Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

A Dio non piacciono le cose fatte per forza. Egli, essendo Dio d'amore, vuole che tutto si faccia per amore. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 1° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 15

1Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.2Allora Pilato prese a interrogarlo: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".3I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse.4Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!".5Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.
6Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta.7Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio.8La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva.9Allora Pilato rispose loro: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?".10Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.11Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba.12Pilato replicò: "Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?".13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!".14Ma Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Allora essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!".15E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte.17Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo.18Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!".19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui.20Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.22Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,23e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

24Poi lo crocifissero 'e si divisero le' sue 'vesti, tirando a sorte su di esse' quello che ciascuno dovesse prendere.25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.26E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: 'Il re dei Giudei'.27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.28.

29I passanti lo insultavano e, 'scuotendo il capo', esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni,30salva te stesso scendendo dalla croce!".31Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso!32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.34Alle tre Gesù gridò con voce forte: 'Eloì, Eloì, lemà sabactàni?', che significa: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco, chiama Elia!".36Uno corse a inzuppare di 'aceto' una spugna e, postala su una canna, gli 'dava da bere', dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce".37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".

40C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome,41che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato,43Giuseppe d'Arimatéa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo.45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro.47Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Giuditta 5

1Fu riferito intanto ad Oloferne, comandante supremo dell'esercito di Assur, che gli Israeliti si preparavano alla guerra e avevano bloccato i passi montani, avevano fortificato tutte le sommità dei monti e avevano disposto ostacoli nelle pianure.2Egli montò in gran furore e convocò tutti i capi di Moab e gli strateghi di Ammon e tutti i satrapi delle regioni marittime,3e disse loro: "Spiegatemi un po', voi figli di Canaan, che popolo è questo che dimora sui monti e come sono le città che egli abita, quanti sono gli effettivi del suo esercito, dove risiede la loro forza e il loro vigore, chi si è messo alla loro testa come re e condottiero del loro esercito4e perché hanno rifiutato di venire incontro a me a differenza di tutte le popolazioni dell'occidente".
5Gli rispose Achior, condottiero di tutti gli Ammoniti: "Ascolti bene il mio signore la risposta dalle labbra del suo servo: io riferirò la verità sul conto di questo popolo, che sta su queste montagne vicino al luogo ove risiedi, né uscirà menzogna dalla bocca del suo servo.6Questo popolo si compone di discendenti dei Caldei.7Essi si trasferirono dapprima nella Mesopotamia, perché non vollero seguire gli dèi dei loro padri che si trovavano nel paese dei Caldei.8Essi avevano abbandonato la tradizione dei loro padri e avevano adorato il Dio del cielo, quel Dio che essi avevano conosciuto; perciò li avevano scacciati dalla presenza dei loro dèi ed essi si erano rifugiati in Mesopotamia e furono là per molto tempo.9Ma il loro Dio comandò loro di uscire dal paese che li ospitava e venire nel paese di Canaan. Qui infatti si stabilirono e si arricchirono di oro e di argento e di bestiame in gran numero.10Poi scesero in Egitto, perché la fame aveva invaso tutto il paese di Canaan, e vi rimasero come stranieri finché trovarono da vivere. Là divennero anche una moltitudine imponente, tanto che non si poteva contare la loro discendenza.11Ma si alzò contro di loro il re dell'Egitto che li sfruttò nella preparazione dei mattoni e perciò furono umiliati e trattati come schiavi.12Essi alzarono suppliche al loro Dio e questi percosse tutto il paese d'Egitto con castighi ai quali non c'era rimedio. Perciò gli Egiziani li mandarono via dal loro paese.13Dio asciugò il Mare Rosso davanti a loro14e li guidò per la via del Sinai e di Cadesbarne; essi eliminarono quanti risiedevano nel deserto.15Poi dimorarono nel paese degli Amorrei e sterminarono con la loro forza gli abitanti di Esebon; quindi passarono il Giordano e si insediarono in tutte quelle montagne.16Scacciarono davanti a loro il Cananeo, il Perizzita, il Gebuseo, Sichem e tutti i Gergesei e abitarono nel loro territorio per molti anni.17In realtà fin quando non peccavano contro il loro Dio erano nella prosperità, perché il Dio che è con loro odia il male.18Quando invece si allontanarono dagli ordinamenti che egli aveva loro imposti, furono terribilmente sconfitti in molte guerre e condotti prigionieri in paese straniero, il tempio del loro Dio fu raso al suolo e le loro città caddero in potere dei loro nemici.19Ora appunto, riconciliati con il loro Dio, hanno fatto ritorno dai luoghi dove erano stati dispersi, hanno ripreso possesso di Gerusalemme, dove è il loro santuario, e si sono stabiliti sulle montagne, che prima erano deserte.20Ora, mio sovrano e signore, se vi è qualche aberrazione in questo popolo perché ha peccato contro il suo Dio, se cioè ci accorgiamo che c'è in mezzo a loro questo inciampo, avanziamo e diamo loro battaglia.21Se invece non c'è alcuna trasgressione nella loro gente, il mio signore passi oltre, perché il Signore, che è il loro Dio, non si faccia loro scudo e noi diveniamo oggetto di scherno davanti a tutta la terra".22Ecco, appena Achior cessò di pronunziare queste parole, tutta la turba che circondava la tenda e stazionava intorno, alzò un mormorio, mentre gli ufficiali di Oloferne e tutti gli abitanti della costa e i Moabiti proponevano di ucciderlo.23"Non avremo certo paura degli Israeliti, dicevano; vedete che è un popolo nel quale non ci sono esercito né forze armate per un valido schieramento.24Dunque avanziamo presto e saranno pascolo di tutto il tuo esercito, o sovrano Oloferne".


Siracide 39

1Differente è il caso di chi si applica
e medita la legge dell'Altissimo.
Egli indaga la sapienza di tutti gli antichi,
si dedica allo studio delle profezie.
2Conserva i detti degli uomini famosi,
penetra le sottigliezze delle parabole,
3indaga il senso recondito dei proverbi
e s'occupa degli enigmi delle parabole.
4Svolge il suo compito fra i grandi,
è presente alle riunioni dei capi,
viaggia fra genti straniere,
investigando il bene e il male in mezzo agli uomini.
5Di buon mattino rivolge il cuore
al Signore, che lo ha creato, prega davanti all'Altissimo,
apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati.
6Se questa è la volontà del Signore grande,
egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza,
come pioggia effonderà parole di sapienza,
nella preghiera renderà lode al Signore.
7Egli dirigerà il suo consiglio e la sua scienza,
mediterà sui misteri di Dio.
8Farà brillare la dottrina del suo insegnamento,
si vanterà della legge dell'alleanza del Signore.
9Molti loderanno la sua intelligenza,
egli non sarà mai dimenticato,
non scomparirà il suo ricordo,
il suo nome vivrà di generazione in generazione.
10I popoli parleranno della sua sapienza,
l'assemblea proclamerà le sue lodi.
11Finché vive, lascerà un nome più noto di mille,
quando muore, avrà già fatto abbastanza per sé.

12Esporrò ancora le mie riflessioni,
ne sono pieno come la luna a metà mese.
13Ascoltatemi, figli santi, e crescete
come una pianta di rose su un torrente.
14Come incenso spandete un buon profumo,
fate fiorire fiori come il giglio,
spargete profumo e intonate un canto di lode;
benedite il Signore per tutte le opere sue.
15Magnificate il suo nome;
proclamate le sue lodi
con i vostri canti e le vostre cetre;
così direte nella vostra lode:
16"Quanto sono magnifiche tutte le opere del Signore!
Ogni sua disposizione avrà luogo a suo tempo!".
Non c'è da dire: "Che è questo? Perché quello?".
Tutte le cose saranno indagate a suo tempo.
17Alla sua parola l'acqua si ferma come un cumulo,
a un suo detto si aprono i serbatoi delle acque.
18A un suo comando si realizza quanto egli vuole;
nessuno può ostacolare il suo aiuto.
19Ogni azione umana è davanti a lui,
non è possibile nascondersi ai suoi occhi.
20Il suo sguardo passa da un'eternità all'altra,
nulla è straordinario davanti a lui.
21Non c'è da dire: "Che è questo? Perché quello?"
poiché tutte le cose sono state create per un fine.
22La sua benedizione si diffonde come un fiume
e irriga come un'inondazione la terra.
23Così le genti sperimenteranno la sua ira,
come trasformò le acque in deserto salato.
24Le sue vie sono diritte per i santi,
ma per gli empi piene di inciampi.
25I beni per i buoni furon creati sin da principio,
ma anche i mali per i peccatori.
26Le cose di prima necessità per la vita dell'uomo sono:
acqua, fuoco, ferro, sale,
farina di frumento, latte, miele,
succo di uva, olio e vestito.
27Tutte queste cose per i pii sono beni,
ma per i peccatori diventano mali.
28Ci sono venti creati per castigo,
e nella loro furia rafforzano i loro flagelli;
quando verrà la fine, scateneranno violenza,
e placheranno lo sdegno del loro creatore.
29Fuoco, grandine, fame e morte
son tutte cose create per il castigo.
30Denti delle fiere, scorpioni e vipere,
e spade vendicatrici sono per la rovina degli empi.
31Esulteranno al comando divino;
sono pronte sulla terra per tutti i bisogni.
A tempo opportuno non trasgrediranno la parola.
32Per questo ero convinto fin dal principio,
vi ho riflettuto e l'ho messo per iscritto:
33"Tutte le opere del Signore sono buone;
egli provvederà tutto a suo tempo".
34Non c'è da dire: "Questo è peggiore di quello",
a suo tempo ogni cosa sarà riconosciuta buona.
35Ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca
e benedite il nome del Signore.


Salmi 12

1'Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.'

2Salvami, Signore! Non c'è più un uomo fedele;
è scomparsa la fedeltà tra i figli dell'uomo.
3Si dicono menzogne l'uno all'altro,
labbra bugiarde parlano con cuore doppio.

4Recida il Signore le labbra bugiarde,
la lingua che dice parole arroganti,
5quanti dicono: "Per la nostra lingua siamo forti,
ci difendiamo con le nostre labbra:
chi sarà nostro padrone?".

6"Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
io sorgerò - dice il Signore -
metterò in salvo chi è disprezzato".
7I detti del Signore sono puri,
argento raffinato nel crogiuolo,
purificato nel fuoco sette volte.

8Tu, o Signore, ci custodirai,
ci guarderai da questa gente per sempre.
9Mentre gli empi si aggirano intorno,
emergono i peggiori tra gli uomini.


Isaia 14

1Il Signore infatti avrà pietà di Giacobbe e si sceglierà ancora Israele e li ristabilirà nel loro paese. A loro si uniranno gli stranieri, che saranno incorporati nella casa di Giacobbe.2I popoli li accoglieranno e li ricondurranno nel loro paese e se ne impossesserà la casa di Israele nel paese del Signore come schiavi e schiave; così faranno prigionieri coloro che li avevano resi schiavi e domineranno i loro avversari.
3In quel giorno il Signore ti libererà dalle tue pene e dal tuo affanno e dalla dura schiavitù con la quale eri stato asservito.4Allora intonerai questa canzone sul re di Babilonia e dirai:

"Ah, come è finito l'aguzzino,
è finita l'arroganza!
5Il Signore ha spezzato la verga degli iniqui,
il bastone dei dominatori,
6di colui che percuoteva i popoli nel suo furore,
con colpi senza fine,
che dominava con furia le genti
con una tirannia senza respiro.
7Riposa ora tranquilla tutta la terra
ed erompe in grida di gioia.
8Persino i cipressi gioiscono riguardo a te
e anche i cedri del Libano:
Da quando tu sei prostrato, non salgono più
i tagliaboschi contro di noi.
9Gli inferi di sotto si agitano per te,
per venirti incontro al tuo arrivo;
per te essi svegliano le ombre,
tutti i dominatori della terra,
e fanno sorgere dai loro troni tutti i re delle nazioni.
10Tutti prendono la parola per dirti:
Anche tu sei stato abbattuto come noi,
sei diventato uguale a noi.
11Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te v'è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
12Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato steso a terra,
signore di popoli?
13Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo,
sulle stelle di Dio
innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell'assemblea,
nelle parti più remote del settentrione.
14Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all'Altissimo.
15E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell'abisso!
16Quanti ti vedono ti guardano fisso,
ti osservano attentamente.
È questo l'individuo che sconvolgeva la terra,
che faceva tremare i regni,
17che riduceva il mondo a un deserto,
che ne distruggeva le città,
che non apriva ai suoi prigionieri la prigione?
18Tutti i re dei popoli,
tutti riposano con onore,
ognuno nella sua tomba.
19Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro,
come un virgulto spregevole;
sei circondato da uccisi trafitti da spada,
come una carogna calpestata.
A coloro che sono scesi in una tomba di pietre
20tu non sarai unito nella sepoltura,
perché hai rovinato il tuo paese,
hai assassinato il tuo popolo;non sarà più nominata
la discendenza dell'iniquo.
21Preparate il massacro dei suoi figli
a causa dell'iniquità del loro padre
e non sorgano più a conquistare la terra
e a riempire il mondo di rovine".

22Io insorgerò contro di loro - parola del Signore degli eserciti -, sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe - oracolo del Signore -.23Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione - oracolo del Signore degli eserciti -.

24Il Signore degli eserciti ha giurato:
"In verità
come ho pensato, accadrà
e succederà come ho deciso.
25Io spezzerò l'Assiro nella mia terra
e sui miei monti lo calpesterò.
Allora sparirà da loro il suo giogo,
il suo peso dalle loro spalle".
26Questa è la decisione presa per tutta la terra
e questa è la mano stesa su tutte le genti.
27Poiché il Signore degli eserciti
lo ha deciso; chi potrà renderlo vano?
La sua mano è stesa, chi gliela farà ritirare?

28Nell'anno in cui morì il re Acaz fu comunicato questo oracolo:

29"Non gioire, Filistea tutta,
perché si è spezzata la verga di chi ti percuoteva.
Poiché dalla radice del serpe uscirà una vipera
e il suo frutto sarà un drago alato.
30I poveri pascoleranno sui miei prati
e i miseri vi riposeranno tranquilli;
ma farò morire di fame la tua stirpe
e ucciderò il tuo resto.
31Urla, porta; grida, città;
trema, Filistea tutta,
perché dal settentrione si alza il fumo
e nessuno si sbanda dalle sue schiere".
32Che si risponderà ai messaggeri delle nazioni?
"Il Signore ha fondato Sion
e in essa si rifugiano gli oppressi del suo popolo".


Apocalisse 7

1Dopo ciò, vidi quattro angeli che stavano ai 'quattro angoli della terra', e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2Vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare:3"Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi".
4Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele:

5dalla tribù di Giuda dodicimila;
dalla tribù di Ruben dodicimila;
dalla tribù di Gad dodicimila;
6dalla tribù di Aser dodicimila;
dalla tribù di Nèftali dodicimila;
dalla tribù di Manàsse dodicimila;
7dalla tribù di Simeone dodicimila;
dalla tribù di Levi dodicimila;
dalla tribù di Ìssacar dodicimila;
8dalla tribù di Zàbulon dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe dodicimila;
dalla tribù di Beniamino dodicimila.

9Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani.10E gridavano a gran voce:
"La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello".
11Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
12"Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen".
13Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?".14Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello.15Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.

16'Non avranno più fame,
né avranno più sete,
né li colpirà il sole,
né arsura di sorta',
17perché l'Agnello che sta in mezzo al trono
'sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio tergerà ogni lacrima' dai loro occhi".


Capitolo V: Grandezza del Sacramento e condizione del sacerdote

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Parola del Diletto

1. Anche se tu avessi la purezza degli angeli e la santità di San Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere o anche solo di toccare questo sacramento. Non dipende infatti dai meriti degli uomini che si consacri e si tocchi il sacramento di Cristo, e ci si nutra del pane degli angeli. Grande è l'ufficio, grande la dignità dei sacerdoti, ai quali è dato quello che non è concesso agli angeli; giacché soltanto i sacerdoti, ordinati regolarmente nella Chiesa, hanno il potere di celebrare e di consacrare il corpo di Cristo. Il sacerdote, invero, è servo di Dio: si vale della parola di Dio, per comando e istituzione di Dio. Nel sacramento, attore primo, invisibilmente operante, è Dio, al quale è sottoposta ogni cosa, secondo il suo volere, in obbedienza al suo comando. In questo sublime sacramento, devi dunque credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile; a questa realtà, istituita da Dio, ti devi accostare con reverenza e con timore. "Rifletti su te stesso" e considera di chi sei stato fatto ministro, con l'imposizione delle mani da parte del vescovo (1Tm 4,16.14). Ecco, sei stato fatto sacerdote e consacrato per celebrare. Vedi, dunque, di offrire il sacrificio a Dio con fede, con devozione, e al tempo conveniente; vedi di offrire te stesso, irreprensibile. Non si è fatto più leggero il tuo carico; anzi sei ormai legato da un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto a una maggiore perfezione di santità.

2. Il sacerdote deve essere ornato di ogni virtù e offrire agli altri l'esempio di una vita santa; abituale suo rapporto non sia con la gente volgare secondo modi consueti a questo mondo, ma con gli angeli in cielo o con la gente santa, in terra. Il sacerdote, rivestito delle sacre vesti, fa le veci di Cristo, supplichevolmente e umilmente pregando Iddio per sé e per tutto il popolo. Egli porta, davanti e dietro, il segno della croce del Signore, perché abbia costante ricordo della passione di Cristo; davanti, sulla casula, porta la croce, perché guardi attentamente a quelle che sono le orme di Cristo, e abbia cura di seguirla con fervore; dietro è pure segnato dalla croce, perché sappia sopportare con dolcezza ogni contrarietà che gli venga da altri. Porta davanti la croce, perché pianga i propri peccati; e la porta anche dietro, perché pianga compassionevolmente anche i peccati commessi da altri, e sappia di essere stato posto tra Dio e il peccatore, non lasciandosi illanguidire nella preghiera e nell'offerta, fin che non sia fatto degno di ottenere grazia e misericordia. Con la celebrazione, il sacerdote rende onore a Dio, fa lieti gli angeli, dà motivo di edificazione ai fedeli, aiuta i vivi, appresta pace ai defunti e fa di se stesso il dispensatore di tutti i benefici divini.


DISCORSO 133 DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (7, 2-10): CHE RIPORTA COME GESÙ' AVEVA DETTO CHE NON SAREBBE ANDATO ALLA FESTA E TUTTAVIA VI ANDO'

Discorsi - Sant'Agostino

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Esposizione della lettura evangelica.

1. Ci siamo proposti, con l'aiuto del Signore, una discussione su questo passo del Vangelo letto per ultimo; e non è un assunto di poca importanza, avendo di mira che la verità non corra pericolo e il falso non trionfi. La verità, però, non può scomparire e il falso non può avere la meglio. Eccovi in breve quale dev'essere il punto cruciale della questione; e dopo aver concentrato la vostra attenzione sul problema esposto, pregate affinché io sia in grado di risolverlo. Era la scenopegia giorno festivo dei Giudei; questi sono giorni che, a quanto pare, essi celebrano ancora oggi quando costruiscono le capanne; poiché la " capanna " è detta  , la fabbricazione delle capanne è la scenopegia. Presso i Giudei si celebravano tali giorni festivi, e sotto il nome di un unico giorno di festa, non perché la celebrazione si svolgesse in un solo giorno, ma perché le si dava una durata continua, così come il giorno festivo di Pasqua, così come il giorno festivo degli azzimi. Tuttavia, com'è noto, la celebrazione di quel giorno festivo dura per alquanti giorni. In Giudea, dunque, si svolgeva tale solennità; il Signore Gesù si trovava in Galilea, dove fu allevato, dove ebbe familiari e parenti che la Scrittura chiama fratelli. Dunque, secondo la Scrittura ascoltata, gli dissero i suoi fratelli: Parti di qui e va nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai. Nessuno infatti agisce di nascosto e nello stesso tempo cerca di mettersi in vista. Se fai tale cose, manifèstati al mondo! Soggiunge poi l'Evangelista: Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. Di conseguenza, se non credevano in lui, le espressioni a lui rivolte erano cariche d'invidia. Rispose loro Gesù: Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro, invece, è sempre attuale. Il mondo non può aver odiato voi; odia me invece, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive. Andate voi a questo giorno di festa. Io non vado a questo giorno di festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto. Continua di seguito l'Evangelista: Dette queste cose, egli restò nella Galilea. Ma, andati i suoi fratelli, allora andò anche lui alla festa, non apertamente, ma quasi di nascosto 1. Il punto controverso si conclude qui; tutto il resto non presenta difficoltà.

Cristo in quel passo non mentì.

2. Che si va cercando, dunque? Che cos'è che turba? Che c'è da temere? Che si possa credere che il Signore, anzi, per dirlo più caramente, che si creda che mentì la Verità in persona. Se infatti vogliamo che si ritenga abbia mentito, il debole uomo si sentirà autorizzato a mentire. Abbiamo sentito dire che mentì. Quanti infatti non sono convinti, questo dicono: Disse che non sarebbe andato alla festa, e vi andò. Per prima cosa, dunque, per quanto ci è possibile, nei limiti del breve tempo che abbiamo, vediamo se cade nella menzogna chi dice di fare qualcosa e non lo fa. Ad esempio, ho detto ad un amico: Ti vedrò domani; sopraggiunge una necessità di maggiore urgenza ad ostacolare; perciò non ho detto il falso. Infatti, quando ho fatto la promessa,parlavo sul serio. Ma quando è sopraggiunto qualcosa di più impellente che ha impedito l'adempimento della mia promessa, non ho voluto mentire, ma non ho potuto adempierla. Ecco, a quanto mi pare, non ho fatto alcuno sforzo - ma ho semplicemente sollecitato la vostra discrezione - per indurre alla persuasione che non mentisce chi promette qualcosa e non sta alla promessa se, per non adempierla, altro sia capitato ad impedirgli di mantenere la parola, non che sia prova di falsità.

Mentire è più grave che ingannarsi.

3. Ma un ascoltatore mi dirà: Puoi forse dire del Cristo che si trovò nell'impossibilità di adempiere ciò che voleva, o che ignorava il futuro?. Fai bene, dai un utile suggerimento, fai un'osservazione pertinente; ma tu, da uomo, vedi di condividere il mio zelo. Colui del quale non osiamo tacere l'onnipotenza, abbiamo l'ardire di dirlo mendace? In realtà, per quanto sono capace di giudicare secondo le mie deboli forze, preferisco che l'uomo in qualche cosa s'inganni, piuttosto che in qualche cosa mentisca. L'ingannarsi, infatti, è inerente alla debolezza, la menzogna si rapporta alla malizia. Hai detestato - dice - tutti coloro che compiono il male. E, in seguito: Fai perire tutti coloro che mentiscono 2. Male e menzogna o si equivalgono, oppure: perderai ha più grave effetto che non: hai detestato. Non avviene infatti che chi è detestato sia immediatamente punito con la perdizione. Si dirà che resta quella questione: se si dia il caso della necessità di mentire; ora non ne discuto, infatti: è tutta oscuri ripieghi, ha molte tortuosità e non c'è tempo di percorrerle tutte per giungere al vivo. Interessarsi di esso sia perciò rinviato ad altro tempo; infatti può darsi che, senza trattarne noi, riceverà soluzione dal soccorso divino, ma cercate di capire la differenza tra ciò che ho differito e ciò che oggi voglio trattare. Se si dia il caso della necessità di mentire, tale questione - che ho detto estremamente intricata - io rimando ad altro tempo. Ma se Cristo abbia mentito, se la Verità abbia detto qualcosa di falso, questo prendiamo a trattare oggi, sollecitati dalla lettura evangelica.

Quale la differenza tra ingannarsi e mentire.

4. Ma dirò in breve in che differiscono l'ingannarsi e il mentire. Si ritiene vero ciò che dice e lo dice appunto perché lo ritiene vero. Ma se fosse oggettivamente vero ciò che dice chi s'inganna, non s'ingannerebbe; se non solo fosse vero, ma sapesse che è vero, non mentirebbe. S'inganna, quindi, perché è falso e lo ritiene vero; ma lo dice solo perché ritiene che è vero. L'errore sta nella debolezza umana, ma non intacca l'integrità della coscienza. Chiunque, invece, asserisce come vero ciò che sa falso, questi mentisce. Fate attenzione, fratelli miei, sappiate distinguere voi, educati nella Chiesa, istruiti nelle Scritture del Signore, non inesperti, non rozzi, non ignoranti. Tra di voi sono uomini dotti, colti e non poco versati in ogni campo del sapere; e sebbene alcuni non abbiate appreso le così dette arti liberali, siete più preparati per essere stati educati nella parola di Dio. Se si avverte il mio sforzo nell'esporre quanto ho in animo, aiutatemi sia ascoltando con interesse, sia con riflessioni accorte. E non sarete di aiuto a meno che non riceviate aiuto. Pertanto, preghiamo per noi, gli uni per gli altri, e attendiamo insieme l'aiuto a favore di tutti. Si inganna chi ritiene vero ciò che dice, pur essendo falso; mentre chi dà per vero ciò che ritiene falso, sia esso falso o vero in sé, mentisce. Considerate attentamente ciò che voglio aggiungere. Sia esso vero, sia falso, mente tuttavia chi lo ritiene falso e lo afferma per vero: si propone d'ingannare. Che ci guadagna per il fatto che è vero? Mentre lo giudica falso egli lo dice come vero. E' vero in sé ciò che dice, in sé è vero; per lui è falso, nella coscienza di lui non c'è quello che dice; pensa in sé vera una cosa, altro esprime come verità. Il cuore è doppio, non è semplice; il mentitore non fa conoscere ciò che vi è. Nel passato, il cuore doppio fu riprovato: Labbra ingannatrici, nel cuore e con il cuore dicono menzogne 3. Non bastava dire: nel cuore e con il cuore dicono menzogne? Perché: labbra ingannatrici? In che consiste l'inganno? Nel fingere che si tratti di ciò di cui non si tratta. Labbra ingannatrici: cuore non semplice; e, non essendo semplice il cuore, perciò nel cuore e con il cuore; perciò due volte con il cuore, perché cuore doppio.

Cristo non si può ingannare né può mentire.

5. Che pensiamo allora del Signore Gesù Cristo? Che mentì? Ammesso che ingannarsi è un male minore del mentire, se non osiamo dire di lui che si inganna, osiamo dire che mente? Egli, in realtà, né si inganna né mente: assolutamente no, come è stato scritto (s'intende senz'altro di lui, e di lui dev'essere inteso); niente di falso si dice al re e niente di falso uscirà dalla sua bocca 4. Se [lo scrittore] disse " re " un qualsiasi uomo, anteponiamo il re Cristo ad un re uomo. Se invece - il che s'intende vero con più fondatezza - Cristo è colui del quale parlò (veramente non gli si dice nulla di falso perché non s'inganna; nulla di falso esce dalla sua bocca perché non mente), intendiamo come intendere la pericope evangelica, e non costruiamo l'abisso della menzogna come investiti di autorità divina. E' invece la cosa più assurda procurare di far posto alla verità e predisporre il posto alla menzogna. Che mi stai a dire, ti chiedo, tu che mi presenti questa pericope del Vangelo? Che pretendi insegnarmi? Non so se tu abbia l'ardire di dire: la falsità. Se infatti oserai dirlo, distolgo gli orecchi, li occulto con spine, così che se avrai tentato di comprimere, per di più punto, mi allontanerò da un'esposizione del Vangelo di tal fatta. Dimmi che hai intenzione di insegnarmi e hai risolto la questione. Parla, ti prego. Eccomi: gli orecchi sono aperti, la mente è attenta: insegna. Ma ti chiedo: che cosa? Non vado per le lunghe. Quale che sia la dottrina che esporrai in pubblico, qualsiasi forza espressiva dispiegherai nella discussione, di' solo questo, voglio sapere l'una delle due: intende insegnare la verità o la falsità? Che presumiamo risponderà per non ritirarsi, perché io non lo lasci immediatamente mentre a bocca aperta si sforza di tirare fuori le parole? Che prometterà se non la verità? Ascolto, eccomi, sono in attesa, aspetto con il più grande interesse. Ecco, chi prometteva che mi avrebbe insegnato la verità insinua il falso nei riguardi di Cristo. Insomma, come insegnerà il vero uno che dirà mendace il Cristo? Se mente il Cristo, mi è dato sperare che la verità me la dirai tu?

Dalla stessa verità del Vangelo si rivendica la verità in Cristo.

6. Osserva altro. Che dice? Cristo mentì. Ti chiedo: quando? Quando disse: Non vado alla festa 5, e vi andò. In realtà, io vorrei esaminare attentamente questo passo, se mai Cristo non abbia mentito. Anzi, poiché non ho alcun dubbio che Cristo non mentì affatto, scruterò con ogni cura e giungerò a comprendere, oppure, non riuscendovi, differirò. Non dirò tuttavia che Cristo abbia mentito. Supponi che io non sia riuscito a capire: incapace, mi ritirerò. E' infatti preferibile non essere in grado di capire e avere pietà religiosa piuttostoché giudicare senza criterio. Tuttavia, proviamo a discutere, può darsi che con l'aiuto di colui che è la verità, giungiamo a qualcosa e in qualcosa veniamo introdotti, e questo qualcosa non sarà la menzogna nella verità. Infatti, se nella ricerca m'imbatto nel falso, nulla io trovo, non qualcosa. Pertanto ricerchiamo dove tu dici che Cristo mentì. Dove affermò - dici -: Non vado alla festa e vi andò. Da che apprendi che l'abbia detto? E se lo dirò, anzi, non io, ma qualche altro; Cristo, questo, non lo disse? In base a che convinci, come ne darai la prova? Aprirà il codice, troverà il passo, lo indicherà all'interlocutore, per di più, con grande sicurezza di sé, costringerà quello restìo a prendere il codice: Prendi, fa' attenzione, leggi, tu hai in mano il Vangelo. Perché, allora, ti chiedo, perché confondi il meschino? Non aver fretta, parla più chiaro, con più calma. Ecco, ho in mano il Vangelo, e che ne ricavi? Quello: il Vangelo dice che Cristo disse ciò che tu neghi. E perché lo dice il Vangelo tu crederai che Cristo lo disse? Proprio per questo, risponde. Mi meraviglia assai il fatto che tu dica che Cristo mentì e che il Vangelo non mente. Ma perché tu non rivolga l'attenzione al codice - quando dico " Vangelo " tu ti figuri cartapecora e inchiostro -, bada al significato del nome greco. Il Vangelo è il " buon messaggero ", o anche la " buona notizia ". Il messaggero perciò non mente, e chi lo invia mente? Tale messaggero, l'Evangelista naturalmente, e, per dirne anche il nome, questo Giovanni che lo scrisse, mentì sul conto di Cristo, o disse il vero? Indica ciò che vuoi, sono pronto ad ascoltare nel caso dell'una e dell'altra tua scelta. Se mentì, non hai modo di provare che Cristo disse quelle parole. Se disse il vero, la verità non procede dalla sorgente della falsità. Chi è la sorgente? Il Cristo. Giovanni può essere il rigagnolo. Giunge fino a me il rigagnolo e tu mi dici: Bevi sicuro; pur facendomi temere della sorgente stessa e pur dicendomi che nella sorgente c'è falsità, mi inviti: Bevi sicuro. Che cosa bevo? Che disse Giovanni? Che Cristo mentì? Da parte di chi viene Giovanni? Da parte di Cristo. Mi dirà cose vere chi viene da parte di lui, se questi, da parte del quale viene, mentiva? Io ho letto chiaro nel Vangelo: Giovanni era adagiato sul petto del Signore 6; ma ritengo che attingeva verità. Che vide così adagiato sul petto del Signore? Che attinse? Che cosa, se non ciò che fece traboccare fuori di sé? In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste. In lui è la vita e la vita era la luce degli uomini; e la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta; tuttavia splende e se per caso ho dell'oscurità, così che non sono idoneo a comprenderla perfettamente, quella luce splende. Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni; egli venne per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce 7: chi? Giovanni. Quale Giovanni? Giovanni il Battista. Dice infatti di lui Giovanni l'Evangelista: Egli era la luce; di lui dice il Signore: Egli era una lampada che arde e risplende 8. Ma una lampada si può accendere e spegnere. Ebbene, dunque? Come distingui? Su quale dato fondi le ricerche? Colui al quale la lampada rendeva testimonianza era la luce vera. Dove Giovanni insisté vera, tu vai a trovare il falso. Ascolta ancora proprio Giovanni l'Evangelista che mette fuori ciò che aveva bevuto. E noi vedemmo - dice - la sua gloria. Che gloria vide? Quale gloria vide? Gloria come di Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità 9. Rifletti, quindi, bada che dobbiamo proibirci discussioni inefficaci o temerarie e non presumere niente di falso circa la verità, dare al Signore ciò che gli è dovuto; diamo gloria alla sorgente, affinché, sicuri, possiamo ricevere con pienezza. Dio è verace, ogni uomo, invece, è mentitore 10. Che vuol dire questo? Dio è pienezza, ogni uomo nulla ha di proprio; se vuole ricevere consistenza si rivolga alla pienezza. Volgetevi a lui e sarete illuminati 11. Inoltre, se l'uomo è insignificante perché è mentitore e cerca di ricevere efficienza e si precipita avidamente verso la sorgente, vuole essere appagato, è insignificante. Ma tu avverti: Guàrdati dalla sorgente, vi è la menzogna. Che altro gli dici se non: Là c'è il veleno?

La soluzione del problema.

7. Ormai hai detto tutto - dice - mi hai già tolto ogni via di uscita, già mi hai mortificato. Dimmi come può essere che non abbia mentito uno che ha detto: Non vado, ed è andato? Spiegherò se mi sarà possibile; non ti sembri poco l'averti allontanato dall'avventatezza, anche se non ti ho posto nella sicurezza della verità. Dirò tuttavia ciò che ritengo sappia anche tu, se ricordi le parole che ho rilevato. Proprio tali parole risolvono la questione. La celebrazione di quella festa durava molti giorni. Disse: a questo giorno di festa - senz'altro l'odierno - a questo giorno certamente, quando se l'aspettavano quelli, non andò, ma quando egli disponeva. Infine, fa' attenzione a ciò che segue: Dette loro queste cose, restò nella Galilea. Dunque non andò a questo giorno di festa. I suoi fratelli volevano che egli andasse per primo; per questo gli avevano detto: Parti di qua e va' in Giudea 12. Non avevano detto: Partiamo, come per essergli compagni di viaggio; oppure: Vieni dopo di noi in Giudea, come per andare per primi, come, invece, per mandare innanzi lui. Questo egli volle, perché i suoi lo precedessero; quello evitò facendo risaltare la debolezza dell'uomo, celando la divinità; quello evitò come quando fuggì in Egitto 13. Infatti non era a causa dell'impotenza, ma anche questo a causa della verità, per dare un esempio di precauzione ad evitare che qualche suo servo potesse dire: Non fuggo perché è disonorevole, mentre potrebbe essere conveniente fuggire. Ai suoi dirà: Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra 14. Ne mostrò l'esempio egli stesso. Infatti fu catturato quando volle, nacque quando volle. Questo, dunque, perché quelli non prevenissero con la notizia che sarebbe andato, dando occasione a tramare insidie. Non vado - disse - a questo giorno di festa. Disse: Non vado, per tenersi nascosto; aggiunse: questo per non mentire. Qualcosa addusse, qualcosa eliminò, qualcosa differì, tuttavia nulla disse di falso, perché nulla di falso esce dalla sua bocca. Infine, dopo queste cose, disse: Andarono invece i fratelli di lui. E' il Vangelo che parla: fa' attenzione, leggi ciò che indicavi a me come prova, nota se non è il nesso che si è letto a risolvere la questione; osserva se da altra fonte ho attinto che dovessi dire. Questo, dunque, attendeva il Signore: che quelli andassero per primi e non potessero preavvisare che sarebbe andato. Andati i suoi fratelli, allora andò anche lui alla festa, non apertamente, ma quasi di nascosto 15. Che significa: quasi di nascosto? Che vi andò in modo assai riservato. Perché: quasi di nascosto? Perché non era una cosa segreta. Infatti veramente non tentava di sottrarsi alla vista altrui egli che aveva in suo potere il quando sarebbe stato preso. Ma, come ho detto, in quel suo nascondimento dava l'esempio di guardarsi dalle insidie dei nemici ai paurosi discepoli, i quali non avevano in loro potere di non essere catturati quando non volessero. Dopo egli andò anche apertamente, e li istruiva nel tempio, e alcuni dicevano: Ecco, è qui, ecco, insegna. I nostri capi in realtà dicevano di volerlo arrestare; ecco, parla liberamente, e nessuno gli mette le mani addosso 16.

Altra soluzione.

8. E anzi, se osserviamo noi stessi, se consideriamo il suo corpo, egli è anche noi. Poiché, se noi non fossimo lui, non sarebbe vero: Quello che avete fatto ad uno solo di questi miei più piccoli, l'avete fatto a me 17. Se noi non fossimo lui, non sarebbe vero: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 18 Quindi pure noi siamo lui, perché siamo sue membra, perché siamo il suo corpo, perché egli è il nostro capo 19, perché capo e corpo sono il Cristo totale. Di conseguenza, forse vedeva in anticipo noi perché non dovevamo celebrare i giorni festivi dei Giudei, e questo è: Io non vado a questo giorno di festa 20. Ecco, né Cristo né l'Evangelista mentì. Supponendo la necessità di scegliere uno dei due - l'Evangelista mi perdonerebbe - in nessun modo anteporrei il verace alla Verità stessa; non preferirei l'inviato a colui dal quale è stato inviato. Ma, grazie a Dio, è stato scoperto ciò che era oscuro. La vostra pietà ci aiuterà presso Dio. Ecco, come ho potuto, ho risolto la questione nei riguardi e di Cristo e dell'Evangelista. Insieme a me, amico, trattieni stabilmente la verità, abbraccia, senza rimostranze, la carità.

 

1 - Gv 7, 2-10.

2 - Sal 5, 7.

3 - Sal 11, 3.

4 - Cf. Gd 11, 5.

5 - Gv 7, 8.

6 - Gv 13, 23.

7 - Gv 5, 35.

8 - Gv 5, 35.

9 - Cf. Gv 1, 1-14.

10 - Rm 3, 4.

11 - Sal 33, 6.

12 - Gv 7, 3.

13 - Cf. Mt 2, 14.

14 - Mt 10, 23.

15 - Gv 7, 10.

16 - Gv 7, 25-26.

17 - Mt 25, 40.

18 - At 9, 4.

19 - Ef 1, 22.

20 - Gv 7, 8.


16 - Maria beatissima viene a conoscere le risoluzioni prese dal diavolo per perseguitare la Chiesa.

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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307. Quando Lucifero e i suoi ministri, dopo la con­versione di Paolo, stavano escogitando il modo di vendi­carsi sulla nostra Signora e sui cristiani, non immagina­vano che la sua vista penetrasse le oscure caverne infer­nali e quanto vi era di più occulto nei loro conciliaboli; in tale inganno, quei cruentissimi draghi si ripromettevano più sicura la vittoria e l'esecuzione dei loro decreti contro di lei e contro i discepoli. Ella, però, dal luogo del suo ri­tiro, scrutava con la chiarezza della sua scienza quello che i nemici della luce discutevano e decidevano, intendendo tutti i loro fini e i mezzi scelti per conseguirli, lo sdegno che nutrivano per l'Altissimo e per lei, nonché il loro fe­roce odio per gli apostoli e gli altri fedeli. Nella sua sag­gezza valutava altresì che, senza il permesso celeste, essi non possono realizzare niente di ciò che architettano nel­la loro malvagità; tuttavia, poiché nell'esistenza mortale la battaglia è inevitabile e le erano note la fragilità e l'igno­ranza che gli uomini comunemente hanno della maliziosa astuzia con cui i demoni procurano la loro perdizione, pro­vava grande dolore e apprensione nell'osservare piani tan­to perfidi per rovinarli.

308. Con queste eminentissime doti di carità e sapien­za, a lei partecipate direttamente da quelle di Dio, le fu comunicata anche un'altra specie di attività infaticabile, simile a quella di lui, che sempre opera come atto puris­simo. La vigilante Vergine aveva continuamente preoccu­pazione attuale della gloria dell'Onnipotente, come pure della salvezza e consolazione dei suoi figli; inoltre, nel suo intimo castissimo e prudente meditava eccelsi misteri, con­frontando il passato con il presente e tutto questo con il futuro, che prevedeva con discrezione e lungimiranza so­vrumane. L'acceso desiderio della felicità perenne dei mem­bri della Chiesa, insieme alla compassione materna che sentiva delle loro tribolazioni e dei pericoli che li sovra­stavano, la stimolavano a fare sue quelle pene. Per quan­to dipendeva dal suo ardore, anelante a sopportarle per tut­ti nella propria persona, bramava che gli altri seguaci del Redentore si impegnassero con gioia e letizia, guadagnan­dosi la grazia e la vita senza fine, e che le sofferenze di tutti gravassero su lei sola. Anche se questo non era pos­sibile nell'equità e provvidenza divina, si deve considerare un affetto tanto raro e meraviglioso, ed esserle grati che talvolta la volontà del supremo Re condiscendesse real­mente ad esso per appagare la sua sete e darle ristoro nel­le sue ansietà, consentendo che patisse per noi e ci meri­tasse enormi benefici.

309. La Principessa , però, non capì nei dettagli quello che veniva stabilito contro di lei, ma solo in generale di essere oggetto della rabbia più furiosa dei principi delle te­nebre. Ciò che determinavano di fare le fu parzialmente celato per disposizione superna, affinché successivamente fosse maggiore il trionfo che avrebbe ottenuto. In effetti, il preavviso delle tentazioni e persecuzioni che avrebbe do­vuto sostenere non era per lei necessario come per gli al­tri, che non erano tanto nobili; delle loro difficoltà ebbe, dunque, cognizione più precisa. Dato che in tutto ricorre­va all'orazione per consultare l'Eterno, come istruita dal­l'esempio e dall'insegnamento del Maestro, lo fece subito con diligenza, abbassandosi in disparte fino a terra come di consueto, e con mirabile fervore parlò così:

310. «Immenso sovrano, perfetto e incomprensibile, ec­co steso al vostro cospetto questo vile vermiciattolo. Per il vostro Unigenito e mio Signore, vi scongiuro di non riget­tare le domande e i gemiti che presento al vostro sconfi­nato amore con quello che, uscito dall'incendio che di­vampa in voi, è stato riversato in questa semplice ancella. In nome dell'intera comunità ecclesiale, vi offro il sacrifi­cio della passione di Cristo e quello del suo corpo consa­crato, le preghiere a voi tanto gradite che egli vi ha in­nalzato mentre era nel mondo, la bontà che per il riscat­to di tutti lo mosse ad incarnarsi nel mio grembo, dove l'ho portato per nove mesi, alimentandolo poi al mio se­no; ponderate tutto, per concedermi licenza di implorare ciò che il mio cuore, aperto al vostro sguardo, sospira».

311. La Regina , rapita in estasi, contemplò Gesù che seduto sul trono impetrava che fosse esaudita, in quanto lo aveva generato ed era in tutto bene accetta al Padre, il quale si dichiarava vincolato dalle invocazioni che ella gli aveva indirizzato e soddisfatto di esse e quindi, fissandola con infinita benevolenza, pronunciava le seguenti parole: «Maria, mia diletta, ascendi più su». Allora, venne dal cie­lo un'innumerevole moltitudine di angeli di diversi ordini, i quali, giunti dinanzi a lei, la sollevarono dal suolo, che toccava con la fronte. Immediatamente la condussero in anima e corpo all'empireo, presso la sede della Trinità, che le si rivelò con una visione sublime, benché non intuitiva­mente ma per specie. Costei, prostratasi, adorò Dio nelle tre Persone con incommensurabile umiltà e riverenza, e re­se grazie al Salvatore per aver appoggiato la sua supplica, sollecitandolo a farlo ancora. Egli, che da dove era la ri­conosceva come sua degna madre, non dimenticò l'obbe­dienza che le aveva prestato; anzi, davanti a tutta la sua corte rinnovò questa dimostrazione di figlio e come tale raccomandò un'altra volta quello di cui ella aveva premu­ra. L'Altissimo rispose:

312. «Mio Unigenito, nel quale ho la pienezza del mio compiacimento, le mie orecchie sono attente a colei che vi ha fatto nascere e la mia clemenza è incline ad acconten­tarla in tutto». Poi, rivolto a lei proseguì: «Amica mia, pre­scelta da me tra migliaia, tu sei strumento della mia on­nipotenza e deposito della mia carità. Abbi calma nei tuoi affanni ed esponimi ogni tuo bisogno, perché ascolterò le tue richieste, che sono sante ai miei occhi». Avuto questo beneplacito, ella disse: «Sommo Creatore, che a tutto da­te e sostenete l'esistenza, le mie aspirazioni riguardano la vostra Chiesa. Siate pietoso e abbiatene cura, perché è ope­ra del Verbo fatto uomo, fondata ed acquistata con il suo sangue. Contro di essa tornano ad ergersi il serpente anti­co e i suoi alleati, pretendendo la rovina dei vostri fedeli, che sono il frutto della redenzione. Confondete le loro per­verse deliberazioni e difendete gli apostoli, vostri ministri, e gli altri battezzati; affinché questi siano liberati dalla lo­ro ira e dalle loro trame, le concentrino pure su di me, se è fattibile. Io sono una sola povera e i vostri servi sono molti; dunque, essi godano di tranquillità e dei vostri fa­vori, così che possano dedicarsi alla vostra esaltazione, e sia io a sopportare quello che incombe su di loro. Com­batterò contro satana e voi, con il vigore del vostro brac­cio, lo vincerete e sgomenterete nella sua crudeltà».

313. Il nostro Re riprese: «Mia carissima, ti accordo quanto è possibile: proteggerò i miei devoti in ciò che sarà conveniente per la mia gloria e ti lascerò soffrire quello che sarà utile per la loro corona. Perché ti sia manifesto il segreto del mio giudizio, con il quale tutto questo va di­spensato, sali al nostro seggio, dove il tuo ardore ti dà spa­zio nel nostro concistoro e nella singolare partecipazione dei nostri attributi. Vieni, ti saranno svelati tanti misteri in ordine alla guida della comunità dei credenti e al suo sviluppo. Eseguirai il tuo volere, che coinciderà con il no­stro, come adesso ti illustreremo». Ella si accorse di esse­re alzata dalla forza di questa dolcissima voce e collocata alla destra di sua Maestà, con ammirazione e giubilo di tutti i beati, che capirono il discorso e la decisione del lo­ro sovrano. Fu senza dubbio una novità tale da muoverli a meraviglia il vedere che una donna nella carne mortale era elevata e invitata al fianco della Trinità, per essere il­luminata su verità relative alla direzione della Chiesa, che erano nascoste a tutti e racchiuse nelle profondità divine.

314. Susciterebbe stupore se lo si facesse in qualche città, chiamandone una alle assemblee nelle quali si discute del governo pubblico, e ancor più se la si introducesse nel­le sedute dei consigli supremi, dove si affrontano e risol­vono le questioni di maggiore complessità ed importanza per i regni e la loro amministrazione. Si stimerebbe que­sta innovazione poco sicura, dato che Salomone afferma di essere andato in cerca della ragione e di aver trovato un uomo su mille che la possedeva, ma neppure una don­na. Sono così rare quelle che l'hanno costante e retta, per la loro fragilità naturale, che normalmente essa non si pre­sume in nessuna; se poi ce ne sono alcune, non fanno nu­mero per occuparsi di affari ardui e dibattuti senza che abbiano un'altra luce oltre a quella comune. Questa legge non comprendeva Maria perché, se Eva nella sua ignoranza cominciò a distruggere la casa del mondo che il Signore aveva edificato, ella, che fu sapientissima e madre della sa­pienza, la rifabbricò e la trasformò con la sua incompara­bile prudenza', che le ottenne di entrare in quel concisto­ro, nel quale si parlava di tale riparazione.

315. Lì fu interrogata un'altra volta su che cosa voles­se per sé e per tutti i cristiani, in particolare per i Dodici e i discepoli. La saggia Regina espresse ancora il suo fer­voroso anelito alla magnificazione di Dio e al loro sollie­vo nella persecuzione che i nemici tramavano contro di essi. Anche se le tre Persone conoscevano tutto ciò, le co­mandarono di dichiararlo per dare la loro approvazione e compiacersene, e per renderla più istruita su nuovi arcani inerenti ai loro decreti e alla predestinazione degli eletti. Per spiegare quanto mi è stato rivelato su questo, asseri­sco che, essendo la volontà della Vergine perfetta ed in tut­to straordinariamente giusta e gradita all'Altissimo, pare che questi non potesse desiderare nulla che fosse contra­rio ad essa. Egli era rivolto verso l'ineffabile santità di lei e come ferito dai capelli e dallo sguardo di una compagna tanto diletta, unica tra tutti. Il Padre la trattava come fi­glia, il Figlio come madre e lo Spirito come sposa, e tutti e tre le avevano affidato la Chiesa , ponendo in lei tutta la fiducia; per questo, non intendevano stabilire l'esecuzione di niente senza consultarla e ricevere in qualche modo il suo consenso.

316. Perché il suo beneplacito e quello della Signora coincidessero in questo, l'Onnipotente dovette comunicar­le ulteriormente la sua scienza e gli occulti disegni della provvidenza con la quale egli dispone con peso e misurar, nella maniera più equa e adeguata, ogni cosa concernente le sue creature, i loro fini e i loro mezzi. Dunque, in tale circostanza ella fu rischiarata mirabilmente su quello che era opportuno che il sommo potere operasse e ne penetrò le recondite motivazioni. Seppe quali e quanti apostoli era bene che patissero e perissero prima del suo passaggio da questa vita all'altra, quali sofferenze avrebbero sostenuto per il nome di Gesù, quali cause vi erano per ciò e per la necessità che fondassero la Chiesa spargendo il proprio sangue, come aveva fatto il loro Maestro. Inoltre, apprese che, per la cognizione di quanto avrebbero dovuto sop­portare i seguaci del Redentore, avrebbe compensato con il proprio dolore il non subire ella stessa tutto quello che ambiva, poiché era inevitabile che affrontassero una tri­bolazione momentanea per arrivare al premio eterno pron­to per loro. Affinché avesse materia più abbondante per questo tipo di merito, fu informata dell'ormai prossima uc­cisione di Giacomo e della prigionia di Pietro, ma non le fu detto che l'angelo l'avrebbe liberato, sciogliendo le sue catene. Le fu annunciato anche che a ciascuno sarebbe sta­to concesso il genere di pena e di martirio proporzionato alle forze della grazia e del suo spirito.

317. Per soddisfare completamente l'ardente carità del­la purissima Principessa, la Trinità le accordò di combat­tere ancora le sue battaglie contro i serpenti infernali e di conquistare le vittorie e i trionfi che gli altri non poteva­no conseguire, schiacciando loro la testa e confondendoli nella loro arroganza per indebolirli e fiaccarne le energie contro i fedeli. A questo scopo, le furono rinnovati tutti i doni e la partecipazione degli attributi divini, ed ognuna delle tre Persone la benedisse. Quindi, i custodi la ripor­tarono all'oratorio del cenacolo nel medesimo modo in cui l'avevano condotta all'empireo. Appena uscì dall'estasi, si prostrò a terra in forma di croce e, stretta alla polvere, con incredibile umiltà e versando tenere lacrime ringraziò il Si­gnore per il beneficio del quale l'aveva arricchita, senza che in esso ella avesse dimenticato di dare prova della sua sconfinata modestia. Si trattenne, poi, per un po' con gli esseri superni sui misteri e i bisogni della Chiesa, per ac­correre attraverso il loro ministero dove c'era più urgenza. Le sembrò conveniente avvertire i Dodici di alcune cose e rinvigorirli, incoraggiandoli per le angustie che l'avversario comune avrebbe provocato loro, dato che essi erano quelli contro i quali lottava più duramente. Perciò, parlò a Pietro, a Giovanni e agli altri che erano con loro e li av­visò di molti fatti che sarebbero accaduti; inoltre, confermò la conversione di san Paolo, manifestando lo zelo con cui proclamava sua Maestà e la sua legge.

318. Inviò dei messaggeri celesti agli apostoli che era­no già fuori Gerusalemme ed anche ai discepoli, perché li preparassero ed esortassero con le stesse notizie che ave­va trasmesso agli altri e li mettessero al corrente del mu­tamento avvenuto in Saulo; comandò in particolare ad uno di essi di palesare a quest'ultimo le trame che il demonio ordiva contro di lui, di animarlo e renderlo saldo nella spe­ranza dell'aiuto di Dio nelle sue fatiche. Eseguirono ciò con la consueta velocità, obbedendo alla loro Regina, e com­parvero a coloro ai quali erano stati indirizzati. Questo sin­golare favore colmò tutti di profonda consolazione e nuo­vo ardimento, e ciascuno rispose con rispettosa ricono­scenza tramite gli stessi, promettendole di morire con le­tizia per l'onore del suo Unigenito. Pure il giovane di Tar­so risaltò in questo, perché la sua devozione e la sua bra­ma di vedere la propria salvatrice e di esserle grato lo spro­navano a più evidenti dimostrazioni e a più grande sotto­missione. Egli era allora a Damasco, dove evangelizzava e disputava con i membri di quelle sinagoghe, anche se su­bito dopo si trasferì in Arabia, facendo in seguito ritorno nel luogo dal quale era partito.

319. San Giacomo il Maggiore era più lontano di tutti gli altri, poiché era uscito per primo dalla città per la mis­sione e, trascorsi alcuni giorni nei dintorni, si era recato in Spagna. Si era imbarcato a Ioppe, l'attuale Giaffa, nel trentaquattro dopo Cristo, nel mese di agosto, che allora si chiamava sestile, un anno e cinque mesi dopo la pas­sione, otto mesi dopo la lapidazione di Stefano e cinque mesi prima della conversione di Paolo, secondo quanto ho già scritto. Da lì, facendo scalo in Sardegna, era approda­to al porto di Cartagena, nel quale aveva cominciato la pre­dicazione; presto, diretto dallo Spirito, aveva preso il cam­mino per Granada, dove aveva capito che la messe era ab­bondante e l'occasione opportuna per soffrire per Gesù, co­me in effetti successe.

320. Era tra i prediletti di Maria e tra coloro che ella assisteva di più, sebbene esteriormente non lo distingues­se molto, per l'uniformità con la quale prudentemente trat­tava tutti come pure perché egli era suo parente. Anche Giovanni, suo fratello, aveva lo stesso legame con lei, ma a suo vantaggio giocavano altre ragioni, perché tutto il col­legio apostolico sapeva che il Maestro stesso dalla croce lo aveva dato come figlio a sua Madre e così, se questa la­sciava trasparire il suo affetto, non c'erano gli inconvenienti che ci sarebbero stati se lo avesse fatto con Giacomo o con chiunque altro tra loro; intimamente, però, aveva un amo­re del tutto speciale per lui, e glielo rivelò sempre con gra­zie eccezionali. Egli le meritò con la riverenza e la vene­razione in cui si segnalava ed ebbe necessità della sua di­fesa perché, essendo di cuore nobile e generoso e di ani­mo ferventissimo, andava incontro alle tribolazioni e ai ri­schi con invincibile valore. Perciò, precedette i suoi com­pagni nell'avviarsi a portare l'annuncio e a subire il mar­tirio. Nel tempo del suo peregrinare fu proprio un fulmi­ne come figlio del tuono, giacché per questo ricevette tale nome quando si unì agli altri.

321. In Spagna gli si presentarono inconcepibili diffi­coltà e persecuzioni mosse da satana per mezzo dei giu­dei. Non furono piccole neppure quelle che poi dovette sop­portare in Italia e in Asia minore, da dove tornò a Gerusalemme a diffondere la lieta novella e ad affrontare il sup­plizio, dopo aver percorso in pochi anni province tanto di­stanti e nazioni tanto diverse. Poiché non appartiene al mio intento riferire tutto quello che sostenne in così vari viag­gi, esporrò solo ciò che conviene a questa Storia. Quanto al resto, ho compreso che la nostra Signora ebbe cura di lui in modo eccezionale per i motivi da me addotti, e che attraverso i suoi angeli lo preservò da parecchi gravi peri­coli e frequentemente lo confortò mandandoli a trovarlo e a dargli informazioni e consigli, perché ne aveva bisogno più degli altri, considerata la brevità della sua vita. Spes­so il medesimo Redentore fece scendere dal cielo alcuni suoi servitori affinché lo proteggessero e lo trasportassero da una parte all'altra, guidandolo nei suoi spostamenti e nella sua opera.

322. Nel periodo in cui dimorò in Spagna, tra gli altri benefici che gli furono elargiti dalla Vergine due furono as­sai considerevoli, perché ella stessa lo visitò e soccorse. Una di queste apparizioni, che si verificò a Saragozza, è tanto certa quanto celebrata nel mondo, e oggi non si potrebbe negarla senza distruggere una verità così pia, confermata e consolidata da mirabili prodigi e da testimonianze per più di milleseicento anni; accennerò ad essa nel prossimo ca­pitolo. Dell'altra, che fu la prima, non mi è noto che si con­servi memoria, poiché fu più nascosta. Secondo quello che mi è stato svelato, accadde a Granada, nella maniera che adesso spiegherò. Gli ebrei avevano lì delle sinagoghe fin dal momento del loro arrivo; la terra era fertile e la vici­nanza ai porti del Mediterraneo consentiva loro di tenersi comodamente in contatto con la Palestina. Quando vi giun­se Giacomo, avevano sentito parlare degli avvenimenti ri­guardanti sua Maestà: alcuni di essi ambivano di conosce­re i suoi insegnamenti e il loro fondamento, ma nella mag­gioranza erano già stati preparati con un'empia incredulità da Lucifero a non accoglierli e a non permettere che fossero trasmessi agli altri, perché contrari ai loro riti e a Mo­sè; infatti, avevano paura che altrimenti i pagani avrebbe­ro eliminato il giudaismo. Con tale diabolico inganno, im­pedivano la fede in costoro, che, constatando che Cristo era rigettato come impostore dal suo stesso popolo, non si per­suadevano facilmente a seguirlo.

323. L 'Apostolo entrò in città e, appena ebbe iniziato a predicare, si imbatté nella loro resistenza: lo facevano pas­sare per un avventuriero, imbroglione, inventore di sette false, stregone ed ammaliatore. Egli aveva con sé dodici discepoli, ad imitazione del suo Signore, e, siccome per­severavano tutti nella proclamazione del Vangelo, cresceva l'odio contro di essi, tanto che fu presa la decisione di uc­ciderli; in effetti, ne fu assassinato immediatamente uno, che si era opposto con ardente zelo. Dato che, però, non temevano la morte ed anzi aspiravano a patire per Gesù, continuarono a proporre il loro messaggio ancor più in­trepidamente. Dopo che ebbero faticato in questo per va­ri giorni ed ebbero convertito molti abitanti di quel luogo e della zona circostante, il furore dei giudei si accese mag­giormente. Infine, questi li catturarono tutti e li trascina­rono in catene fuori delle mura per ammazzarli, e appena furono in campagna legarono nuovamente i loro piedi af­finché non fuggissero, perché li ritenevano maghi e in­cantatori. Mentre stavano per decapitarli, Giacomo non cessava di implorare il favore dell'Altissimo e della sua Re­gina. Le disse: «Santa Madre del mio Salvatore, assistete in quest'ora il vostro umile schiavo. Voi che siete clemen­tissima, pregate per me e per questi confessori. Se è vo­lontà dell'Onnipotente che periamo qui per la sua gloria, supplicatelo che riceva la mia anima alla sua presenza. Ri­cordatevi di me e beneditemi in nome di colui che vi ha scelto tra tutti. Accettate il sacrificio che faccio di non in­contrare i vostri occhi misericordiosi in quest'ora, che per me deve essere l'ultima. O Maria, o Maria!».

324. Ripeté tante volte l'invocazione finale, che ella ascoltò dal suo oratorio, da dove stava osservando distin­tamente tutto ciò che succedeva a quel suo amatissimo fi­glio. Allora, le sue viscere materne si mossero a tenera com­passione per la tribolazione che egli sosteneva e nella qua­le le si rivolgeva, e ne provò particolare dolore pure per il fatto di essere così lontana anche se, avendo chiaro che niente era difficile al potere infinito, si inclinò a desidera­re di aiutarlo in quel frangente; inoltre, tale pena aumentò in lei poiché aveva cognizione che sarebbe stato il primo a versare il proprio sangue. Comunque, non chiese a Dio o agli esseri celesti di portarla da lui, perché la trattenne dal farlo la sua eccezionale prudenza, con la quale inten­deva che la provvidenza non avrebbe fatto mancare il ne­cessario, e nel domandare queste grazie mentre viveva quaggiù si regolava sul beneplacito della Trinità, con ec­cellente discrezione e riguardo.

325. Il suo Unigenito, che teneva l'attenzione fissa ai suoi aneliti come santi, giusti e pieni di pietà, dispose al­l'istante che i suoi mille custodi eseguissero quanto ella so­spirava. Questi le si manifestarono in forma umana e, pa­lesatole l'ordine che avevano avuto, senza alcun indugio la fecero salire su un trono formato da una bellissima nuvo­la e la condussero in Spagna, sul campo dove erano Gia­como e i suoi e dove i nemici che li avevano fatti prigio­nieri avevano già sguainato le scimitarre o sciabole. Solo l'Apostolo la vide sulla nube, dalla quale ella gli parlò con dolcezza: «Mio diletto, carissimo al Redentore, state di buon animo e siate benedetto eternamente da colui che vi ha creato e vi ha chiamato alla sua luce. Orsù, servitore fedele, alzatevi e siate sciolto dai ceppi». Egli si era pro­strato come meglio aveva potuto. Alle parole della fortis­sima Principessa, le catene di tutti si aprirono in un atti­mo e si trovarono liberi. I giudei, che avevano le armi in pugno, caddero a terra e vi rimasero per alcune ore privi di sensi, mentre i demoni, che li appoggiavano e provoca­vano furono precipitati negli abissi infernali. Così, sua Maestà poté essere magnificato senza impedimenti da quei dodici e da Giacomo, e questi ringraziò la Vergine con in­comparabile sottomissione e giubilo del suo intimo; gli al­tri, pur non potendola contemplare, dall'accaduto si rese­ro conto del prodigio, e il loro maestro lo rivelò nella mi­sura che gli parve conveniente per confermarli nella fede, nella speranza e nella devozione a lei.

326. Tale singolare beneficio fu anche più mirabile per­ché la Signora non solo lo difese dalla morte affinché tut­to quel regno traesse giovamento dalla sua predicazione, ma regolò anche i suoi spostamenti; ella, infatti, incaricò cento dei suoi angeli di accompagnarlo, guidandolo di pae­se in paese e proteggendolo dappertutto da ogni pericolo, e di indirizzarlo quindi verso Saragozza. Essi le obbediro­no e gli altri la trasferirono al cenacolo. Con una simile scorta, Giacomo percorse quei territori più sicuro che gli israeliti nel deserto. Lasciò a Granada alcuni dei suoi, che poi vi subirono il martirio, e proseguì il viaggio in molte località dell'Andalusia con i rimanenti e con gli altri che accoglieva. Giunse a Toledo e di là passò in Portogallo, in Galizia e per Astorga; facendo delle deviazioni verso posti differenti, arrivò nella Rioja e da Logrono si recò a Tude­la e, infine, a Saragozza. Nel suo peregrinare si separò via via da parecchi suoi discepoli, che designò come pastori di varie città, dove aveva piantato la Chiesa e il culto di­vino. In quelle regioni fece tanti e così straordinari mira­coli che non devono sembrare incredibili quelli che si san­no, essendo ben più numerosi quelli che si ignorano. Il frutto che raccolse fu immenso, tenuto conto del tempo in cui vi dimorò. È stato un errore dire o pensare che con­vertì poche persone, perché ovunque andò stabilì la co­munità, ordinando tanti vescovi per il governo dei figli che aveva generato in Cristo.

327. Per terminare questo capitolo avverto che in mol­teplici maniere ho conosciuto le teorie opposte degli sto­rici ecclesiastici su quanto sto scrivendo, cioè l'uscita de­gli apostoli da Gerusalemme allo scopo di evangelizzare, la distribuzione tra loro delle parti del mondo, la compo­sizione del simbolo, la partenza di Giacomo e la sua uc­cisione. Riguardo a tutti questi avvenimenti ho compreso che dissentono considerevolmente nell'attribuire ad essi una datazione e nell'accordarli con i libri canonici. Il Si­gnore, però, non mi ha comandato di chiarire questi ed al­tri dubbi, né di comporre queste controversie; anzi, fin dal principio ho riferito che egli mi ha ingiunto di stendere il presente racconto senza opinioni, affinché non le mescoli con la verità. Quando ciò che affermo è conseguente al te­sto sacro, non contrasta in niente con esso e corrisponde alla dignità della materia che tratto, non posso dare mag­giore autorità alla narrazione, e neppure pretenderà di più la pietà cattolica. Potrà anche capitare che per tale strada si risolvano alcuni punti dibattuti, e questo lo faranno co­loro che sono dotti e letterati.

 

Insegnaniento della Regina del cielo

328. Mia eletta, la meraviglia che hai qui esposto, cioè il mio innalzamento al trono regale di Dio perché egli po­tesse parlare con me dei decreti della sua provvidenza, è così particolare e grande che supera le facoltà dei viatori; solamente in patria, nella visione beatifica, essi capiranno siffatto mistero con speciale gaudio accidentale. Questa grazia eccezionale fu in qualche modo effetto e compenso dell'ardore con cui amavo ed amo il sommo Bene e del­l'umiltà con cui mi confessavo sua ancella; furono queste virtù a sollevarmi lassù mentre vivevo nella carne. Allora, voglio che tu penetri profondamente un arcano che senz'al­tro fu uno dei più sublimi operati in me e uno di quelli che dettero più motivo di ammirazione ai ministri super­ni e ai santi. Bisogna che tu trasformi la cognizione che ne hai in una vigilantissima sollecitudine e in accesi desi­deri di imitarmi in ciò per cui meritai tali favori.

329. Intendi dunque che non una volta sola, ma mol­te, fui elevata fino alla sede della Trinità nel periodo che trascorse tra la venuta dello Spirito e il giorno nel quale fui assunta, dopo il mio trapasso, per gioire perennemen­te. In quello che ti resta da dichiarare della mia vita, af­ferrerai altri segreti al riguardo; però, per quanto mi fu concesso dalla destra dell'Altissimo, ricevetti abbondantis­simi doni, nelle diverse maniere che erano possibili alla sua potenza infinita e alla capacità che egli mi conferì per l'ineffabile e quasi immensa partecipazione delle sue per­fezioni. Talora, elargendomeli, il Padre proclamava: «Spo­sa mia, il tuo affetto e la tua fedeltà, superiore a quella di tutti gli altri, ci vincolano e ci danno la pienezza di com­piacimento che bramiamo. Ascendi presso di noi, per es­sere assorta nell'abisso della nostra divinità ed avere qui il quarto posto, nei limiti permessi a una semplice creatura. Prendi possesso della nostra gloria, i cui tesori mettiamo nelle tue mani. Tuoi sono il cielo, la terra e i mari; godi nella tua esistenza peritura dei privilegi della beatitudine al di sopra di ogni altro. Ti servano tutte le nazioni e tut­ti gli esseri, ti obbediscano le potestà e i supremi serafini, e tutte le nostre ricchezze siano in comune con te. Ap­prendi le decisioni della nostra sapienza ed abbi parte in esse, dato che sei assolutamente retta e irreprensibile. Ad­dentrati nelle spiegazioni di quello che determiniamo con equità; il tuo volere sia uno con il nostro, ed uno il moti­vo in ciò che stabiliamo per la nostra Chiesa».

330. Con questa benignità tanto ineffabile quanto sin­golare indirizzava la mia volontà per conformarla alla sua, affinché nella comunità ecclesiale non si facesse niente se non per mia disposizione, e questa fosse quella di lui stesso, le cui ragioni e convenienze conoscevo nel suo eterno consiglio. In esso vidi che per legge universale io non po­tevo sostenere tutte le pene di ognuno, principalmente de­gli apostoli; ma la mia aspirazione, benché irrealizzabile, non fu una deviazione dal beneplacito dell'eccelso sovra­no, che la suscitò in me come indizio e testimonianza del mio amore sconfinato, dal momento che anelavo a questo appunto per il Signore stesso, che ha tanta tenerezza ver­so gli uomini. Io ero sincera e il mio cuore era pronto per quello che chiedevo; perciò egli lo gradì e mi premiò co­me se l'avessi eseguito, giacché mi causò molto dolore non poter soffrire per ciascuno. Da questo nasceva in me la compassione che avevo dei martiri e dei tormenti con i quali furono uccisi i Dodici e gli altri, poiché in tutti e con tutti ero afflitta e tribolata, e in un certo modo morivo con loro. Tale fu la mia affezione per i miei figli! E questa ades­so, tranne che per il patire, è la medesima, anche se essi non sanno fin dove li obblighi la mia carità per esserne grati in misura adeguata.

331. Questi inesprimibili benefici mi furono accordati mentre stavo accanto al mio Gesù, rapita in estasi, e mi dilettavo nelle sue prerogative ed eccellenze, per quanto potevano essere comunicate ad una semplice creatura. I di­segni celesti erano manifestati innanzitutto all'umanità san­tissima di Cristo, nell'ordine mirabile che essa ha con la divinità alla quale è congiunta nel Verbo. Subito, tramite lui, erano trasmessi a me in un'altra maniera. L'unione del­la sua umanità con la persona del Verbo, infatti, è imme­diata, sostanziale e intrinseca, e quindi la partecipazione della divinità e dei suoi decreti è corrispondente e pro­porzionata; per me, invece, veniva seguito un altro ordine, stupendo e senza esempi, che aveva luogo in un essere non divino, ma somigliante all'umanità santissima e, dopo di essa, il più vicino a Dio stesso. Non potrai comprendere facilmente ciò, ma i beati lo hanno fatto ognuno nel grado di scienza a lui spettante, e tutti hanno inteso la mia conformità con il mio Unigenito, e pure la differenza. Que­sto li mosse e li muove ancora a comporre nuovi cantici a onore e lode dell'Onnipotente, perché fu uno dei più gran­di prodigi che il suo braccio vigoroso fece in me.

332. Affinché tu dilati maggiormente le tue energie e quelle della grazia in desideri e sentimenti pii, anche se que­sti riguardano quanto non puoi mettere in pratica, voglio svelarti un'altra cosa. Quando io scoprivo gli effetti della re­denzione nella giustificazione delle anime, e gli aiuti che era­no infusi ad esse per mondarle ed elevarle per mezzo della contrizione o del battesimo e di altri sacramenti, ne avevo stima fino a provarne quasi invidia. Non avevo colpe delle quali purificarmi e dunque questo non mi poteva essere con­cesso come ai peccatori, ma, poiché piansi il male che ave­vano compiuto più di tutti loro e mi mostrai riconoscente a sua Maestà per la sua liberale misericordia, ottenni più di quello che era necessario per la salvezza dell'intera discen­denza di Adamo. Sino a tal punto l'Altissimo si riteneva im­pegnato dalle mie opere e tale fu la virtù che egli dette lo­ro perché trovassero favore presso di lui!

333. Considera quanto tu mi sia debitrice, ora che ti ho illuminato e istruito su realtà tanto venerabili; non te­nere oziosi i tuoi talenti e non fare andare perduti tanti beni. Vieni dietro a me attraverso l'imitazione perfetta dei miei atti. Per infervorarti di più nell'amore di Dio, tieni continuamente a mente la brama che il Maestro ed io ave­vamo della beatitudine dei credenti e le nostre lacrime per la rovina definitiva che molti si procurano da soli con una falsa ed ingannevole allegrezza. Devi contraddistinguerti ed esercitarti parecchio in tale zelo, come sposa fedelissima di colui che per questo si abbandonò alla morte di croce, e come figlia e discepola mia; infatti, se la forza di un si­mile ardore non mi privò della vita fu perché questa mi fu conservata miracolosamente, ed essa mi meritò di avere un posto nel trono e nel consesso della Trinità. Se tu, amica, sarai così diligente nel modellarti su di me e così attenta nell'obbedirmi come io esigo da te, ti assicuro che sarai partecipe dei doni che io feci al mio servo Giacomo e che ti assisterò nei travagli e ti guiderò, secondo quello che ti ho promesso ripetutamente; inoltre, il Signore con te sarà tanto generoso che supererà ogni tua attesa.


7 luglio 1944

Maria Valtorta

   Dice Gesù:
   «Sì, ti ho concesso un fiore perché sei “ancora” una donna. E quello che soffri nella tua sensibilità di donna, che non è capita, mi fa pietà.

   Ma Io voglio che tu sia di Me soltanto. Tu non sei ancora tanto generosa da saper spezzare tutti i legami della Terra, da far sordo il tuo cuore alle voci della Terra per legarti a Me solo, per udire Me solo. E allora Io spezzo. Ti faccio vedere la miseria delle affezioni umane e te la faccio paragonare alla mia [affezione]. Sono stagnola rispetto a foglio d’oro zecchino, anzi a blocco d’oro zecchino. Sono frantumi di vetro rispetto a brillante purissimo. E ti vuoi indugiare a rimirarli e a rimpiangerli? O bambina! Ma procedi, libera e lieta della libertà e letizia dei benedetti!

   Vi è una frase [439] che voi, da Me scelti, meditate troppo poco. È dell’apostolo Paolo. Dice: “Quando a Colui che mi segregò fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato per sua grazia piacque di rivelare in me il suo Figliuolo… io subito senza dar retta alla carne e al sangue…”. Dopo è tornato Paolo fra le genti. Ma ormai, per ubbidienza a Dio, aveva terminato la “segregazione” iniziata da Dio col porre in disparte carne e sangue per darsi tutto all’Amore vero.
   Siete tutti dei “segregati”, voi, i miei scelti a particolare missione. Te ne ho già parlato [440] giorni or sono (27-6). “Esci dal tuo paese e dal tuo parentado”.

   Fra l’anima vocata e il resto del mondo si eleva un impalpabile muro, più tenace di quello d’una fortezza. Voi divenite stranieri agli altri, rimanendo fratelli a loro, perché voi con le lacrime della vostra evangelica solitudine lavorate per il loro bene. Voi no, voi non li ripudiate. Anzi li amate di perfetto amore poiché non la carne, né il sangue, né l’utile, né l’affetto hanno peso nel vostro amore, ma solo quella carità che viene da Dio e che fa fratelli amici e nemici, parenti e sconosciuti, buoni e malvagi, perché non i loro volti e i loro cuori voi guardate, ma il volto santo di Dio, Padre di tutti i creati, e il cuore mio, amante di tutti gli uomini.

   Passa oltre, passa oltre. L’ultimo tratto di via è il più erto. Occorre esser liberi da ogni peso per salirlo. Ma ad ogni passo si dilata l’orizzonte e si fa più prossimo il sole.

   Vieni, vieni. Guarda Me solo. Guarda questa Dimora, questa Patria. Non le piccole e mutevoli dimore e patrie della Terra. Questa eterna tua Casa. Questa eterna tua Patria. Questo eterno tuo Amore. Io, Io, Io: Amore.»

[439] frase, che è in Galati 1, 15-16.
[440] ne ho già parlato, il 27 giugno commentando Atti 7, 2-3, che riprende il comando espresso in Genesi 12, 1.