Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 1° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 10
1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?".21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".
22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente".25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;26ma voi non credete, perché non siete mie pecore.27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.30Io e il Padre siamo una cosa sola".
31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?".33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio".34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: 'Io ho detto: voi siete dèi'?35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre".39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero".42E in quel luogo molti credettero in lui.
Deuteronomio 12
1Queste sono le leggi e le norme, che avrete cura di mettere in pratica nel paese che il Signore, Dio dei tuoi padri, ti dà perché tu lo possegga finché vivrete sulla terra.
2Distruggerete completamente tutti i luoghi, dove le nazioni che state per scacciare servono i loro dèi: sugli alti monti, sui colli e sotto ogni albero verde.3Demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete nel fuoco le statue dei loro dèi e cancellerete il loro nome da quei luoghi.
4Non così farete rispetto al Signore vostro Dio,5ma lo cercherete nella sua dimora, nel luogo che il Signore vostro Dio avrà scelto fra tutte le vostre tribù, per stabilirvi il suo nome; là andrete.6Là presenterete i vostri olocausti e i vostri sacrifici, le vostre decime, quello che le vostre mani avranno prelevato, le vostre offerte votive e le vostre offerte volontarie e i primogeniti del vostro bestiame grosso e minuto;7mangerete davanti al Signore vostro Dio e gioirete voi e le vostre famiglie di tutto ciò a cui avrete posto mano e in cui il Signore vostro Dio vi avrà benedetti.8Non farete come facciamo oggi qui, dove ognuno fa quanto gli sembra bene,9perché ancora non siete giunti al luogo del riposo e nel possesso che il Signore vostro Dio sta per darvi.10Ma quando avrete passato il Giordano e abiterete nel paese che il Signore vostro Dio vi dà in eredità ed egli vi avrà messo al sicuro da tutti i vostri nemici che vi circondano e abiterete tranquilli,11allora, presenterete al luogo che il Signore vostro Dio avrà scelto per fissarvi la sede del suo nome, quanto vi comando: i vostri olocausti e i vostri sacrifici, le vostre decime, quello che le vostre mani avranno prelevato e tutte le offerte scelte che avrete votate al Signore.12Gioirete davanti al Signore vostro Dio voi, i vostri figli, le vostre figlie, i vostri schiavi, le vostre schiave e il levita che abiterà le vostre città, perché non ha né parte, né eredità in mezzo a voi.
13Allora ti guarderai bene dall'offrire i tuoi olocausti in qualunque luogo avrai visto;14ma offrirai i tuoi olocausti nel luogo che il Signore avrà scelto in una delle tue tribù; là farai quanto ti comando.
15Ma, ogni volta che ne sentirai desiderio, potrai uccidere animali e mangiarne la carne in tutte le tue città, secondo la benedizione che il Signore ti avrà elargito; chi sarà immondo e chi sarà mondo ne potranno mangiare, come si fa della carne di gazzella e di cervo;16ma non ne mangerete il sangue; lo spargerai per terra come acqua.17Non potrai mangiare entro le tue città le decime del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio, né i primogeniti del tuo bestiame grosso e minuto, né ciò che avrai consacrato per voto, né le tue offerte volontarie, né quello che le tue mani avranno prelevato:18tali cose mangerai davanti al Signore tuo Dio nel luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto: tu, il tuo figlio, la tua figlia, il tuo schiavo, la tua schiava e il levita che sarà entro le tue città; gioirai davanti al Signore tuo Dio di ogni cosa a cui avrai messo mano.19Guardati bene, finché vivrai nel tuo paese, dall'abbandonare il levita.
20Quando il Signore, tuo Dio, avrà allargato i tuoi confini, come ti ha promesso, e tu, desiderando di mangiare la carne, dirai: Vorrei mangiare la carne, potrai mangiare carne a tuo piacere.21Se il luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo nome sarà lontano da te, potrai ammazzare bestiame grosso e minuto che il Signore ti avrà dato, come ti ho prescritto; potrai mangiare entro le tue città a tuo piacere.22Soltanto ne mangerete come si mangia la carne di gazzella e di cervo; ne potrà mangiare chi sarà immondo e chi sarà mondo;23tuttavia astieniti dal mangiare il sangue, perché il sangue è la vita; tu non devi mangiare la vita insieme con la carne.24Non lo mangerai, lo spargerai per terra come acqua.25Non lo mangerai perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te: facendo ciò che è retto agli occhi del Signore.26Ma quanto alle cose che avrai consacrate o promesse in voto, le prenderai e andrai al luogo che il Signore avrà scelto e offrirai i tuoi olocausti,27la carne e il sangue, sull'altare del Signore tuo Dio; il sangue delle altre tue vittime dovrà essere sparso sull'altare del Signore tuo Dio e tu ne mangerai la carne.28Osserva e ascolta tutte queste cose che ti comando, perché tu sia sempre felice tu e i tuoi figli dopo di te, quando avrai fatto ciò che è bene e retto agli occhi del Signore tuo Dio.
29Quando il Signore tuo Dio avrà distrutto davanti a te le nazioni che tu stai per prendere in possesso, quando le avrai conquistate e ti sarai stanziato nel loro paese,30guardati bene dal lasciarti ingannare seguendo il loro esempio, dopo che saranno state distrutte davanti a te, e dal cercare i loro dèi, dicendo: Queste nazioni come servivano i loro dèi? Voglio fare così anch'io.31Non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore tuo Dio; perché esse facevano per i loro dèi quanto è abominevole per il Signore e che Egli detesta; bruciavano nel fuoco perfino i loro figli e le loro figlie, in onore dei loro dèi.
Giobbe 40
1Il Signore riprese e disse a Giobbe:
2Il censore vorrà ancora contendere con l'Onnipotente?
L'accusatore di Dio risponda!
3Giobbe rivolto al Signore disse:
4Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
5Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
6Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e disse:
7Cingiti i fianchi come un prode:
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
8Oseresti proprio cancellare il mio giudizio
e farmi torto per avere tu ragione?
9Hai tu un braccio come quello di Dio
e puoi tuonare con voce pari alla sua?
10Ornati pure di maestà e di sublimità,
rivestiti di splendore e di gloria;
11diffondi i furori della tua collera,
mira ogni superbo e abbattilo,
12mira ogni superbo e umilialo,
schiaccia i malvagi ovunque si trovino;
13nascondili nella polvere tutti insieme,
rinchiudili nella polvere tutti insieme,
14anch'io ti loderò,
perché hai trionfato con la destra.
15Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te,
mangia l'erba come il bue.
16Guarda, la sua forza è nei fianchi
e il suo vigore nel ventre.
17Rizza la coda come un cedro,
i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi,
18le sue vertebre, tubi di bronzo,
le sue ossa come spranghe di ferro.
19Esso è la prima delle opere di Dio;
il suo creatore lo ha fornito di difesa.
20I monti gli offrono i loro prodotti
e là tutte le bestie della campagna si trastullano.
21Sotto le piante di loto si sdraia,
nel folto del canneto della palude.
22Lo ricoprono d'ombra i loti selvatici,
lo circondano i salici del torrente.
23Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema,
è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca.
24Chi potrà afferrarlo per gli occhi,
prenderlo con lacci e forargli le narici?
25Puoi tu pescare il Leviatan con l'amo
e tener ferma la sua lingua con una corda,
26ficcargli un giunco nelle narici
e forargli la mascella con un uncino?
27Ti farà forse molte suppliche
e ti rivolgerà dolci parole?
28Stipulerà forse con te un'alleanza,
perché tu lo prenda come servo per sempre?
29Scherzerai con lui come un passero,
legandolo per le tue fanciulle?
30Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca,
se lo divideranno i commercianti?
31Crivellerai di dardi la sua pelle
e con la fiocina la sua testa?
32Metti su di lui la mano:
al ricordo della lotta, non rimproverai!
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Geremia 47
1Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia
sui Filistei, prima che il faraone occupasse Gaza.
2Così dice il Signore:
"Ecco s'avanzano ondate dal settentrione
diventano un torrente che straripa.
Allagano la terra e ciò che è in essa,
la città e i suoi abitanti.
Gli uomini gridano, urlano
tutti gli abitanti della terra.
3Allo scalpitar dei suoi possenti cavalli,
al fragor dei suoi carri, al cigolio delle ruote,
i padri non si voltano verso i figli,
le loro mani sono senza forza
4perché è arrivato il giorno
in cui saran distrutti tutti i Filistei
e saranno abbattute Tiro e Sidòne,
con tutti i loro ausiliari;
il Signore infatti distrugge i Filistei,
il resto dell'isola di Caftor.
5Fino a Gaza si son rasati per lutto,
è distrutta Ascalòna.
Asdòd, povero resto degli Anakiti,
fino a quando ti farai incisioni?
6Ah! spada del Signore,
quando dunque ti concederai riposo?
Rientra nel fodero, riposati e sta' calma.
7Come potrà riposare,
poiché il Signore le ha ordinato di agire
contro Ascalòna e il lido del mare?
Là egli l'ha destinata".
Atti degli Apostoli 23
1Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: "Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza".2Ma il sommo sacerdote Ananìa ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca.3Paolo allora gli disse: "Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?".4E i presenti dissero: "Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?".5Rispose Paolo: "Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: 'Non insulterai il capo del tuo popolo'".
6Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: "Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti".7Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise.8I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose.9Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: "Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?".10La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza.11La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: "Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma".
12Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo.13Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura.14Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: "Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo.15Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi".
16Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo.17Questi allora chiamò uno dei centurioni e gli disse: "Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualche cosa da riferirgli".18Il centurione lo prese e lo condusse dal tribuno dicendo: "Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha detto di condurre da te questo giovanetto, perché ha da dirti qualche cosa".19Il tribuno lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: "Che cosa è quello che hai da riferirmi?".20Rispose: "I Giudei si sono messi d'accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, col pretesto di informarsi più accuratamente nei suoi riguardi.21Tu però non lasciarti convincere da loro, poiché più di quaranta dei loro uomini hanno ordito un complotto, facendo voto con giuramento esecratorio di non prendere cibo né bevanda finché non l'abbiano ucciso; e ora stanno pronti, aspettando che tu dia il tuo consenso".
22Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: "Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni".
23Fece poi chiamare due dei centurioni e disse: "Preparate duecento soldati per andare a Cesarèa insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto.24Siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice".25Scrisse anche una lettera in questi termini:26"Claudio Lisia all'eccellentissimo governatore Felice, salute.27Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano.28Desideroso di conoscere il motivo per cui lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio.29Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro legge, ma che in realtà non c'erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia.30Sono stato però informato di un complotto contro quest'uomo da parte loro, e così l'ho mandato da te, avvertendo gli accusatori di deporre davanti a te quello che hanno contro di lui. Sta' bene".
31Secondo gli ordini ricevuti, i soldati presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipàtride.32Il mattino dopo, lasciato ai cavalieri il compito di proseguire con lui, se ne tornarono alla fortezza.33I cavalieri, giunti a Cesarèa, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo.34Dopo averla letta, domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era della Cilicia, disse:35"Ti ascolterò quando saranno qui anche i tuoi accusatori". E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode.
Capitolo XLII: La nostra pace non dobbiamo porla negli uomini
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, se la tua pace l'attendi da qualcuno, secondo il tuo sentimento e il piacere di stare con lui, avrai sempre incertezza ed impacci. Se, invece, tu ricorrerai alla verità, sempre viva e stabile, non sarai contristato per l'abbandono da parte di un amico; neppure per la sua morte. Su di me deve essere fondato l'amore per l'amico; in me deve essere amato chi ti appare degno e ti è particolarmente caro in questa vita; senza di me non regge e non dura l'amicizia; non c'è legame d'amicizia veramente puro, se non sono io ad annodarlo. Perciò tu devi essere totalmente morto ad ogni attaccamento verso persone che ti siano care così da preferire, per quanto sta in te, di essere privo di ogni umana amicizia.
2. Tanto più ci si avvicina a Dio, quanto più ci si ritira lontano da ogni conforto terreno. Tanto più si ascende in alto, a Dio, quanto più si entra nel profondo di noi stessi, persuadendosi di non valere proprio nulla. Che se uno, invece, attribuisce a sé qualcosa di buono, questi ostacola la venuta della grazia divina il lui; giacché la grazia dello Spirito Santo cerca sempre un cuore umile. Se tu sapessi annichilirti e uscire da ogni affetto di quaggiù, liberandoti da ogni attaccamento di questo mondo, allora, certamente, io verrei a te, con larghezza di grazia; infatti, quando guardi alle creature, ti si sottrae la vista del Creatore. Per amore del Creatore, dunque, vinci te stesso, in tutte le cose; così potrai giungere a conoscere Dio. Se una cosa, per quanto piccola sia, la si ama e ad essa si guarda non rettamente, questa ti ostacola la via verso il sommo Dio, e ti corrompe.
LETTERA 153: Agostino risponde ai quesiti di Macedonio sull'intercessione dei vescovi per i colpevoli .
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta tra il 413 e il 414.
Agostino risponde ai quesiti di Macedonio sull'intercessione dei vescovi per i colpevoli (n. 1), affermando ch'essi s'ispirano alla, dottrina evangelica d'amore per i peccatori e all'esempio di Cristo, che perdonò la peccatrice condannando però il peccato (nn 2-15); riafferma la necessità della giustizia umana ma anche della misericordia cristiana, che tempera la. severità dei giudici perché sia amata la predicazione della verità. rivelata (nn. 16-19). Alcune considerazioni sulla restituzione delle cose rubate al prossimo o malamente guadagnate, sulle mance, sulle usure ecc. (nn. 20-26).
AGOSTINO, VESCOVO E SERVO DI CRISTO E DELLA SUA FAMIGLIA SALUTA NEL SIGNORE IL DILETTO FIGLIO MACEDONIO
L'intercessione episcopale per i rei.
1. 1. Non dobbiamo né lasciare senza risposta né tenere occupata con un preambolo una persona, tanto occupata negli affari di Stato e tutta preoccupata non ai propri, ma agli altrui interessi, quale mi rallegro (non solo per te anche per gli stessi affari umani) che tu sei. Stà dunque a sentire ciò che hai voluto sapere da me o provare se io lo sapessi. Orbene, se tu avessi considerato poco importante o superflua la questione, non avresti creduto doveroso occupartene fra tante e tanto necessarie tue preoccupazioni. Mi chiedi perché. mai affermiamo ch'è dovere della nostra cura pastorale d'intervenire. in favore dei colpevoli e ci offendiamo quando non otteniamo lo scopo, come se: avessimo fatto fiasco in pratiche pertinenti al nostro ufficio. Tu affermi che hai forti dubbi che questo dovere derivi dalla religione e aggiungi il motivo col dire: " Se i peccati sono proibiti dal Signore tanto severamente che non si dà la possibilità d'una seconda penitenza dopo la prima, come si può sostenere che la religione permette di condonare qualsiasi specie di colpa?". Insisti poi con un argomento ancora più grave dicendo che "se si vuole che una colpa rimanga impunita, vuol dire che la si approva; se è ammesso da tutti ch'è complice, d'una colpa tanto chi la commette quanto chi l'approva, è Certo pure che si è accomunati nella stessa colpa ogniqualvolta si, vuole resti impunito chi s'è macchiato, d'una colpa ".
I vescovi intercedono per i rei pentiti.
1. 2. Chi non si spaventerebbe a sentire queste tue parole, se non conoscesse la tua mitezza ed amabilità? Ma io che ti conosco e non dubito affatto che le hai scritte non per pronunciare un giudizio decisivo, ma solo per avanzare un quesito, mi affretto a risponderti con altre tue affermazioni. In effetti, come se tu avessi voluto eliminare ogni mio dubbio su questo t'unto o prevedessi la mia risposta oppure me l'avessi voluta suggerire, hai soggiunto: " A questa s'aggiunge una considerazione più grave. ' Poiché - ogni peccato parrà più degno di perdono quando il colpevole promette. di emendarsi ". Prima dunque di discutere questa considerazione più grave che tu hai soggiunta nella tua lettera, l'ammetto anch'io e me ne servirò per eliminare la difficoltà con cui ti pareva di poterti opporre ai nostri interventi. In realtà noi intercediamo per tutte le colpe secondo le nostre possibilità proprio perché tutte le colpe sembrano più degne di perdono, quando il colpevole promette d'emendarsi. Questa è la tua opinione e questa è pure la mia.
Odiare la colpa, non il colpevole.
1. 3. Noi dunque non approviamo affatto le colpe che vogliamo siano emendate né le azioni compiute contro la legge morale o civile vogliamo che restino impunite perché ce ne compiacciamo ma, pur avendo compassione del peccatore, ne detestiamo le colpe o le turpitudini; inoltre quanto più ci dispiace il peccato, tanto più desideriamo che il peccatore non muoia senza essersi emendato. E' facile ed è anche inclinazione naturale odiare i malvagi perché sono tali, ma è raro e consono al sentimento religioso amarli perché sono persone umane, in modo da biasimare la colpa e nello stesso tempo riconoscere la bontà della natura; allora l'odio per la colpa sarà più ragionevole poiché è proprio essa a macchiare la natura che si ama. Non ha quindi alcun legame con l'iniquità ma piuttosto con l'umanità chi è persecutore del peccato, per essere salvatore dell'uomo. Solo in questa vita c'è la possibilità di correggere la propria condotta, poiché nell'altra ognuno riceverà ciò che avrà meritato per se stesso. Noi quindi nell'intercedere per i colpevoli siamo spinti dall'amore per il genere umano affinché la loro vita terrena non finisca con un supplizio, che dopo la fine della vita non avrà mai fine.
Amare i nemici, precetto di Cristo.
2. 4. Non aver dunque nessun dubbio che questo nostro dovere non derivi dalla religione stessa dal momento che Dio, in cui non. v'è ombra d'iniquità, la cui potenza è sovrana, il quale non solo vede come ciascuno è presentemente ma prevede pure come sarà nel futuro, il quale è il solo che sia infallibile nel giudicare, per, ché nel conoscere non può ingannarsi, tuttavia come dice il Vangelo fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sui peccatori 1. Gesù Cristo, esortandoci a imitare questa mirabile bontà, Amate - dice - i vostri nemici, fate del bene a quanti vi odiano e pregate per i vostri persecutori, affinché siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sui peccatori 2. Chi ignora che molti abusano di questa indulgenza e bontà divina per la propria perdizione? Ma San Paolo li deplora e li biasima severamente dicendo: Ma pensi tu, forse, o uomo, il quale condanni chi fa tali azioni e poi le fai tu stesso, di sfuggire alla condanna di Dio? Ti burli forse dell'immensa bontà, pazienza e tolleranza di Lui? Ignori forse che la pazienza di Dio t'invita al pentimento? Tu invece con la tua durezza di cuore' impenitente ti ammassi sul capo un cumulo di punizioni per il giorno della collera e del giudizio finale, in cui Dio, rendendo pubblico il Suo verdetto, darò a ciascuno secondo quel che avrà fatto in vita 3. Forse che Dio non continua ad esser paziente perché i malvagi persistono nella loro iniquità? Egli invece punisce in questa vita solo ben pochi peccati, perché nessuno ignori ch'esiste la sua Provvidenza, ma riserva la maggior parte dei peccati all'ultimo giudizio, per dare a questo un risalto maggiore.
Dio non accomuna agli empi chi li ama.
2. 5. Non penso che il divino Maestro ci ordini d'amare la malvagità ordinandoci d'amare i nostri nemici, di far del bene a chi ci odia, di pregare per chi ci perseguita. Se noi prestiamo a Dio un culto di pietà filiale, potranno essere nostri nemici e persecutori unicamente gli empi aizzati contro di noi con odio accanito. Dobbiamo quindi forse amare gli empi? Dobbiamo forse far loro del bene e pregare per loro? Sicuro, senza dubbio: è Dio stesso a comandarcelo; ma con tutto ciò non ci associa agli empi, ai quali egli stesso non si associa affatto, pur perdonando loro e donando loro. la vita e la salute. L'Apostolo espone questa volontà di Dio, per quanto può conoscerla un santo, dicendo: Non sai forse che la pazienza di Dio, t'invita al pentimento? 4 Non ad altro che al pentimento vogliamo noi stessi che siano indotti, coloro per i quali intercediamo, senza con ciò indulgere o essere favorevoli ai loro peccati.
La penitenza dei peccatori pubblici.
3. 6. A riprova di quanto ho detto, noi allontaniamo dalla comunione dell'altare coloro i cui peccati sono manifesti, anche se li abbiamo sottratti alla severità delle vostre leggi, e lo facciamo affinché, mediante il pentimento e la punizione di se stessi, possano placare Colui ch'essi offesero coi loro peccati. In realtà, chi si pente sul serio, non ha altra intenzione che di non lasciare impunito il male da lui commesso: in tal modo chi punisce se stesso è perdonato da Colui, all'insondabile e giusto giudizio del quale non può sfuggire nessuno che lo disprezzi. Se poi Dio, perdonando i malvagi e gli scellerati e dando loro vita e salute, mostra pazienza anche verso parecchi di loro ch'egli sa che non faranno penitenza, quanto più dobbiamo usar misericordia noi, verso quanti promettono di emendarsi, anche se non siamo certi che manterranno la promessa, affinché mitighiamo il vostro rigore intercedendo per coloro per i quali preghiamo anche Dio, al quale nulla è nascosto della loro condotta anche futura e tuttavia non temiamo di pregare Dio per loro poiché è lui stesso a comandarcelo?
Il perdono di Dio e la penitenza canonica.
3. 7. Vi sono alcuni, la cui malvagità arriva al punto che, anche dopo aver fatto penitenza e dopo essersi riconciliati con la Chiesa all'altare, tornano a commettere gli stessi o peggiori peccati; eppure anche su di essi Dio fa sorgere il suo sole, ed elargisce non meno di prima il dono della vita e della salute. E quantunque non si conceda loro la possibilità di penitenza, Dio non si dimentica della sua pazienza verso di essi. Qualcuno di costoro potrebbe venire a dirci: " O datemi la possibilità di far penitenza un'altra volta oppure, disperato come sono di salvarmi, lasciatemi fare tutto ciò che mi piacerà, per quanto me lo permetteranno le mie risorse finanziarie e le leggi umane, frequentando i bordelli e abbandonandomi a ogni specie di sensualità condannevole agli occhi di Dio ma agli occhi della maggior parte della gente perfino lodevole. Oppure se mi tenete lontano dalla vita disonesta, ditemi se mi gioverà alcunché alla vita futura disprezzare le lusinghe del piacere che ci attira con tanta forza, porre un freno agli incentivi delle passioni, negarmi molti piaceri anche leciti e permessi al fine di castigare il mio corpo, macerarmi con penitenze più rigorose delle precedenti, emettere gemiti più amari, versare lacrime più abbondanti, menare una vita migliore, soccorrere i poveri con maggior generosità, sentire un fuoco più ardente di carità, che copre la moltitudine dei peccati " 5. Chi di noi sarebbe tanto stolto da rispondere a costui: " A nulla ti gioverà tutto ciò per la vita futura: va e godi almeno la dolcezza della vita presente "? Dio ci salvi da una pazzia si mostruosa e sacrilega! E' vero che la disciplina della Chiesa, per motivi di prudenza e per fini riguardanti la salvezza dell'anima, concede un'unica possibilità di umiliarsi e di far (pubblica) penitenza, per evitare che tale rimedio (per i peccati) finisce per essere meno apprezzato e quindi meno utile ai malati (spirituali); dato che è tanto più salutare, quanto meno è disprezzata. Ciononostante, chi oserebbe dire a Dio: " Perché mai perdoni ancora una volta a costui, che dopo la sua prima penitenza torna a irretirsi nei lacci del peccato? ". Chi oserebbe dire che verso costoro non si agisce come dice l'Apostolo: Non sai che la pazienza di Dio ti invita a penitenza? 6 oppure che costoro sono esclusi dal numero di coloro di cui è affermato: Beati tutti coloro che confidano in lui 7? O che non si riferisce a loro ciò che sta scritto: Agite coraggiosamente e il vostro cuore sia forte, voi tutti che sperate nel Signore 8?
Il giudice imiti Dio giusto e clemente.
3. 8. Poiché dunque tanta è la pazienza e la compassione di Dio verso i peccatori, che non vengono condannati nella vita eterna se nella presente emendano la loro condotta, sebbene egli non aspetti la compassione di nessuno, dal momento che nessuno è più felice, più potente, più giusto di Lui, come dobbiamo essere noi verso i nostri simili, dal momento che la nostra vita terrena, per lodevole che possa essere, non va esente da peccati? Se - infatti - noi diremo una simile cosa, inganneremo noi stessi - come dice la Sacra Scrittura - e in noi non è la verità 9. Pertanto, sebbene siano diversi i doveri dell'accusatore, del difensore, dell'intercessore, del giudice, dei quali sarebbe troppo lungo e null'affatto necessario parlare in questa lettera, tuttavia il severo giudizio di Dio pesa perfino sui giudici dei delitti. Questi nell'adempiere il loro ufficio non devono essere mossi da risentimenti personali, ma' unicamente esecutori delle leggi; devono punire non già le ingiustizie perpetrate ai propri danni ma a quelli altrui, come, devono essere i veri giudici: devono considerare d'avere essi stessi bisogno della misericordia di Dio a causa dei loro peccati personali e non devono pensare di mancare al loro dovere se usano indulgenza verso le persone sulle quali han potere di vita e di morte.
Cristo con l'adultera e Giuseppe con la Vergine.
4. 9. Un giorno i Giudei presentarono a Cristo Signore una donna sorpresa in adulterio e, lo misero alla prova dicendo che nella Legge era prescritto che fosse lapidata e gli chiesero che cosa egli ordinava di fare nei confronti di quella. Egli rispose loro: Chi di voi è senza peccato, scagli contro di lei la prima pietra 10. In tal modo egli non, disapprovò la Legge che prescriveva la pena di morte per le donne colpevoli d'adulterio, ma nello stesso tempo, con lo spavento, richiamò a compassione coloro a giudizio dei quali poteva essere condannata a morte. Penso che, se era presente anche il marito che esigeva la punizione della moglie colpevole di aver violato la fedeltà coniugale, dopo aver udito la massima del Signore, ne sarà rimasto spaventato anche lui e avrà distolto l'animo dal desiderio di vendicarsi piegandolo alla volontà di perdonare. Come mai infatti non avrebbe ascoltato l'ammonimento di Cristo di non vendicarsi delle offese ricevute, dal momento che furono trattenuti in quel modo dal punire l'adultera gli stessi giudici, i quali vi erano spinti non per soddisfare un risentimento personale, ma per ubbidire alla Legge? Per lo stesso motivo Giuseppe, al quale era fidanzata la Vergine Madre di Dio, avendo scoperto ch'era incinta, non volle che fosse punita, benché sapesse che egli non aveva avuto con essa relazioni coniugali e perciò non poteva pensare se non che fosse adultera; ma con tutto ciò neppure lui approvava il peccato che supponeva. Orbene, questa sua buona disposizione d'animo gli fu ascritta a virtù poiché la S. Scrittura dice di lui: Poiché era virtuoso e non voleva diffamarla, decise di abbandonarla di nascosto. Mentre però era immerso in questi pensieri, gli apparve un Angelo 11 a rivelargli ch'era opera di Dio ciò ch'egli credeva azione peccaminosa.
Dovere d'umanità intercedere per i rei.
4. 10. Se dunque il pensiero della debolezza comune a tutti gli uomini è capace di reprimere il sentimento dell'accusatore e il rigore del giudice, quale dovrà essere, a tuo giudizio, il dovere del difensore e dell'intercessore a pro' dei colpevoli? Anche voi, infatti, egregi signori, che adesso siete giudici, mentre una volta trattavate le cause in tribunale, sapete bene come eravate soliti preferire difendere anziché accusare. Eppure c'è una gran differenza tra il difensore e l'accusatore: il primo infatti mette tutto il suo impegno a trovare le attenuanti o le giustificazioni delle colpe, l'intercessore invece, anche quando la colpa è manifesta, si preoccupa d'allontanare o di temperare la pena. Questo fanno presso di Dio i giusti per i peccatori; questo sono esortati a fare gli uni per gli altri i peccatori poiché sta scritto: Confessate gli uni agli altri i vostri peccati e pregate per voi 12. Questo è il dovere d'umanità reclamato da ciascuno a proprio favore presso un suo simile ogni qualvolta lo può. Poiché ciascuno desidera che resti impunita in casa altrui una colpa ch'egli punirebbe se fosse commessa in propria casa. Sia che ci si rivolga a un amico, sia che alla nostra presenza uno esca in escandescenze contro uno qualunque soggetto al suo potere punitivo, sia che sopraggiungiamo per caso mentre quello va in collera, saremmo giudicati non già assai giusti, ma assai inumani se non intervenissimo. Sono a conoscenza che tu stesso coi tuoi amici sei intervenuto nella Chiesa di Cartagine a favore d'un chierico verso il quale il vescovo aveva giusti motivi di risentimento; e. dire che in quel caso non c'era da temere nessun pericolo di condanna a morte, trattandosi d'una correzione incruenta. E poiché voi volevate che restasse impunita una colpa che pure vi dispiaceva, noi non vi abbiamo giudicati come persone che approvassero la colpa, ma vi abbiamo ascoltati come umanissimi intercessori. Se dunque a voi è lecito mitigare una correzione ecclesiastica mediante la vostra intercessione, in qual modo, un vescovo non dovrebbe intervenire per arrestare la vostra spada ' dal momento che la sua correzione si esercita perché viva bene colui contro il quale si applica, mentre la spada viene sguainata perché perda la vita.
Il giudice cristiano imiti la clemenza di Cristo.
4. 11. Infine il Signore in persona intercedette presso gli uomini per impedire la lapidazione dell'adultera, raccomandandoci in tal modo il dovere dell'intercessione; con la sola differenza ch'egli intervenne con l'incutere paura, noi col rivolgere preghiere, poiché egli è il Signore e noi suoi servi; ma egli volle incutere terrore perché tutti sentissimo il dovere di temere. Chi di noi infatti è senza peccato? Dopo che Cristo a quelli, che gli avevano presentato la peccatrice da punire, ebbe detto che scagliasse contro di lei la prima pietra chi avesse la coscienza d'essere senza peccato, lo spavento penetrato nella loro coscienza fece cadere tutta la loro collera. Allora, dileguandosi, tutti i componenti di quell'assembramento lasciarono la misera sola col Signore misericordioso. S'arrenda a questa massima (pronunciata da Cristo) la pietà dei Cristiani, dal momento che vi si arrese l'empietà dei Giudei; vi s'arrenda l'umiltà dei fedeli come s'arrese la superbia dei persecutori; si arrendano coloro che sinceramente si professano Cristiani, come si arresero gl'ipocriti tentatori di Cristo. Perdona ai cattivi, tu che sei buono; quanto più sei buono, tanto più sii mite; quanto più sei elevato in potestà, tanto più sii umile per la bontà.
E' buono chi partecipa della bontà di Dio.
5. 12. Io ti ho chiamato buono in considerazione del tu o carattere, ma tu, tenendo presenti le parole di Cristo, di' a te stesso: Nessuno è buono, tranne il solo Dio 13. Ciò è vero, poiché l'afferma la Verità in persona, ma non devi credere ch'io ti abbia rivolto un elogio adulatorio e falso oppure ch'io sia in contraddizione col Signore per averti chiamato buono, poiché lo stesso Signore non si è contraddetto quando ha affermato: L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore 14. Dio dunque è buono in un modo che è solo suo e non può perdere questa prerogativa, poiché non è buono per il fatto che partecipi d'un bene altrui, in quanto il bene per cui egli è buono è egli stesso. L'uomo invece è buono in quanto la sua bontà deriva da Dio, non potendo essere buono per se stesso. E' per virtù dello Spirito di Dio che i buoni diventano tali, poiché la nostra natura creata è capace di esser partecipe di Lui mediante la propria volontà. Dipende quindi da noi, se vogliamo essere buoni, ricevere e conservare il dono di Colui ch'è buono per propria natura; chi invece lo trascura, è cattivo per sua propria colpa. Si è quindi buoni nella misura in cui si agisce bene, cioè si fa il bene secondo la verità, la carità e la pietà; si è invece cattivi nella, misura in cui si pecca, cioè ci s'allontana dalla verità, dalla carità e dalla pietà. Ma chi è senza peccato in questa vita? Eppure chiamiamo buono colui nel quale prevale il bene, e ottimo colui che commette meno peccati.
Buoni perché figli di Dio, cattivi perché peccatori.
5. 13. Perciò lo stesso nostro Signore, quelli ch'egli chiama buoni perché partecipi della grazia divina, li chiama pure cattivi a causa dei vizi inerenti all'umana debolezza, fino a quando tutto il composto umano, guarito da ogni difetto non passi nella vita eterna ove non sarà commesso più alcun peccato. In realtà non ai cattivi, ma ai buoni insegnava a pregare quando ordinò di dire: Padre nostro, che sei nei cieli 15. Per questo infatti sono buoni in quanto sono diventati tali non già per la, natura in cui sono generati, ma per la grazia in quanto, a coloro che lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio 16. Nel linguaggio biblico questa generazione spirituale è chiamata pure adozione, per distinguerla dalla generazione di Dio da Dio, del coeterno dall'eterno, di cui sta scritto: Chi mai potrà spiegare la sua generazione? 17. Gesù dopo aver dimostrato che erano buoni coloro ai quali aveva ordinato di dire: Padre nostro, che sei nei cieli, ordinò tuttavia che nella medesima preghiera, tra le altre, rivolgessero questa domanda: Rimettici i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 18. Quantunque sia evidente che tali debiti siano peccati, lo dichiarò tuttavia meglio poco dopo dicendo: Se infatti voi rimetterete i peccati agli uomini, anche il Padre celeste rimetterà a voi i vostri 19. Questa è la preghiera recitata dai battezzati, eppure non v'è assolutamente alcun peccato passato che nella santa Chiesa non sia rimesso a quelli che vengono battezzati. Ma se poi, nel corso di questa vita mortale e fragile, non commettessero peccati per i quali è necessario il perdono, non direbbero secondo verità: Rimettici i nostri debiti. Buoni dunque in quanto figli di Dio, ma in quanto peccano (come attestano essi stessi nella loro veridica confessione) sono certo cattivi.
Amare i cattivi perché si ravvedano.
5. 14. Qualcuno però potrebbe forse dire che ben diversi sono i peccati dei buoni da quelli dei cattivi, e ciò non è detto in modo che non si possa approvare sotto ogni rapporto. Tuttavia nostro Signore Gesù Cristo chiamò cattivi, senza equivoci, quelli medesimi dei quali disse che Dio era padre. Infatti in un altro passo dello stesso discorso, in cui insegna la suddetta preghiera, esortandoli a pregare Dio, dice: Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto, poiché chi chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa verrà aperto e poco più oltre: Se dunque, sebbene cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli; quanto più il Padre vostro celeste darà cose buone a chi gliele chiede 20. Forse che, per questo, Dio è padre dei cattivi? Tutt'altro! Come mai dunque Cristo chiama Dio Padre vostro celeste di coloro ai quali dice: Quantunque voi siate cattivi, se non perché la Verità mostra all'evidenza entrambe le condizioni del nostro essere, cioè che cosa siamo per grazia di Dio e che cosa per l'imperfezione della natura umana, volendo emendare questa e mettere in risalto quella? Ben a ragione Seneca, il quale visse al tempo degli Apostoli e di cui si leggono delle lettere all'apostolo Paolo, afferma: Ha in odio tutti chi ha in odio i cattivi 21. Eppure i cattivi devono essere amati perché cessino d'essere tali, allo stesso modo che s'amano i malati non perché restino tali, ma perché guariscano.
Cristo perdonò la peccatrice, condannò il peccato.
5. 15. Tutti i peccati commessi durante il resto della nostra vita dopo quelli cancellati dal battesimo, anche se non portano la scomunica, si espiano non con un dolore sterile, ma con sacrifici di misericordia. Sappiate dunque che noi offriamo a Dio per voi ciò che noi otteniamo da parte vostra mediante la nostra opera di intercessione. Poiché anche voi avete bisogno dell'indulgenza che concedete agli altri. Considerate inoltre chi è Colui che disse: Perdonate e vi sarà perdonato, date e vi sarà dato 22. Anche se vivessimo in modo da non aver motivo di dire: Rimettici i nostri debiti, quanto più l'animo fosse scevro di peccati, tanto più dovrebbe essere pieno di clemenza; e se non c'inducesse al rimorso la massima del Signore che dice: Chi di voi è senza peccato, scagli contro di essa la prima pietra 23, dovremmo seguire almeno l'esempio di Colui che la pronunciò: egli, pur essendo senza peccato, rivolto alla donna lasciata sola da quei vecchioni spaventati, Nemmeno io ti condannerò - disse -; va e non peccare mai più 24. La peccatrice avrebbe potuto temere che, dileguatisi i suoi accusatori, i quali erano stati indulgenti verso il peccato altrui pensando ai loro peccati personali, venisse condannata con tutta ragione da chi era senza peccato. Al contrario Colui che non aveva nulla da temere nella sua coscienza, ma era pieno di clemenza, allorché la peccatrice gli ebbe risposto che nessuno l'aveva condannata, Neppure io - le disse - ti condannerò, come se le dicesse: " Se ti ha perdonato la malizia, perché temi l'innocenza?" e per non dar l'impressione che approvasse, ma che solo perdonava il peccato: Va - soggiunse - e non peccare mai più, per mostrare che aveva perdonato all'uomo e non già che approvasse la colpa dell'uomo. Comprendi ormai ch'è una conseguenza della religione e che non ci rende conniventi dei delitti il fatto che spesso noi, senz'essere delinquenti, intercediamo per dei delinquenti e, sebbene peccatori, presso altri peccatori, cosa quest'ultima che vorrei tu prendessi detta da me perché rispondente a verità, e non già per offenderti.
La giustizia e la mitezza cristiana.
6. 16. D'altra parte non sono stati istituiti senza uno scopo il potere del sovrano, il diritto di vita e di morte proprio del giudice, gli uncini di tortura del carnefice, le armi dei soldati, il potere di punire proprio del sovrano, e perfino la severità del buon padre di famiglia. Tutti questi ordinamenti hanno le loro norme, le loro cause, la loro ragione, la loro utilità. Quando essi vengono temuti, non solo sono tenuti a freno i malvagi, ma gli stessi buoni vivono più tranquilli tra i malvagi. Non bisogna tuttavia proclamare buoni quanti si astengono dal peccare per paura di tali ordinamenti, poiché non si è buoni per paura del castigo, ma per amore della giustizia; non è comunque inutile reprimere l'arroganza e la prepotenza degli uomini anche mediante la paura che incutono le leggi umane, affinché non solo gli innocenti si sentano sicuri in mezzo ai malfattori ma, mentre con la paura del castigo è messo un freno alla loro possibilità di far del male, la loro volontà venga guarita ricorrendo all'aiuto di Dio. Tuttavia con l'accennato ordinamento delle cose umane non contrasta l'intercessione dei vescovi, anzi, non ci sarebbe né motivo né occasione d'intercedere, se quello non esistesse. I benefici di chi intercede e di chi perdona sono tanto più graditi, quanto più giusti sono i castighi per coloro che peccano. Per nessun altro motivo, inoltre - a mio parere - nell'Antica Alleanza, al tempo degli antichi Profeti, la Legge era più severa nel comminare i castighi se non per mostrare la giustizia dei castighi stabiliti per i colpevoli. In tal modo, se la Nuova Alleanza ci raccomanda di perdonarli, questa indulgenza deve servire di medicina per la salvezza dell'anima e per ottenere il perdono anche dei nostri peccati oppure una manifestazione di mansuetudine, che spinga le persone non solo a tenere, ma anche ad amare la verità predicata da coloro che son disposti a perdonare.
Castigo amoroso e perdono crudele.
6. 17. Ha poi grandissima importanza vedere con quale animo si perdona. Poiché in certi casi si può essere indulgenti castigando, come si può essere crudeli perdonando. Infatti, per spiegarmi con un esempio, chi non chiamerebbe piuttosto crudele colui che fosse remissivo con un ragazzo che s'ostinasse a giocare coi serpenti? Chi invece non chiamerebbe misericordioso colui che, proibendoglielo, castigasse pure con busse questo ragazzo che si infischiasse dei rimproveri? Ma non bisogna per questo estendere la severità fino alla morte del colpevole, perché possa giovargli. Del resto anche quando uno viene ucciso da un altro, c'è una gran differenza se si agisce per desiderio di far del male o di appropriarsi ingiustamente di qualche bene, come il nemico o l'assassino, oppure se si agisce per disposizione della giustizia o dell'autorità, come nel caso del giudice o del carnefice, oppure ancora per la necessità di sfuggire la morte, come può capitare ad un viandante costretto ad uccidere l'assassino, o per soccorrere qualcun altro, come è il caso dell'uccisione del nemico fatta da un soldato. Talvolta poi chi è causa della morte, è più colpevole dell'uccisore, come quando uno inganna chi si è fatto garante per lui e questi subisca il legittimo supplizio invece di quello. Ma tuttavia non sempre è colpevole chi è causa della morte altrui. Lo sarebbe forse una donna, se uno si uccidesse perché essa ha rifiutato le sue proposte disoneste? Ha forse colpa un padre, se il figlio si getta in un precipizio per evitare percosse salutari? Di chi sarebbe la colpa, se uno si desse la morte da sé stesso perché uno è stato messo in libertà o per impedire la liberazione di un altro? Forse che, per evitare agli altri simili cause di morte, dobbiamo essere conniventi col delitto, abolire la punizione del peccato perfino da parte del padre, quando tale punizione ha per scopo di correggere e non di nuocere, oppure sono da proibire tutte le opere di misericordia? Quando accadono fatti come quelli accennati prima, dobbiamo provarne dolore come d'una disgrazia capitata a una persona. ma non dobbiamo rinunciare alla volontà di far del bene per evitare che accadano.
Scopo della misericordia cristiana.
6. 18. Così, quando intercediamo per un peccatore ch'è sul punto d'essere condannato, si possono verificare conseguenze contrarie a quelle da noi volute. Alle volte l'individuo messo in libertà per il nostro intervento, proprio per essere rimasto impunito, incrudelisce maggiormente nella sua arroganza, schiavo della passione, ingrato alla clemenza, dando a parecchi altri la morte da cui l'abbiamo strappato proprio noi. Altre volte invece se il nostro beneficio ottiene che il reo muti in meglio e corregga la propria condotta, può darsi che un altro, immaginando di avere la medesima impunità di costui, si dia a una vita disonesta e commetta delitti simili o anche più gravi e vada incontro a una brutta fine. Ciononostante non bisogna imputare alle nostre intercessioni presso di voi tali aberrazioni, ma piuttosto il bene che abbiamo di mira e desideriamo quando agiamo così, cioè l'esempio di mansuetudine, che noi diamo per far amare la parola di verità, e la speranza che quanti vengono liberati dalla morte temporale vivano in modo da non incorrere in quella eterna, dalla quale non potrebbero mai essere liberati.
I vescovi temperano la severità dei giudici.
6. 19. E' utile dunque anche la vostra severità con cui è assicurata anche la nostra tranquillità; è utile però anche la nostra intercessione con cui viene mitigata la vostra severità. Non vi dispiaccia d'essere pregati da noi, poiché nemmeno a noi dispiace che siate temuti dai malvagi. Anche l'apostolo Paolo spaventò i malvagi non solo con il giudizio futuro, ma pure col vostro potere giudiziario asserendo che anch'esso rientra nell'ordine voluto dalla divina provvidenza: Ognuno - dice - stia soggetto alle autorità superiori, poiché ogni autorità deriva solo da Dio, sicché quelle attualmente costituite sono volute da Dio. Per conseguenza chi si ribella all'autorità, si ribella all'ordinamento di Dio, e quelli che si ribellano, si preparano da se stessi la dannazione. I governanti esistono per impedire non le azioni buone ma le cattive. Vuoi tu quindi non aver paura dell'autorità? Fa' il bene e sarai lodato da essa, poiché è a servizio di Dio per il bene comune che giova a te pure. Se invece fai il male, abbi paura, poiché non senza ragione porta la spada; essa infatti è strumento per infliggere punizioni ai malfattori in nome di Dio. Dovete dunque esser sottomessi non solo per paura del castigo, ma anche per la vostra coscienza; ecco perché siete anche obbligati a pagare le tasse. Ci sono infatti dei pubblici ufficiali che attendono al servizio di Dio, continuamente in questa loro mansione. Rendete a tutti quanto è loro dovuto: il tributo a chi spetta, l'imposta a chi ne ha il diritto, il rispetto a chi è dovuto, l'onore a chi ne ha diritto, non vi restino debiti con alcuno, tranne quello dell'amore scambievole 25. Queste parole dell'Apostolo dimostrano l'utilità della vostra severità. Pertanto, come a quelli che temono è ordinato di amare coloro che ispirano timore, così a questi è ordinato di amare quelli che li temono. Non si faccia nulla per brama di nuocere, ma per amore di giovare, e non si farà nulla di crudele, nulla d'inumano. Così si avrà paura della punizione data dal pubblico accusatore, in modo che non sia disprezzata la religione di chi intercede, poichè la punizione e il perdono devono servire solo alla correzione della vita degli uomini. Se poi tanta è la perversione e l'empietà, che a correggerli non giova né il castigo né il perdono, i buoni non fanno che adempiere il precetto d'amare con la retta intenzione e con la coscienza che Dio conosce, sia quando castigano sia quando perdonano.
Il ladro è perdonato se restituisce.
6. 20. Quando poi nella tua lettera soggiungi: " Ma ora, nello stato attuale delle nostre abitudini, la gente desidera non solo che le sia condonata la pena, ma anche di continuare a possedere ciò per cui hanno commesso la colpa ", ricordi la peggiore specie di persone, a cui non giova affatto la medicina del pentimento. Se infatti la roba altrui per cui si è peccato, non viene restituita quando si può, non si fa, ma si finge solo di far penitenza. Se invece la penitenza si fa sul serio, il peccato non sarà condannato se non verrà restituita la refurtiva almeno quando è possibile restituirla, come ho già detto. In realtà per lo più uno perde ciò che ruba sia per la causa di altri malviventi, sia a causa delle proprie cattive abitudini e non possiede più nulla da restituire. A un tale individuo non possiamo certo dire: " Restituisci il maltolto ", se non quando crediamo che ancora ne sia in possesso e rifiuti di restituirlo. Se il ladro è sottoposto a torture dal derubato che reclama il suo e io crede in grado di poter restituire, non v'è alcuna ingiustizia, poiché, sebbene non possa più restituire la refurtiva, espia con sofferenze fisiche il peccato commesso contro giustizia, mentre si tenta d'obbligarlo a restituire il denaro rubato. Non è però cosa inumana intercedere anche per siffatti individui come si fa per dei criminali, poiché l'intercessione non ha affatto lo scopo d'ostacolare la restituzione del maltolto, ma d'evitare che uno usi violenze crudeli e inutili a un suo simile, soprattutto se ha già perdonato la colpa, ma cerca solo di rientrare in possesso del suo denaro e, se pur teme d'essere frodato, non desidera affatto vendicarsi. Se finalmente in tali casi riusciamo a convincere che gli individui per i quali intercediamo non posseggono quanto si esige da loro, veniamo subito liberati dalle loro. molestie. Talvolta poi persone misericordiose, proprio perché sono in dubbio, rinunciano a infliggere a un individuo dei supplizi sicuri per farsi restituire una somma così poco sicura di denaro. A una tale opera di misericordia sarebbe conveniente che noi fossimo spinti ed esortati perfino da voi stessi. Anche se il ladro è in possesso del denaro, è meglio perderlo che sottoporlo a torture o ucciderlo nell'eventualità che non lo possegga. In tali casi però è preferibile intercedere per siffatti individui presso i creditori anziché presso i giudici, per evitare che colui il quale, avendone il potere, non costringe con la forza a restituire la refurtiva, dia l'impressione che sia egli stesso a rubare qualcosa; il giudice, comunque, nei mezzi coercitivi che usa a tale scopo, pur mantenendo la sua integrità, non deve perdere la sua umanità.
I vescovi severi con chi non restituisce.
6. 21. Ma io potrei affermare con tutta sicurezza che, se uno intercede per un individuo perché non restituisca il maltolto e, per quanto esige l'onestà, non costringe alla restituzione il ladro che ricorre al suo aiuto, è connivente in quella frode e in quella colpa. In effetti è più conforme alla misericordia rifiutare il nostro aiuto a cotali individui che accordarlo, poiché colui che favorisce il peccato invece di soffocarlo e stroncarlo non arreca alcun aiuto al delinquente. Ma per questo possiamo forse noi o dobbiamo usare la forza contro tali individui o consegnarli alla giustizia? Noi agiamo solo nei limiti della nostra potestà episcopale minacciandoli spesso della giustizia umana, ma soprattutto e sempre della giustizia di Dio. Quelli che a noi risulta aver rubato e che, pur avendo di che restituire, non lo vogliono fare, noi li accusiamo, li rimproveriamo, li detestiamo: alcuni in privato, altri in pubblico secondo che la differenza delle persone ci pare esigere un rimedio differente, per timore di spingerle a una pazzia più grave, che potrebbe tornare a rovina di altri. Talora arriviamo perfino a scomunicarli, se non ce lo impedisce la considerazione d'un bene maggiore.
Chi intercede non vuole l'ingiustizia o la impunità.
6. 22. E' vero bensì che spesso tali individui c'ingannano affermando di non aver rubato o di non essere in grado di restituire; ma anche voi spesso v'ingannate pensando che noi non ci diamo da fare perché restituiscano o pensando che essi siano in grado di restituire. Tutti o quasi tutti siamo soliti chiamare o considerare come conoscenze sicure i nostri sospetti, quando reputiamo più credibile una cosa per qualche semplice indizio, sebbene alcune cose, che paion credibili, siano false come al contrario alcune, che paiono incredibili, sono vere. Ecco perché tu, dopo aver ricordato quelli che " non solo desiderano avere condonata la pena della colpa, ma restare pure in possesso del maltolto ", soggiungi: " Anche per questi messeri voi vescovi credete vostro dovere intervenire ". Orbene, potrebbe darsi che tu sappia ciò che non so io e per conseguenza io creda mio dovere intercedere per uno che ha potuto ingannare me non avendo potuto ingannare te; può darsi inoltre che io creda che il ladro non abbia la possibilità di restituire, mentre a te risulta il contrario. Succede così che noi abbiamo opinioni contrarie sul conto del colpevole, ma nessuno di noi approva che non si restituisca la refurtiva. Come uomini abbiamo opinioni diverse sul conto di una persona, ma andiamo d'accordo per quanto riguarda la giustizia. Allo stesso modo può darsi ch'io sappia che il colpevole non ha la possibilità di restituire, mentre tu hai qualche indizio, sia pure poco sicuro, per credere che ne abbia la possibilità; per questo ti pare che io interceda per uno che desidera avere il condono della pena e nello stesso tempo non restituire il maltolto. Per concludere, né a te né ad altri che siano - con nostra gran gioia - simili a te, né a coloro che aspirano a possedere con ogni mezzo la roba altrui - roba che non solo non potrà essere loro d'alcuna utilità, ma anzi essere di molto pericolo e danno 26 - e neppure alla mia coscienza, di cui è testimone Iddio, oserei dire o pensare o sostenere che si debba intercedere per un colpevole, il quale con l'impunità della colpa voglia possedere ciò che ha ottenuto con essa, ma affermo ch'è lecito intercedere per un colpevole affinché gli sia condonata la punizione del torto commesso e restituisca il maltolto, purché sia ancora in possesso della refurtiva o possa compensarlo in altro modo.
Giudizi e testimonianze venali.
6. 23. Non è affatto vero che tutto ciò che si prende ad uno che non vuol darlo venga sottratto con ingiustizia. Molti infatti si rifiutano di pagare l'onorario al medico o il salario all'operaio, e tuttavia non commettono alcuna ingiustizia coloro che lo prendono con la forza a chi si rifiuta, perché l'ingiustizia consisterebbe piuttosto nel rifiutare la mercede. Ma non per questo se un avvocato si fa pagare il suo giusto patrocinio e il giureconsulto il suo consiglio veridico, deve un giudice vendere il suo giusto verdetto e il testimone la sua testimonianza veridica. Poiché i primi sono adibiti al dibattito giudiziale tra un. a parte e l'altra mentre i secondi sostengono una sola delle due parti. Ma se invece di sentenze giudiziarie conformi alla giustizia e di testimonianze veridiche, che non devono mai essere vendute, ne sono vendute d'ingiuste e di false, è azione molto più perversa ricevere denaro in compenso, dal momento che è azione infame darlo anche spontaneamente. Con tutto ciò chi ottiene con danaro una sentenza pronunciata in base alla giustizia, suole reclamare il suo danaro come se gli fosse stato sottratto ingiustamente, poiché la giustizia non dovrebbe essere venale; chi invece ottiene un verdetto contrario alla giustizia sborsando danaro, vorrebbe certo reclamarlo, se non avesse paura o vergogna d'averlo comprato.
Le mance, meno illecite dei furti.
6. 24. Vi sono altre persone di grado inferiore che senza scrupolo ricevono denaro da tutte due le parti, come un ufficiale giudiziario, cioè non solo da colui dal quale è preso a servizio ma anche da colui per il quale fa un servigio. Si ha l'abitudine di richiedere a costoro il denaro quando viene da essi estorto con smoderata disonestà, ma non quando si è sborsato per un'abitudine tollerabile; anzi biasimiamo più quelli che lo richiedono contro l'usanza invalsa che non coloro che l'accettano secondo tale usanza, poiché sono allettate o son trattenute nel loro servizio da siffatti vantaggi le numerose persone necessarie al disbrigo di quelle faccende terrene. Qualora tali impiegati siano riusciti a mutare vita o a salire a un grado più elevato di santità, distribuiscono più facilmente ai poveri, come se fosse loro proprietà, il gruzzolo messo insieme con questo sistema anziché restituirlo, come se fosse proprietà altrui, a coloro dai quali lo han ricevuto. Chi invece s'è appropriato di beni mediante furti, rapine, calunnie, assalti o aggressioni deve - a nostro parere - restituire anziché dare ai poveri il maltolto, secondo l'esempio propostoci dal Vangelo nella persona dell'appaltatore Zaccheo: egli dopo aver ricevuto come ospite in casa sua il Signore, convertitosi d'improvviso a una vita santa, esclamò: Io dò ai poveri la metà dei miei beni e, se ho frodato qualcuno, gli restituisco il quadruplo di quanto gli ho rubato 27.
Gl'illeciti guadagni degli avvocati; le usure.
6. 25. Tuttavia, se si considera più strettamente quel ch'esige la giustizia, si dirà con maggior ragione all'avvocato: " Restituisci l'onorario che hai percepito, dal momento che ti sei schierato contro la verità, hai difeso l'iniquità, hai ingannato il giudice, hai schiacciato l'innocente, hai vinto con la menzogna ". Tu stesso ben sai quanti fior di galantuomini dotati di singolare facondia agiscono così non solo con l'impunità, ma sembra loro pure di compiere un'azione da menarne vanto; é molto più ragionevole - ripeto - rivolgere quel reclamo a un avvocato che dire a un impiegato qualunque di tribunale: " Restituisci le propine, dal momento che hai fermato per ordine del giudice la tal persona, la cui presenza era necessaria allo svolgimento del processo, l'hai incatenata affinché non opponesse resistenza, l'hai incarcerata perché non fuggisse o infine perché l'hai presentata ai giudici durante lo svolgimento del processo e l'hai lasciata andare al termine di esso ". E' chiaro d'altronde che a un avvocato non si parla così poiché, naturalmente, uno non vuol reclamare la somma data al difensore legale perché vincesse la causa con la frode allo stesso modo che non è disposto a restituire la somma ricevuta da parte dell'avversario dopo aver riportato la vittoria con la frode. Qual avvocato, infine, o qual ex-avvocato si trova facilmente così specchiato da dire al proprio cliente: " Riprendi il denaro che m'hai dato per averti difeso malamente e rendi al tuo avversario ciò che gli hai sottratto ingiustamente in virtù della causa da me trattata come procuratore ". Eppure chi vuol pentirsi sul serio della precedente vita scorretta, deve avere anche il coraggio d'agire così se il cliente che ha intentato un processo ingiusto, nonostante gli ammonimenti ricevuti, non vuol emendare la propria iniquità, l'avvocato non deve esigere il compenso di quella iniquità, salvo che per caso si debba restituire il denaro altrui sottratto di nascosto e non si debba restituire quello guadagnato proprio nel tribunale - ove si puniscono i misfatti - con l'ingannare i giudici e con l'eludere le leggi. Che dire poi degli interessi guadagnati con l'usura, che le stesse leggi e i giudici comandano di restituire? E' forse più crudele chi sottrae o ruba qualcosa a un ricco di chi manda in rovina un povero con l'usura? Questi ed altri proventi di tal genere son posseduti senza dubbio ingiustamente e io ne esigerei la restituzione; ma non v'è giudice per mezzo del quale possano reclamarsi.
Come si possiede la giustizia, come il danaro.
6. 26. Se inoltre consideriamo attentamente quello che sta scritto: Tutto il mondo con tutte le sue ricchezze appartiene all'uomo fedele, mentre all'infedele non è dovuto neppure un soldo 28, non convinceremo forse che posseggono beni altrui tutti coloro che credono di godere beni guadagnati in modo lecito mentre non li sanno usare? Non appartiene certo ad altri ciò che si possiede di diritto; si possiede poi di diritto ciò che s'è acquistato con giustizia, e ciò ch'è giusto è anche buono. Appartiene quindi ad altri ciò che si possiede contro giustizia, come quando se ne fa un uso cattivo. Comprendi perciò quanti dovrebbero restituire la roba d'altri, se si trovassero almeno alcuni ai quali si potesse restituire. Le persone di questa specie però, dovunque si trovino, tanto più disprezzano questi beni quanto più giustamente avrebbero potuto possederli. La giustizia infatti è un bene che non solo nessuno possiede male, ma nessuno può possederla se non l'ama. Il denaro invece non solo è posseduto male dai malvagi, ma i buoni lo possiedono tanto meglio quanto meno da essi è amato. Ma intanto si tollera l'ingiustizia dei cattivi possessori, anzi tra di loro si stabiliscono certi diritti che si chiamano civili non perché in virtù di essi avviene ch'essi facciano buon uso del denaro, ma perché quanti ne fanno cattivo uso siano meno nocivi agli altri. Così andranno le cose fino a tanto che i fedeli e i buoni - ai quali appartiene tutto per diritto - che son divenuti tali dopo aver fatto parte della classe dei cattivi possessori o che, pur vivendo in mezzo a loro, non si lasciano incatenare dai loro vizi ma ne soffrono, non giungano alla città ove l'eternità sarà la loro eredità; ove non vi sarà posto se non per il giusto, non vi sarà principato se non per il sapiente; ove tutti coloro che ne saranno cittadini possederanno beni veramente di loro proprietà. Ciononostante anche quaggiù non intercediamo perché non sia restituito il bene altrui secondo i costumi e le leggi terrene, quantunque noi desideriamo che siate misericordiosi verso i malvagi, non perché questi siano amati in quanto tali o affinché rimangano tali, ma perché vengono dalle loro file tutti quelli che diventano buoni e col sacrificio della misericordia viene placato Dio, senza la misericordia del quale verso i malvagi nessuno sarebbe buono. Mi accorgo che da un pezzo ti sto importunando con questa mia lettera mentre sei tanto occupato, quando sarebbe stato possibile, acuto e dotto come sei, rispondere in poche parole ai quesiti propostimi da te. Già da tempo avrei dovuto terminare la mia risposta sollecitata da te, se avessi saputo che l'avresti letta tu solo. Vivi felice, unito a Cristo, o figlio carissimo.
1 - Mt 5, 44-45.
2 - Mt 5, 44-45.
3 - Rm 2, 3-6.
4 - Rm 2, 4.
5 - 1 Pt 4, 8.
6 - Rm 2, 4.
7 - Sal 2, 13.
8 - Sal 30, 25.
9 - 1 Gv 1, 8.
10 - Gv 8, 7.
11 - Mt 1, 18-20.
12 - Gc 5, 16.
13 - Mc 10, 18.
14 - Lc 6, 45.
15 - Mt 6, 9.
16 - Gv 1, 12.
17 - Is 53, 8.
18 - Mt 6, 12.
19 - Mt 6, 14.
20 - Mt 7, 7. 8. 11.
21 - SEN., De ira 2, 6-10; 3, 26; 28, 1; De benef. 4, 26, 2 s.; 5, 17, 3; 7, 27.
22 - Lc 6, 37-38.
23 - Gv 8, 7.
24 - Gv 8, 11.
25 - Rm 13, 1-8.
26 - SALLUST., Iugurt. 1, 5.
27 - Lc 19, 8.
28 - Prv 17, 6 (sec. LXX); cf. HIERON., Ep. 103 (ad Paulinum); in Ezech. 45.
3 - L'umilta' di Maria santissima nei miracoli di Cristo nostro salvatore e quella che ella stessa insegnò agli apostoli in vista dei prodigi che avrebbero compiuto con la potenza divina
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1053. Tutta la vita di Maria santissima - se si considera con attenzione
- è una dimostrazione chiarissima della sua umiltà. Tale virtù in lei
fu così ineffabile che non può essere adeguatamente esaltata, perché né
dagli uomini né dagli angeli fu mai sufficientemente compresa nella sua
impenetrabile profondità. Come nella composizione di tutte le medicine -
per quanto siano tanto diverse - c'è la dolcezza dello zucchero, che le
porta al loro punto di perfezione adattandosi ad esse, così in tutte le
virtù della beatissima Vergine e nelle sue opere c'è l'umiltà, che le
accresce di valore e le adatta al gusto dell'Altissimo e degli uomini;
proprio per questo, sua Maestà la guardò e la elesse e tutte le
generazioni la chiamano beata. La prudentissima Signora non lasciò
passare istante, occasione, tempo o luogo alcuno nel corso della sua
vita senza esercitare le virtù che poteva; ma la cosa straordinaria fu
che nelle sue opere entrò sempre la sua rara umiltà, che la sollevò al
di sopra di tutto ciò che non era Dio. In essa, Maria santissima fu
superiore ad ogni altra creatura e con essa, in un certo modo, vinse lo
stesso Dio, poiché trovò tanta grazia ai suoi occhi che non le fu negato
niente di quanto domandava per sé o per gli altri. In questa virtù la
gran Regina superò a casa i suoi domestici e sua madre sant'Anna, nel
tempio le sue compagne, nel matrimonio san Giuseppe, nei servizi umili
gli angeli. Con l'umiltà vinse inoltre il Padre e lo Spirito Santo,
muovendoli a comandare agli apostoli e agli evangelisti di non lodarla
pubblicamente, ed infine vinse il suo Figlio santissimo, ottenendo da
lui di esser trattata in maniera tale da non dare adito ad elogi da
parte degli uomini per i suoi miracoli e il suo insegnamento.
1054. Un simile grado di virtù era raggiungibile soltanto
dalla più umile tra gli umili, perché, quand'anche gli altri figli di
Adamo e gli angeli non fossero tanto carenti in umiltà per altre
ragioni, non potrebbero comunque arrivare così in alto a causa della
loro condizione di creature. Intenderemo tale verità riflettendo sul
fatto che col morso dell'antico serpente il veleno della superbia è
penetrato a fondo nei mortali; per tirarlo fuori la divina sapienza
dispose che l'effetto stesso del peccato servisse da medicina, in modo
che la cognizione dei nostri difetti ci facesse conoscere la nostra
bassezza. È chiaro che abbiamo un'anima spirituale, ma essa è a livello
inferiore sia rispetto a Dio, che occupa quello supremo, sia rispetto
alla natura angelica, che si trova a quello intermedio. Inoltre, il
nostro corpo non solo è fatto dell'elemento più infimo che ci sia, che è
la terra, ma anche della sua parte più sporca, cioè del fango. Dio ha
stabilito tutto ciò nella sua sapiente provvidenza affinché il fango
occupi sempre il posto che gli spetta, e vi rimanga anche quando fosse
ornato ed abbellito di grazie. Tutti impazziamo di fronte alla pochezza
tanto evidente dell'essere umano e, per restituirci a noi stessi
mediante un'altra verità ed umiltà, è necessario che sperimentiamo col
peccato il nostro essere vili e spregevoli. Eppure sperimentarlo ogni
giorno non basta a farci ritornare in senno e confessare che è iniqua
perversità bramare onore e grandezza umana, poiché per natura siamo
terra e cenere, e per le nostre opere indegni persino di un essere così
meschino.
1055. Solo Maria santissima, essendo stata preservata dalla
prima colpa e dai suoi pericolosi e terribili effetti, conobbe l'arte
della più grande umiltà e la portò alla massima perfezione: le bastò
rendersi conto della propria creaturalità per umiliarsi più di tutti i
figli di Adamo, per quanto essi, oltre a tale cognizione, abbiano quella
dei propri peccati. Costoro, se furono umili, furono prima umiliati, e
acquisirono questa virtù, quasi costretti, solo tramite l'umiliazione;
perciò devono confessare con Davide: Prima di essere umiliato andavo
errando, ma ora osservo la tua parola; e ancora: Bene per me se sono
stato umiliato, perché impari ad obbedirti. Ma la beatissima Vergine non
raggiunse tale virtù per questa via: fu umile piuttosto che umiliata e
mai umiliata da colpe o passioni. Gli stessi spiriti sovrani - sebbene
non possano essere messi a confronto con gli uomini perché di gerarchia e
natura superiore, senza passioni e senza colpe - non poterono
uguagliare la gran Signora, benché si umiliassero anch'essi davanti al
loro Creatore. Fu infatti l'essere creatura umana che permise a Maria
santissima di superare gli angeli in umiltà, giacché il loro stesso
essere spirituale non poteva indurli ad annientarsi tanto quanto la
natura terrena poteva muovere la nostra Regina. A ciò si aggiunge la sua
dignità di madre e signora di tutte le creature e degli angeli stessi,
perché nessuno di essi poté riconoscere in sé delle prerogative così
eminenti da elevare a un grado simile la virtù dell'umiltà.
1056. In questa perfezione ella fu unica. Non ignorava di
essere Madre di Dio e regina di ogni cosa creata e non misconosceva i
doni di grazia che aveva ricevuti a tal fine, né le meraviglie che per
mezzo di essi compiva; sapeva che il Signore depositava nelle sue mani e
metteva a sua disposizione tutti i tesori del cielo e tuttavia non
cessò mai di considerarsi l'ultima tra le creature né perché madre, né
perché innocente, né perché potente e favorita, né per i suoi prodigi,
né per quelli del suo Figlio santissimo. Oh, rara umiltà! Oh, fedeltà
mai vista tra i mortali! Oh, sapienza che neppure gli spiriti celesti
poterono conseguire! Chi mai, essendo conosciuto da tutti come il più
grande, non conosce se stesso e si reputa il più piccolo? Chi mai seppe
nascondere a sé quello che tutti dicevano di lui? Chi fu spregevole solo
ai propri occhi, essendo per tutti ammirevole? Chi mai in mezzo alla
somma altezza ed eccellenza non perse di vista la bassezza e, invitato
al posto più alto, si scelse l'ultimo' non per necessità, né per
tristezza, né con forzata impazienza, ma di tutto cuore, con verità e
fedeltà? Oh, figli di Adamo, quanto siamo pigri e rozzi in questa
scienza divina! Oh, quanto è necessario che talvolta il Signore ci
nasconda i nostri stessi beni o che con essi ci carichi di qualche
zavorra, affinché non urtiamo negli scogli, perdendoci con tutti i suoi
favori, e non meditiamo nascostamente il furto della gloria che gli è
dovuta come autore di tutto! Intendiamo, dunque, quanto sia inquinata la
nostra umiltà e quanto instabile, anche se talvolta l'abbiamo. Dio
infatti ha bisogno di usare tanta circospezione e sollecitudine nel
darci qualche beneficio o virtù per la debolezza della nostra umiltà, e
in pochi casi ci affida i suoi doni senza che la nostra ignoranza se ne
appropri, almeno in parte, mediante la compiacenza e la gioia
superficiale.
1057. Per gli angeli fu motivo di stupore vedere il
comportamento umile della Regina del cielo di fronte ai miracoli di
Gesù, perché non erano abituati a trovare nei mortali e neppure fra loro
quella sorta di annientamento in mezzo a tanta sublimità e ad opere
così gloriose. Poiché avevano già conosciuto l'onnipotenza del Salvatore
dai suoi prodigi, gli spiriti celesti non rimanevano tanto ammirati per
questi quanto per la fedeltà incomparabile della beatissima Vergine, la
quale volgeva tutte quelle azioni alla gloria di Dio, reputandosi
talmente indegna da stimare come beneficio personale il fatto che il suo
Figlio santissimo non tralasciasse di compiere tali azioni nonostante
ella fosse nel mondo. Questo genere di umiltà si trovava in lei proprio
quando il Redentore faceva dei miracoli mosso dalle sue preghiere.
Inoltre, se Maria santissima non si fosse frapposta fra gli uomini e
Cristo, l'umanità non avrebbe avuto la dottrina del Vangelo, né avrebbe
meritato di riceverla.
1058. I prodigi del Signore erano così nuovi che non poteva
non risultarne per sua Madre grande gloria e stima; infatti, non solo
era conosciuta dai discepoli e dagli apostoli, ma anche i nuovi fedeli
accorrevano quasi tutti da lei, riconoscendola madre del vero Messia, e
si congratulavano per le opere del suo Figlio santissimo. Questi
successi erano un'ulteriore prova della sua umiltà, perché si prostrava
nella polvere e, nella considerazione di se stessa, si abbassava al di
sotto di quanto umanamente si possa immaginare. Non solo: oltre ad
umiliarsi per tutte le meraviglie di Cristo, rendeva grazie all'eterno
Padre per ciascuna di esse, riempiendo il vuoto dell'ingratitudine
umana. Con le sue preghiere ella preveniva il Salvatore in virtù della
segreta corrispondenza tra la sua anima purissima e quella di lui,
affinché gli ascoltatori della parola divina non la lodassero, come
accadde in alcune circostanze raccontate dagli evangelisti. Una di
queste fu la guarigione dell'indemoniato muto. Poiché i giudei
attribuirono il miracolo al demonio stesso, sua Maestà risvegliò quella
donna fedele che, alzando la voce, disse: «Beato il ventre che ti ha
portato e il seno da cui hai preso il latte!». Udendo ciò l'umile ed
accorta Regina pregò nel suo cuore il Maestro divino di stornare da lei
quella lode ed egli accondiscese, ma in maniera da elogiarla
maggiormente in un modo allora sconosciuto. Disse infatti Gesù: «Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». Così
dicendo le tolse l'onore che le davano come a madre e glielo rese come a
santa, insegnando agli uditori di passaggio quale fosse la virtù
essenziale comune a tutti, nella quale la beatissima Vergine era unica
ed ammirevole, anche se quelli allora non lo compresero.
1059. L'altro episodio si verificò quando, mentre il Signore
predicava, gli riferirono che sua Madre e i suoi fratelli lo cercavano e
non potevano avvicinarsi per la moltitudine di gente. La prudentissima
Signora, prevedendo che quanti la conoscevano come madre del Messia
avrebbero potuto lodarla, pregò il suo Figlio santissimo di evitarlo,
come di fatto egli fece rispondendo: «Mia madre, i miei fratelli e le
mie sorelle sono quelli che fanno la volontà del Padre mio, ascoltano la
sua parola e l'adempiono». In queste parole Cristo non escluse
certamente la Vergine Maria dall'onore che meritava per la sua santità -
anzi ve la incluse più di tutti -, ma lo fece in modo tale che ella non
venisse esaltata dalle persone circostanti e fosse esaudito il suo
desiderio di vedere conosciuto e lodato solo l'Altissimo. Riguardo a
tali fatti ho compreso che accaddero in luoghi e circostanze differenti,
come appunto li riporta san Luca nei capitoli ottavo e undicesimo.
Poiché san Matteo riferisce lo stesso miracolo della guarigione
dell'indemoniato muto e subito dopo dice che il Redentore era stato
avvisato della venuta di sua Madre e dei suoi fratelli, alcuni scrittori
sacri hanno giudicato che tutto ciò avvenne in una sola volta. Ma
avendo io chiesto nuove chiarificazioni per ordine dei superiori, mi fu
risposto che furono avvenimenti diversi quelli raccontati da san Luca in
circostanze differenti.
1060. Affinché s'intenda meglio che gli evangelisti non
discordano e si sappia la ragione per cui la Regina santissima andò a
cercare suo Figlio nelle occasioni suddette, avverto che ordinariamente
sua Altezza andava dove predicava Cristo nostro Salvatore per due scopi:
in primo luogo per ascoltarlo, come ho già detto, e in secondo luogo
perché era necessario chiedergli qualche beneficio per le anime, la
conversione di alcune e la salute degli infermi e dei bisognosi. La
pietosissima Signora si prendeva a cuore tali problemi e la loro
soluzione, come accadde alle nozze di Cana. Per questi ed altri fini ben
ordinati, ella andava a cercarlo avvisata dai santi angeli o mossa
dalla luce interiore. Poiché ciò accadeva spesso e la gente che
ascoltava la predicazione del Maestro divino era assai numerosa, avvenne
che, tanto nelle due volte riportate nei Vangeli quanto in altre non
menzionate, egli fosse avvisato che sua Madre e i suoi fratelli lo
cercavano. Non deve sorprenderci che in luoghi diversi ripetesse le
medesime parole, perché così fece anche riguardo al detto «Colui che
s'innalzerà sarà umiliato e colui che si umilierà sarà innalzato».
1061. Maria santissima non solo fu umile dinanzi a se stessa,
ma fu anche grande maestra di umiltà per gli apostoli e i discepoli.
Era infatti necessario che costoro si fondassero e radicassero in tale
virtù a ragione dei doni che avrebbero ricevuto e dei miracoli che con
essi avrebbero fatto, sia prima della fondazione della Chiesa che subito
dopo, nella loro predicazione. I santi evangelisti dicono che il nostro
celeste Maestro inviò davanti a sé gli apostoli e i settantadue
discepoli e diede loro potere di fare miracoli, scacciando demoni e
curando infermi. La grande Maestra degli umili li ammonì ed esortò con
l'esempio e con parole di vita su come dovessero comportarsi nel
compiere questi prodigi. Col suo insegnamento e per le sue preghiere,
venne loro infuso un nuovo spirito di profonda umiltà e sapienza perché
conoscessero con più chiarezza che facevano quei miracoli in virtù del
Signore e che al suo potere e alla sua sola bontà era dovuto tutto il
merito di quelle opere. Essi infatti erano semplici strumenti e, come al
pennello non si deve la gloria del dipinto, né alla spada quella della
vittoria, ma tutto si attribuisce al pittore che maneggia l'uno e al
capitano o soldato che regge l'altra, così la lode delle meraviglie che
avrebbero operato doveva essere riferita tutta a Cristo, dal quale
deriva ogni bene. È da notare che nei Vangeli non si trova scritto che
sua Maestà aveva esposto questo insegnamento agli apostoli prima di
mandarli a predicare, perché lo fece la beatissima Vergine.
Ciononostante, quando i discepoli tornarono dalla predicazione e pieni
di gioia raccontarono che nel suo nome anche i demoni si erano
sottomessi ad essi, il Signore li avvertì che era stato lui a dare loro
quel potere e che non dovevano rallegrarsi per quelle opere, ma perché i
loro nomi erano scritti nei cieli`. La nostra umiltà è così fragile che
anche per gli stessi discepoli ci fu bisogno di tanti avvertimenti.
1062. In seguito la scienza dell'umiltà sarebbe stata loro
molto utile per fondare la santa Chiesa, a motivo dei miracoli che essi
compirono nel nome di Gesù a conferma della fede e della loro
predicazione. Infatti i pagani, abituati a considerare divinità
qualunque cosa grande e nuova, vedendo i miracoli degli apostoli vollero
adorarli come dei. Così avvenne a Paolo e a Barnaba, che gli abitanti
della Licaònia chiamarono rispettivamente Mercurio e Giove perché
avevano guarito uno storpio dalla nascita. E in seguito, nell'isola di
Malta, poiché san Paolo non morì dopo essere stato morso da una vipera,
lo chiamarono dio. La gran Regina prevedeva tutti questi misteri con la
pienezza della sua conoscenza, e come coadiutrice del suo Figlio
santissimo partecipò alla sua opera e alla fondazione della legge della
grazia. Nei tre anni della predicazione, Cristo nostro Signore salì tre
volte a Gerusalemme per celebrare la Pasqua e sempre l'accompagnò la sua
beatissima Madre, la quale si trovò presente anche quando cacciò dal
tempio con la sferza coloro che vendevano pecore, colombi e buoi. La
gran Signora seguì il Salvatore in tutto ciò che compì in quella città e
nei luoghi dove avrebbe patito offrendosi al Padre. Ella vi partecipò
con mirabili sentimenti di amore e con azioni di eroiche virtù, dando a
ciascuna la perfezione che esigeva ed esercitando principalmente la
carità che le derivava da Dio; infatti, come Maria santissima dimorava
in Dio e Dio in lei, così la carità che ardeva nel suo cuore, e la
indirizzava a sollecitare il bene del prossimo con tutte le sue forze,
era la stessa del Signore.
Insegnamento della Regina del cielo
1063. Figlia mia, l'antico serpente diede prova della sua perversità
ed astuzia cancellando dal cuore umano la scienza dell'umiltà, che la
clemenza del suo Creatore vi aveva seminato, e al suo posto sparse
l'empia zizzania della superbia. Perché questo vizio sia estirpato e
l'anima ritrovi il bene perduto dell'umiltà, è necessario che essa
accetti di essere umiliata dalle altre creature e che domandi
all'Altissimo con incessanti desideri e cuore sincero tale virtù e i
mezzi per ottenerla. Sono molto rari coloro che si dedicano a questa
sapienza e giungono a conseguire l'umiltà con perfezione, perché
richiede una vittoria compiuta e totale sulla propria natura e ad essa
pochi arrivano. Questo contagio ha talmente penetrato le facoltà
dell'uomo da diffondersi in tutto ciò che fa, e quindi a mala pena si
scorge qualcosa che non abbia in sé il sapore della superbia, così come
la rosa nasce con le spine ed il grano con la resta. Per tale ragione
Dio ha tanta stima dei veri umili, e quelli che riportano per intero il
trionfo sulla superbia sono da lui innalzati e collocati tra i principi
del suo popolo, considerati figli prediletti e in un certo senso
liberati dalla giurisdizione del demonio, il quale non si mostra tanto
ardito contro di loro, perché li teme; le loro vittorie, infatti, lo
tormentano più delle fiamme del fuoco eterno.
1064. Io desidero, o carissima, che tu giunga a possedere in
pienezza il tesoro inestimabile di questa virtù e che consegni al
Signore tutto il tuo cuore rendendolo docile, affinché egli, come su
morbida cera, vi imprima senza resistenza alcuna l'immagine delle mie
umili opere. Poiché ti ho manifestato gli arcani segreti di questo
mistero, sei estremamente tenuta a corrispondere alla mia volontà e a
non perdere occasione per annientarti ed avanzare costantemente in
umiltà, come feci io, essendo Madre del medesimo Dio e in tutto piena di
purezza e di grazia. Inoltre, avendo avuto maggiori doni mi umiliai di
più, perché ai miei occhi questi superavano di gran lunga i miei meriti
ed aumentavano le mie obbligazioni. Tutti gli altri figli di Adamo sono
concepiti nel peccato e peccano. Se nessuno può negare tale verità,
quale ragione può trovare l'uomo per non umiliarsi davanti a Dio e ai
suoi simili? Abbassarsi fino a terra e considerarsi inferiore a tutti
non è grande umiltà per colui che ha peccato, perché anche così avvilito
viene ad aver sempre più onore di quello che merita. Il vero umile deve
discendere ad un posto più basso di quello che gli spetta. Se tutte le
creature lo disprezzano, lo detestano o l'offendono, qualora egli si
riconosca degno dell'inferno, tutto ciò sarà giustizia più che umiltà,
perché riceve quanto gli è dovuto. Ma la profonda umiltà si estende a
desiderare maggiore umiliazione di quella che spetta per giustizia. Per
questo è vero che nessun mortale può arrivare al genere di umiltà che
ebbi io, come tu hai inteso e scritto; nondimeno, l'Altissimo si
considera servito e vincolato dal fatto che gli uomini si umilino in ciò
che possono e devono.
1065. Vedano adesso i peccatori superbi la loro bruttezza e
comprendano che imitando Lucifero nella superbia sono come mostri
dell'inferno. Infatti, in principio costui era bello, arricchito da
grandi doni di grazia e di natura, e anche se si vantò dei beni ricevuti
in effetti li possedeva come suoi. Ma l'uomo, che è fango e che oltre a
ciò ha peccato ed è pieno di brutture e di abomini, è un mostro se si
vuole gloriare, ed in questa pazzia viene a sorpassare lo stesso
demonio, perché non ha una natura nobile come la sua, né la grazia e la
bellezza che egli aveva. Lucifero e i suoi seguaci conoscono la follia
ed il delirio vano e spregevole degli uomini, li disprezzano e si fanno
beffe di loro perché con qualità così basse s'insuperbiscono. Rifletti
dunque, o figlia, su questo rimprovero e abbassati fino a terra senza
sentirti da più di essa quando il Signore ti umilia direttamente o per
mezzo delle creature. Non considerarti mai offesa da alcuno; e se
detesti la finzione e la menzogna, stai bene attenta, perché quella
maggiore è bramare onore ed importanza. Non attribuire agli altri quello
che Dio fa per umiliare te e loro con afflizioni e tribolazioni, poiché
è ordine della divina misericordia castigare gli uomini per indurli
all'umiliazione che si addice loro. Umiliati alla sua presenza per te
stessa e per tutti i tuoi fratelli, al fine di placare il suo sdegno,
come se tu sola fossi colpevole e come se non avessi ancora riparato,
giacché nessuno durante la sua vita può sapere se lo ha fatto. Mostrati
grata, come chi merita meno e deve tanto, per i doni e i favori che hai
ricevuto e che riceverai. Con questo stimolo, umiliati più di tutti e
adoperati continuamente per soddisfare almeno in parte la divina pietà
che con te è stata così generosa.
Rubbio (Vicenza), 31 dicembre 1989. Ultima notte dell'anno. Aprite i vostri cuori.
Don Stefano Gobbi
«Da ogni parte del mondo raccoglietevi nel Cenacolo del mio Cuore Immacolato, in atto di preghiera intensa e continua, per vivere insieme a Me le ultime ore di questo anno che sta per finire. È stato un anno molto importante. Ho racchiuso nelle mie mani materne le preghiere e le sofferenze di tutti i miei figli e le ho deposte nel calice aperto del Cuore divino e misericordioso di mio figlio Gesù. Così ho potuto esercitare, in maniera forte, la mia opera di mediazione fra voi e mio Figlio ed ho interceduto presso di Lui per tutti, come vostra Madre addolorata e misericordiosa.
- Ho ottenuto tante grazie ai miei figli Sacerdoti, per aiutarli a camminare sulla strada di una testimonianza di vita sempre più perfetta, che sia conforme al disegno di Gesù ed alle grandi necessità della Chiesa di oggi.
- Mi sono messa accanto ai miei figli consacrati, con la loro professione religiosa, per donare ad essi il coraggio e l'entusiasmo di seguire Gesù casto, povero ed ubbidiente fino al Calvario.
- Ho pregato per tutti i miei poveri figli peccatori, vittime delle passioni, dei vizi, dei peccati, della impurità, dell'egoismo, dell'odio e del rifiuto di Dio.
Nel mio Cuore Immacolato ho preparato per essi l'aiuto di cui hanno bisogno, perché possano ritornare fra le braccia del loro Padre Celeste, che tutti li attende per stringerli a Sé col vincolo del suo amore divino e misericordioso.