Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 5° settimana del tempo di Avvento e Natale (Santissimo Nome di Gesù)
Vangelo secondo Matteo 27
1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'
11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Ester 9
1Il decimosecondo mese, cioè il mese di Adàr, il tredici del mese, quando l'ordine del re e il suo decreto dovevano essere eseguiti, il giorno in cui i nemici dei Giudei speravano di averli in loro potere, avvenne invece tutto il contrario; poiché i Giudei ebbero in mano i loro nemici.2I Giudei si radunarono nelle loro città, in tutte le province del re Assuero, per aggredire quelli che cercavano di fare loro del male; nessuno poté resistere loro, perché il timore dei Giudei era piombato su tutti i popoli.3Tutti i capi delle province, i satrapi, i governatori e quelli che curavano gli affari del re diedero man forte ai Giudei, perché il timore di Mardocheo si era impadronito di essi.4Perché Mardocheo era grande nella reggia e per tutte le province si diffondeva la fama di quest'uomo; Mardocheo cresceva sempre in potere.5I Giudei dunque colpirono tutti i nemici, passandoli a fil di spada, uccidendoli e sterminandoli; fecero dei nemici quello che vollero.6Nella cittadella di Susa i Giudei uccisero e sterminarono cinquecento uomini7e misero a morte Parsandràta, Dalfòn, Aspàta,8Poràta, Adalià, Aridàta,9Parmàsta, Arisài, Aridài e Vaizàta,10i dieci figli di Amàn figlio di Hammedàta, il nemico dei Giudei, ma non si diedero al saccheggio.11Quel giorno stesso il numero di quelli che erano stati uccisi nella cittadella di Susa fu portato a conoscenza del re.12Il re disse alla regina Ester: "Nella cittadella di Susa i Giudei hanno ucciso, hanno sterminato cinquecento uomini e i dieci figli di Amàn; che avranno mai fatto nelle altre province del re? Ora che chiedi di più? Ti sarà dato. Che altro desideri? Sarà fatto!".13Allora Ester disse: "Se così piace al re, sia permesso ai Giudei che sono a Susa di fare anche domani quello che era stato decretato per oggi; siano impiccati al palo i dieci figli di Amàn".14Il re ordinò che così fosse fatto. Il decreto fu promulgato a Susa. I dieci figli di Amàn furono appesi al palo.15I Giudei che erano a Susa si radunarono ancora il quattordici del mese di Adàr e uccisero a Susa trecento uomini; ma non si diedero al saccheggio.16Anche gli altri Giudei che erano nelle province del re si radunarono, difesero la loro vita e si misero al sicuro dagli attacchi dei nemici; uccisero settantacinquemila di quelli che li odiavano, ma non si diedero al saccheggio.17Questo avvenne il tredici del mese di Adàr; il quattordici si riposarono e ne fecero un giorno di banchetto e di gioia.18Ma i Giudei che erano a Susa si radunarono il tredici e il quattordici di quel mese; il quindici si riposarono e ne fecero un giorno di banchetto e di gioia.19Perciò i Giudei della campagna, che abitano in città non circondate da mura, fanno del quattordici del mese di Adàr un giorno di gioia, di banchetto e di festa, nel quale si mandano regali gli uni gli altri.
19(a)Invece gli abitanti delle grandi città celebrano come giorno di allegra festività il quindici di Adàr, mandando regali ai vicini.
20Mardocheo scrisse questi avvenimenti e mandò lettere a tutti i Giudei che erano in tutte le province del re Assuero, vicini e lontani,21per stabilire che ogni anno celebrassero il quattordici e il quindici del mese di Adàr,22perché giorni nei quali i Giudei ebbero tregua dagli attacchi dei nemici e il mese in cui il loro dolore era stato mutato in gioia, il loro lutto in festa, e perché facessero di questi giorni giorni di banchetto e di gioia, nei quali si mandassero regali scambievolmente e si facessero doni ai poveri.23I Giudei si impegnarono a continuare quello che avevano già cominciato a fare e che Mardocheo aveva loro prescritto.24Amàn infatti, il figlio di Hammedàta l'Agaghita, il nemico di tutti i Giudei, aveva tramato contro i Giudei per distruggerli e aveva gettato il 'pur', cioè la sorte, per confonderli e farli perire;25ma quando Ester si fu presentata al re, questi ordinò con documenti scritti che la scellerata trama di Amàn contro i Giudei fosse fatta ricadere sul capo di lui e che egli e i suoi figli fossero impiccati al palo.26Perciò quei giorni furono chiamati 'Purim' dalla parola 'pur'. Secondo tutto il contenuto di quella lettera, in seguito a quanto avevano visto a questo proposito ed era loro avvenuto,27i Giudei stabilirono e presero per sé, per la loro stirpe e per quanti si sarebbero aggiunti a loro, l'impegno inviolabile di celebrare ogni anno quei due giorni, secondo le disposizioni di quello scritto e alla data fissata.28Questi giorni devono essere commemorati e celebrati di generazione in generazione, in ogni famiglia, in ogni provincia, in ogni città; questi giorni di 'Purim' non devono cessare mai di essere celebrati fra i Giudei e il loro ricordo non dovrà mai cancellarsi fra i loro discendenti.29La regina Ester figlia di Abicàil e il giudeo Mardocheo scrissero con ogni autorità per dar valore a questa loro seconda lettera relativa ai 'Purim'.30Si mandarono lettere a tutti i Giudei nelle centoventisette province del regno di Assuero, con parole di saluto e di fedeltà,31per stabilire questi giorni di 'Purim' nelle loro date precise, come li avevano ordinati il giudeo Mardocheo e la regina Ester e come essi stessi li avevano stabiliti per sé e per i loro discendenti, in occasione del loro digiuno e della loro invocazione.32Un ordine di Ester stabilì le circostanze di questi 'Purim' e fu scritto in un libro.
Proverbi 20
1Il vino è rissoso, il liquore è tumultuoso;
chiunque se ne inebria non è saggio.
2La collera del re è simile al ruggito del leone;
chiunque lo eccita rischia la vita.
3È una gloria per l'uomo astenersi dalle contese,
attaccar briga è proprio degli stolti.
4Il pigro non ara d'autunno,
e alla mietitura cerca, ma non trova nulla.
5Come acque profonde sono i consigli nel cuore umano,
l'uomo accorto le sa attingere.
6Molti si proclamano gente per bene,
ma una persona fidata chi la trova?
7Il giusto si regola secondo la sua integrità;
beati i figli che lascia dietro di sé!
8Il re che siede in tribunale
dissipa ogni male con il suo sguardo.
9Chi può dire: "Ho purificato il cuore,
sono mondo dal mio peccato?".
10Doppio peso e doppia misura
sono due cose in abominio al Signore.
11Già con i suoi giochi il fanciullo dimostra
se le sue azioni saranno pure e rette.
12L'orecchio che ascolta e l'occhio che vede:
l'uno e l'altro ha fatto il Signore.
13Non amare il sonno per non diventare povero,
tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà.
14"Robaccia, robaccia" dice chi compra:
ma mentre se ne va, allora se ne vanta.
15C'è oro e ci sono molte perle,
ma la cosa più preziosa sono le labbra istruite.
16Prendigli il vestito perché si è fatto garante per un altro
e tienilo in pegno per gli estranei.
17È piacevole all'uomo il pane procurato con frode,
ma poi la sua bocca sarà piena di granelli di sabbia.
18Pondera bene i tuoi disegni, consigliandoti,
e fa' la guerra con molta riflessione.
19Chi va in giro sparlando rivela un segreto,
non associarti a chi ha sempre aperte le labbra.
20Chi maledice il padre e la madre
vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre.
21I guadagni accumulati in fretta da principio
non saranno benedetti alla fine.
22Non dire: "Voglio ricambiare il male",
confida nel Signore ed egli ti libererà.
23Il doppio peso è in abominio al Signore
e le bilance false non sono un bene.
24Dal Signore sono diretti i passi dell'uomo
e come può l'uomo comprender la propria via?
25È un laccio per l'uomo esclamare subito: "Sacro!"
e riflettere solo dopo aver fatto il voto.
26Un re saggio passa al vaglio i malvagi
e ritorna su di loro con la ruota.
27Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore
che scruta tutti i segreti recessi del cuore.
28Bontà e fedeltà vegliano sul re,
sulla bontà è basato il suo trono.
29Vanto dei giovani è la loro forza,
ornamento dei vecchi è la canizie.
30Le ferite sanguinanti spurgano il male,
le percosse purificano i recessi del cuore.
Salmi 121
1'Canto delle ascensioni'.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?
2Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.
3Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
4Non si addormenterà, non prenderà sonno,
il custode d'Israele.
5Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.
6Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
7Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
8Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.
Malachia 1
1Oracolo. Parola del Signore a Israele per mezzo di Malachia.2Vi ho amati, dice il Signore. E voi dite: "Come ci hai amati?". Non era forse Esaù fratello di Giacobbe? - oracolo del Signore - Eppure ho amato Giacobbe3e ho odiato Esaù. Ho fatto dei suoi monti un deserto e ho dato la sua eredità agli sciacalli del deserto.4Se Edom dicesse: "Siamo stati distrutti, ma ci rialzeremo dalle nostre rovine!", il Signore degli eserciti dichiara: Essi ricostruiranno: ma io demolirò. Saranno chiamati Regione empia e Popolo contro cui il Signore è adirato per sempre.5I vostri occhi lo vedranno e voi direte: "Grande è il Signore anche al di là dei confini d'Israele".
6Il figlio onora suo padre e il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov'è l'onore che mi spetta? Se sono il padrone, dov'è il timore di me? Dice il Signore degli eserciti a voi, sacerdoti, che disprezzate il mio nome. Voi domandate: "Come abbiamo disprezzato il tuo nome?".7Offrite sul mio altare un cibo contaminato e dite: "Come ti abbiamo contaminato?". Quando voi dite: "La tavola del Signore è spregevole"8e offrite un animale cieco in sacrificio, non è forse un male? Quando voi offrite un animale zoppo o malato, non è forse un male? Offritelo pure al vostro governatore: pensate che l'accetterà o che vi sarà grato? Dice il Signore degli eserciti.
9Ora supplicate pure Dio perché abbia pietà di voi! Se fate tali cose, dovrebbe mostrarsi favorevole a voi? Dice il Signore degli eserciti.10Oh, ci fosse fra di voi chi chiude le porte, perché non arda più invano il mio altare! Non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti, non accetto l'offerta delle vostre mani!11 Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti.12Ma voi lo profanate quando dite: "La tavola del Signore è contaminata e spregevole ciò che v'è sopra, il suo cibo".13Voi aggiungete: "Ah! che pena!". Voi mi disprezzate, dice il Signore degli eserciti, e offrite animali rubati, zoppi, malati e li portate in offerta! Posso io gradirla dalle vostre mani? Dice il Signore.14Maledetto il fraudolento che ha nel gregge un maschio, ne fa voto e poi mi sacrifica una bestia difettosa. Poiché io sono un re grande, dice il Signore degli eserciti, e il mio nome è terribile fra le nazioni.
Atti degli Apostoli 11
1Gli apostoli e i fratelli che stavano nella Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio.2E quando Pietro salì a Gerusalemme, i circoncisi lo rimproveravano dicendo:3"Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!".
4Allora Pietro raccontò per ordine come erano andate le cose, dicendo:5"Io mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e vidi in estasi una visione: un oggetto, simile a una grande tovaglia, scendeva come calato dal cielo per i quattro capi e giunse fino a me.6Fissandolo con attenzione, vidi in esso quadrupedi, fiere e rettili della terra e uccelli del cielo.7E sentii una voce che mi diceva: Pietro, àlzati, uccidi e mangia!8Risposi: Non sia mai, Signore, poiché nulla di profano e di immondo è entrato mai nella mia bocca.9Ribatté nuovamente la voce dal cielo: Quello che Dio ha purificato, tu non considerarlo profano.10Questo avvenne per tre volte e poi tutto fu risollevato di nuovo nel cielo.11Ed ecco, in quell'istante, tre uomini giunsero alla casa dove eravamo, mandati da Cesarèa a cercarmi.12Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare. Vennero con me anche questi sei fratelli ed entrammo in casa di quell'uomo.13Egli ci raccontò che aveva visto un angelo presentarsi in casa sua e dirgli: Manda a Giaffa e fa' venire Simone detto anche Pietro;14egli ti dirà parole per mezzo delle quali sarai salvato tu e tutta la tua famiglia.15Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo scese su di loro, come in principio era sceso su di noi.16Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: 'Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo'.17Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?".
18All'udir questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: "Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!".
19Intanto quelli che erano stati dispersi dopo la persecuzione scoppiata al tempo di Stefano, erano arrivati fin nella Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non predicavano la parola a nessuno fuorché ai Giudei.20Ma alcuni fra loro, cittadini di Cipro e di Cirène, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, predicando la buona novella del Signore Gesù.21E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore.22La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Bàrnaba ad Antiòchia.
23Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò e,24da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore.25Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiòchia.26Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.
27In questo tempo alcuni profeti scesero ad Antiòchia da Gerusalemme.28E uno di loro, di nome Àgabo, alzatosi in piedi, annunziò per impulso dello Spirito che sarebbe scoppiata una grave carestia su tutta la terra. Ciò che di fatto avvenne sotto l'impero di Claudio.29Allora i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea;30questo fecero, indirizzandolo agli anziani, per mezzo di Bàrnaba e Saulo.
Capitolo IX: Riferire tutto a Dio, ultimo fine
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, se veramente desideri farti santo, devo essere io il tuo supremo ed ultimo fine: un fine che renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso piegati verso te stesso e verso le creature; ed è male giacché, quando in qualche cosa cerchi te stesso, immediatamente vieni meno ed inaridisci. Tutto devi dunque ricondurre, in primo luogo, a me; perché tutto da me proviene. Considera ogni cosa come emanata dal sommo bene, e perciò riferisci tutto a me, come alla sua origine. Acqua viva attingono a me, come a fonte viva, l'umile e il grande, il povero e il ricco. Colui che si mette al mio servizio, con spontaneità e libertà di spirito, riceverà grazia. Invece colui che cerca onore e gloria, non in me, ma altrove; colui che cerca diletto in ogni bene particolare non godrà di quella gioia vera e duratura che allarga il cuore. Anzi incontrerà molti ostacoli ed angustie.
2. Nulla di ciò che è buono devi ascrivere a te; nessuna capacità, devi attribuire ad un mortale. Riconosci, invece, che tutto è di Dio, senza del quale nulla ha l'uomo. Tutto è stato dato da me, tutto voglio riavere; e chiedo con forza che l'uomo me ne sia grato. E' questa la verità, che mette in fuga ogni inconsistente vanteria. Quando verranno la grazia celeste e il vero amore, allora scompariranno l'invidia e la grettezza del cuore; perché l'amore di Dio vince ogni cosa e irrobustisce le forze dell'anima. Se vuoi essere saggio, poni la tua gioia e la tua speranza soltanto in me. Infatti "nessuno è buono; buono è soltanto Iddio" (Lc 18,19). Sia egli lodato, al di sopra di ogni cosa; e sia in ogni cosa benedetto.
DISCORSO 53 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 5: "BEATI I POVERI DI SPIRITO", ECCETERA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaTutti vogliono essere felici.
1. 1. La solennità della santa vergine, che rese testimonianza al Cristo e meritò di riceverla dal Cristo, che fu uccisa in modo palese, ma premiata in modo invisibile, mi suggerisce di parlare alla Carità vostra sull'esortazione che poc'anzi il Signore ci rivolgeva nel Vangelo, ove indica molte ragioni per aver la felicità desiderata assolutamente da tutti. Non si può infatti trovare nessuno che non vorrebbe esser felice. Ma volesse il cielo che allo stesso modo che gli uomini desiderano il premio, non rifiutassero le opere che riceveranno il premio! Chi non correrebbe subito qualora si sentisse dire: "Sarai felice"? Cerchi di udire volentieri anche quando gli vien detto: "Se farai così". Non si rifugga la lotta se si ama il premio: anzi la prospettiva del premio infiammi l'anima a fare con entusiasmo le opere buone. Il premio che vogliamo, che desideriamo, che domandiamo, verrà in seguito, mentre ciò che ci vien comandato in vista del premio che verrà in seguito, deve compiersi adesso. Ecco: comincia a ricordare le parole di Dio, gli stessi precetti evangelici e, quel che più conta, le ricompense di cui parla il Vangelo. Beati i poveri nello spirito, perché di essi è il regno dei cieli 1. Cerca d'essere povero nello spirito adesso e in seguito sarà tuo il regno dei cieli. Vuoi che in seguito sia tuo il regno dei cieli? Vedi ora a chi appartieni tu stesso. Sii povero nello spirito. Forse mi chiederai che cosa significa essere povero nello spirito. Non può essere povero nello spirito chi è gonfio di superbia; è dunque povero nello spirito chi è umile. Alto è il regno dei cieli, ma chi si umilia sarà esaltato 2.
Chi è mite.
2. 2. Ascolta quel che segue: Beati i miti - è detto - perché possederanno in eredità la terra 3. Tu dunque desideri possedere la terra; bada però di non essere posseduto dalla terra. La possederai, se sarai mite, ma ne sarai posseduto, se sarai disumano. Inoltre quando senti parlare del premio che ti vien presentato, che cioè possederai in eredità la terra, non allargare la borsa della tua avarizia, per cui vuoi possedere adesso la terra escludendo, anche con qualsiasi mezzo, il tuo vicino; non lasciarti ingannare da una tale idea. Possederai davvero la terra quando starai unito a Colui che ha fatto il cielo e la terra. Essere mite vuol dire non resistere al tuo Dio in modo che nel bene che tu compi sia lui a piacerti e non tu stesso, e nel male che soffri giustamente non sia lui a dispiacerti ma tu a te stesso. Poiché non è cosa di poco conto se piacerai a lui dispiacendo a te stesso, mentre dispiacerai a lui se piacerai a te stesso.
Chi sono quelli che piangono.
3. 3. Ascolta la terza massima: Beati quelli che piangono, perché saranno consolati 4. Nel pianto è la sofferenza, nella consolazione il premio. Mi spiego: chi piange per motivi carnali, quali consolazioni può avere? Terribili molestie! Uno che piange, si consola da una parte, ma dall'altra teme di piangere di nuovo. Così, per esempio, rattrista un padre un figlio portato al sepolcro, ma lo allieta la nascita d'un altro: ha portato al cimitero quello, ma ha ricevuto quest'altro; per il primo si prova tristezza, timore per il secondo; per nessuno dei due si prova dunque consolazione. La vera consolazione sarà quindi solo quella con cui ci sarà dato ciò che non si potrà perdere: in tal modo godranno d'esser consolati in seguito coloro che adesso si rattristano d'essere ancora lontani dalla patria.
Chi sono gli affamati.
4. 4. A questa si aggiunga la quarta occupazione e ricompensa: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati 5. Tu desideri essere saziato. Di che cosa? Se questa sazietà è quella bramata dalla carne, una volta che avrai digerito il cibo, tornerai a soffrire la fame. Chi berrà di quest'acqua - dice il Signore - avrà sete di nuovo 6. La medicina che si applica a una ferita, non fa più male se la guarisce, mentre il rimedio che si usa contro la fame, cioè il cibo, si usa perché dia ristoro solo per un po' di tempo. Infatti, passata la sazietà, torna la fame. Ogni giorno - è vero - si ricorre al rimedio del cibo per saziarci, ma non viene risanata la ferita della debolezza. Cerchiamo dunque d'aver fame e sete della giustizia, affinché rimaniamo saziati della stessa giustizia, di cui ora siamo affamati e assetati. Saremo infatti saziati di ciò di cui abbiamo fame e sete. Abbia fame e sete il nostro uomo interiore, perché ha un cibo suo proprio e una sua propria bevanda. Io sono - dice il Signore - il pane disceso dal cielo 7. Hai il pane per la tua fame; desidera anche la bevanda per la tua sete: Poiché in te è la sorgente della vita 8.
Chi sono i misericordiosi.
5. 5. Ascolta ora quel che segue: Beati i misericordiosi, perché con essi Dio userà misericordia 9. Fa' il bene e ti sarà fatto; fallo con gli altri affinché sia fatto a te. Tu infatti sei nell'abbondanza e sei nel bisogno: sei ricco di beni temporali, ma hai bisogno di quelli eterni. Tu senti la voce d'un mendicante, ma tu stesso sei mendicante di Dio. Si chiede a te, ma chiedi anche tu. Come ti comporterai con chi chiede a te, così anche Dio si comporterà con chi chiede a lui. Tu sei pieno e vuoto nello stesso tempo; riempi con la tua pienezza chi è vuoto, affinché il tuo vuoto sia riempito della pienezza di Dio.
Chi sono i puri di cuore.
6. 6. Senti quel che segue: Beati i puri di cuore, cioè coloro che sono mondi nel cuore, perché vedranno Dio 10. Questo è il fine del nostro amore, il fine con cui essere portati alla perfezione e non alla distruzione. Finisce il cibo, si finisce il vestito: il cibo perché si consuma col mangiarlo, il vestito perché vien condotto al termine col tesserlo. Arriva al termine sia l'uno che l'altro, ma la fine dell'uno è il suo giungere alla distruzione, la fine dell'altro è invece la perfezione. Tutto ciò che facciamo, che facciamo bene! che ci sforziamo di raggiungere, tutto ciò per cui ci affanniamo lodevolmente, che desideriamo innocentemente, non lo ricercheremo più quando si arriverà alla visione di Dio. Che cosa dovrebbe cercare uno che possiede Dio? Oppure che cosa potrebbe bastare a uno al quale non basta Dio? Noi desideriamo di vedere Dio, cerchiamo di vederlo, lo bramiamo ardentemente. Chi non lo brama? Ma vedi che cosa è detto: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio. Prepara questa condizione per essere in grado di vederlo. Per portare un paragone materiale, perché vorresti vedere il sole con gli occhi cisposi? Se gli occhi saranno sani, la luce ti darà gioia. Se gli occhi non saranno sani, la luce ti sarà un tormento. Non ti sarà permesso di vedere col cuore non puro ciò che si vede solo col cuore puro. Ne verrai respinto, ne verrai allontanato, non lo vedrai. Beati infatti i puri di cuore, perché essi vedranno Dio. Quante volte ha elencato i beati, quante motivazioni della beatitudine, quali fatiche, quali ricompense, quali meriti, quali premi? Ma in nessun'altra beatitudine è detto: essi vedranno Dio. Ecco: Beati i poveri nello spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i miti: essi erediteranno la terra. Beati quelli che piangono: essi saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia: essi saranno saziati. Beati i misericordiosi: essi otterranno misericordia 11. A proposito di nessuna di queste beatitudini è detto: essi vedranno Dio. Quando si giunge a parlare dei puri di cuore, allora viene promessa la visione di Dio. E per nessun altro motivo se non perché vi sono occhi con cui si vede Dio. Parlando di questi occhi l'apostolo Paolo dice: [Dio vi dia] occhi del vostro cuore illuminati 12. Adesso dunque siffatti occhi, a causa della loro debolezza, sono illuminati dalla fede, in seguito però, quando saran diventati più vigorosi, saranno illuminati dalla visione. Fino a quando infatti siamo nel corpo, siamo come esuli lontano dal Signore, poiché camminiamo nella fede e non ancora nella visione 13. Fino a quando poi siamo in questa fede, che cosa dice di noi la Scrittura? Adesso vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, allora invece a faccia a faccia 14.
Che cosa s'intende per " faccia, mani e piedi " di Dio.
6. 7. A proposito di questa affermazione non si deve pensare a una faccia corporea. Poiché, se infiammato dal desiderio di vedere Dio, preparerai la faccia del tuo corpo, per vederlo, desidererai una faccia siffatta anche di Dio. Suppongo però che tu abbia un'idea spirituale di Dio in modo da non immaginare che Dio sia corporeo - di ciò abbiamo trattato ieri a lungo se pur è vero che abbiamo trattato a fondo qualche concetto -; suppongo che nel vostro cuore, come nel tempio di Dio, abbiamo abbattuto l'immagine di lui corrispondente a quella della natura umana. Supponiamo che vi sia già venuto bene in mente, e nei vostri sentimenti intimi domini ciò che dice l'Apostolo quando riprova coloro che, affermando di essere sapienti, divennero stolti e scambiarono la gloria di Dio incorruttibile nella riproduzione dell'immagine dell'uomo corruttibile 15.
7. 7. Se già detestate un siffatto dannoso errore, se lo aborrite, se purificate per il Creatore il suo tempio, se volete che venga presso di voi e dimori in voi, pensate rettamente riguardo al Signore e cercatelo con la semplicità del vostro cuore 16. Badate a chi dite, se pure lo dite, se veramente lo dite: A te ha detto il mio cuore: "Cercherò il tuo volto". Lo dica anche il tuo cuore e aggiungi: Il tuo volto, o Signore, io cercherò 17. Tu lo cercherai bene, se lo cercherai col cuore. Nella Sacra Scrittura si parla di volto di Dio, di braccio di Dio, di mano di Dio, di piedi di Dio, di sede di Dio, di sgabello dei suoi piedi, ma tu non devi immaginare delle membra umane. Se vuoi essere tempio della verità, devi fare a pezzi l'idolo della falsità. La mano di Dio è la sua potenza, il volto di Dio è la conoscenza che ha lui, il piede di Dio è la sua presenza; sede di Dio sei tu, se lo desideri. Oserai forse dire che Cristo non è Dio? "No", tu rispondi. Ammetti tu anche che Cristo è la potenza e la sapienza di Dio 18? "Lo ammetto", rispondi. Ascolta: L'anima del giusto è sede della sapienza 19. Dove mai, infatti, ha Dio la propria sede, se non dove abita lui? E dove abita, se non nel proprio tempio? Orbene, il tempio di Dio è santo e questo tempio siete voi 20. Vedi dunque come devi accogliere Dio. Dio è spirito: bisogna adorare Dio in spirito e verità 21. Orbene, se ti aggrada, entri nel tuo cuore l'arca del Testamento e cada Dagone 22. Ordunque, ascolta e impara a desiderare Dio, impara come tu possa vedere Dio. Beati - è detto - i puri di cuore, perché essi vedranno Dio 23.
Nelle " beatitudini " le ricompense corrispondono alle disposizioni spirituali esaltate.
8. 7. Perché prepari gli occhi del corpo? Se si vedesse così, ciò che si vedrà si troverebbe in un luogo. Ma non si trova in un luogo Colui ch'è intero dappertutto. Purifica ciò con cui si potrà vedere.
8. 8. Ascolta e comprendi, caso mai potrò spiegare con l'aiuto di Dio: ci aiuti a comprendere come tutte le suddette fatiche e le ricompense sono appaiate, le une adeguate alle altre. Dove mai infatti è detto di un premio che non fosse proporzionato a una fatica, che non le fosse consono? Poiché gli umili sembrano, per così dire, estranei al regno, il Signore dice: Beati i poveri nello spirito, poiché di essi è il regno dei cieli 24. Poiché le persone miti facilmente sono escluse dalla loro terra, il Signore dice: Beati i miti, perché erediteranno la terra 25. Ormai tutte le altre massime sono facili a capirsi, si fanno comprendere chiaramente da se stesse, non hanno bisogno di chi le commenti, ma solo di chi le rammenti. Beati coloro che piangono 26. Chi, quando piange, non desidera la consolazione? Essi - è detto - saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia 27. Chi mai è affamato e assetato e non ricerca la santità? Essi - e detto ancora - saranno saziati. Beati i misericordiosi. Chi è misericordioso se non chi desidera che per la stessa opera sia reso a lui da Dio, in modo che avvenga a lui la stessa cosa che egli fa al povero? Beati - è detto - i misericordiosi, perché con essi avrà misericordia Dio 28. Vedete come a ciascuna massima è stata aggiunta una ricompensa appropriata e riguardo al premio non è stato indicato nulla che non corrispondesse al precetto! Ti è stato infatti ordinato d'essere povero nello spirito; il premio è che tu avrai il regno dei cieli. Ti è stato comandato di essere mite: il premio è che tu possederai la terra. Ti è stato ordinato di piangere: il premio è che sarai consolato. Hai avuto il comando d'avere fame e sete della giustizia: il premio consiste nell'essere saziato. Ti è stato comandato di essere misericordioso; il premio consiste nell'ottenere misericordia. Se ti è stato ordinato di purificare il cuore, il premio è quello che tu potrai vedere Dio.
In che senso la visione di Dio è promessa in modo Speciale ai puri di cuore.
9. 9. A proposito dunque di questi precetti e premi, quando senti dire: beati i puri di cuore, perché vedranno Dio 29, non devi credere che non lo vedranno i poveri nello spirito o i miti o quelli che piangono o quelli che hanno fame e sete della giustizia o i misericordiosi. Pensando che vedranno Dio soltanto coloro che sono puri di cuore, non devi credere che quegli altri saranno esclusi dalla visione. Essi in effetti hanno al medesimo tempo tutte le qualifiche racchiuse nelle altre beatitudini. Essi vedranno Dio, ma lo vedranno non per la ragione specifica che sono poveri nello spirito, sono miti, piangono, sono affamati e assetati della giustizia o sono misericordiosi, ma perché sono puri di cuore. Lo stesso accadrebbe se determinate azioni fisiche fossero adatte alle membra del corpo, e uno per esempio dicesse: "Beati coloro che hanno i piedi, perché cammineranno; beati coloro che hanno le mani perché lavoreranno; beati coloro che hanno la voce, perché grideranno; beati coloro che hanno la bocca e la lingua, perché parleranno; beati coloro che hanno gli occhi, perché vedranno". Allo stesso modo il Signore, presentandoci per così dire delle membra spirituali, ci ha insegnato quale funzione è appropriata a ciascun membro. L'umiltà è adatta ad avere il regno dei cieli, la mansuetudine a possedere la terra, il pianto alla consolazione, la fame e la sete della giustizia a essere saziate, la misericordia a ottenere misericordia, il cuore puro a vedere Dio.
Per vedere Dio il cuore è purificato dalla fede.
10. 10. Se dunque desideriamo vedere Dio, in qual modo viene purificato l'occhio? Chi infatti non si preoccuperebbe, chi non cercherebbe come purificarlo, al fine di poter vedere con esso colui che desidera vedere con tutto il cuore? Ce lo ha manifestato la dichiarazione di Dio: Purificando - è detto - i loro cuori con la fede 30. La fede di Dio purifica il cuore, il cuore purificato vede Dio. Ci sono però individui che ingannano se stessi e hanno della fede un concetto angusto, per cui talora pensano che basti la sola fede; alcuni in realtà si ripromettono perfino la visione di Dio e il regno dei cieli professando la fede ma vivendo nella colpa. Ecco perché l'apostolo Giacomo, sdegnato contro questi tali e in certo modo mosso a stizza dalla carità spirituale, nella sua lettera dice: Tu dici che c'è un solo Dio 31. Tu ti compiaci di te stesso perché hai la fede; tu infatti osservi che molti empi credono nell'esistenza di molti dèi mentre tu ti rallegri per te stesso poiché credi nell'esistenza di un solo Dio. Tu fai bene, ma anche i demoni lo credono eppure tremano 32. Vedranno forse Dio anch'essi? Lo vedranno quelli che hanno il cuore puro. Ma chi potrebbe chiamare puri di cuore gli spiriti immondi? Eppure credono, ma tremano!
La fede dei cristiani dev'essere diversa da quella dei demoni.
10. 11. La nostra fede dev'essere distinta da quella dei demoni, poiché la nostra fede purifica il cuore, mentre la loro li rende colpevoli. Essi infatti agiscono male e perciò dicono al Signore: Che cosa abbiamo a fare con te? 33. Quando senti dire ciò dai demoni, credi forse che non lo riconoscono? Sappiamo - dicono - chi sei. Tu sei il Figlio di Dio 34. Fa quest'affermazione Pietro e viene lodato 35, la fa il demonio ma vien condannato! Da che deriva ciò? Solo dal fatto che le parole sono identiche, ma ben diverso è il cuore. La nostra fede sia dunque diversa e non ci basti il credere. Non è di siffatta natura la fede che purifica il cuore. Mediante la fede - è detto Dio ha purificato il loro cuore 36. Ma con quale fede, con quale specie di fede, se non quella definita dall'apostolo Paolo quando dice: la fede che agisce mediante la carità 37? Questa fede si distingue dalla fede dei demoni, si distingue dalla condotta vergognosa e scellerata degli uomini. La fede, dice Paolo. Quale fede? Quella che opera per mezzo della carità, spera ciò che Dio promette. Nulla di più ponderato e di più completo di questa definizione. Sono dunque tre virtù. È necessario che chi ha la fede, la quale opera per mezzo della carità, speri ciò che Dio promette. Compagna della fede è dunque la speranza. La speranza infatti è necessaria fino a quando non vediamo ciò che crediamo, perché, non vedendo e disperando, ci perdiamo di coraggio. Ci rattristiamo per il fatto di non vedere, ma ci consola il fatto che speriamo di vedere. C'è dunque la speranza ed è compagna della fede. C'è poi la carità, grazie alla quale desideriamo, ci sforziamo di giungere alla visione, siamo infiammati, siamo affamati e assetati. Se dunque si unisce anche questa, si avrà la fede, la speranza e la carità. Come mai infatti potrebbe mancare la carità, dal momento che la carità non è altro che l'amore? Orbene la fede, come è stata definita, opera per mezzo dell'amore. Se sopprimi la fede, sopprimerai anche l'oggetto della fede; se togli di mezzo la carità, eliminerai anche ogni azione; poiché la fede ha come scopo farti credere, la carità invece quello di spingerti ad agire. Se infatti credi ma non ami, non ti muovi a compiere un'opera buona; anche se ti muovi, ti muovi come uno schiavo, non come un figlio, temendo il castigo, non già amando la giustizia. È dunque - lo ripeto - la fede che opera mossa dall'amore quella che purifica il cuore.
Non si deve immaginare Dio come un corpo.
11. 12. Ma adesso quale azione compie la fede? Basandoci su tante testimonianze delle Scritture, su tanto molteplici passi della stessa Scrittura letti [nella liturgia della parola], su tante varie e numerose esortazioni, quale funzione compie, se non quella per cui ora vediamo come in uno specchio, in modo confuso, in seguito faccia a faccia 38? Ma non devi tornare a immaginarti una faccia come la tua. Rivolgi invece il tuo pensiero alla faccia del tuo cuore. Spingi, costringi, sprona il tuo cuore a pensare la natura di Dio. Rigetta tutto ciò che al tuo pensiero si presenta simile a un corpo. Non puoi dire: "È così". Di' almeno: "Non è così". Quando mai infatti potrai dire: "Dio è così"? Neppure quando lo vedrai, poiché quello che vedrai è inesprimibile. L'Apostolo afferma d'essere stato rapito al terzo cielo e d'aver udito parole inesprimibili 39. Se sono inesprimibili le parole, che cosa sarà ciò a cui si riferiscono le parole? Allorché dunque pensi a Dio, ti si presenta forse alla mente una grandezza straordinaria e immensa sotto l'aspetto umano, la metti davanti al tuo pensiero come qualcosa di grande, d'immenso, di grandioso, diffuso in una massa smisurata. Una tale grandezza l'hai delimitata in qualche luogo. Se l'hai circoscritta, non è Dio. Se non l'hai delimitata, dove si trova la faccia? Tu pensi a una massa e, per distinguere le membra, delimiti la massa. Diversamente infatti non potrai distinguere le membra se non fisserai un limite alla massa. Che cosa fai, o pensiero stolto e carnale? Tu ti sei rappresentato una gran massa e tanto più grande, quanto più hai creduto d'onorare Dio. Un altro vi aggiunge un cubito e la rende maggiore!.
Un passo d'Isaia apparentemente contrario.
12. 13. "Ma io ho letto...", dirai tu. Che cosa hai letto tu, che non hai capito nulla? Ma tuttavia dimmi: "Che cosa hai letto?". Non respingiamo un bambino che scherza con le sue stupide idee. Dimmi: "Che cosa hai letto?". Il cielo è il mio trono, la terra invece lo sgabello dei miei piedi 40. Ho sentito. L'ho letto anch'io, ma tu forse ti credi migliore perché hai letto e hai creduto. Credo anch'io ciò che tu hai detto. Cerchiamo di crederlo insieme. Ma che dico? Cerchiamo insieme. Ecco, tu ritieni vero ciò che hai letto e hai creduto: Il cielo è il mio trono, cioè la mia sede, poiché in greco la parola trono significa quello che in latino è "sede"; la terra invece è lo sgabello dei miei piedi. Tu però non hai letto anche l'altra affermazione: Chi ha misurato col palmo l'estensione del cielo? 41. Credo che tu l'abbia letta, la conosca e ammetta di crederla. In quei passi infatti noi leggiamo tutt'e due le affermazioni e le crediamo entrambe. Adesso dunque pensa e fammi da maestro: ti prendo come insegnante e io mi faccio bambino. Fammi da maestro, te ne scongiuro. Chi è che siede sul proprio palmo?.
Si discute il passo suddetto.
13. 14. Ecco, tu hai tracciato forme e contorni delle membra di Dio prendendoli dal corpo umano ma forse ti si è insinuata inavvertitamente nell'animo l'idea di credere che noi siamo fatti a immagine di Dio secondo il corpo. Per ora prendo ciò per considerarlo, discuterlo, indagarlo, vagliarlo, esaminarlo. Se ti va, ascoltami, dato ch'io ti ho ascoltato su ciò che hai desiderato. Dio ha la sua sede nel cielo e col palmo misura l'estensione del cielo. Forse che lo stesso cielo si allarga quando Dio vi sta seduto e si restringe quando lo misura? Oppure Dio è tanto grande nella parte con cui siede quanto nel palmo? Se la cosa sta così, Dio non ci ha creati a sua somiglianza, poiché noi abbiamo il palmo più stretto della parte del corpo con cui stiamo seduti. Se invece egli è tanto esteso nel suo palmo quanto nella parte con cui sta seduto, ci ha fatte le membra disuguali. Questa non è somiglianza. Si vergogni dunque il cristiano d'avere una tale falsa immagine di Dio nel suo cuore! Devi quindi intendere per cielo tutti i santi, poiché si dice anche "terra", invece di tutti coloro che sono sulla terra. Tutta la terra ti adori 42. Se giustamente diciamo: Tutta la terra ti adori relativamente a coloro che abitano sulla terra, diciamo anche giustamente rispetto a coloro che abitano nel cielo: "Tutto il cielo ti porti". Poiché anche gli stessi santi che abitano sulla terra, col corpo calcano la terra, ma col cuore abitano nel cielo. Infatti non senza motivo i fedeli vengono esortati ad avere il cuore in alto e quando vengono esortati rispondono che è così; altrimenti sarebbero inutili le parole: Se siete risorti con Cristo, cercate le realtà di lassù dov'è il Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle realtà di lassù, non a quelle della terra 43. In quanto dunque vivono lassù, anch'essi portano Dio e sono il cielo, poiché sono la sede di Dio, e quando annunciano le parole di Dio, i cieli narrano la gloria di Dio 44.
La larghezza, lunghezza, altezza e profondità.
14. 15. Torna dunque con me alla faccia del cuore: essa tu devi preparare. Dentro al cuore c'è colui al quale parla Dio. Le orecchie, gli occhi, tutte le altre membra visibili sono la dimora e lo strumento di uno che vive nell'intimo. Interiore è l'uomo in cui Cristo abita per ora mediante la fede; vi abiterà con la presenza della sua divinità quando conosceremo il senso della larghezza, lunghezza, altezza e profondità e conosceremo anche la carità del Cristo che supera ogni conoscenza, affinché ci riempiamo di tutta la pienezza di Dio 45. Ordunque, se questa interpretazione non ti dispiace, applicati a comprendere la larghezza, la lunghezza, l'altitudine e la profondità. Non correre qua e là per gli spazi del mondo con l'immaginazione e attraverso l'estensione sensibile di questa massa tanto grande. Considera attentamente, dentro di te, ciò che dico. La larghezza consiste nelle opere buone, la lunghezza nella longanimità e perseveranza nelle opere buone, l'altezza nell'aspettare i premi superiori a ogni altro premio; per questa altezza vieni esortato ad avere il cuore in alto. Agisci bene e persevera nelle opere buone per ottenere le grazie di Dio. Cerca di non stimare punto le cose terrene per evitare che, quando questa terra ti venisse sconvolta per un castigo della sapienza di Dio, tu abbia a dire d'aver prestato il culto a Dio senza motivo, d'aver compiuto le opere buone senza un giusto motivo e d'avere perseverato nelle opere buone senza motivo. Infatti facendo le opere buone tu avevi, per così dire, la larghezza, perseverando in esse tu avevi - diciamo così - la lunghezza, ma andando alla ricerca dei beni terreni non avevi l'altezza. Osserva la profondità: la grazia di Dio è nascosta nel segreto della sua volontà. Chi mai infatti ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? 46. Inoltre: I tuoi giudizi sono come il grande abisso 47.
Le quattro dimensioni della croce .
15. 16. Questa vita di opere buone, questa perseveranza nel farle, quest'attesa dei beni superiori a tutti gli altri, questa condotta di Dio nel dare la grazia per vie occulte, con sapienza e non a capriccio, per cui non si deve biasimare se uno la riceve in una misura e un altro in misura diversa, poiché in Dio non è alcuna ingiustizia 48; questa vita, se tu lo vuoi, puoi paragonarla alla croce del tuo Signore. Poiché non inutilmente egli scelse un tal genere di morte, mentre era in suo potere morire o non morire. Orbene, se era in suo potere morire o non morire, perché non sarebbe stato padrone di morire in un modo o in un altro? Non fu dunque senza un motivo che scelse la croce, per crocifiggerti con essa a questo mondo. Nella croce infatti la larghezza è il braccio trasversale ove son confitte le mani, per simboleggiare le opere buone. La lunghezza è nella parte del legno che dal braccio trasversale arriva sino a terra. Su di esso infatti viene crocifisso il corpo e in certo modo sta ritto; la posizione eretta è simbolo della perseveranza. In quel legno poi l'altezza è la parte che sporge in alto dalla medesima traversa fino alla testa e rappresenta l'attesa dei beni celesti. Dov'è la profondità se non nella parte conficcata nella terra? La grazia infatti è occulta e rimane nascosta nel segreto di Dio. Non si vede, ma da essa si eleva ciò che si vede. Quando, dopo queste riflessioni, avrai compreso tutte queste verità non solo con l'intelligenza ma anche mettendole in pratica - poiché l'intelligenza è buona per tutti quelli che operano 49 allora cerca d'arrivare, se ci riesci, alla conoscenza della carità del Cristo che sorpassa ogni conoscenza. Quando ci sarai arrivato, sarai ripieno in tutta la pienezza di Dio. Allora ci sarà la visione a faccia a faccia. Ma sarai ripieno in tutta la sapienza di Dio non perché Dio sia pieno di te ma tu sia pieno di Dio. Cerca in lui se ci riesci un volto fisico. Si tolgano dunque le frottole dalla visione dello spirito. Il bambino getti via gli sciocchi passatempi, impari a maneggiare cose più importanti. Anche noi, riguardo a molte cose, siamo dei bambini e quando lo eravamo più di quanto lo siamo adesso, siamo stati tollerati dai più grandi. Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno potrà vedere Dio 50. Per mezzo di essa infatti viene purificato anche il cuore, poiché in essa è la fede che opera mediante la carità. Beati quindi i puri di cuore, perché vedranno Dio.
1 - Mt 5, 3.
2 - Lc 14, 11.
3 - Mt 5, 4.
4 - Mt 5, 5.
5 - Mt 5, 6.
6 - Gv 4, 13.
7 - Gv 6, 41.
8 - Sal 35, 10.
9 - Mt 5, 7.
10 - Mt 5, 8.
11 - Mt 5, 3-7.
12 - Ef 1, 18.
13 - 2 Cor 5, 6-7.
14 - 1 Cor 13, 12.
15 - Rm 1, 22-23.
16 - Sap 1, 1.
17 - Sal 26, 8.
18 - Cf. 1 Cor 1, 24.
19 - Sap 1, 1.
20 - 1 Cor 3, 17.
21 - Gv 4, 24.
22 - Cf. 1 Sam 5, 3.
23 - Mt 5, 8.
24 - Mt 5, 3.
25 - Mt 5, 4.
26 - Mt 5, 5.
27 - Mt 5, 6.
28 - Mt 5, 7.
29 - Mt 5, 8.
30 - At 15, 9.
31 - Gc 2, 19.
32 - Gc 2, 19.
33 - Lc 4, 34.
34 - Lc 4, 34.
35 - Cf. Mt 16, 16-17.
36 - At 15, 9.
37 - Gal 5, 6.
38 - 1 Cor 13, 12.
39 - Cf. 2 Cor 12, 2-4.
40 - Is 66, 6.
41 - Is 40, 12.
42 - Sal 65, 4.
43 - Col 3, 1-2.
44 - Sal 18, 2.
45 - Cf. Ef 3, 17-19.
46 - Rm 11, 34.
47 - Sal 35, 7.
48 - Cf. 2 Cr 19, 7; Rm 9, 14.
49 - Sal 110, 10.
50 - Eb 12, 14.
1 - Maria santissima parte con Giovanni per Efeso e lì viene visitata da Giacomo.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca365. Appena la Signora , di nuovo nel suo oratorio, fu scesa dalla nube sulla quale era stata trasportata ed ebbe toccato il suolo, si prostrò ad abbracciare la polvere allo scopo di magnificare l'Onnipotente per quanto la sua destra aveva prodigiosamente operato in quella circostanza a vantaggio di lei stessa, di Giacomo e del regno in cui si era recata. Considerando con la sua ineffabile semplicità che, mentre ancora ella viveva nella carne mortale, si stava costruendo un tempio a lei intitolato perché vi fosse invocata, si annientò a tal punto nella stima di sé al suo cospetto che pareva si fosse completamente dimenticata di essere sua vera madre, creatura impeccabile e infinitamente superiore in santità a tutti i supremi serafini. Si abbassò e apprezzò questi benefici come se fosse stata un vermiciattolo e l'essere più insignificante e peccatore, giudicando che, con un simile debito, doveva sollevarsi al di sopra di se stessa a gradi di perfezione più eminente. Tanto decise e tanto fece, giungendo con la sua sapienza e modestia fin dove la nostra capacità non può innalzarsi.
366. Per quattro giorni ella spese la maggior parte del tempo in questo, come anche nel pregare con fervore per la difesa e la crescita della Chiesa, mentre Giovanni preparava quanto era necessario al percorso e all'imbarco per Efeso. Quindi, il cinque gennaio dell'anno quarantesimo dall'incarnazione, egli la avvisò che era ormai il momento di andare perché tutto era stato disposto. La Maestra dell'obbedienza si inginocchiò senza replica né indugio, chiese al Signore licenza di uscire dalla città e subito si congedò dal padrone della casa e dagli altri che vi dimoravano. Si può facilmente immaginare il dolore che essi dovettero provare, dato che, legati a lei e costretti ad esserle affezionati con ossequio per la sua dolcissima conversazione e per i favori della sua generosità, in un istante restavano senza consolazione e senza il ricchissimo tesoro del cielo nel quale trovavano tanti beni. Si offrirono di seguirla e, poiché non era conveniente, la supplicarono tra le lacrime di affrettare il rientro e di non separarsi definitivamente da quella abitazione, della quale già da molto era in possesso. Ella gradì queste pie e caritatevoli profferte, lo esternò con umili e riconoscenti dimostrazioni e, dando speranza del suo ritorno, mitigò la loro sofferenza.
367. Domandò, poi, all'Apostolo il permesso di visitare i luoghi santi, adorando colui che li aveva consacrati con la sua presenza e con il suo prezioso sangue; lo fece con straordinaria devozione e nel pianto, insieme a lui, che con il sommo conforto che ricevette standole accanto esercitò eroici atti di virtù. La beatissima Vergine vide presso ciascuno di essi l'angelo che lo difendeva e raccomandò ancora a tutti di resistere a Lucifero ed ai suoi, affinché non li distruggessero o profanassero, come desideravano e avrebbero tentato di fare per mezzo dei giudei. Per questo li avvertì di sventare con le loro ispirazioni i pensieri malvagi e le suggestioni diaboliche con cui il drago procura di indurre gli uomini a cancellare la memoria di Cristo, e li incaricò di ciò per tutti i secoli, perché tale rabbia sarebbe durata per sempre. Essi eseguirono tutto quello che ordinò loro.
368. Quindi ella, genuflessa, si fece benedire per dare inizio al viaggio, come soleva fare con suo Figlio, perché nei confronti del discepolo amato, da lui lasciatole in sua vece, fu sempre docile e sottomessa. Molti credenti di Gerusalemme le presentarono denaro, doni e cocchi per il tragitto da lì alla costa, come anche tutto l'occorrente fino all'arrivo. La prudente Regina della povertà, però, manifestando dimessamente gratitudine, soddisfece tutti senza prendere nulla e si diresse al porto su un asinello. Il ricordo degli spostamenti fatti in passato con Gesù e Giuseppe e l'ardore per l'Altissimo, che la obbligava come allora a peregrinare, risvegliavano nel suo cuore teneri e riverenti sentimenti. Per essere ineccepibile in tutto, si rimise un'altra volta alla volontà di Dio, accettando, per la sua gloria e per l'esaltazione del suo nome, la pena di essere priva della vicinanza del suo Unigenito e del suo sposo, mentre in molte occasioni ne aveva goduto con abbondante sollievo, nonché di perdere la quiete del cenacolo, posti così venerabili e la compagnia di tanti bravi fedeli; poi, lo lodò per aver messo al suo fianco l'Evangelista per assisterla nonostante tali assenze.
369. Per darle più sostegno e alleviamento, alla partenza le si resero visibili tutti i suoi custodi, che la circondarono. Con questa scorta e quella terrena del solo Giovanni camminò fino alla nave in procinto di salpare, intrattenendosi in continui e soavi colloqui e cantici con gli spiriti sovrani, e talora con il fortunato Apostolo, il quale, premuroso e sollecito, si prodigava per lei con mirabile riguardo in tutto quello che sapeva opportuno. Per tale atteggiamento, aveva verso di lui riconoscenza con inespri-
mibile umiltà, perché queste due qualità le facevano apparire i suoi servizi immensi e gratuiti, benché essi le fossero dovuti per tante cause.
370. Quando furono sulla riva, salirono a bordo con altri passeggeri. La Signora , che non era mai stata prima in mare in questo modo, penetrò con assoluta chiarezza il vastissimo Mediterraneo e la sua comunicazione con l'oceano: ne scrutò la profondità, l'estensione e la larghezza, le caverne nascoste e l'occulta disposizione, le sabbie e le miniere, i flussi e i riflussi, gli animali, le balene, le varietà di pesci piccoli e grossi e ciò che vi era racchiuso. Ebbe, poi, nozione di quante persone vi erano annegate ed erano perite solcandolo; si rammentò, dunque, della verità contenuta nel Siracide, cioè che i naviganti parlano dei suoi pericoli, e del passo del salmo in cui si afferma che sono mirabili l'elevarsi e la superbia delle sue tumide onde. Intese tutto questo, oltre che per concessione speciale del Salvatore, anche perché partecipava in grado sublime dei privilegi della natura angelica, come pure degli attributi divini, a imitazione e somiglianza dell'umanità santissima di lui. Con queste prerogative, non solo ella comprendeva ogni cosa quale è in se stessa e senza inganni, ma la sfera delle sue cognizioni sorpassava quella degli esseri celesti.
371. Quando dinanzi alle sue facoltà e alla sua sapienza si aprì quell'ampia prospettiva, in cui riverberava come in uno specchio nitidissimo la grandezza di Dio, sollevò il suo spirito con ardentissimo volo fino a lui, che tanto risplende nelle sue meravigliose opere, magnificandolo in tutte e per tutte. Provando compassione come madre pietosa per coloro che si abbandonano all'indomita forza dei flutti per attraversarli con enorme rischio, pregò ferventemente per loro sua Maestà di proteggerli se l'avessero supplicata chiedendo con devozione la sua intercessione e il suo patrocinio. Egli le accordò subito quello che domandava e si impegnò a favorire chi avesse avuto con sé qualche immagine di lei e nelle burrasche l'avesse invocata con affetto come stella del mare. Questa promessa permette di capire che, se i cattolici vanno incontro a incidenti e affogano, ciò accade perché essi ignorano tale soccorso o perché, per i propri peccati, meritano di non ricordarsene nelle tempeste e non la implorano con vera fede; infatti, la parola dell'Altissimo non può venire meno, né la Regina negherebbe il suo aiuto ai bisognosi e agli afflitti in grave difficoltà.
372. In questa circostanza avvenne ancora un fatto eccezionale. Quando Maria scorse i diversi animali acquatici, li benedisse e comandò loro di confessare e celebrare il proprio Creatore nella forma ad essi conveniente. Allora questi, docili, con incredibile velocità accorsero in una moltitudine innumerevole intorno all'imbarcazione, senza che ne mancasse alcuna specie; mostrarono le teste in superficie e, muovendosi e agitandosi in modo singolare e piacevole, si trattennero a lungo, per riconoscerla come signora, prestarle obbedienza, festeggiarla e in qualche maniera ringraziarla di essersi degnata di entrare nell'elemento in cui vivevano. Tutti coloro che erano lì si stupirono per questo prodigio mai visto, che dette motivo di riflessione e discussione perché tale quantità di pesci di disparate dimensioni, così stretti e accalcati, impediva di procedere; però, non ne colsero la ragione, tranne Giovanni, che per un bel po' non riuscì a frenare le lacrime per la gioia e poi invitò la dolce Vergine a dare loro licenza di andarsene, dato che l'avevano ascoltata tanto prontamente allorché li aveva esortati alla lode. Lo fece e immediatamente quella massa disparve, lasciando il mare calmo, sereno e assai limpido, per cui proseguirono il viaggio e in poche giornate giunsero alla meta.
373. Scesero a terra e anche qui ella compì delle azioni straordinarie, curando infermi e indemoniati, che in sua presenza restavano liberi all'istante. Non mi attardo ad esporle, perché occorrerebbero parecchi libri e più tempo se dovessi riportare tutto quanto faceva e i benefici del cielo che spargeva ovunque, come strumento e dispensatrice dell'onnipotenza divina. Riferisco solo quelle che sono necessarie per la Storia e che bastano per manifestare qualcosa di ciò che non si sa ancora dei suoi miracoli. Risiedevano ad Efeso dei credenti provenienti dalla Palestina, sebbene non molti, e avuta notizia dell'arrivo della Madre di Gesù si recarono a visitarla e ad offrirle le proprie case e sostanze. Ella, che non cercava né ostentazione né comodità mondane, scelse come alloggio l'abitazione di alcune donne ritirate e non ricche, che stavano sole, senza compagnia di uomini. Queste, per beneplacito del Signore, la misero a sua disposizione con carità e benevolenza e, dopo avere esaminato la costruzione con l'intervento degli angeli, assegnarono una camera notevolmente appartata a lei e un'altra all'Evangelista; essi vi rimasero finché stettero in tale città.
374. Maria beatissima espresse la sua gratitudine e subito andò nella sua stanza, dove, prostrata come al solito, adorò l'essere immutabile di Dio. Consegnandosi in sacrificio per servirlo in quel posto, disse: «Altissimo, con la vostra immensità riempite l'universo. Io, umile ancella, desidero eseguire perfettamente la vostra volontà in ogni occasione, luogo e momento in cui la vostra provvidenza mi porrà, perché siete tutto il mio bene e tutta la mia vita. Solo a voi si indirizzano i miei aneliti e sentimenti. Orientate i miei pensieri, le mie parole e le mie opere affinché vi compiacciano». La prudentissima Regina comprese che egli accoglieva questa preghiera e rispondeva con la sua virtù promettendole di assisterla e governarla sempre.
375. Continuò l'orazione intercedendo per la Chiesa e ordinando ciò che era sua intenzione fare per aiutare da lì i suoi membri. Chiamò i custodi e ne inviò alcuni a soccorrere i Dodici e i discepoli, che sapeva più provati dalle persecuzioni suscitate dai diavoli per mezzo degli infedeli. Ne mandò diversi anche a difendere Paolo dai pericoli che incombevano su di lui in Damasco, da dove in quei giorni egli fuggì perché i giudei gli davano la caccia come afferma nella seconda lettera ai corinzi raccontando che fu calato per il muro, e da quelli che Lucifero gli preparava sulla strada per Gerusalemme, che stava per percorrere; contro di lui, infatti, lo sdegno dell'inferno era più furente che contro gli altri apostoli. Di tale spostamento egli scrive ai galati, precisando che lo fece dopo tre anni, che non si devono calcolare dalla sua conversione, ma dal suo ritorno dall'Arabia. Lo si deduce anche dal testo, in cui, terminando di parlare di quest'ultimo, soggiunge subito che andò da Cefa; esso, altrimenti, resterebbe molto confuso.
376. Con più chiarezza lo si verifica in base al computo che si è fatto dalla lapidazione di Stefano e del trasferimento della Vergine. Il protomartire fu ucciso dopo il compimento del trentaquattresimo anno dalla nascita del Salvatore, contando dal Natale; se lo si fa dalla circoncisione, come si usa oggi, morì a sette giorni dalla fine di quell'anno, poiché tanti ne mancavano al primo gennaio. Paolo divenne cristiano il venticinque gennaio del trentasei e, se fosse giunto nella città santa dopo tre anni, vi avrebbe trovato Maria e Giovanni, ma egli stesso attesta che dei Dodici non vide nessun altro se non Giacomo di Alfeo, il Minore; certo, se essi fossero stati presenti, non avrebbe omesso di incontrarli, e così avrebbe nominato anche l'Evangelista. Ciò avvenne nel quaranta, dopo che erano già trascorsi completamente quattro anni da allora e poco più di un mese dalla partenza della Signora, mentre gli apostoli, eccetto i due che conobbe, erano già ciascuno nella propria provincia.
377. Secondo questo calcolo, egli spese il primo anno, o la maggior parte di esso, dirigendosi in Arabia e portandovi l'annuncio, e i tre successivi in Damasco. Perciò Luca, benché non narri quel primo viaggio, nel capitolo nono degli Atti comunica che, parecchi giorni dopo che aveva abbracciato la fede, gli abitanti di tale località fecero un complotto per ammazzarlo, intendendo con tale indicazione temporale i quattro anni che erano passati. Aggiunge immediatamente che, scoperte tali trame, i discepoli lo fecero discendere di notte dalle mura, e così egli arrivò a Gerusalemme. Sebbene qui fosse risaputa la trasformazione che si era realizzata in lui, c'era sempre timore riguardo alla sua perseveranza, essendo stato in precedenza un nemico tanto dichiarato del Redentore, e dunque la comunità ecclesiale al principio si guardava da lui. Allora Bàrnaba lo prese con sé e lo condusse presso Pietro, Giacomo e gli altri. Paolo, ai piedi del vicario di Cristo, glieli baciò domandandogli con fiumi di lacrime che lo perdonasse, poiché si era pentito dei suoi errori e peccati, e lo accettasse tra i suoi sudditi e tra i seguaci del suo Maestro, il cui nome desiderava diffondere fino a versare il proprio sangue.
378. Anche da questo sospetto si desume che la Regi na non fosse più lì, perché in caso contrario egli le si sarebbe presentato prima che ad alcun altro e sarebbe venuta meno ogni paura; inoltre, sarebbero state chieste informazioni direttamente a lei, che anzi nella sua prudenza avrebbe prevenuto ciò, premurosa ed attenta come era a dare consolazione. Dato che ella era in Efeso, non c'era chi potesse assicurare della sua costanza e della sua grazia, finché Pietro non le sperimentò vedendolo prostrato davanti a sé. A quel punto lo accolse con profondo gaudio suo e degli altri, che benedissero tutti con umiltà e fervore il Signore e disposero che egli uscisse fuori a proclamare il lieto messaggio, come in effetti fece con meraviglia di chi lo conosceva. Le sue parole erano dardi infuocati che penetravano i cuori di coloro che le udivano, lasciandoli attoniti; per questo, in due giorni l'intera città entrò in agitazione allo spargersi della notizia della conversione, che già si andava apprendendo per esperienza.
379. Satana e i suoi non dormivano in questa circostanza, nella quale, per loro più grande tormento, li risvegliò maggiormente il flagello dell'Onnipotente; all'ingresso dell'Apostolo in Gerusalemme, infatti, percepirono che la virtù divina operante in lui li opprimeva e rovinava. Essi, però, dal momento che la loro superbia e malizia non si estinguerà mai per l'eternità, appena sentirono contro di sé una forza tanto violenta, si irritarono ancor più nei suoi confronti. Il drago convocò con incredibile rabbia molte legioni dei suoi demoni, che esortò un'altra volta a farsi animo e a misurare in quell'impresa il vigore della loro malvagità per annientare Paolo, senza che restasse in tutto il mondo una sola pietra che non fosse smossa a tal fine. Quelli eseguirono senza indugio il piano concertato e inasprirono Erode e i giudei nei suoi confronti, approfittando del singolare zelo con cui egli cominciò a predicare.
380. La Madre era al corrente di tutto, non solo per la sua mirabile scienza, ma anche perché i custodi che aveva mandato a proteggerlo la avvisavano di quello che succedeva. Ella aveva previsto da un lato il sollevamento che costoro avrebbero provocato contro di lui e dall'altro l'importanza di conservarlo in vita per l'esaltazione dell'Altissimo e la propagazione della buona novella, ed inoltre sapeva che cosa lo minacciasse in tale frangente; quindi, ne ricevette nuova sollecitudine, che era ulteriormente accresciuta dalla distanza dalla Palestina, dove avrebbe potuto dare sostegno ai suoi più da vicino. Comunque, non trascurò di farlo anche da lì con l'efficacia delle incessanti suppliche che tra i gemiti moltiplicava senza sosta, e contemporaneamente prendendosi cura di essi in altri modi tramite il servizio degli angeli. Dio, per sollevarla, in seguito ad una di tali invocazioni le disse che l'avrebbe esaudita e avrebbe liberato il giovane dalle macchinazioni diaboliche. E così fu; questi, infatti, mentre stava pregando nel tempio, ebbe un'estasi straordinaria con sublimi illuminazioni e rivelazioni che lo resero giubilante, e gli fu comandato di allontanarsi prontamente per trovare riparo da quanti lo odiavano e non avrebbero tollerato la sua testimonianza.
381. Per questo motivo egli in quella occasione non si trattenne più di quindici giorni, come scrive ai galati; negli Atti si legge poi che dopo alcuni anni, ritornato da Mileto e da Efeso nella città santa, dove fu catturato, comunicò tale rapimento e l'ordine che gli era stato impartito. Riferì tutto al capo degli apostoli e, in considerazione del pericolo che correva, fu accompagnato in segreto a Cesarèa e quindi a Tarso, affinché evangelizzasse i gentili senza differenze. Di tutti questi eccelsi benefici Maria era lo strumento e la mediatrice, per intercessione della quale venivano elargiti dal suo Unigenito, e di ogni cosa aveva immediatamente cognizione, dando grazie da parte sua e della Chiesa.
382. Posto al sicuro Paolo, ella aveva fiducia che la Provvidenza avrebbe soccorso suo cugino Giacomo, per il quale aveva particolare preoccupazione e che era ancora a Saragozza, assistito dai cento spiriti celesti che a Granada gli aveva messo accanto perché lo difendessero; questi andavano e venivano dal suo cospetto con le domande del futuro martire e gli avvertimenti che gli dava, e in tale maniera egli fu informato del trasferimento di lei. Quando, poi, la cappella del Pilar fu sistemata convenientemente, la affidò al vescovo e ai discepoli che rimanevano in quella località, come anche in altre della Spagna. Fatto ciò, alcuni mesi dopo l'apparizione, partì da lì continuando a trasmettere il lieto annuncio. Giunto sulla costa della Catalogna, si imbarcò per l'Italia, dove presto proseguì il viaggio finché non salpò per l'Asia, ansioso di incontrare la Vergi ne, sua sovrana e suo rifugio.
383. Egli ottenne facilmente quello che bramava e poté prostrarsi ai piedi di colei che aveva partorito il suo Creatore, versando copiose lacrime di gioia e di venerazione. Con questi accesi sentimenti le espresse umilmente riconoscenza per gli incomparabili aiuti che per mezzo di lei gli erano stati concessi dalla divina destra nel corso della sua missione, nonché per le visite che ella gli aveva fatto e per quanto in esse gli aveva donato. La Maestra della modestia lo fece subito rialzare dichiarando: «Ricordate che voi siete unto del Signore, suo Cristo e suo ministro, e io un vile vermiciattolo»; proferendo ciò, si inginocchiò e gli chiese di benedirla come sacerdote. L'Apostolo si fermò per alcuni giorni, così che dette ragguaglio al fratello di quello che gli era accaduto ed ebbe con lei arcani colloqui, dei quali basta riportare i seguenti.
384. La prudentissima Regina per congedarlo gli disse: «Carissimo, vi resta ormai poco tempo. Siete consapevole di quanto profondamente vi ami nel mio Gesù e aspiri ad introdurvi nell'intimo della sua amicizia senza fine, per la quale egli vi ha plasmato, redento e chiamato; voglio manifestarvi adesso questo affetto e vi offro tutto quello che con l'ausilio del cielo potrò fare per voi come vera madre». A tanto ineffabile generosità Giacomo rispose con eccezionale riverenza: «Signora mia, che avete generato il mio Salvatore, vi ringrazio con tutta l'anima per questo nuovo favore, confacente alla vostra smisurata carità, ed imploro la vostra benedizione per andare al supplizio per lui. Se sarà suo beneplacito e a suo onore, vi scongiuro di non lasciarmi solo nel mio sacrificio e di mostrarvi ai miei occhi nel transito, in modo tale che mi possiate presentare a sua Maestà come ostia gradita».
385. Ella assicurò che si sarebbe rivolta all'Onnipotente e non avrebbe mancato di adempiere ciò se questi avesse disposto così a sua gloria. Con tale speranza e con altre parole di vita eterna lo confortò e lo incoraggiò alla sofferenza che lo sovrastava; fra l'altro affermò: «Quali tormenti e quali pene potranno mai parere gravi per entrare nel gaudio intramontabile? Tutto quello che è violento diviene soave, e quanto c'è di più terribile risulta amabile e appetibile per chi ha inteso che bene infinito avrà in cambio di una momentanea tribolazione. Mi congratulo con voi perché è prossimo il vostro affrancamento dalle passioni della carne, per esultare in Dio come comprensore e vedere l'allegrezza del suo volto. A causa di tale sorte meravigliosa vi traete dietro il mio cuore, dato che conseguirete tanto imminentemente quello cui anelo e abbandonerete il mondo per il possesso indefettibile del riposo senza termine. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, affinché tutte le tre Persone nell'unità di una essenza vi sostengano nel dolore e vi dirigano nei vostri desideri; e il mio vi accompagnerà nel vostro luminoso olocausto».
386. Oltre a questo per accomiatarsi aggiunse altre cose, con mirabile sapienza e somma capacità di consolazione, e gli impose che, arrivato alla visione beatifica, esaltasse la Trinità da parte di lei e di tutti e pregasse per la Chie sa. Egli lo promise, supplicandola ancora di custodirlo e proteggerlo nell'ora suprema, ed ella confermò il proprio impegno. Infine, il discepolo parlò così: «Benedetta fra le donne, il vostro esempio e la vostra intercessione sono l'appoggio sul quale la comunità ecclesiale, adesso e per tutti i secoli, deve posare sicura tra le persecuzioni e le tentazioni dei nemici del Signore; e la vostra carità sarà lo strumento del vostro legittimo martirio. Non dimenticatevi mai del regno di Spagna, dove è stato portato il Vangelo: tenetelo sotto il vostro speciale patrocinio e conservate in esso il vostro sacro tempio e la fede che io, indegno, vi ho annunciato. Datemi la vostra benedizione». Maria gli garantì che lo avrebbe esaudito e, benedicendolo, lo licenziò.
387. Giacomo salutò anche Giovanni, con abbondante pianto di entrambi, non tanto per la tristezza quanto piuttosto per il giubilo dovuto alla fortuna del fratello più grande, che sarebbe stato il primo nella felicità perenne e nella palma della vittoria. Quindi, si incamminò subito verso la città santa, dove poté predicare per qualche giorno. L'eccelsa sovrana dell'universo rimase lì, attenta a ciò che succedeva a lui e agli altri apostoli, senza perderli dalla sua vista interiore e senza interrompere le sue orazioni per loro e per tutti i credenti. L'ormai vicina uccisione del testimone di Cristo fu occasione perché nell'ardente Madre si suscitassero tanti incendi d'amore e struggimenti di morire per il suo Unigenito che ella conquistò assai più corone di lui e di tutti assieme; infatti, con ciascuno si caricò di molti patimenti, più duri per il suo castissimo e ferventissimo cuore di quelli provocati dai coltelli e dal fuoco per i loro corpi.
Insegnamento della Regina del cielo
388. Figlia mia, negli ammonimenti di questo capitolo ti sono date numerose regole per agire irreprensibilmente. Considera che, come l'Altissimo è principio e origine delle creature e delle loro facoltà, così ne è logicamente il fine: se esse ricevono tutto immeritatamente, devono tutto a chi lo concesse loro per grazia; e se è accordato loro per operare, devono tutte le opere a lui, e non a se stesse né ad alcun altro. Questa verità, che io comprendevo chiaramente e ponderavo in me, mi spingeva all'esercizio che parecchie volte hai recepito e scritto con stupore, cioè a prostrarmi al suolo e ad adorare l'essere immutabile di Dio con profonda venerazione. Meditavo su come egli mi avesse fatto dal nulla e modellato dalla terra, e mi umiliavo al suo cospetto, confessando che mi dava vita, movimento ed esistenza, che senza di lui non sarei stata niente e che a lui dovevo ogni cosa. Con tali riflessioni tutto quello che facevo e sopportavo mi sembrava poco, pur non cessando di compiere il bene agognavo continuamente ad affaticarmi e a penare, e non mi saziavo mai trovandomi obbligata e indigente. Questa scienza è conforme alla razionalità e ancor più alla luce della rivelazione, e potrebbe essere acquistata, dato che il debito è comune e manifesto. Intanto, tra la smemorataggine generale, ti chiedo di essere intenta ad imitarmi negli atti che ti ho reso noti, e ti esorto soprattutto ad abbracciare la polvere e a piegarti maggiormente quando sarai sollevata ai favori dei più intimi amplessi. Osserva in che modo mi comportavo se ottenevo qualche beneficio singolare, come allorché l'Onnipotente ordinò che, prima del mio trapasso, mi venisse dedicato un santuario dove fossi invocata e celebrata. Questo ed altri doni mi fecero abbassare al di là di qualsiasi immaginazione, ed io ero traboccante di azioni ammirevoli; valuta, allora, quello che tocca a te, così scarsamente riconoscente di fronte alla sua liberalità.
389. Bramo anche, carissima, che ricalchi le mie orme nell'essere alquanto circospetta e povera nel soddisfare le tue necessità senza molte comodità, benché ti siano profferte dalle tue monache e da coloro che ti vogliono bene. Al riguardo, scegli sempre o accetta ciò che è più misero, modesto, rigettato e vile, poiché non puoi seguire diversamente me, che rinunciai senza rumore e di buon garbo all'ostentazione, agli averi e a tutti gli agi che mi furono messi a disposizione a Gerusalemme e ad Efeso per il viaggio e per l'abitazione, prendendo il minimo indispensabile. In questa virtù ne sono racchiuse molte che fanno lieti, mentre il mondo cieco e abbindolato si appaga e si precipita dietro a tutto quello che è opposto ad essa.
390. Stai in guardia con sollecitudine anche da un altro diffuso errore: gli uomini, sebbene sappiano che tutte le ricchezze del corpo e dell'anima appartengono al Signore, abitualmente se ne appropriano e le tengono così strette che non solo non gliele porgono spontaneamente, ma, se egli talora le toglie loro, se ne affliggono e lamentano come se fossero stati ingiuriati e avesse fatto loro qualche aggravio. Tanto disordinatamente i genitori sono soliti amare i figli e i figli i genitori; i mariti le mogli e le mogli i mariti; tutti, poi, la roba, l'onore, la salute e gli altri beni temporali, e taluni anche quelli spirituali. Se questi vengono loro a mancare, non hanno misura nel dolore e, pur non potendo recuperare ciò a cui aspirano, sono inquieti e inconfortabili e passano dai sentimenti alla ragione e all'ingiustizia. Con un simile vizio non soltanto condannano i decreti della provvidenza divina e si lasciano sfuggire i meriti che acquisirebbero consegnando a sua Maestà quello che hanno perso e sacrificandogli quello che è suo, ma fanno capire che avrebbero reputato felicità ultima il godere di tali realtà caduche e transitorie, e con esse sarebbero stati contenti per molti secoli.
391. Nessuno dei discendenti di Adamo poté mai avere per nulla di quaggiù più o altrettanto affetto di quanto ne ebbi io per mio Figlio e per Giuseppe; però, poiché esso era ordinato in modo assolutamente corretto mentre ero in loro compagnia, offrii di tutto cuore al Padre il rimanere priva della loro presenza familiare per tutti gli anni che vissi senza di essi. Sii rassegnata ed abbandonata nella stessa maniera quando avrai bisogno di qualche cosa di quelle che devi amare in Dio, giacché fuori di lui non hai licenza di amarne alcuna. Non sia perpetua in te che l'ansia di posare il tuo sguardo sul sommo Bene e di possederlo completamente e in eterno nella patria; anela a questo con lacrime, e a tale scopo sostieni con allegrezza tutte le amarezze e gli affanni. D'ora innanzi abbi il vivo desiderio di patire come hanno fatto i santi, per renderti degna di lui, e fai attenzione che esso sia tale che la volontà di soffrire compensi le tribolazioni che non consegui, rattristandoti di non essere all'altezza di quanto vagheggi tanto intensamente. Nei voli interiori delle persone assetate della visione beatitifica non si deve mescolare l'intento di sgravarsi con essa dei travagli della vita, il quale indica che non si è attaccati al Creatore, ma a se stessi e ai propri comodi; e questo non vale alcun premio ai suoi occhi, che penetrano e soppesano tutto. Se, però, come fedele serva e sposa di Gesù, opererai ciò senza inganno e con pienezza di perfezione, ambendo la sua contemplazione per stringerti a lui, lodarlo e non offenderlo mai più, e ricercherai tutte le pene solo a tal fine, stai certa che ci vincolerai molto a te e giungerai a quello stato di amore che sospiri, dato che è appunto per questo che siamo così generosi con te.
20 maggio 1944
Maria Valtorta
Dice Maria:
«Sabato passato ti ho parlato delle mie allegrezze. Oggi ti parlerò dei miei dolori. Non te li illustrerò. Già te li ho illustrati [307] tutti meno uno. E te lo illustrerò presto. Ma te li faccio comprendere nel loro significato più grande.
Come ogni allegrezza non fu per me sola, perché questo sarebbe stato egoismo, così ogni dolore non mi fece male per me sola, ma perché, portandovi tutti in me, Madre di tutti i credenti, ho sentito in me tutte le ferite dei vostri spiriti. E se le allegrezze mi fiorirono in rose unicamente quando il fatto si compieva – e della rosa ebbero la corta durata, perché la mano dell’uomo e il fiato di Satana straziarono quella fioritura rendendola nulla per troppi e troppo presto – i dolori furono spine confitte nel cuore dal primo momento e mai più strappate.
Ecco perché anche i miei illustratori non mi raffigurano con sette rose sboccianti dal cuore ma con sette spade, e se vi è chi me lo cinge di rose, me lo cinge in maniera che la fascia fiorita è, di suo, tortura, perché gli steli sono pieni di spine.
Sono realmente la mistica Rosa e non ho spine sul mio gambo poiché sono la Piena di Grazia. Ma nel mio cuore sono tutte le spine delle colpe umane che mi privano dei miei figli e che fanno offesa al mio Gesù.
Il primo dolore non fu unicamente per il mio amore di Madre di Dio. Sapevo la mia sorte. Lo sapevo perché non ignoravo il destino del Redentore. Le profezie parlavano del suo grande soffrire. Lo Spirito di Dio congiunto a me mi illuminava anche più che le profezie non dicessero. Perciò dal momento in cui avevo detto [308]: “Ecco l’ancella del Signore”, avevo abbracciato il Dolore insieme all’Amore.
Ma quanto dolore sentire e già vedere che gli uomini avrebbero preso il Bene, fattosi Carne, per farne a sé un Male. Nelle derisioni [309] date a Simeone io vidi le innumeri derisioni, le sacrileghe negazioni di un numero incalcolabile di uomini. Gesù era venuto per portare la pace. E gli uomini in suo nome o contro il suo nome avrebbero avuto per Lui e fra loro guerra. Tutti gli scismi, tutte le eresie, tutti gli ateismi, ecco, mi erano là davanti… e come un tappeto di spade mi attendevano per lacerarmi il cuore.
Il secondo dolore, che ti illustrerò a suo tempo, non fu unicamente per i disagi della fuga. Ma esso era intriso dell’amarezza di vedere che la povera potenza umana, tale sinché Dio lo permette, in luogo di fare di sé scudo alla Potenza vera e divenire “grande” facendosi “serva di Dio”, per concupiscenza di potere si faceva assassina e deicida. Assassina degli innocenti. Era già grande peccato. Ma assassina di Dio era peccato senza paragone. E se l’Eterno non lo permise, ciò non impedì che la colpa fosse ugualmente attiva. Perché il desiderio di fare il male e il tentativo di compierlo sono di appena un decimo di grado inferiori alla colpa consumata.
Eppure quanti “grandi” da allora alla fine del tempo avrebbero imitato Erode e calpestato Dio per esser “dèi”. Ecco, io li vedevo questi sciacalli che uccidevano per distruggere Dio, e insieme al Figlio mi stringevo sul cuore tutti i perseguitati per la Fede e ne udivo i gemiti santi commisti alle bestemmie dei prepotenti e, non sapendo maledire, piangevo… La via da Betlem all’Egitto fu segnata dal mio pianto.
Il terzo dolore. Ecco: io lo cercavo Gesù, smarrito non per mia colpa né per quella dello sposo mio. Il mio Bambino aveva voluto far ciò per dare il primo appello ai cuori e dir loro: “L’ora di Dio è giunta”. Ma nei milioni di esseri che sarebbero stati, quanti non avrebbero smarrito Dio! Lo si smarrisce per colpa propria o per volere suo. Quando la Grazia muore, ecco che si smarrisce Dio. Quando Dio vuol portare ad una più grande Grazia, ecco che Egli si nasconde. Nell’uno e nell’altro caso è la desolazione.
Il peccatore morto alla Grazia non è felice. Pare lo sia. Ma non lo è. E se anche ha dei momenti di ebbrezza che non gli fanno comprendere il suo stato, non mancano mai le ore in cui un richiamo della vita gli fa sentire la sua condizione di separato da Dio. E allora è la desolazione. Quella tortura che Dio fa gustare ai suoi prediletti perché siano come il suo Verbo: salvatori.
Cosa sia tu lo sai [310]. L’abbandono di Dio! L’orrore più grande della morte. E se è orrore per quelli in cui è unicamente “prova”, medita che sia per quelli che è vera realtà. Il mio terzo dolore fu per vedere come tanti avrebbero dovuto abbeverarsi di questo calice per perpetuare l’opera redentrice e, ancor più aspro, per vedere i moltissimi che sarebbero periti nella disperazione.
Oh! Maria! Se gli uomini sapessero cercare sempre Gesù! La pianta della disperazione cesserebbe di gemere il suo tossico perché morirebbe per sempre.
Il quarto dolore. Ero Madre, e vedere la mia Creatura sotto la croce era naturale dolore. Ma più grande, soprannaturale dolore, era vedere l’odio, molto più torturante del legno, opprimere il Figlio mio.
Quanto odio! Un mare senza confini! Da quella turba vociferante bestemmie e scherni sarebbero venuti, per spirituale figliazione, tutti gli odiatori del Martire santo. Avessi potuto levare al mio Gesù la croce e mettermela sulle mie spalle di Madre, avrei sofferto meno che non vedere con gli occhi dello spirito tutti i futuri crocifissori del loro Salvatore. Quelli che tentano abolirlo per non incontrare il suo trono di Giudice, e non sanno che solo per essi Egli sarà Giudice e per gli altri Amico.
La quinta spada fu per la conoscenza che quel Sangue, colante come tanti rivoli di salute dalle membra lacerate, sarebbe sempre stato bestemmiato. Eppure parlava, quel Sangue, e parla. Grida con voce d’amore e chiama. E gli uomini non l’hanno voluto e non lo vogliono intendere. Si affollavano intorno al Messia per chiedere salute alle loro malattie e lo supplicavano di dir loro una parola. E nel momento che Egli non usava tocco di dita, né polvere e sputo, ma la sua Vita e il suo Sangue dava per guarirli della vera, unica, incancellabile malattia: “la colpa”, essi lo sfuggivano più d’un lebbroso.
E lo sfuggono. “Ricada [311] su noi quel Sangue”. Oh! che ricadrà l’ultimo Giorno per chiedere loro ragione del loro odio e, posto che non lo vollero amare, maledirà. Ed io, Madre, non devo soffrire vedendo che tanti miei figli hanno meritato d’esser maledetti e recisi per sempre dalla spirituale famiglia del Cielo in cui io sono la Madre e il mio Gesù il Primogenito e il Fratello primo?
Quando ricevetti la spoglia esanime del mio Dio e Figlio e potei una per una numerare le sue ferite, sentii lacerarsi il seno mio. Oh! il dolore del generare io non lo conobbi. Ma questo l’ho conosciuto e non c’è doglia di genitrice che possa stare a pari di questa. Tutto il dolore di credente, tutto il dolore di madre si sono fusi in un unico dolore. E su questa, base alla mia croce come il Calvario lo fu alla croce del mio Signore, ecco il Dolore.
Ho visto non Gesù morto nei vostri cuori. Egli non muore. Ma i vostri cuori morti a Lui. Ho visto in quanti cuori Egli sarebbe stato posato come su fredda spoglia. Per quanti inutilmente avrebbe comandato: “Sorgi!”. L’uomo che non vuole vivere. Che non vuole sorgere. Il Sacramento della Vita ricusato o accolto sacrilegamente anche quando i momenti della vostra esistenza sono contati. I Giuda innumerevoli che non sanno con una onesta conversione rendersi degni di ricevere il loro Dio ferito e che il loro pentimento guarirebbe.
Guarda, Maria. È preferibile tutto all’essere i novelli Iscariota. Eppure è il peccato che si fa con più indifferenza. E non dai soli grandi peccatori. Ma anche da molti che paiono e si credono fedeli al Figlio mio. Egli li chiama312: “I farisei di ora”. Li puoi distinguere dalle loro opere. Il contatto con il Figlio mio non li fa migliori. Ma anzi la loro vita è la negazione della Carità e perciò di Dio. Sono dei morti, se non alla Grazia, ai frutti della stessa. Non hanno vitalità. Gesù non può agire in loro perché da parte loro non vi è rispondenza.
Sono coloro che precedono di una sola misura quelli che di cristiano hanno solo il nome. Templi sconsacrati questi e profanati dalla putredine di tutti i vizi, nei quali il nome, solo il nome di Cristo sta come vi fu nel sepolcro il corpo del mio Gesù. Senza vita essi pure. E se nel Getsemani la conoscenza di tutti coloro per cui il Sacrificio sarebbe stato inutile fu il martirio spirituale del Figlio mio, nel baciare nell’ultimo addio Gesù, questa visione fu il mio strazio.
Né cessa. No. Le spade sono sempre nel mio cuore perché l’uomo continua a dare ad esso i suoi sette dolori. Finché il numero dei salvati non sarà compito e completata la gloria di Dio nei suoi beati, io soffrirò nel mio dolore duplice di Madre che vede offeso il Primogenito e di madre che vede troppi figli preferire l’esilio eterno alla dimora del Padre.
Quando preghi me Addolorata, pensa a queste mie parole. E nei tuoi dolori abolisci ogni egoismo per imitarmi. Io i miei dolori di Madre di Gesù li ho amplificati per tutti i nati. Sono l’Eva nuova. Tu i tuoi dolori usali per tutti i fratelli. Portali a Dio. A me.»
[307] te li ho illustrati, soprattutto nell’opera maggiore. Le allegrezze sono state trattate nel “dettato” del 13 maggio.
[308] avevo detto, come in Luca 1, 38.
[309] derisioni riferite non nel passo di Luca 2, 25-35 ma nel corrispondente capitolo 32 dell’opera “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.
[310] tu lo sai, per averlo provato: dal 9 aprile al 17 maggio.
[311] Ricada…”, come in Matteo 27, 25.
[312] li chiama, come nel “dettato” del 13 maggio.