Sotto il Tuo Manto

Martedi, 10 giugno 2025 - Santa Faustina di Cizico (Letture di oggi)

Anime umane, dove vi rifugerete nel giorno dell'ira del Signore? Venite ora alla fonte della Sua misericordia! (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 5° settimana del tempo di Avvento e Natale (Santissimi Basilio e Gregorio)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 27

1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.


Secondo libro di Samuele 21

1Al tempo di Davide ci fu una carestia per tre anni; Davide cercò il volto del Signore e il Signore gli disse: "Su Saul e sulla sua casa pesa un fatto di sangue, perché egli ha fatto morire i Gabaoniti".2Allora il re chiamò i Gabaoniti e parlò loro. I Gabaoniti non erano del numero degli Israeliti, ma un resto degli Amorrei, e gli Israeliti avevano giurato loro; Saul però, nel suo zelo per gli Israeliti e per quelli di Giuda, aveva cercato di sterminarli.3Davide disse ai Gabaoniti: "Che devo fare per voi? In che modo espierò, perché voi benediciate l'eredità del Signore?".4I Gabaoniti gli risposero: "Fra noi e Saul e la sua casa non è questione d'argento o d'oro, né ci riguarda l'uccidere qualcuno in Israele". Il re disse: "Quello che voi direte io lo farò per voi".5Quelli risposero al re: "Di quell'uomo che ci ha distrutti e aveva fatto il piano di sterminarci, perché più non sopravvivessimo entro alcun confine d'Israele,6ci siano consegnati sette uomini tra i suoi figli e noi li impiccheremo davanti al Signore in Gàbaon, sul monte del Signore". Il re disse: "Ve li consegnerò".7Il re risparmiò Merib-Bàal figlio di Giònata, figlio di Saul, per il giuramento che Davide e Giònata, figlio di Saul, si erano fatto davanti al Signore;8ma il re prese i due figli che Rizpà figlia di Aià aveva partoriti a Saul, Armonì e Merib-Bàal e i cinque figli che Meràb figlia di Saul aveva partoriti ad Adrièl il Mecolatita figlio di Barzillài.9Li consegnò ai Gabaoniti, che li impiccarono sul monte, davanti al Signore. Tutti e sette perirono insieme. Furono messi a morte nei primi giorni della mietitura, quando si cominciava a mietere l'orzo.
10Allora Rizpà, figlia di Aià, prese il mantello di sacco e lo tese, fissandolo alla roccia, e stette là dal principio della mietitura dell'orzo finché dal cielo non cadde su di loro la pioggia. Essa non permise agli uccelli del cielo di posarsi su di essi di giorno e alle bestie selvatiche di accostarsi di notte.11Fu riferito a Davide quello che Rizpà, figlia di Aià, concubina di Saul, aveva fatto.12Davide andò a prendere le ossa di Saul e quelle di Giònata suo figlio presso i cittadini di Iabès di Gàlaad, i quali le avevano portate via dalla piazza di Beisan, dove i Filistei avevano appeso i cadaveri quando avevano sconfitto Saul sul Gelboe.13Egli riportò le ossa di Saul e quelle di Giònata suo figlio; poi si raccolsero anche le ossa di quelli che erano stati impiccati.14Le ossa di Saul e di Giònata suo figlio, come anche le ossa degli impiccati furono sepolte nel paese di Beniamino a Zela, nel sepolcro di Kis, padre di Saul; fu fatto quanto il re aveva ordinato. Dopo, Dio si mostrò placato verso il paese.
15I Filistei mossero di nuovo guerra ad Israele e Davide scese con i suoi sudditi a combattere contro i Filistei. Davide era stanco16e Isbi-Benòb, uno dei figli di Rafa, che aveva una lancia del peso di trecento sicli di rame ed era cinto di una spada nuova, manifestò il proposito di uccidere Davide;17ma Abisài, figlio di Zeruià, venne in aiuto al re, colpì il Filisteo e lo uccise. Allora i ministri di Davide gli giurarono: "Tu non uscirai più con noi a combattere e non spegnerai la lampada d'Israele".
18Dopo, ci fu un'altra battaglia contro i Filistei, a Gob; allora Sibbecài il Cusatita uccise Saf, uno dei figli di Rafa.
19Ci fu un'altra battaglia contro i Filistei a Gob; Elcanàn, figlio di Iair di Betlemme, uccise il fratello di Golia di Gat: l'asta della sua lancia era come un subbio di tessitori.
20Ci fu un'altra battaglia a Gat, dove si trovò un uomo di grande statura, che aveva sei dita per mano e per piede, in tutto ventiquattro dita: anch'egli era nato a Rafa.21Costui insultò Israele, ma lo uccise Giònata, figlio di Simeà, fratello di Davide.22Questi quattro erano nati a Rafa, in Gat. Essi perirono per mano di Davide e per mano dei suoi ministri.


Giobbe 16

1Allora rispose:

2Ne ho udite già molte di simili cose!
Siete tutti consolatori molesti.
3Non avran termine le parole campate in aria?
O che cosa ti spinge a rispondere così?
4Anch'io sarei capace di parlare come voi,
se voi foste al mio posto:
vi affogherei con parole
e scuoterei il mio capo su di voi.
5Vi conforterei con la bocca
e il tremito delle mie labbra cesserebbe.
6Ma se parlo, non viene impedito il mio dolore;
se taccio, che cosa lo allontana da me?
7Ora però egli m'ha spossato, fiaccato,
tutto il mio vicinato mi è addosso;
8si è costituito testimone ed è insorto contro di
me:
il mio calunniatore mi accusa in faccia.
9La sua collera mi dilania e mi perseguita;
digrigna i denti contro di me,
il mio nemico su di me aguzza gli occhi.
10Spalancano la bocca contro di me,
mi schiaffeggiano con insulti,
insieme si alleano contro di me.
11Dio mi consegna come preda all'empio,
e mi getta nelle mani dei malvagi.
12Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato,
mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato;
ha fatto di me il suo bersaglio.
13I suoi arcieri mi circondano;
mi trafigge i fianchi senza pietà,
versa a terra il mio fiele,
14mi apre ferita su ferita,
mi si avventa contro come un guerriero.
15Ho cucito un sacco sulla mia pelle
e ho prostrato la fronte nella polvere.
16La mia faccia è rossa per il pianto
e sulle mie palpebre v'è una fitta oscurità.
17Non c'è violenza nelle mie mani
e pura è stata la mia preghiera.
18O terra, non coprire il mio sangue
e non abbia sosta il mio grido!
19Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei cieli,
il mio mallevadore è lassù;
20miei avvocati presso Dio sono i miei lamenti,
mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio,
21perché difenda l'uomo davanti a Dio,
come un mortale fa con un suo amico;
22poiché passano i miei anni contati
e io me ne vado per una via senza ritorno.


Salmi 37

1'Di Davide.'

Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.

3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.

5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.

7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.

10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.

12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.

14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.

16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.

18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.

20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.

22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.

25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.

27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.

30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.

34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.

37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.


Sofonia 1

1Parola del Signore rivolta a Sofonìa figlio dell'Etiope, figlio di Godolia, figlio di Amaria, figlio di Ezechia, al tempo di Giosia figlio di Amon, re di Giuda.

2Tutto farò sparire dalla terra.
Oracolo del Signore.
3Distruggerò uomini e bestie;
sterminerò gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
abbatterò gli empi; sterminerò l'uomo dalla terra.
Oracolo del Signore.

4Stenderò la mano su Giuda
e su tutti gli abitanti di Gerusalemme;
sterminerò da questo luogo gli avanzi di Baal
e il nome stesso dei suoi falsi sacerdoti;
5quelli che sui tetti si prostrano
davanti alla milizia celeste
e quelli che si prostrano davanti al Signore,
e poi giurano per Milcom;
6quelli che si allontanano dal seguire il Signore,
che non lo cercano, né si curano di lui.
7Silenzio, alla presenza del Signore Dio,
perché il giorno del Signore è vicino,
perché il Signore ha preparato un sacrificio,
ha mandato a chiamare i suoi invitati.

8Nel giorno del sacrificio del Signore,
io punirò i prìncipi e i figli di re
e quanti vestono alla moda straniera;
9punirò in quel giorno chiunque salta la soglia,
chi riempie di rapine e di frodi
il palazzo del suo padrone.

10In quel giorno - parola del Signore -
grida d'aiuto verranno dalla Porta dei pesci,
ululati dal quartiere nuovo
e grande fragore dai colli.
11Urlate, abitanti del Mortaio,
poiché tutta la turba dei trafficanti è finita,
tutti i pesatori d'argento sono sterminati.

12In quel tempo
perlustrerò Gerusalemme con lanterne
e farò giustizia di quegli uomini
che riposando sulle loro fecce
pensano:
"Il Signore non fa né bene né male".
13I loro beni saranno saccheggiati
e le loro case distrutte.
Hanno costruito case ma non le abiteranno,
hanno piantato viti, ma non ne berranno il vino.

14È vicino il gran giorno del Signore,
è vicino e avanza a grandi passi.
Una voce: Amaro è il giorno del Signore!
anche un prode lo grida.
15"Giorno d'ira quel giorno,
giorno di angoscia e di afflizione,
giorno di rovina e di sterminio,
giorno di tenebre e di caligine,
giorno di nubi e di oscurità,
16giorno di squilli di tromba e d'allarme
sulle fortezze
e sulle torri d'angolo.
17Metterò gli uomini in angoscia
e cammineranno come ciechi,
perché han peccato contro il Signore;
il loro sangue sarà sparso come polvere
e le loro viscere come escrementi.
18Neppure il loro argento, neppure il loro oro
potranno salvarli".
Nel giorno dell'ira del Signore
e al fuoco della sua gelosia
tutta la terra sarà consumata,
poiché farà improvvisa distruzione
di tutti gli abitanti della terra.


Atti degli Apostoli 16

1Paolo si recò a Derbe e a Listra. C'era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;2egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.4Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.5Le comunità intanto si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno.

6Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato loro di predicare la parola nella provincia di Asia.7Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro;8così, attraversata la Misia, discesero a Tròade.9Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: "Passa in Macedonia e aiutaci!".10Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore.

11Salpati da Tròade, facemmo vela verso Samotràcia e il giorno dopo verso Neàpoli e12di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.14C'era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: "Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa". E ci costrinse ad accettare.

16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l'indovina.17Essa seguiva Paolo e noi gridando: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza".18Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: "In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei". E lo spirito partì all'istante.19Ma vedendo i padroni che era partita anche la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città;20presentandoli ai magistrati dissero: "Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare".22La folla allora insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli23 e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia.24Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi.

25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.26D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.27Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.28Ma Paolo gli gridò forte: "Non farti del male, siamo tutti qui".29Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;30poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?".31Risposero: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia".32E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.33Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: "Libera quegli uomini!".36Il carceriere annunziò a Paolo questo messaggio: "I magistrati hanno ordinato di lasciarvi andare! Potete dunque uscire e andarvene in pace".37Ma Paolo disse alle guardie: "Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, sebbene siamo cittadini romani, e ci hanno gettati in prigione; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano di persona a condurci fuori!".38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All'udire che erano cittadini romani, si spaventarono;39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di partire dalla città.40Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi partirono.


Capitolo X: La santa Comunione non va tralasciata con leggerezza

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Voce del Diletto

1. A questa sorgente della grazia e della misericordia divina, a questa sorgente della bontà e di ogni purezza devi ricorrere frequentemente, fino a che tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; fino a che tu non ottenga di essere più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gli inganni del diavolo. Questi, il nemico, ben sapendo quale sia il beneficio e il rimedio grande insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo e in ogni momento di ostacolare, per quanto può, le anime fedeli e devote, distogliendole da essa. Taluni, infatti, quando vogliono prepararsi alla santa Comunione, subiscono i più forti assalti del demonio. Lo spirito del male - come è detto nel libro di Giobbe (1,6; 2,1) - viene in mezzo ai figli di Dio, per turbarli, con la consueta sua perfidia, e per renderli troppo timorosi e perplessi, finché non abbia affievolito il loro slancio o abbia loro strappato, di forza, la fede: nella speranza che essi lascino del tutto la Comunione o vi si accostino con poco fervore. Ma non ci si deve curare per nulla delle sue astuzie e delle sue suggestioni, per quanto turpi e terrorizzanti, Su di lui bisogna ritorcere le immaginazioni che provengono da lui. Va disprezzato e deriso, quel miserabile. Per quanti assalti egli compia e per quante agitazioni egli susciti, la santa Comunione non deve essere tralasciata. Talora avviene che siano di ostacolo alla Comunione persino una eccessiva preoccupazione di essere sufficientemente devoti e una certa angustia dubbiosa sul confessarsi. Ma tu agisci secondo il consiglio dei saggi, tralasciando ansie e scrupoli, che costituiscono impedimento alla grazia divina e distruggono lo spirito di devozione. Non lasciare la santa Comunione, per ogni piccola difficoltà o stanchezza. Ma va subito a confessarti e perdona di cuore agli altri ogni offesa ricevuta; che se tu hai offeso qualcuno e chiedi umilmente scusa, il Signore prontamente avrà misericordia di te.

2. Che giova ritardare tanto la confessione o rimandare la santa Comunione? Purificati al più presto; sputa subito il veleno; corri a prendere il rimedio: ti sentirai meglio che se tu avessi differito tutto ciò. Se oggi, per una piccola cosa, rinunci, domani forse accadrà qualcosa di più grave: così ti potrebbe essere impossibile per lungo tempo, la Comunione e potresti diventare ancora più indegno. Scuotiti al più presto dalla stanchezza e dall'inerzia, in cui oggi ti trovi: non serve a nulla restare a lungo nell'ansietà e tirare avanti nel turbamento, separandoti, in tal modo, per questi quotidiani ostacoli, dalle cose divine. Anzi è molto dannoso rimandare tanto la Comunione, perché ciò suole anche ingenerare grave torpore. Avviene persino - cosa ben dolorosa - che taluni, nella loro tiepidezza e leggerezza, accettino di buon grado questi ritardi della confessione, e desiderino di ritardare così la santa Comunione, proprio per non essere obbligati a una più severa custodia di sé. Oh!, come è scarso l'amore, come è fiacca la devozione di coloro che rimandano tanto facilmente la Comunione. E come è felice e caro a Dio colui che vive in modo da custodire la sua coscienza in una tale limpidezza da essere pronto e pieno di desiderio di comunicarsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se potesse farlo senza essere criticato. Se uno qualche volta si astiene dalla Comunione per umiltà, o per un giusto impedimento, gli va data lode, a causa del suo rispettoso timore. Se invece fa questo per una sorta di torpore, che si è insinuato in lui, deve scuotersi e agire, quanto gli è possibile: il Signore aderirà al suo desiderio, grazie alla buona volontà, alla quale Dio guarda in modo speciale.

3. Se, invece, uno è trattenuto da ragioni valide, ma avrà la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi, costui non mancherà dei frutti del Sacramento. Giacché ognuno che abbia spirito di devozione può, in ogni giorno e in ogni ora, darsi salutarmente, senza che alcuno glielo impedisca, alla comunione spirituale con Cristo; pur dovendo, in certi giorni e nel tempo stabilito, con reverente affetto, prendere sacramentalmente in cibo il corpo del suo Redentore, mirando più a dare lode e onore a Dio che ad avere consolazione per sé. Infatti questo invisibile ristoro dell'anima, che è la comunione spirituale, si ha ogni volta che uno medita con devozione il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, accendendosi di amore per lui. Chi si prepara soltanto perché è imminente il giorno festivo, o perché la consuetudine lo sospinge, è per lo più tutt'altro che pronto. Beato colui che si offre a Dio in sacrificio ogni qualvolta celebra la Messa o si comunica.  

4. Nel celebrare, non essere né troppo prolisso né troppo frettoloso; ma osserva il ragionevole uso, comune a coloro con i quali ti trovi a vivere. Non devi, infatti, ingenerare in altri fastidio e noia; devi mantenere invece la via consueta, secondo la volontà dei superiori, e badare più all'utile degli altri, che alla tua devozione e al tuo sentimento.


LETTERA 114: Agostino esorta Fiorentino ad osservare le disposizioni di legge emanate a tutela degli imputati a giudizio.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta dopo la precedente.

Agostino esorta Fiorentino (un funzionario imperiale) ad osservare le disposizioni di legge emanate a tutela degli imputati a giudizio.

A FIORENTINO, SIGNORE E FIGLIO DILETTISSIMO, AGOSTINO AUGURA SALUTE NEL SIGNORE

1. Con l'ordine di quale autorità hai arrestato Favenzio te la vedrai da te. Quanto a me, so che qualunque autorità costituita in sottordine è soggetta alle leggi del suo imperatore. Orbene, per mezzo del fratello e collega di sacerdozio Celestino, ti ho inviato il testo della legge che avresti dovuto naturalmente conoscere anche prima che te la mandassi io. In virtù di questa, a coloro che da qualunque autorità ricevono l'ordine di comparire in giudizio, è concesso di essere condotti nella cancelleria della polizia municipale per essere interrogati se vogliano trattenersi nella città, in cui vengono arrestati, per il periodo di trenta giorni, onde procurarsi del denaro o ordinare la propria difesa secondo quanto richiede il caso, pur restando sempre, beninteso, sotto una moderata sorveglianza. Ora questa legge, come mi ha riferito il prete sopra ricordato, è stata letta alla tua venerata persona, ma ciononostante io te ne mando ugualmente ancora una copia assieme alla presente, non per farti una minaccia, ma per rivolgerti una preghiera dettata non solo dal sentimento di umanità in favore di un uomo, sebbene pure di misericordia che deve avere un vescovo. Io vengo perciò, mio signore e figlio, a intercedere presso di te nella misura consentita dalla umanità e dalla carità: dègnati di accordare questo favore non solo per riguardo alla tua reputazione ma pure alla mia raccomandazione; non ti rincresca cioè di eseguire quanto è prescritto dalla legge dell'imperatore, di cui sei al servizio come ufficiale.


16 - Si narra come Maria beatissima celebrava le feste dell'A­scensione del Salvatore.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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680. In ciascun atto e in ciascun mistero della nostra Regina trovo continuamente nuovi segreti da penetrare e nuovi motivi di stupore e di encomio, ma mi mancano le parole adatte a palesare quanto conosco. Per quello che mi è stato dato di comprendere dell'amore del Signore verso la sua purissima Madre e degnissima sposa, pare che, se­condo l'inclinazione e il vigore di una simile carità, egli avrebbe rinunciato al trono e ai beati per stare con lei, se per ragioni diverse non fosse stato necessario che dimo­rasse nell'empireo mentre ella rimaneva sulla terra, per il periodo della loro separazione e lontananza corporale. Non si pensi che questa ponderazione dell'eccellenza di lei de­roghi a quella dell'Unigenito e a quella degli eletti, perché la divinità del Padre e dello Spirito sta nel Verbo indivisa con somma unità individuale e le tre Persone stanno tut­te inseparabilmente in ognuna, e mai il Verbo poteva sta­re senza il Padre e lo Spirito. È certo, poi, che la vicinan­za degli esseri celesti e dei santi, paragonata a quella di Maria, era per lui di minor conto, qualora ci limitiamo a considerare l'intensità del loro affetto reciproco. Per altri motivi, però, occorreva che egli, compiuta la redenzione, risalisse alla destra dell'Eterno e che la felicissima Vergine restasse nel mondo, affinché per la sua sollecitudine si ot­tenessero gli effetti del riscatto ed ella fomentasse e quasi partorisse la passione e morte di Cristo.

681. Tale fu l'ineffabile provvidenza con la quale il Sal­vatore ordinò le sue opere, lasciandole piene di sapienza e di magnificenza con il confidare con tutto il cuore in questa donna forte, come affermò per bocca di Salomone nei Proverbi. Non fu deluso nella sua fiducia, giacché costei, applicando i tesori delle sue sofferenze e del suo sangue tramite i propri meriti, gli comprò il campo in cui piantò la vigna della Chiesa sino alla fine dei tempi, cioè le anime dei fedeli, nei quali essa si conserverà fino ad allora, e dei predestinati, nei quali sarà trasferita alla Ge­rusalemme trionfante per i secoli dei secoli. Se conveni­va alla maestà dell'Altissimo che questo fosse affidato a lei, perché Gesù entrasse nella gloria dopo la sua prodi­giosa risurrezione, conveniva anche che il medesimo Ge­sù mantenesse con quella stessa che lo aveva generato, e che gli era smisuratamente cara, il rapporto e la familia­rità possibili, obbligato non solo dalla tenerezza che sen­tiva, ma pure dallo stato della Signora e dall'impresa che la impegnava quaggiù, dove la grazia, i mezzi e i benefi­ci dovevano essere proporzionati alla sublimità della cau­sa e dell'obiettivo di arcani così imperscrutabili. Egli con­seguiva nobilmente ciò con le sue assidue visite e con il frequente innalzamento di Maria al suo trono, affinché non stesse ininterrottamente fuori della corte e i membri di questa non stessero tanto a lungo privi della sua in­cantevole vista, poiché si trattava di un godimento op­portuno per tutti.

682. Le suddette meraviglie, oltre che nelle occasioni delle quali ho parlato, si ripetevano quando ella ricordava l'Ascensione, che era una festa assai grande per lei e per il paradiso. Cominciava a prepararsi dalla Pasqua, stando occupata nel meditare le elargizioni ricevute dal suo pre­ziosissimo Figlio, la compagnia degli antichi prigionieri del limbo, ormai liberati, e quanto le era accaduto in quei qua­ranta giorni, e ringraziando in maniera speciale con inni ed esercizi, come se stesse succedendo in tale momento, perché teneva tutto vivo nella sua indefettibile memoria. Non mi trattengo a riferire i particolari, avendone già scrit­to abbastanza negli ultimi capitoli della seconda parte, e dichiaro unicamente che le erano quotidianamente con­cessi incomparabili favori e influssi superni, che la divi­nizzavano e la disponevano per gli altri che avrebbe ac­colto nella solennità.

683. Arrivata la data che coincideva con il ritorno al cie­lo del nostro Maestro, questi scendeva nell'oratorio scortato da innumerevoli ministri e dai patriarchi che aveva condot­to con sé in quella circostanza. La Principessa lo attendeva stesa al suolo come al solito, annientata nel profondo della sua straordinaria umiltà, ma elevata al di sopra dell'imma­ginazione umana e angelica, al supremo grado di amore di Dio concepibile per una semplice creatura. Immediatamen­te egli le si manifestava attorniato dai cori dei beati e, rin­novando la dolcezza delle sue benedizioni, comandava che fosse tirata su dalla polvere e posta al suo fianco. Ciò era subito eseguito e i serafini adagiavano sul suo seggio colei dalla quale aveva assunto la nostra sostanza. Là l'interroga­va su che cosa desiderasse, bramasse e volesse, ed ella pro­clamava: «Mio diletto e mio sovrano, desidero la vostra esal­tazione, bramo di esprimervi gratitudine a nome degli uo­mini per la generosità con cui la vostra onnipotenza ha sol­levato la nostra natura allo splendore e al giubilo perenne, voglio che tutti vi confessino e onorino».

684. Il suo Unigenito la chiamava: «Colomba mia, pre­scelta per essere mia dimora, venite con me alla patria, do­ve sarete esaudita e vi rallegrerete di questa celebrazione con i suoi abitanti, e non con i mortali». All'istante l'inte­ra processione si incamminava nell'aria, come era avvenu­to allora, e giungeva all'empireo con la Vergine sempre al­la destra del Salvatore, fermandosi ordinatamente avvolta da singolare silenzio e attenzione non soltanto dei santi, ma dello stesso Santo dei santi. La Madre chiedeva pron­tamente licenza di lasciare il trono e, prostrata al cospet­to della Trinità, intonava una stupenda lode, comprenden­te i misteri dell'incarnazione e della redenzione con tutte le vittorie ottenute da Cristo sino alla sua mirabile salita al Padre.

685. Il Signore mostrava il suo compiacimento e gli elet­ti facevano seguire altri cantici, glorificandolo in lei, e pro­vavano un gaudio più intenso per la vicinanza e l'eccel­lenza della loro Regina. Quindi, a un suo cenno, la ricol­locavano presso di lui ed ella, dopo le illuminazioni e l'or­namento che ho illustrato altrove, gioiva per alcune ore di una visione intuitiva, durante la quale le era dato ancora il possesso di quel luogo, che le era riservato in eterno. Per nostra maggiore sorpresa e nostro maggiore debito, avver­to che ogni anno le domandava se intendesse rimanere op­pure continuare a sostenere la Chiesa sulla terra, rimet­tendo la decisione al suo arbitrio, e gli era risposto che con il suo beneplacito avrebbe ripreso a faticare per colo­ro che erano il frutto della passione.

686. Le tre Persone accettavano nuovamente la sua ri­nuncia tra l'ammirazione dei presenti, così che Maria si privò non una volta sola, bensì molte volte, del godimen­to della contemplazione per quel tempo, allo scopo di go­vernare la comunità ecclesiale e di arricchirla con i suoi ineffabili meriti. Giacché le nostre limitate capacità non sono sufficienti per spiegarli adeguatamente, non sarà un difetto di questa Storia rimandarne la conoscenza a quan­do la conseguiremo in sua Maestà; ma tutti i premi erano come conservati nel consenso di lui, affinché poi nel pos­sesso fosse nella misura possibile simile al Figlio, stando­gli degnamente accanto. Ella pregava per la magnificazio­ne dell'Altissimo, per la propagazione del Vangelo, per la conversione delle genti e per il trionfo sul demonio. Tutto le era accordato nel modo in cui si è verificato e si verifica nei secoli, e i benefici sarebbero superiori se i peccati non li impedissero rendendo la progenie di Adamo non idonea a riceverli. Successivamente, i custodi la riportava­no con sublime musica e armonia al cenacolo, dove si ab­bassava e si umiliava in segno di ringraziamento. Informo che Giovanni aveva notizia di questi prodigi e che guada­gnò di parteciparne in qualcosa, perché scorgeva la Signora tanto piena di luce che non poteva fissarla in volto per il fulgore che sprigionava. Inoltre, poiché la Maestra dell'u­miltà andava come per terra e ai suoi piedi per avere dei permessi, aveva numerose occasioni di osservarla e soven­te si smarriva per il timore riverenziale, benché sentisse rari effetti ed immensa felicità.

687. La Principessa ordinava questi favori a solennizza­re più convenientemente la Pentecoste e con essi si prepa­rava nei nove giorni mancanti, senza cessare i suoi eserci­zi e con l'ardente anelito che fossero rinnovati in lei i set­te doni. Arrivato il momento, ciò si adempiva perché, alla medesima ora della prima discesa sul sacro collegio, lo Spi­rito veniva su quella stessa che aveva concepito Gesù ed era sua sposa e suo tempio. Appariva sotto l'aspetto di fuo­co con eccezionale luminosità e strepito, ma non in ma­niera palese a tutti, non essendo più necessario come allo­ra. Ella, assistita da diverse migliaia di esseri celesti che elevavano dolcissime melodie, era completamente infiam­mata e riempita di sovrabbondanti elargizioni e di aumen­ti di quanto già aveva in grado eminente. Subito gli espri­meva la sua gratitudine per sé e per gli apostoli e i disce­poli, che erano stati colmati di sapienza e di grazie perché fossero ministri valenti e adatti a fondare la fede, e pure per il sigillo che aveva posto alle opere della redenzione; lo supplicava poi di estendere alle varie epoche i suoi influs­si e di non sospenderli mai per le colpe con le quali gli uo­mini lo avrebbero irritato. Era esaudita e i cristiani ne trae­vano e ne trarranno vantaggio sino alla fine del mondo.

688. Celebrava con speciale giubilo e devozione anche altre due feste: quella dei santi e quella degli angeli. Si disponeva ad onorare questi ultimi con le solite pratiche e con lodi che compendiavano la loro creazione, giusti­ficazione e glorificazione, con i misteri che penetrava di tutti e di ciascuno. Nella data stabilita li invitava e ne accorrevano parecchie miriadi, di ogni ordine, che en­travano con mirabile leggiadria nel suo oratorio. Qui si formavano due cori, uno composto dagli spiriti sovrani e l'altro dalla Vergine, che dava inizio ai canti alternan­dosi con loro come a versetti finché non era sera; se si udissero, sarebbero indubbiamente una delle meraviglie del Signore e provocherebbero stupore. Non trovo ter­mìni né posso dilungarmi per dichiarare il poco che ho afferrato di questo arcano: ínnanzitutto, esaltavano il lo­ro Autore in se stesso, e nelle perfezioni e negli attrìbu­ti che ne coglievano; quindi, la Regina lo benediva per come la sua grandezza, scienza e potenza sì erano ma­nifestate nell'aver chiamato all'esistenza tante e così bel­le sostanze spirìtuali e nell'averle ornate dì molteplici do­ti naturali e soprannaturali, nonché per i loro incarichi, le loro fatiche e il loro ossequio nel fare la volontà di luì e nel soccorrere e guidare i mortali e tutte le cose visi­bili e inferiori. Quelli rispondevano con la riconoscenza e con il pagamento del debito, e insieme intonavano al­l'Eterno inni nei quali lo encomiavano per aver plasma­to e prescelto a divenire sua genitrice una donna di tale purezza ed eccellenza, meritevole dei maggiori privilegi, e per averla sollevata al di sopra di tutti in virtù e splen­dore, concedendole il dominio assoluto perché fosse ser­vita, venerata e confessata degna Madre di Dio e nostra riparatrice.

689. In questo modo scorrevano le sue prerogative e ma­gnificavano sua Maestà in lei, che a sua volta lo osanna­va elencando le loro. Era dunque una giornata di straor-

dinaria gioia e consolazione per Maria e di profondo gau­dio accidentale per essi, in particolare per i mille che la custodivano, sebbene ognuno ne avesse parte nella manie­ra a lui propria. Siccome non c'erano impedimenti dovuti a ignoranza né scarsità di intelligenza e di stima di ciò che era proclamato, quel colloquio risultava incomparabilmen­te apprezzabile, e lo sarà per noi allorché lo intenderemo in paradiso.

690. Anche quando festeggiava tutti i santi di natura umana faceva precedere molte preghiere e molti esercizi, e poi scendevano nella sua stanza gli antichi patriarchi, i profeti e gli altri beati del tempo successivo alla risurre­zione. Innalzava nuovi ringraziamenti per la loro gloria e per l'efficacia che aveva avuto in costoro il sangue del Sal­vatore, e provava enorme felicità capendo il segreto della predestinazione e constatando che, dopo avere affrontato la vita nella carne tra innumerevoli rischi, erano già nella sicura letizia di quella imperitura. Acclamava per questo il Padre delle misericordie, riassumendo i favori che ciascu­no aveva ricevuto. Chiedeva a tutti di intercedere per la Chiesa e per chi militava in essa, combattendo con il pe­ricolo di perdere la corona da loro ormai conquistata. Quindi, ricordava i trionfi che aveva ottenuto con la forza divina negli scontri sostenuti con il demonio, e si mostra­va grata per tali benefici e per le anime riscattate dal po­tere delle tenebre.

691. Sarà motivo di ammirazione per gli uomini, co­me lo fu per i ministri superni, vedere una semplice crea­tura terrena realizzare prodigi così continui che sembre­rebbero inverosimili a più persone unite assieme, per quanto infiammate al pari dei supremi serafini; ma la no­stra Signora aveva una certa partecipazione dell'onnipo­tenza dell'Altissimo, che rendeva in lei facile quello che negli altri è impossibile. Negli anni finali della sua vita la sua solerzia aumentò tanto che la nostra capacità non arriva a ponderare il suo incessante operare, nel quale non lasciava ozioso alcun minuto e non riposava né di giorno né di notte; infatti, non più ostacolata dal peso della natura corruttibile, era instancabile come un ange­lo, anzi come parecchi di questi congiuntamente, ed era tutta un incendio d'immensa attività. Le ore le parevano brevi, rare le occasioni e limitati gli esercizi, perché il suo amore si estendeva sempre oltre, benché ciò che compi­va fosse senza misura. Non ho spiegato quasi niente di simili miracoli in se stessi, poiché scorgo una distanza pressoché infinita tra le rivelazioni che ho avuto e la com­prensione che riesco a raggiungere quaggiù. Non essen­do neppure in grado di esprimere pienamente quello che mi è stato palesato, come dirò quello di cui sono all'o­scuro e di cui so solo che ne sono ignara? Cerchiamo di non privarci per le nostre mancanze della luce che ci at­tende per illuminarci in cielo, giacché questo premio e godimento basterebbe a spingerci a penare e a soffrire per tutti i secoli ogni tormento e dolore dei martiri, e ne saremmo ben ricompensati con l'esultanza di conoscere la dignità e grandezza della Vergine, contemplandola al­la destra del suo Unigenito, elevata su tutti gli esseri spi­rituali e gli eletti.

 

Insegnamento della Regina del cielo

692. Figlia mia, mentre avanzi nello stendere la mia Storia, devi inoltrarti pure nella mia perfetta imitazione. Questo desiderio cresce in me come crescono in te la pe­netrazione e la meraviglia di quanto apprendi e riferisci. È il momento di risarcire quello che hai trascurato e di levare il volo allo stato al quale il Signore ti chiama e io ti invito. Riempi i tuoi atti di santità e rammenta che em­pia e crudele è l'opposizione dei nemici, di satana e del mondo per contrastarti. Non potrai superare tante difficoltà e tentazioni se non accenderai nel tuo cuore una fer­vente emulazione e un intenso ardore che con impeto in­vincibile confondano e schiaccino il capo del velenoso ser­pente, che con astuzia diabolica si avvale di svariati mez­zi ingannevoli per abbatterti o almeno arrestarti nel cam­mino, così che tu non pervenga al fine che brami e alla condizione preparata per te dall'Eterno, che ti ha prescelta per essa.

693. Non ignorare l'attenzione di Lucifero per qualun­que dimenticanza e minima inavvertenza dei mortali, poi­ché si aggira senza sosta spiando i loro comportamenti e approfitta di tutte le negligenze per insinuare scaltramen­te le sue suggestioni, muovendo le inclinazioni dal lato in cui li ravvisa incauti, perché ricevano la ferita della colpa prima di accorgersene interamente. Egli è cosciente che, quando poi la sentono e ambiscono il rimedio, trovano maggiore impedimento e dunque, per riprendersi dopo le cadute, necessitano di più abbondante grazia ed energia di quella che sarebbe stata sufficiente per resistere. Con il peccato ci si infiacchisce, l'avversario acquista vigore e le passioni divengono più indomite e insormontabili, e per questo molti cascano e pochi si rialzano. Per evitare il pe­ricolo bisogna essere vigilanti ed ansiosi di guadagnare l'aiuto divino, gareggiando ininterrottamente per fare il me­glio e affinché non rimanga vuoto alcun istante nel quale l'anima si presenti senza occupazione, distratta e non im­pegnata in opere buone. In tal modo il medesimo peso del­la natura terrena si alleggerisce, le tendenze cattive si in­deboliscono, lo stesso demonio si spaventa, lo spirito si sol­leva ed acquista forze contro la carne e dominio sui sen­si, assoggettandoli alla volontà superna.

694. Hai un vivido esempio nelle mie azioni e, perché non le scordi, te le ho manifestate con chiarezza e tu le stai scrivendo. Considera diligentemente quello che ti è mostrato in un così nitido specchio e, se mi confessi tua maestra e madre, nonché dotata di ogni eccellenza, non essere tarda nel seguirmi. Non è possibile che tu o un'al­tra creatura arriviate alla mia altezza, né Dio ti obbliga a ciò, ma è assolutamente possibile che con il suo soc­corso tu ti adorni di virtù, spendendo in questo tutto il tuo tempo e tutte le tue facoltà, aggiungendo esercizi ad esercizi, orazioni ad orazioni, suppliche a suppliche, me­riti a meriti, e non lasciando passare un giorno o un'ora senza compiere il bene. Io ero assai attiva nel governo della Chiesa e, come hai illustrato, celebravo numerose solennità, cominciando subito a dispormi alla successiva appena ne finivo una. I cristiani possono ricalcare le mie orme, e tu sei tenuta a farlo più di tutti, poiché per que­sto sono state fissate le feste e le memorie di Gesù, mie e degli altri santi.

695. Come sovente ti ho inculcato, distinguiti special­mente in quelle dei misteri del Salvatore e miei. Quindi, abbi singolare venerazione e affetto per gli angeli, sia per la loro nobiltà e bellezza e per i loro ministeri sia per i favori e benefici che hai avuto. Procura di assomigliare ad essi nella purezza, nell'elevatezza dei pensieri, nell'in­cendio di amore e nel vivere come se non avessi un cor­po e i suoi istinti. Devono essere tuoi amici e tuoi com­pagni nel pellegrinaggio, affinché poi lo siano nella pa­tria. Conversa e intrattieniti con loro ed essi ti riveleran­no le qualità e le caratteristiche del tuo sposo, dandoti notizia certa delle sue perfezioni, ti insegneranno i retti sentieri della giustizia e della pace, ti difenderanno dal maligno e ti avviseranno dei suoi raggiri, e alla loro scuo­la apprenderai le leggi della carità. Ascoltali, pertanto, e obbedisci loro in tutto.


21-7 Marzo 16, 1927 Come Gesù concepiva, così formava il rannodamento del suo regno con le creature. Come nella Volontà Divina ci sono gli tai universali che ci vogliono per impetrarlo.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo pensando al Fiat Supremo ed al modo come può venire ed essere realizato questo regno ed il mio amato Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2)Figlia mia, come il tuo Gesù fu concepito, così rannodai di nuovo il regno della mia Volontà Divina con le creature. Era necessario che Essa prendesse dominio assoluto nella mia Umanità ed avesse la sua Vita libera in tutti gli atti miei per poter distendere il suo regno come voleva nella mia Umanità. Sicché tutto ciò che Io facevo: Opere, preghiere, respiro, palpito e patimenti erano vincoli, rannudamenti del regno del mio Fiat con le creature. Io rappresentavo il novello Adamo, che non solo doveva dare i remedi per salvarli, ma dovevo rifare, restituire ciò che il vecchio Adamo perdette. Perciò mi fu necessario prendere la natura umana per poter racchiudere in essa ciò che la creatura aveva perduto e per mezzo mio ridarlo di nuovo. Era di giustizia che la mia Volontà Divina avesse una natura umana a sua disposizione e che in nulla si opponesse per poter di nuovo distendere il suo regno in mezzo alle creature, molto più che una natura umana le aveva tolto i suoi diritti di regnare, ci voleva un’altra che le restituisse i diritti suoi. Quindi la mia venuta sulla terra non fu per la sola Redenzione, anzi, il primo scopo fu per formare il regno della mia Volontà nella mia Umanità, per ridarlo alle creature, se ciò non fosse, la mia venuta sulla terra sarebbe un’opera incompleta, né degna d’un Dio, che niente meno, non avrei potuto ripristinare l’opera della Creazione, l’ordine come usci dalle nostri mani creatrici, che in tutto doveva regnare la nostra Volontà. Ora, per potere questi rannodamenti che formò la mia Umanità del mio regno con le creature, avere validità, vita e conoscenza, era necessario che scegliesse una creatura che dandole per ufficio speciale che facessi conoscere questo regno del mio Volere, vincolava con lei tutti questi rannodamenti che aveva formato la mia Volontà con la mia Umanità, dandole vigore di trasmettere questi rannodamenti del mio regno alle altre creature. Perciò sto nel fondo dell’anima tua a mantenere la Vita del Fiat Supremo, per vincolare questi rannodamenti e distendervi il suo regno e ti parlo tanto di Esso che a nessun`altro finora ho parlato, quindi sii attenta, che si tratta della cosa più grande, qual’è ripristinare l’ordine della Creazione tra il Creatore e la creatura.

(3) Non solo ciò, ma era necessario che scegliesse prima una creatura che vivesse nel Fiat Divino per ricevere da lei atti universali, perché la mia Volontà è universale, si trova da per tutto, non c’è creatura che non riceve la sua vita. Ora l’uomo col sottrarsi dalla mia Volontà respinse un bene universale, tolse a Dio la gloria, l’adorazione, l’amore universale. Ora per ridare di nuovo questo regno, questi beni universali, vuole per diritto che prima una creatura vivendo in questo Fiat, le comunica quest’atto universale e come ama, adora, glorifica, prega, si costituisce insieme col suo stesso Volere amore universale per tutti, adorazione e gloria per ciascuna creatura e diffondendo la sua preghiera come se ciascuno pregasse, prega in modo universale che venga il regno del Fiat Divino in mezzo alle creature. Quando un bene è universale ci vogliono atti universali per ottenerlo e solo nella mia Volontà ci sono quest’atti. Come tu ami in Essa, il tuo amore si stende dovunque Essa si trova e la mia Volontà sente il tuo amore da per tutto, si sente seguire ovunque, quindi sente in te il primo amore come aveva stabilito che la creatura l’amasse nel principio della Creazione, sente l’eco suo nel tuo amore che non sa amare con amore piccolo e finito, ma con amore infinito ed universale, sente il primo amore d’Adamo prima di peccare, che non faceva altro che ripetere l’eco della Volontà del suo Creatore e si sente come tirata da questi atti universali che la seguono da per tutto a venire a regnare di nuovo in mezzo alle creature. Perciò ti sceglievo figlia mia e da mezzo la loro stessa stirpe, non solo per manifestarti le conoscenze, i beni, i prodigi di questo Fiat, ma per fare che tu, vivendo in Esso, coi tuoi atti universali inclinassi la mia Volontà che venisse a regnare di nuovo come nel principio della Creazione in mezzo alle creature. Perciò a te è dato di unire tutti, d’abbracciare tutti, affinché trovando tutti e tutto in te, come tutto si trova nella mia Volontà, farai mettere d’accordo, si daranno il bacio di pace ed il mio regno sarà ripristinato in mezzo alle creature. Ecco perciò la necessità delle conoscenze, delle meraviglie del mio Fiat Divino, per disporre le creature, per alletarle a desiderare, a volere, a sospirare questo regno ed i beni che ci sono in Esso; la necessità che scegliesse prima una creatura, che vivendo in Esso coi suoi atti universali che le somministra il mio stesso Volere, che sono atti divini, impetre il regno del mio Fiat alle creature. Io faccio come un re cui il suo popolo è stato ribelle alle sue leggi, il re usando del suo potere, chi mette in carcere, chi manda in esilio, a chi toglie il diritto di possedere, insomma a tutti dà la pena che giustamente meritano. Ora col lungo andare il re ha compassione del suo popolo, sceglie uno dei suoi ministri piu fido ed aprendo il suo cuore dolente gli dice: “Voglio fidarmi di te; senti, ho deciso di darti il mandato che mi richiami i poveri esiliati, che mi metti fuori i prigionieri, che restituisci il diritto di possedere i beni che loro tolsi e se mi saranno fedeli raddoppiero i loro beni, la loro felicità”. E quindi se la discorrono a lungo con questo fido ministro combinando tutto il da farsi, molto più che questo ministro stava sempre appresso al re, pregandolo per il suo popolo, che desse a tutti grazia di perdono e di riconciliazione. Onde dopo avere il tutto combinato insieme nei loro segreti, chiamano gli altri ministri dando ordine che facciano arrivare le belle notizie in mezzo al popolo, nelle prigioni, nel esilio, come il re vuole fare pace con loro, vuole che ognuno ritorni al suo posto e tutti i beni che il re li vuol dare; e mentre si spargono queste belle notizie, desiderano, sospirano, si dispongono coi loro atti a ricevere la loro libertà ed il regno da loro perduto e nell’atto che si spargono le notizie, il fido ministro sta sempre appresso al re, premurandolo con preghiere incessanti che il popolo riceveno il bene fra loro stabilito. Proprio questo ho fatto Io, perché ciò che si può fare fra due, a tu per tu, nel segreto del dolore e dell’amore di due esseri che si amano e che vogliono lo stesso bene, non si può fare con tanti. Un segreto dolore ed amore del tuo Gesù, unito coll’anima che scelgo, tiene tal potere: Io dare e lei d’impetrare ciò che si vuole; il segreto tra Me e te ha maturato le tante conoscenze che ti ho fatto del regno del mio Fiat Divino, ha fatto risorgere i tanti tuoi atti in Esso; il segreto tra Me e te mi ha fatto sfogare il mio dolore così lungo e di tanti secoli in cui la mia Volontà, mentre stava in mezzo alle creature, era vita d’ogni atti loro, non la conoscevano, la tengono in stato d’agonia continua. Figlia mia, un dolore mio sfogato nel segreto del cuore di chi mi ama, ha virtù di cambiare la giustizia in misericordia e le mie amarezze si cambiano in dolcezze. Onde dopo che mi sono fidato di te combinando il tutto insieme, ho chiamato i miei ministri dando ordine di far conoscere al popolo le belle notizie sul mio Fiat Supremo, le tante sue conoscenze, come chiamo tutti che vengano nel regno mio, che escano dalla carcere, dell’esilio della loro volontà, che prendano possesso dei beni perduti, che non più vivano infelici e schiavi della volontà umana, ma felici e liberi nella mia Volontà Divina. E come questo segreto ha tenuto virtù di dirci a cuore a cuore le tante meravigliose manifestazioni eterno Fiat, uscendo fuori questo lungo nostro segreto farà tanta breccia sul popolo, che sorpresi, loro stessi pregheranno con sospiri che venga il mio regno che metterà termine a tutti i loro mali”.