caso di parlare. Oggi ho udito queste parole: «Nell'Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l'umanità con la Mia Misericordia. Non voglio punire l'umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso. Faccio uso dei castighi solo quando essi stessi Mi costringono a questo; la Mia mano afferra malvolentieri la spada della giustizia. Prima del giorno della giustizia mando il giorno della Misericordia ». Ho risposto: « O mio Gesù, parla Tu stesso alle anime, poiché le mie parole non hanno importanza ».

+ G.M.G. L’ANIMA ATTENDE LA VENUTA DEL SIGNORE. Non so, Signore, a che ora verrai, Perciò vigilo continuamente e sto in ascolto, Come sposa da Te prescelta; Poiché so che Ti piace giungere non visto, Ma un cuore puro, Signore, Ti sente da lontano. Ti attendo, Signore, nella quiete e nel silenzio, Con una grande nostalgia nel cuore, Con un desiderio insopprimibile. Sento che il mio amore per Te diventa un fuoco E come una fiamma, alla fine della vita, s'innalza verso il cielo. Allora si realizzeranno tutti i miei desideri. Vieni ormai, mio dolcissimo Signore, E porta il mio cuore assetato, Là con Te nelle regioni eccelse dei cieli, Dove dura in eterno la Tua vita. La vita sulla terra è un'agonia continua, Mentre il mio cuore sente d'esser creato per grandi altezze E non l'attirano i bassipiani di questa vita, Poiché la mia patria è il cielo. Questa è la mia fede incrollabile.


FINE DEL QUINTO QUADERNO



Dongo (Como), 31 dicembre 1985. Ultima notte dell'anno. La vostra preghiera con me.

Don Stefano Gobbi

«Figli prediletti, passate con Me nella preghiera le ore di questa ultima notte dell'anno. Quanti miei figli trascorrono queste ore nei divertimenti, nella dissipazione, per salutare, con il rumore e lo svago, il nuovo anno. Voi invece elevate al Signore con Me una forte preghiera di ringraziamento. Il suo Amore misericordioso continua oggi a compiere un grande disegno di salvezza e di misericordia, anche per gli uomini così smarriti ed ammalati di questi vostri tempi. Il peccato è la vostra vera malattia, che contagia sempre di più i miei figli e li conduce a vivere nell'egoismo, nell'odio, nella impurità, nel rifiuto ostinato del Signore vostro Dio, che vi ha creati e vi conduce sulla strada della vera felicità. Il Signore vi domanda di ritornare sulla via del ritorno a Lui ed in tanti modi, anche durante questo anno, vi ha dato segni del suo invito alla conversione. Elevate al Signore con Me una forte preghiera di riparazione.

L'iniquità ricopre tutta la terra come un alto strato di ghiaccio ed ha inaridito il cuore e l'anima di tanti miei figli. La coppa della divina giustizia è colma, è stracolma e domanda di essere placata. Mentre sta per compiersi sul mondo il più grande mistero di iniquità, Io mi rivolgo a voi miei figli per invitarvi a fare con me una grande catena di riparazione.

Offrite tutte le vostre preghiere, le vostre sofferenze di qualsiasi genere, unendole ogni giorno al Sacrificio di mio figlio Gesù, che si rinnova ovunque in riparazione ed in remissione di tutti i peccati del mondo. Allora mi aiutate a tenere ancora sospeso il castigo, che questa umanità ormai si attira, a causa della propria empia condotta di vita. Ormai i nuovi tempi sono alle porte. Io sono la Madre che vi conduce sulla strada della salvezza e della pace. Nella preghiera, nel digiuno, nella mortificazione, nella penitenza, con Me disponetevi a vivere i nuovi giorni che vi attendono e che la misericordia del Padre vi prepara».