Sotto il Tuo Manto

Domenica, 1 giugno 2025 - San Giustino (Letture di oggi)

Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero. (San Filippo Neri)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 7° settimana del Tempo di Pasqua (Ascensione del Signore)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 8

1In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.2C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,3Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.

4Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola:5"Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono.6Un'altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità.7Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono.8Un'altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto". Detto questo, esclamò: "Chi ha orecchi per intendere, intenda!".

9I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola.10Ed egli disse: "A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché

'vedendo non vedano
e udendo non intendano'.

11Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio.12I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati.13Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno.14Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione.15Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.

16Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.17Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.18Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere".

19Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.20Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti".21Ma egli rispose: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica".

22Un giorno salì su una barca con i suoi discepoli e disse: "Passiamo all'altra riva del lago". Presero il largo.23Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Un turbine di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo.24Accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: "Maestro, maestro, siamo perduti!". E lui, destatosi, sgridò il vento e i flutti minacciosi; essi cessarono e si fece bonaccia.25Allora disse loro: "Dov'è la vostra fede?". Essi intimoriti e meravigliati si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui che da' ordini ai venti e all'acqua e gli obbediscono?".

26Approdarono nella regione dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea.27Era appena sceso a terra, quando gli venne incontro un uomo della città posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma nei sepolcri.28Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: "Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!".29Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell'uomo. Molte volte infatti s'era impossessato di lui; allora lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti.30Gesù gli domandò: "Qual è il tuo nome?". Rispose: "Legione", perché molti demòni erano entrati in lui.31E lo supplicavano che non ordinasse loro di andarsene nell'abisso.
32Vi era là un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte. Lo pregarono che concedesse loro di entrare nei porci; ed egli lo permise.33I demòni uscirono dall'uomo ed entrarono nei porci e quel branco corse a gettarsi a precipizio dalla rupe nel lago e annegò.34Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nei villaggi.35La gente uscì per vedere l'accaduto, arrivarono da Gesù e trovarono l'uomo dal quale erano usciti i demòni vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù; e furono presi da spavento.36Quelli che erano stati spettatori riferirono come l'indemoniato era stato guarito.37Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Gesù, salito su una barca, tornò indietro.38L'uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo:39"Torna a casa tua e racconta quello che Dio ti ha fatto". L'uomo se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù gli aveva fatto.

40Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui.41Ed ecco venne un uomo di nome Giàiro, che era capo della sinagoga: gettatosi ai piedi di Gesù, lo pregava di recarsi a casa sua,42perché aveva un'unica figlia, di circa dodici anni, che stava per morire. Durante il cammino, le folle gli si accalcavano attorno.43Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era riuscito a guarire,44gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso di sangue si arrestò.45Gesù disse: "Chi mi ha toccato?". Mentre tutti negavano, Pietro disse: "Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia".46Ma Gesù disse: "Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me".47Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l'aveva toccato, e come era stata subito guarita.48Egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata, va' in pace!".
49Stava ancora parlando quando venne uno della casa del capo della sinagoga a dirgli: "Tua figlia è morta, non disturbare più il maestro".50Ma Gesù che aveva udito rispose: "Non temere, soltanto abbi fede e sarà salvata".51Giunto alla casa, non lasciò entrare nessuno con sé, all'infuori di Pietro, Giovanni e Giacomo e il padre e la madre della fanciulla.52Tutti piangevano e facevano il lamento su di lei. Gesù disse: "Non piangete, perché non è morta, ma dorme".53Essi lo deridevano, sapendo che era morta,54ma egli, prendendole la mano, disse ad alta voce: "Fanciulla, alzati!".55Il suo spirito ritornò in lei ed ella si alzò all'istante. Egli ordinò di darle da mangiare.56I genitori ne furono sbalorditi, ma egli raccomandò loro di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto.


Neemia 3

1Eliasìb, sommo sacerdote, con i suoi fratelli sacerdoti si misero a costruire la porta delle Pecore; la consacrarono e vi misero i battenti; continuarono a costruire fino alla torre di Mea, che poi consacrarono, e fino alla torre di Cananeèl.2Accanto a Eliasìb lavoravano gli uomini di Gèrico e accanto a loro lavorava Zaccùr figlio di Imri.3I figli di Senaà costruirono la porta dei Pesci, ne fecero l'intelaiatura e vi posero i battenti, le serrature e le sbarre.4Accanto a loro lavorava alle riparazioni Meremòt figlio di Uria, figlio di Akkoz; accanto a loro lavorava alle riparazioni Mesullàm, figlio di Berechia figlio di Mesezabèel; accanto a loro lavorava alle riparazioni Zadòk figlio di Baana;5accanto a loro lavoravano alle riparazioni quelli di Tekòa; ma i loro notabili non piegarono il collo a lavorare all'opera del loro Signore.6Ioiadà figlio di Pasèach e Mesullàm figlio di Besodia, restaurarono la porta Vecchia; ne fecero l'intelaiatura e vi posero i battenti, le serrature e le sbarre.7Accanto a loro lavoravano alle riparazioni Melatia il Gabaonita, Iadon il Meronotita, e gli uomini di Gàbaon e di Mizpà, alle dipendenze della sede del governatore dell'Oltrefiume;8accanto a loro lavorava alle riparazioni Uzzièl figlio di Caraia tra gli orefici e accanto a lui lavorava Anania tra i profumieri. Essi hanno rinforzato Gerusalemme fino al Muro Largo;9accanto a loro lavorava alle riparazioni Refaia figlio di Cur, capo della metà del distretto di Gerusalemme.10Accanto a loro lavorava alle riparazioni, di fronte alla sua casa, Iedaia figlio di Carumaf e accanto a lui lavorava Cattus figlio di Casabnià.11Malchia figlio di Carim e Cassùb figlio di Pacat-Moab restaurarono la parte successiva di mura e la torre dei Forni.12Accanto a loro lavorava alle riparazioni insieme con le figlie, Sallùm figlio di Allòches, capo della metà del distretto di Gerusalemme.13Canun e gli abitanti di Zanòach restaurarono la porta della Valle; la ricostruirono, vi posero i battenti, le serrature e le sbarre. Fecero inoltre mille cubiti di muro fino alla porta del Letame.14Malchia figlio di Recàb, capo del distretto di Bet-Kerem, restaurò la porta del Letame; la ricostruì, vi pose i battenti, le serrature e le sbarre.15Sallùm figlio di Col-Coze, capo del distretto di Mizpà, restaurò la porta della Fonte; la ricostruì, la coprì, vi pose i battenti, le serrature e le sbarre. Fece inoltre il muro della piscina di Siloe, presso il giardino del re, fino alla scalinata per cui si scende dalla città di Davide.16Dopo di lui Neemia figlio di Azbuk, capo della metà del distretto di Bet-Zur, lavorò alle riparazioni fin davanti alle tombe di Davide, fino alla piscina artificiale e fino alla casa dei Prodi.17Dopo di lui lavoravano alle riparazioni i leviti, sotto Recum figlio di Bani; accanto a lui lavorava per il suo distretto Casabià, capo della metà del distretto di Keilà.18Dopo di lui lavoravano alle riparazioni i loro fratelli, sotto Binnui figlio di Chenadàd, capo dell'altra metà del distretto di Keilà;19accanto a lui Ezer figlio di Giosuè, capo di Mizpà, restaurava un'altra parte delle mura, di fronte alla salita dell'arsenale, all'angolo.20Dopo di lui Baruch figlio di Zaccai ne restaurava con ardore un'altra parte dall'angolo fino alla porta della casa di Eliasìb sommo sacerdote.21Dopo di lui Meremòt figlio di Uria, figlio di Akkoz, ne restaurava un'altra parte, dalla porta della casa di Eliasìb fino all'estremità della casa di Eliasìb.22Dopo di lui lavoravano i sacerdoti che abitavano la periferia.23Dopo di loro Beniamino e Cassùb lavoravano di fronte alla loro casa. Dopo di loro Azaria figlio di Maaseia, figlio di Anania, lavorava presso la sua casa.24Dopo di lui Binnui figlio di Chenadàd restaurò un'altra parte delle mura, dalla casa di Azaria fino alla svolta, cioè all'angolo.25Palal figlio di Uzai lavorò di fronte alla svolta e alla torre sporgente dal piano di sopra della reggia, che dà sul cortile della prigione dopo di lui lavorava Pedaia figlio di Pareos.26Gli oblati che abitavano sull'Ofel, lavoravano fin davanti alla porta delle Acque, verso oriente, e di fronte alla torre sporgente.27Dopo di loro quelli di Tekòa ne restaurarono un'altra parte, di fronte alla gran torre sporgente e fino al muro dell'Ofel.28I sacerdoti lavoravano alle riparazioni sopra la porta dei Cavalli, ciascuno di fronte alla sua casa.29Dopo di loro Zadòk figlio di Immer lavorava di fronte alla sua casa. Dopo di lui lavorava Semaia figlio di Secania, custode della porta d'oriente.30Dopo di lui Anania figlio di Selemia e Canun sesto figlio di Zalaf restaurarono un'altra parte delle mura. Dopo di loro Mesullàm figlio di Berechia lavorava di fronte alla sua stanza.31Dopo di lui Malchia, uno degli orefici, lavorava fino alla casa degli oblati e dei mercanti, di fronte alla porta della Rassegna e fino al piano di sopra dell'angolo.32Gli orefici e i mercanti lavorarono alle riparazioni fra il piano di sopra dell'angolo e la porta delle Pecore.
33Quando Sanballàt seppe che noi edificavamo le mura, si adirò, si indignò molto, si fece beffe dei Giudei34e disse in presenza dei suoi fratelli e dei soldati di Samaria: "Che vogliono fare questi miserabili Giudei? Rifarsi le mura e farvi subito sacrifici? Vogliono finire in un giorno? Vogliono far rivivere pietre sepolte sotto mucchi di polvere e consumate dal fuoco?".35Tobia l'Ammonita, che gli stava accanto, disse: "Edifichino pure! Se una volpe vi salta su, farà crollare il loro muro di pietra!".
36Ascolta, Dio nostro, come siamo disprezzati! Fa' ricadere sul loro capo il loro dileggio e abbandonali al saccheggio in un paese di schiavitù!37Non coprire la loro iniquità e non sia cancellato dalla tua vista il loro peccato, perché hanno offeso i costruttori.
38Noi dunque andavamo ricostruendo le mura che furono dappertutto portate fino a metà altezza; il popolo aveva preso a cuore il lavoro.


Salmi 24

1'Di Davide. Salmo.'

Del Signore è la terra e quanto contiene,
l'universo e i suoi abitanti.
2È lui che l'ha fondata sui mari,
e sui fiumi l'ha stabilita.

3Chi salirà il monte del Signore,
chi starà nel suo luogo santo?
4Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna,
chi non giura a danno del suo prossimo.
5Otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
6Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

7Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
8Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e potente,
il Signore potente in battaglia.
9Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
10Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.


Salmi 140

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore, dal malvagio,
proteggimi dall'uomo violento,
3da quelli che tramano sventure nel cuore
e ogni giorno scatenano guerre.
4Aguzzano la lingua come serpenti;
veleno d'aspide è sotto le loro labbra.

5Proteggimi, Signore, dalle mani degli empi,
salvami dall'uomo violento:
essi tramano per farmi cadere.
6I superbi mi tendono lacci
e stendono funi come una rete,
pongono agguati sul mio cammino.

7Io dico al Signore: "Tu sei il mio Dio;
ascolta, Signore, la voce della mia preghiera".
8Signore, mio Dio, forza della mia salvezza,
proteggi il mio capo nel giorno della lotta.

9Signore, non soddisfare i desideri degli empi,
non favorire le loro trame.
10Alzano la testa quelli che mi circondano,
ma la malizia delle loro labbra li sommerge.
11Fa' piovere su di loro carboni ardenti,
gettali nel bàratro e più non si rialzino.
12Il maldicente non duri sulla terra,
il male spinga il violento alla rovina.

13So che il Signore difende la causa dei miseri,
il diritto dei poveri.
14Sì, i giusti loderanno il tuo nome,
i retti abiteranno alla tua presenza.


Geremia 26

1All'inizio del regno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta a Geremia questa parola da parte del Signore.2Disse il Signore: "Va' nell'atrio del tempio del Signore e riferisci a tutte le città di Giuda che vengono per adorare nel tempio del Signore tutte le parole che ti ho comandato di annunziare loro; non tralasciare neppure una parola.3Forse ti ascolteranno e ognuno abbandonerà la propria condotta perversa; in tal caso disdirò tutto il male che pensavo di fare loro a causa della malvagità delle loro azioni.
4Tu dirai dunque loro: Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi5e se non ascolterete le parole dei profeti miei servi che ho inviato a voi con costante premura, ma che voi non avete ascoltato,6io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città un esempio di maledizione per tutti i popoli della terra".
7I sacerdoti, i profeti e tutto il popolo udirono Geremia che diceva queste parole nel tempio del Signore.8Ora, quando Geremia finì di riferire quanto il Signore gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti e i profeti lo arrestarono dicendo: "Devi morire!9Perché hai predetto nel nome del Signore: Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata, disabitata?".
Tutto il popolo si radunò contro Geremia nel tempio del Signore.10I capi di Giuda vennero a sapere queste cose e salirono dalla reggia nel tempio del Signore e sedettero all'ingresso della Porta Nuova del tempio del Signore.11Allora i sacerdoti e i profeti dissero ai capi e a tutto il popolo: "Una sentenza di morte merita quest'uomo, perché ha profetizzato contro questa città come avete udito con i vostri orecchi!".
12Ma Geremia rispose a tutti i capi e a tutto il popolo: "Il Signore mi ha mandato a profetizzare contro questo tempio e contro questa città le cose che avete ascoltate.13Or dunque migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore vostro Dio e il Signore ritratterà il male che ha annunziato contro di voi.14Quanto a me, eccomi in mano vostra, fate di me come vi sembra bene e giusto;15ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, attirerete sangue innocente su di voi, su questa città e sui suoi abitanti, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per esporre ai vostri orecchi tutte queste cose".
16I capi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: "Non ci deve essere sentenza di morte per quest'uomo, perché ci ha parlato nel nome del Signore nostro Dio".
17Allora si alzarono alcuni anziani del paese e dissero a tutta l'assemblea del popolo:18"Michea il Morastita, che profetizzava al tempo di Ezechia, re di Giuda, affermò a tutto il popolo di Giuda: Dice il Signore degli eserciti:

Sion sarà arata come un campo,
Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine,
il monte del tempio un'altura boscosa!

19Forse Ezechia re di Giuda e tutti quelli di Giuda lo uccisero? Non temettero piuttosto il Signore e non placarono il volto del Signore e così il Signore disdisse il male che aveva loro annunziato? Noi, invece, stiamo per commettere una grave iniquità a nostro danno".
20C'era anche un altro uomo che profetizzava nel nome del Signore, Uria figlio di Semaià da Kiriat-Iearìm; egli profetizzò contro questa città e contro questo paese con parole simili a quelle di Geremia.21Il re Ioiakìm, tutti i suoi prodi e tutti i magistrati udirono le sue parole e il re cercò di ucciderlo, ma Uria lo venne a sapere e per timore fuggì andandosene in Egitto.22Allora il re Ioiakìm inviò in Egitto uomini come Elnatàn figlio di Acbòr, e altri con lui.23Costoro fecero uscire dall'Egitto Uria e lo condussero al re Ioiakìm che lo fece uccidere di spada e fece gettare il suo cadavere nelle fosse della gente del popolo.
24Ma la mano di Achikàm figlio di Safàn fu a favore di Geremia, perché non lo consegnassero in potere del popolo per metterlo a morte.


Lettera agli Ebrei 11

1La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono.2Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza.
3Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede.
4Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, attestando Dio stesso di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora.
5Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte; e 'non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via'. Prima infatti di essere trasportato via, ricevette la testimonianza di 'essere stato gradito a Dio'.6Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi infatti s'accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano.
7Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano, costruì con pio timore un'arca a salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede.
8Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
9Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa.10Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
11Per fede anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso.12Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa 'come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare'.
13Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra.14Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria.15Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di ritornarvi;16ora invece essi aspirano a una migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio: ha preparato infatti per loro una città.
17Per fede Abramo, 'messo alla prova, offrì Isacco' e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì 'il suo unico figlio',18del quale era stato detto: 'In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome'.19Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo.
20Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche riguardo a cose future.
21Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e 'si prostrò, appoggiandosi all'estremità del bastone'.
22Per fede Giuseppe, alla fine della vita, parlò dell'esodo dei figli d'Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa.
23Per fede Mosè, appena nato, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello; e non ebbero paura dell'editto del re.
24Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone,25preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato.26Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; guardava infatti alla ricompensa.
27Per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile.
28Per fede celebrò la pasqua e fece l'aspersione del sangue, perché lo sterminatore dei primogeniti non toccasse quelli degli Israeliti.
29Per fede attraversarono il Mare Rosso come fosse terra asciutta; questo tentarono di fare anche gli Egiziani, ma furono inghiottiti.
30Per fede caddero le mura di Gèrico, dopo che ne avevano fatto il giro per sette giorni.
31Per fede Raab, la prostituta, non perì con gl'increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori.
32E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti,33i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni,34spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.35Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.36Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia.37Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati -38di loro il mondo non era degno! -, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra.
39Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa:40Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.


Capitolo LII: L’uomo non si creda meritevole di essere consolato, ma piuttosto di essere colpito

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1. E' giusto, o Signore, quello che fai con me quando mi lasci abbandonato e desolato; perché della tua consolazione o di alcuna tua visita spirituale io non son degno, e non lo sarei neppure se potessi versare tante lacrime quanto un mare. Altro io non merito che di essere colpito e punito, per averti offeso, spesso e in grave modo, e per avere, in molte occasioni peccato grandemente. Dunque, a conti fatti, in verità, io non sono meritevole del minimo tuo conforto. Ma tu, Dio clemente e pietoso, per manifestare l'abbondanza della tua bontà in copiosa misericordia, non vuoi che l'uomo, opera della tue mani, perisca; inoltre ti degni di consolare il tuo servo, anche al di là di ogni merito, in modo superiore all'umano: ché non somigliano ai discorsi degli uomini, le tue parole consolatrici. O Signore, che cosa ho fatto perché tu mi abbia a concedere qualche celeste conforto? Non rammento di aver fatto nulla di buono; rammento invece di essere sempre stato facile al vizio e tardo all'emendamento. Questa è la verità; non posso negarlo. Se dicessi il contrario, tu ti porresti contro di me, e nessuno verrebbe a difendermi. Che cosa ho meritato con i mie peccati, se non l'inferno e il fuoco eterno?

2. Sinceramente lo confesso, io sono meritevole di essere vituperato in tutti i modi, e disprezzato, non già di essere annoverato tra i tuoi fedeli. Anche se questo me lo dico con dolore, paleserò chiaramente, contro di me, per amore di verità, i miei peccati, così da rendermi degno di ottenere più facilmente la tua misericordia. Che dirò, colpevole quale sono, e pieno di vergogna? Non ho la sfrontatezza di pronunziare parola; se non questa soltanto: ho peccato, Signore, ho peccato, abbi pietà di me, dammi il tuo perdono. "Lasciami un poco; lascia che io pianga tutto il mio dolore, prima di andare nel luogo della tenebra, coperto dalla caligine della morte" (Gb 10,20s). Che cosa chiedi massimamente dal colpevole, dal misero peccatore, se non che egli si penta e si umilii per le sue colpe? Dalla sincera contrizione e dall'umiliazione interiore sboccia la speranza del perdono, e ritrova se stessa la coscienza sconvolta; l'uomo riacquista la grazia perduta e trova riparo dall'ira futura. Dio e l'anima penitente si incontrano in un vicendevole santo bacio. Sacrificio a te gradito, o Signore - sacrificio che odora, al tuo cospetto, molto più soave del profumo dell'incenso - è l'umile sincero pentimento dei peccatori. E' questo pure l'unguento gradito che hai voluto fosse versato sui tuoi sacri piedi, giacché tu non hai disprezzato "un cuore contrito ed umiliato" (Sal 50,19). In questo sincero pentimento si trova rifugio dalla faccia minacciosa del nemico. Con esso si ripara e si purifica tutto ciò che, da qualche parte, fu deturpato e inquinato.


Contro Fausto Manicheo - Libro ventottesimo

Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona

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La genealogia di Matteo - dice Fausto - dimostra che Cristo non nacque.

1. FAUSTO " Però non avrebbe potuto morire tranne nel caso che fosse nato ". E io rispondo: neppure avrebbe potuto nascere, tranne nel caso che non fosse Dio. O se poté essere Dio e nascere, perché non poteva anche non nascere e morire? Vedi dunque che su questo tema non è molto utile cercare la consequenzialità, o appoggiarsi alle argomentazioni quando si tratta di cose che riguardano Gesù; si deve piuttosto cercare ciò che egli stesso proclamò di sé, e gli apostoli di lui. Bisogna studiare con attenzione la sua genealogia e vedere se è coerente con se stessa, e non cercare la verità sulla sua nascita partendo dalla congettura della sua passione, visto che avrebbe potuto patire senza essere nato e, essendo nato, non patire, soprattutto perché voi stessi riconoscete che a Dio nulla è impossibile: cosa che sarebbe anch'essa falsa, se si constatasse che, non essendo nato, non poté morire.

Su Cristo, risponde Agostino, solo i Vangeli custoditi dalla tradizione della Chiesa sono autorevoli.

2. AGOSTINO. Ancora una volta, come fai spesso, enunci una cosa che non senti dire da quelli che ti confutano. Nessuno ti dice: " Non poteva morire se non era nato ", visto che Adamo morì, sebbene non fosse nato, ma ti si dice: " Nacque, perché così afferma il santo Vangelo e non un eretico qualsiasi; morì, perché così si legge nel santo Vangelo e non nel libro di qualche eretico ". Ma tu, che proibisci di argomentare quando si tratta di cose che riguardano Gesù, e ritieni che si debba cercare ciò che egli stesso proclamò di sé, e gli apostoli di lui, quando comincerò a leggere il Vangelo di Matteo suo apostolo, in cui si tesse tutto il racconto della sua nascita, dirai subito che quella narrazione non è di Matteo, mentre la Chiesa intera afferma che è di Matteo, essa che con successione sicura discende dalle sedi apostoliche sino ai vescovi attuali. E tu, cosa mi leggerai contro? Magari un libro di Mani, dove si nega che Gesù nacque da una vergine. Come dunque io credo che quel libro è di Mani, poiché a partire dall'epoca in cui Mani viveva nella carne esso è stato custodito e trasmesso sino ai vostri tempi per opera dei suoi discepoli, mediante la successione sicura dei vostri capi, credete dunque anche voi che è di Matteo questo libro, che la Chiesa ha trasmesso senza alcuna interruzione dall'epoca in cui Matteo visse nella carne sino a oggi, mediante una sicura successione di passaggi. Dimmi a quale libro dovremmo piuttosto credere: a quello dell'apostolo, che aveva aderito a Cristo quando egli ancora era sulla terra, o a quello di un non so quale Persiano, che nacque tanto tempo dopo? Ma forse tirerai fuori un altro libro che porta il nome di qualche apostolo che si sa che fu scelto da Cristo, e in esso leggerai che Cristo non nacque da Maria. Poiché necessariamente uno di questi due libri è menzognero, a quale pensi che dobbiamo accordare la nostra fiducia? A quello che la Chiesa, fondata da Cristo, portata avanti per opera degli apostoli mediante una serie sicura di successioni sino ai nostri giorni e diffusa in tutto il mondo, riconosce e approva come trasmesso e custodito sin dall'inizio, oppure a quello che la stessa Chiesa disapprova come sconosciuto, e che per di più è presentato da uomini così veritieri che vantano il fatto che Cristo mentì?

Le contraddizioni tra gli Evangelisti sulla genealogia di Cristo sono solo apparenti.

3. A questo punto dirai: " Si esamini la genealogia contenuta in due libri del Vangelo, per vedere se è coerente ". Su questo abbiamo già detto quel che c'era da dire in un altro punto dell'opera. L'unica cosa che vi preoccupa è come Giuseppe potesse avere due padri. Se pure riflettendo non vi fosse venuto in mente che uno è quello che lo generò e l'altro quello che lo adottò, nemmeno in tal caso avreste dovuto emettere con tanta facilità una sentenza così precipitosa contro un'autorità tanto grande. Se almeno adesso, ammoniti, pensate che ciò sia potuto accadere, credete con tutta semplicità al Vangelo e cessate di argomentare in una maniera così scorretta e perversa!

I racconti dei discepoli unica fonte attendibile per conoscere ciò che Cristo proclamò di se stesso.

4. Quanto poi al fatto che Fausto ritiene che si debba investigare su cosa Gesù proclamò di se stesso, a chi non sembrerà giusto? Ma questo può forse essere appreso diversamente che dal racconto dei suoi discepoli? E se non si crede loro quando annunziano che nacque da una vergine, come si darà loro credito quando annunziano ciò che proclamò di se stesso? Se fossero venuti alla luce scritti che si dicesse essere di Cristo stesso e di nessun altro autore, come poteva avvenire che, se erano veramente suoi, non venissero letti, non venissero accettati, non trovassero posto al culmine sommo dell'autorità nella sua Chiesa, che a partire da lui stesso, attraverso gli apostoli e i vescovi loro successori, si propaga e si dilata fino al tempo presente, essa nella quale si sono già compiute molte cose predette anteriormente, e le rimanenti senza dubbio accadranno e arriveranno sino alla fine? Se quegli scritti venissero addotti, bisognerebbe considerare chi li presenta: se fosse Cristo stesso, senza dubbio avrebbero potuto essere offerti sin dall'inizio a quelli che allora aderivano a lui, e tramite costoro pervenire ad altri. Se così fosse avvenuto, essi risplenderebbero di autorità incontrovertibile, mediante quelle successioni di capi e di popoli che ho ricordato. Chi è dunque tanto folle da credere oggi che esista una lettera di Cristo, portata alla luce da Mani, e da non credere che siano di Cristo i fatti e i detti che Matteo scrisse? O che, se anche dubita che a scriverli fu Matteo stesso, non creda piuttosto che Matteo trovò nella Chiesa ciò che dai tempi suoi sino ad oggi viene proclamato con una serie sicura di successioni, e creda invece a non so quale tizio venuto attraverso la Persia dopo duecento o più anni, che esorta ad aver fiducia in lui in merito a ciò che Cristo disse o fece, quando la Chiesa non avrebbe creduto affatto allo stesso apostolo Paolo, chiamato dal cielo dopo l'ascensione del Signore 1, se egli non avesse trovato apostoli ancora in vita, con i quali, comunicando e confrontando il Vangelo, apparisse che apparteneva alla loro medesima società? Ma quando la Chiesa ebbe accertato che egli annunziava ciò che anche quelli annunziavano, che viveva in comunione e in unità con loro e che anche per opera sua avvenivano segni pari a quelli che essi operavano, in virtù di tale predilezione del Signore lo rivestì di autorità a tal punto che le sue parole vengono oggi udite nella Chiesa come se in lui si udisse parlare Cristo, come egli stesso affermò veracissimamente 2. E Mani pensa che la Chiesa di Cristo debba credere a lui, che parla contro Scritture confermate da un'autorità tanto grande e ordinata! Scritture che gli rammentano con chiarezza che, chiunque annunzi qualcosa di diverso da ciò che ha ricevuto, deve essere scomunicato 3.
I Manichei ritengono attendibili le Scritture solo in quanto concordano con la loro favola.

5. " Ma adduco " - dice - " la ragione per cui dimostro che non si deve credere a quelle Scritture ". Davvero non stai ricorrendo ad argomentazioni? Comunque, anche nella tua stessa argomentazione vieni sconfitto. Alla fin fine, infatti, tutta la tua argomentazione tende a questo: che l'anima creda che la sua infelicità in questo mondo derivi dal fatto che, nella sua miseria, andò in aiuto del suo dio affinché non venisse privato del regno; che creda che la natura e la sostanza di Dio sia mutevole, corruttibile, violabile e insozzabile al punto che una parte di lui non riesce a purificarsi ed egli - che la mescolò a tanta contaminazione pur sapendola innocente in quanto procedeva dalle sue viscere, e priva di peccato nei suoi confronti - la punisce con il supplizio eterno del globo. Questa è la finale di tutte le vostre argomentazioni e favole: magari ne fosse la fine, però nel vostro cuore e nella vostra bocca, così che una volta per tutte smettiate di credere e pronunciare bestemmie così esecrabili! " Ma sulla base di quegli stessi scritti " - dice - " io provo che non sempre si deve credere ad essi, poiché si contraddicono ". Perché non dici piuttosto che non bisogna mai credere ad essi, perché sono testimoni incostanti e contraddittori? " Ma io " - dice - " scelgo ciò che vedo conforme alla verità ". A quale verità? Alla tua favola, s'intende, che all'inizio pone la guerra di dio, a metà la contaminazione di dio e alla fine la condanna di dio. " Mai " - continua - " si presta fede a scritti tra loro contraddittori e contrari ". Ma è ciò che sembrano a te, perché non li comprendi: infatti, ciò che hai addotto perché ti sembrava tale, è stato dimostrato sino a che punto tu non lo comprenda, e sarà dimostrato anche di tutto ciò che ancora addurrai. Non c'è dunque alcun motivo per non credere a Scritture provviste di tanta autorità; e questo è chiaramente il motivo più grande per scomunicare quelli che ci annunziano altro.

Note:

1 - Cf. At 9.

2 - Cf. 2 Cor 13, 3.

3 - Cf. Gal. 1, 8-9.


7 - Si racconta come gli apostoli e i discepoli si riunirono per risolvere alcuni dubbi

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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96. Non appartiene all'intento di questa Storia seguire l'ordine degli Atti né riferire tutto quello che gli apostoli compirono dopo la venuta dello Spirito Santo poiché, seb­bene sia certo che la grande Maestra della Chiesa ebbe no­tizia e conoscenza di ogni cosa, essi operarono sovente in sua assenza, e non è nemmeno possibile illustrare il suo concorso in ogni loro azione, dal momento che sarebbe in­dispensabile comporre parecchi volumi di considerevole mole. Per tessere il mio discorso, basta prendere quanto è necessario dal testo di Luca, e così si capirà molto di ciò che egli omise perché non era utile al suo scopo o non era opportuno che fosse scritto allora.

97. Dunque, mentre continuava la predicazione e la rea­lizzazione di prodigi in Gerusalemme, aumentava il nume­ro dei credenti, i quali presto arrivarono ad essere cinque­mila. Tutti venivano via via catechizzati e in questo erano impegnati specialmente i discepoli, giacché i Dodici an­nunciavano il Vangelo ed avevano alcune controversie con i farisei e con i sadducei. Nel settimo giorno dopo la Pen ­tecoste la Regina degli angeli, trovandosi ritirata nel suo oratorio e considerando come andasse crescendo il piccolo gregge, intensificò le preghiere e supplicò sua Maestà di da­re luce ai suoi ministri affinché disponessero il governo oc­corrente per la sua più sicura direzione. Prostrata a terra lo adorò e gli disse: «Altissimo, io, vile verme, vi lodo e vi esalto per il vostro immenso amore verso il genere umano e per la larghezza della misericordia di Padre che dimo­strate con il chiamare tanti uomini, dilatando l'onore del vostro nome nel mondo. Vi imploro di illuminare i vostri servi, perché siano capaci di fare le scelte adeguate».

98. Subito, egli le rispose apparendole in visione assai propizio: «Maria, sposa mia, che cosa mi domandate? La vostra voce e le vostre ansietà, infatti, sono risuonate dol­ci ai miei orecchi. Esponetemi le vostre richieste, poiché vi esaudirò». Ella proclamò: «Dio mio, padrone di tutto il mio essere, i miei desideri e i miei gemiti non sono na­scosti alla vostra infinita sapienza. Cerco e sollecito il vo­stro maggior compiacimento e la vostra maggior gloria ed esaltazione. Vi presento i figli con i quali così rapidamen­te avete moltiplicato la comunità ecclesiale e la mia brama che ricevano il battesimo, essendo già pronti. Se è vostro beneplacito, inoltre, i sacerdoti comincino a consacrare il corpo e il sangue del vostro e mio Unigenito, affinché con questo mirabile sacrificio vi rendiamo grazie per il benefi­cio della redenzione e per tutti gli altri che ci avete elargi­to per mezzo di essa, come anche affinché questo alimen­to di salvezza eterna nutra quelli tra noi che ne riterrete degni. Io sono polvere e cenere, misera ancella e per di più donna, e conseguentemente non oso proporlo; ispirate voi al vostro vicario di determinare quanto volete».

99. Per la sua prudentissima attenzione e per la sua in­tercessione si celebrò la prima Messa dopo l'ascensione e la discesa del Paràclito, ed era conveniente che il pane del­la vita iniziasse ad essere distribuito per la sua diligenza, poiché ella era la nave ricca e prospera che lo aveva trat­to dal cielo. Pertanto, il supremo sovrano dichiarò: «Co­lomba mia, si adempiano i vostri aneliti: gli apostoli vi par­leranno e tramite loro ordinerete tutto». Immediatamente essi entrarono al cospetto della Vergine, che li accolse in ginocchio con la consueta riverenza e li supplicò di darle la benedizione. Il capo del sacro collegio gliela impartì e quindi le sottopose la proposta di battezzare i catecume­ni, ormai ben istruiti nei misteri del Signore, contrasse­gnandoli come cristiani ed aggregandoli al grembo della Chiesa, e la esortò a stabilire ciò che fosse più saggio e gradito al Creatore. La Madre replicò: «Voi state al posto del Maestro: la sua volontà approverà ogni vostro coman­do e la mia è la sua insieme alla vostra».

100. Allora, egli fissò che l'indomani, domenica della Santissima Trinità, si amministrasse tale sacramento a co­loro che si erano convertiti nella settimana, e tutti furono d'accordo. Sorse poi un ulteriore dubbio sul battesimo, se cioè bisognasse conferire quello di Giovanni o quello di Gesù: alcuni erano orientati verso il primo, che era di pe­nitenza, ritenendo che fosse necessario accedere per que­sta porta alla fede e alla giustificazione delle anime; altri, invece, sostenevano che esso, servito a preparare i cuori per l'avvento di sua Maestà, era venuto meno con la pas­sione e con il nuovo, che lavava i peccati a chi era ben di­sposto e andava dunque subito introdotto.

101. Pietro e Giovanni giudicarono buono quest'ultimo parere e la Regina lo confermò. Riguardo alla materia e alla formula del battesimo, non vi furono divergenze, per­ché tutti convennero che, tenendo conto di quello che ave­va fatto e insegnato il Salvatore, la materia dovesse esse­re semplice acqua pura e la formula la seguente: «Io ti bat­tezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito San­to». Così è sempre stato sino ad oggi e, quando negli Atti si invita ad un battesimo nel nome di Gesù Cristo, si in­tende esclusivamente indicarne l'autore, poiché erano espressamente menzionate le tre Persone divine come fon­damento e principio delle verità cattoliche. Deciso questo, fu decretato che i settantadue discepoli si incaricassero dei catecumeni e il giorno successivo li riunissero tutti nella casa del cenacolo.

102. Maria beatissima, avendone ottenuta licenza, dis­se: «Miei signori, a motivo del suo amore per gli uomini il mio diletto donò il suo sacratissimo corpo e sangue con­segnando se stesso sotto le specie eucaristiche, nelle quali scelse di rimanere tra i suoi perché avessero il nutrimen­to di vita eterna e un pegno sicurissimo di quella che spe­rano in paradiso. L'Altissimo va placato per mezzo di que­sto sacrificio incruento, che contiene i misteri del mio Uni­genito, ed in esso e per esso sarà ringraziato e lodato co­me gli spetta. Voi siete i sacerdoti, i soli che possono of­frirlo: è mio desiderio, con il vostro consenso, che comin­ciate a consacrare il pane e il vino, affinché ci mostriamo riconoscenti del nostro riscatto e dell'invio dello Spirito, come pure affinché i devoti godano di un simile cibo e dei suoi effetti. Di coloro che saranno battezzati, è opportuno che siano ammessi alla comunione quanti sembreranno più capaci e pronti».

103. Tutti si conformarono al suo volere, manifestan­dole gratitudine per il beneficio dei suoi consigli, e deli­berarono che dopo i battesimi Pietro, come sommo pon­tefice, celebrasse la Messa. Egli acconsentì e quindi sollevò un'altra questione, sollecitando una risoluzione circa le mo­dalità di distribuzione delle elemosine e delle ricchezze che erano portate da chi aderiva al Vangelo.

104. Si rivolse così ai suoi compagni: «Carissimi, già vi è noto che il nostro Redentore con l'esempio e con i pre­cetti ci educò all'autentica povertà, nella quale ci è chie­sto di essere liberi e sciolti dalla preoccupazione dei soldi e della roba, senza averne cupidigia e senza accumulare tesori quaggiù. Oltre a questo, abbiamo ancora fresca nel­la memoria la terribile fine di Giuda, che era uno di noi e si è perso infelicemente per la sua avidità, precipitando dalla dignità che gli era stata concessa nell'abisso della mal­vagità e della dannazione. È importante che ci guardiamo da un pericolo tanto spaventoso e che nessuno tra noi pos­sieda o maneggi denaro, perché imitiamo colui che è per noi capo e guida. Tutti voi bramate lo stesso, sapendo che per allontanarci da questo contagio ci è stato posto innanzi agli occhi il rischio e il castigo. Perché dunque restiamo privi dell'impedimento di cui sono causa le elargizioni che ci sono fatte, è indispensabile stabilire per il futuro una forma di amministrazione per gestirle. Determinate ora l'ordine da osservare nel ricevere e nel dare».

105. Ci fu alquanta difficoltà nel prendere una misura adeguata e furono avanzate varie proposte. Alcuni sugge­rirono di nominare un economo, che incassasse e spen­desse rispondendo ai differenti bisogni, ma ciò fu imme­diatamente scartato per il ricordo della sorte del traditore. Ad altri parve bene che si depositasse tutto nelle mani di una persona di fiducia esterna al loro collegio, che ne fos­se assolutamente padrona e soccorresse i fedeli con i frut­ti, e anche su questo furono in dubbio, come sulle idee che seguirono. La Regina dell'umiltà ascoltò in silenzio, sia per prestare riverenza agli apostoli sia perché, qualora avesse illustrato la sua opinione, essi non avrebbero esposto le proprie, ed ella, pur essendo maestra di tutti, si compor­tava come una discepola che ode ed apprende. Pietro e Giovanni, però, scorgendo la diversità degli espedienti che erano presentati, la supplicarono di rischiararli comuni­cando loro che cosa fosse più gradito a suo Figlio.

106. Obbedì subito e proclamò: «Signori e fratelli miei, sono stata alla scuola del nostro vero Maestro dall'istan­te in cui fu generato nel mio grembo sino alla sua cro­cifissione e alla sua ascensione al cielo e, nell'intero cor­so della sua esistenza terrena, non ho visto o udito che toccasse monete o accettasse niente di prezioso. Se ap­pena nato non rifiutò i doni che i re dell'oriente gli porsero adorandolo, decise così per il mistero che signifi­cavano e per non frustrare la pia intenzione di tali pri­mizie delle genti; ma senza indugio, stando sul mio pet­to, mi comandò di ripartirli tra gli indigenti e il tempio. Sovente mi rivelò che, fra gli altri scopi della sua incar­nazione, uno era quello di innalzare la povertà e di far­la imparare ai mortali, che la aborrivano. Con il suo mo­do di agire e con le sue parole, sempre mi palesò che la perfezione che veniva a indicare andava fondata sul di­sprezzo degli averi e sull'estrema povertà volontaria, e che quanto più questa fosse stata grande nella Chiesa tanto più sarebbe stata sublime la santità che non sarebbe mai mancata».

107. «Dovendo noi ricalcare le sue orme ed edificare la comunità sulla sua dottrina e sul suo modello, occorre che tutti l'abbracciamo e la veneriamo come legittima madre delle virtù. Allora, mi sembra che sia giusto distaccare il cuore dall'amore delle ricchezze ed evitare che ci siano consegnati regali di considerevole valore. Affinché l'avari­zia non giunga a infettare alcuno si possono eleggere sei o sette uomini retti e di buona reputazione, che custodi­scano le offerte e i beni di cui i convertiti vorranno spos­sessarsi per essere più sicuri e mettersi senza nulla che li ostacoli sulla strada tracciata dal mio Unigenito. Tutto questo sia chiamato elemosina e non rendita né proven­to, e sia utilizzato per le necessità comuni e per quelle dei miseri e degli infermi; e non ci sia chi dica sua proprietà quanto gli apparteneva. Nel caso che non sia sufficiente, si recheranno a questuare in nome di Dio coloro che sa­ranno stati destinati a ciò, e persuadiamoci che dobbiamo dipendere dalla provvidenza di sua Maestà e non dall'avi­dità o dall'acquistare e dall'ammassare con il pretesto del sostentamento, che va procurato con la confidenza ed even­tualmente con il moderato mendicare».

108. Tutti accolsero senza replicare il suo consiglio, ri­conoscendo che ella era l'unica ed eccellente discepola di Gesù e la maestra dei cristiani. La prudentissima Vergine, per beneplacito superno, non affidò ai Dodici l'insegna­mento della povertà e il consolidamento di questo saldo basamento, giacché un'opera tanto ardua esigeva il mini­stero e l'esempio del Redentore e della sua stessa genitri­ce, che furono i suoi inventori e artefici, come pure i pri­mi a stimarla e professarla, e che poi furono seguiti da co­storo e dagli altri. Un simile stile perseverò per numerosi anni, ma successivamente, per la fragilità umana e per la malizia del nemico, essa non si conservò più in tutti e fi­nalmente si restrinse al solo stato ecclesiastico. Il tempo rese difficile o impossibile viverla anche all'interno di que­sto e l'Onnipotente fece sorgere vari ordini religiosi, dove, con qualche differenza tra l'uno e l'altro, risuscitò e si rin­novò in tutto o quasi. Per tale via sussisterà sino alla fine, e godrà dei suoi privilegi colui che la sceglierà e onorerà in misura maggiore o minore. Nessuna condizione di vita approvata è esclusa dalla perfezione proporzionata, per cui nessuno ha scusanti per non cercare la più alta alla quale possa arrivare; come nella casa del Padre vi sono molti po­sti` così vi sono molti gradi, affinché ciascuno abbia quel­lo che gli spetta. Convinciamoci che il primo passo nell'i­mitazione del Salvatore è la povertà volontaria, e chi sarà più libero camminerà più speditamente per avvicinarsi a lui e partecipare con abbondanza delle altre virtù.

109. La riunione terminò e furono designate sei per­sone avvedute per interessarsi delle donazioni. La nostra Regina domandò la benedizione agli apostoli, che andarono a continuare la loro missione, mentre i settantadue an­darono a dedicarsi a quanti sarebbero stati battezzati l'in­domani. Quindi, con l'aiuto dei suoi angeli e delle Marie, ordinò e adornò la sala in cui il Signore aveva celebrato le cene, spazzandola e pulendola di sua propria mano per­ché vi potesse nuovamente aver luogo la consacrazione, e ottenne dal padrone, che aveva sommo ossequio per lei, che fosse addobbata come il giovedì santo. Preparò il pa­ne azzimo e il vino, nonché il piatto e il calice che erano stati usati in tale occasione, portò acqua pura e sistemò vasche nelle quali i catecumeni avessero modo di immer­gersi con decoro e facilità. Quando tutto fu pronto, si ri­tirò e passò la notte in ardentissimi slanci, in genuflessio­ni, in ringraziamenti e in altri esercizi, stando in profon­do raccoglimento e offrendo all'Eterno tutto quello che nel­la sua sublime sapienza comprese essergli gradito, per di­sporsi convenientemente alla comunione che aspettava e perché anche gli altri lo compiacessero nel farlo.

110. Al mattino del giorno dopo, che era l'ottava della Pentecoste, si radunarono tutti presso il cenacolo e Pietro predicando spiegò ai convertiti la natura e il valore del bat­tesimo, la necessità che ne avevano e gli effetti che avreb­bero conseguito venendo contrassegnati come membra del corpo mistico della Chiesa, con il carattere di figli di Dio e di eredi della sua gloria, per mezzo della grazia giustifi­cante e della remissione dei peccati. Li esortò al rispetto della legge divina, a cui si obbligavano spontaneamente, e all'umile gratitudine per questo e per gli altri favori che erano loro elargiti. Illustrò inoltre la verità del mistero del­l'eucaristia, affinché tutti lo venerassero e quelli che erano chiamati a ciò vi si accostassero.

111. I catecumeni, che avevano ascoltato con cuore aperto e sincero e nei quali la grazia interiore era assai co­piosa, furono infervorati dalle sue parole, vive e penetran­ti. Incominciò quindi il rito battesimale, con ammirevole compostezza e devozione: entravano da una porta e usci­vano da un'altra già rigenerati in Cristo, guidati senza con­fusione dai discepoli e dagli altri fedeli. A tutto era pre­sente Maria beatissima, benché appartata in un angolo ad innalzare suppliche e cantici di lode. Ella intendeva il gra­do maggiore o minore di virtù che era infuso nelle anime e osservava che esse, rinnovate e lavate nel sangue dell'A­gnello, diventavano candide e immacolate. A testimonian­za di questo, a tutti era visibile su ciascuno una luce vivi­dissima proveniente dall'alto. Con una simile meraviglia sua Maestà volle autorizzare il principio di tale sacramen­to e consolare quei primi figli che mediante esso furono introdotti nella Chiesa, come pure noi che siamo giunti ad avere questa fortuna, che consideriamo e apprezziamo mol­to meno di quanto dovremmo.

112. Furono infine battezzate tutte quelle cinquemila persone e, mentre erano occupate nel rendimento di gra­zie per un così mirabile beneficio, gli apostoli con gli al­tri adorarono prostrati al suolo il Signore infinito e im­mutabile e confessarono la propria indegnità di riceverlo nell'augustissimo sacramento dell'altare. Con questa pietà e umiltà fecero la preparazione prossima per la comunio­ne e ripeterono le orazioni e i salmi che il Maestro aveva recitato durante l'ultima cena, imitando in tutto ciò che gli avevano visto compiere. Pietro prese nelle sue mani il pa­ne azzimo e, alzati gli occhi al cielo, con straordinaria ri­verenza pronunciò su di esso le parole consacratorie. In quell'istante la stanza si riempì di un'innumerevole molti­tudine di angeli e di un grande splendore, che si diresse specialmente verso la Regina dell'universo. Poi egli, con­sacrato anche il vino, sollevò il sacratissimo corpo e san­gue affinché tutti lo onorassero. Comunicò dunque se stesso e subito i suoi undici compagni, precedentemente con­vinto dalla Vergine, che seguì immediatamente dopo assi­stita dai ministri superni e che avvicinandosi si abbassò per tre volte con la faccia a terra.

113. Ella tornò al suo posto e non è possibile espri­mere quello che accadde in lei: fu totalmente trasformata, elevata e rapita nell'incendio dell'amore del suo Unigenito, di cui divenne partecipe con l'assunzione del suo corpo. Rimase sublimata e assorta, ma per sua volontà i custodi la coprirono perché nessuno prestasse troppa attenzione a quanto avrebbe potuto ravvisare. Si comunicarono quindi i discepoli, coloro che per primi avevano abbracciato il Vangelo e mille dei cinquemila battezzati, non essendo tut­ti sufficientemente pronti. Agli apostoli, alla Signora e ai centoventi sui quali era disceso lo Spirito furono date en­trambe le specie, mentre gli altri ebbero soltanto il pane. Tale differenza non fu fatta perché questi fossero meno de­gni di una delle due specie che dell'altra, bensì perché, es­sendo stato ammesso che in qualsiasi specie c'era una me­desima cosa per intero, non era necessario agire diversa­mente con loro, e altrimenti nell'avvenire per la gente ci sarebbe stato pericolo di mancanza di riguardo e di ulte­riori inconvenienti gravissimi. Nella comunità primitiva c'era il costume che esclusivamente i celebranti si comu­nicassero sotto le due specie, anche se per qualche tempo ci furono delle eccezioni; però, quando la lieta novella si fu diffusa in tutto il mondo, fu opportunamente stabilito per ispirazione divina che i laici ricevessero solo il sacro corpo. Tanta è la circospezione della santa Chiesa cattoli­ca romana! .

114. Il vicario di Cristo concluse la Messa con alcune preghiere di ringraziamento e implorazione, poiché non ne era ancora stato fissato con esattezza il rito, definito suc­cessivamente in modo estremamente felice e saggio. Dopo un momento di raccoglimento, essendo ormai passato mezzogiorno, i Dodici uscirono per dedicarsi ad altro e per nu­trirsi. Maria manifestò a nome di tutti gratitudine al som­mo sovrano, che se ne compiacque ed accettò le richieste che ella gli rivolse per i devoti presenti e futuri.

 

Insegnamento della Regina del cielo

115. Carissima, sebbene finché sei viatrice tu non sia in grado di ponderare il mio enorme affetto per l'umanità, ol­tre a quanto hai appreso voglio palesarti per tua maggio­re istruzione che l'Onnipotente, allorché nell'empireo mi conferì il titolo di Madre e maestra dei credenti, mi infu­se una partecipazione ineffabile della sua infinita benignità e misericordia nei confronti dei figli di Adamo. Essendo io una semplice creatura e il beneficio immenso, per la for­za che esso esercitava in me avrei sovente perso la vita se non mi fosse stata conservata miracolosamente. Speri­mentavo frequentemente questi effetti nella riconoscenza per l'ingresso delle anime nel gregge del Redentore e poi nella gloria, perché ero l'unica a intendere pienamente una simile fortuna e ad attribuirle il giusto peso, con profon­do fervore e con umiltà. Perciò, sarei venuta meno so­prattutto quando domandavo la conversione dei peccatori e quando qualcuno dei fedeli andava verso la rovina. Fra il giubilo e la pena pativo assai più dei martiri in tutti i loro tormenti, giacché operavo per ciascuno in maniera ec­cellente e soprannaturale. Tanto mi devono gli uomini, es­sendomi spesso offerta di morire per loro! Nello stato in cui sono ora non mi è più possibile, ma la carità con la quale sollecito la loro salvezza non è minore, ed anzi è più alta e più perfetta.

116. Se provavo questo per il prossimo, ti sarà eviden­te l'intensità del mio ardore per Gesù nell'accoglierlo in me sotto forma di sacramento. Al proposito ti rivelerò un se­greto in ordine a ciò che mi successe la prima volta che mi fu donata l'eucaristia dalle mani di Pietro: in quell'oc­casione sua Maestà concesse così grande spazio alla vio­lenza dei miei sentimenti che il mio cuore realmente si aprì perché secondo il mio desiderio egli entrasse come re nel suo legittimo trono e tabernacolo. Ti sarà quindi chia­ro che, qualora nel gaudio perenne si potesse avvertire sof­ferenza, niente me ne procurerebbe di più della spavento­sa villanìa e audacia di coloro che si accostano ad essa gli uni immondi e impuri, gli altri senza riverenza e rispetto e quasi tutti senza discernere il valore di quel boccone che è lo stesso Dio, o per l'eterna vita o per l'eterna morte.

117. Guardati dunque da questa temerarietà, commise­rala in innumerevoli cristiani supplicandone il rimedio e tramite gli insegnamenti che ti sto dando renditi degna di penetrare tale mistero di amore. Per riceverlo, scaccia dal­la tua mente ogni immagine di cosa terrena e non presta­re attenzione ad altro che al medesimo Signore incom­mensurabile ed incomprensibile. Spingiti al di là delle tue capacità nella carità, nell'umiltà e nella gratitudine, poiché tutto sarà meno del dovuto. Per disporti meglio, ti serva da esempio e da specchio il mio comportamento, e parti­colarmente in questo imitami interiormente come fai este­riormente con le tre umiliazioni corporali. Mi è anche gra­dita la quarta che hai aggiunto per venerare nelle sacre specie la parte della mia sostanza che vi si trova, avendo il mio Unigenito preso carne e sangue dalle mie viscere ed essendo egli cresciuto con il mio latte. Se ti affliggeresti molto vedendo calpestare con disprezzo e per ignominia il pane e il vino consacrati, bisogna che ti rattristi e gema pure sapendo che oggi parecchi membri della Chiesa li trat­tano senza alcun timore e decoro. Piangi questa sciagura, piangi perché sono in pochi a piangerla e piangi perché restano frustrati i fini così bramati dalla sconfinata tene­rezza del tuo Maestro. E affinché tu pianga più amara­mente, ti comunico che, come nella comunità primitiva erano tanti quelli che giungevano alla beatitudine, adesso lo sono quelli che si dannano; non ti manifesto, però, quan­to accade ogni giorno, dal momento che ne moriresti di dolore. Ciò avviene poiché si seguono le tenebre, si ha ca­ra la vanità, si cercano le ricchezze e generalmente si ap­petisce il diletto sensibile e ingannevole, che acceca e oscu­ra l'intelletto in modo tale che questo poi non conosce la luce, né distingue il bene e il male, né capisce la verità e la dottrina evangelica.


7-50 Ottobre 5, 1906 Gesù è padrone dell’anima.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando il mio solito stato, mi sono trovata fuori di me stessa insieme con Gesù bambino. Questa volta pareva che teneva voglia di voler scherzare, si stringeva al mio petto, nelle mie braccia, e mentre mi guardava con tanto amore, ora mi stringeva, ora con la sua testolina mi spingeva quasi urtandomi, ora mi baciava sì forte che pareva che mi volesse chiudere ed immedesimare dentro di Sé, e mentre ciò faceva io vi sentivo gran dolore, e tanto, che mi sentivo venire meno, e Lui ad onta che mi vedeva così soffrire non mi dava retta, anzi se vedeva nel mio volto che mostravo di soffrire, ché io non ardivo dirle niente, si faceva più forte, mi faceva soffrire di più. Ora, dopo che si è sfogato ben bene mi ha detto:

(2) “Figlia mia, Io sono il padrone di te, e posso fare di te quello che voglio. Or, sappi che essendo tu cosa mia, non sei più padrona di te, e se arbitri che cosa, anche d’un pensiero, d’un desiderio, d’un palpito, sappi che me ne fai un furto”.

(3) In questo mentre vedevo il confessore che non stando bene voleva come sgravare le sue sofferenza sopra di me, e lui tutto in fretta con la mano lo respingeva, ed ha detto:

(4) “Prima devo sgravarmi Io delle mie pene, che sono molte, e poi tu”.

(5) E mentre ciò diceva si è avvicinato alla mia bocca ed ha versato un liquore amarissimo, ed io poi gli ho raccomandato il confessore, pregandolo che lo toccasse con la sua manina, e che lo facesse star bene. L’ha toccato ed ha detto: “Sì, sì”. Ed è scomparso.