Guida del monastero di Mar Elian e della parrocchia di Qaryatayn, vicino Palmira, padre Jacques Mourad è stato rapito dai membri dello Stato Islamico il 21 maggio 2015. È rimasto nelle loro mani per quattro mesi e venti giorni, più di 140 giorni, prima di tornare, il 10 ottobre, al “mondo libero”.
Minacciato varie volte di decapitazione se non si fosse convertito all’islam, frustato e soggetto a una falsa esecuzione, ha vissuto un’esperienza di prigionia che è stata una vera Via Crucis. In un’intervista rilasciata a L’Orient, Le jour ha raccontato quello che ha vissuto.
“La prima settimana è stata la più difficile. Dopo essere stato tenuto per molti giorni in una macchina, la domenica di Pentecoste sono stato portato a Raqqa. Ho vissuto quei primi giorni di prigionia diviso tra paura, rabbia e vergogna”, ha affermato.
L’ottavo giorno, un uomo vestito di nero è entrato nella sua cella. Il sacerdote pensava che la sua fine fosse ormai vicina, ma l’uomo ha avviato una conversazione. Padre Mourad ha chiesto perché era stato rapito. “Consideralo un ritiro spirituale”, ha risposto il suo carceriere.
Quando insegnavo alle scuole elementari a Miami per Teach for America, ho vissuto un momento difficile. Lavoravo in una scuola di un quartiere degradato, i miei allievi erano bel al di sotto della preparazione che avrebbero dovuto avere e io mi sentivo sopraffatta e perduta.
Avevo acconsentito di insegnare per due anni, ma pensavo di andarmene dopo il primo anno. Ero emotivamente e fisicamente esausta.
Mia madre mi inviò una citazione di Winston Churchill per incoraggiarmi:
“Mai arrendersi, mai arrendersi, mai, mai, mai, in nessuna cosa, importante o insignificante, grande o piccola, MAI ARRENDERSI”.
Questa citazione mi ha fatto andare avanti.
Dobbiamo adesso domandarci esplicitamente: la fede cristiana è anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita? È essa per noi «performativa» – un messaggio che plasma in modo nuovo la vita stessa, o è ormai soltanto «informazione» che, nel frattempo, abbiamo accantonata e che ci sembra superata da informazioni più recenti? Nella ricerca di una risposta vorrei partire dalla forma classica del dialogo con cui il rito del Battesimo esprimeva l’accoglienza del neonato nella comunità dei credenti e la sua rinascita in Cristo. Il sacerdote chiedeva innanzitutto quale nome i genitori avevano scelto per il bambino, e continuava poi con la domanda: «Che cosa chiedi alla Chiesa?». Risposta: «La fede». «E che cosa ti dona la fede?» «La vita eterna».
La notte degli attentati di Parigi, all’iniziale sconcerto ha fatto posto la preghiera. A lungo non sono riuscito a distogliere lo sguardo dallo schermo per l’inquietudine di non sapere come sarebbe andata a finire, fino a che punto si sarebbe spinto quell’atto di guerra e a quale costo definitivo di vite umane. Quando, però, mi sono accorto che quella partecipazione passiva cedeva alla curiosità, ho pensato che avrei potuto portare un po’ d’acqua fino a Parigi spegnendo la Tv e chiedendo aiuto a Dio. E come il bambino piccolo, sconcertato di fronte a un problema più grande di lui, a un dolore fino a quel momento sconosciuto che lo rende inerme, sono corso fra le braccia di mia Madre.
È per situazioni e tempi come questi che si verificano le apparizioni della Vergine: qualora non siamo capaci di vedere con gli occhi del cuore Lei, che è Madre, ci dà qualche segno della presenza di un Padre nei Cieli, oltre le coltri della nostra indifferenza.