(1) Essendo venuto il confessore, mi ha domandato se avessi fatto l’ubbidienza, ed avendogli detto la cosa come era andata, ha rinnovato l’ubbidienza che assolutamente non dovessi discorrere con Gesù, mio solo ed unico conforto, e che dovevo cacciarlo se veniva. Ed ecco che avendo capito che l’ubbidienza era vera che mi si dava, nel mio interno ho detto il “Fiat Voluntas Tua”, anche in questo; ma, oh! quanto mi costa, e che crudele martirio, mi sento come un chiodo fitto nel cuore, che me lo trapassa da parte a parte; e siccome il cuore abituato a chiedere e desiderare Gesù continuamente, tanto che come è continuo il respirare ed il palpitare, così mi pare che è continuo il desiderare e volere il solo mio bene, quindi, voler impedire questo, sarebbe lo stesso che voler impedire ad un’altro il respirare ed il palpitare del cuore, come si potrebbe vivere? Eppure bisogna far prevalere l’ubbidienza. Oh! Dio, che pena, che strazio atroce! Come impedire al cuore che chiedesse la sua stessa vita? Come frenarlo? La volontà si metteva con tutta la sua forza a frenarlo, ma siccome ci voleva gran vigilanza e continuamente, di tanto in tanto si stancava e si avviliva ed il cuore faceva la sua scappata e chiedeva Gesù, la volontà avvertendosi di questo si metteva con maggior forza a frenarlo; ma che, ci perdeva spesso spesso; quindi, mi pareva che facessi continui atti di disobbedienza. Oh! in quali contrasti, che guerra sanguinolenta, che agonie mortali soffriva il mio povero cuore! Mi trovavo in tali strettezze ed in tali sofferenze, che credevo che se ne andasse la vita, eppure era questo un conforto per me, se potessi morire. Ma no, quello che era più, che si sentivo pene di morte, ma senza poter morire.
(2) Onde, dopo aver versato lacrime amarissime tutto il giorno, la notte trovandomi nel mio solito stato, il mio sempre benigno Gesù è venuto, ed io, costretta dall’ubbidienza gli ho detto: “Signore, non ci venite, che l’ubbidienza non vuole!”
(3) E Lui compatendomi e volendomi fortificare nelle sofferenze che mi trovavo, con la sua mano creatrice ha segnato la mia persona con segno grande di croce e mi ha lasciato.
(4) Ma chi può dire il purgatorio in cui mi trovavo? Il più era che non potevo slanciarmi verso il mio sommo ed unico bene. Ah! si, mi era negato di chiedere e desiderare Gesù! Ah! quelle anime benedette del purgatorio le viene permesso di chiedere, di slanciarsi, di sfogarsi verso il sommo bene, solo che le viene vietato il prenderne possesso, a me, no, mi era negato anche questo conforto. Quindi, tutta la notte non ho fatto altro che piangere, quando la mia debole natura non ne poteva più, l’amabile Gesù è ritornato in atto di voler parlare con me ed io subito, ricordandomi dell’ubbidienza, che vuole soprattutto regnare, gli ho detto: “Cara mia Vita, non posso parlare e non ci venite, che l’ubbidienza non vuole. Se volete far capire la vostra Volontà, andate da loro”.
(5) Mentre così dicevo, ho visto il confessore e Gesù avvicinatosi a lui gli ha detto: “Questo è impossibile, alle anime mie le tengo tanto immerse in me, da formare una stessa sostanza, tanto che non si discerne più l’una dall’altra, e come quando si uniscono due sostanze insieme, una si trasmette nell’altra, e dopo, anche a volerle separare, riesce inutile anche il pensarlo, così è impossibile che le anime mie possano stare separate da me”.
(6) E detto questo si è partito, ed io sono lasciata in più afflizione di prima, il cuore mi batteva tanto forte, che mi sentivo crepare il petto. Dopo ciò, non so dire come, mi sono trovata fuori di me stessa e dimenticandomi, non so come, dell’ubbidienza ricevuta, ho girato la volta dei cieli piangendo, gridando e cercando il mio dolce Gesù. Quando al meglio me l’ho visto venire, gettandosi fra le mie braccia, tutto acceso e languendo; subito mi sono ricordata del comando ricevuto e gli ho detto: “Signore, non volermi tentare questa mattina, non sapete che l’ubbidienza non vuole?”
(7) E Lui: “Mi ha mandato il confessore, perciò sono venuto”.
(8) Ed io: “Non è vero, siete forse qualche demonio, che volete ingannarmi e farmi mancare all’ubbidienza?”
(9) E Gesù: “Non sono demonio”.
(10) Ed io: “Se non siete demonio, facciamoci a vicenda il segno di croce”. E così ci siamo segnati tutti e due con la croce. Poi ho seguitato a dirgli: “Se è vero che ti ha mandato il confessore, andiamo da lui, affinché possa lui stesso vedere se siete Gesù Cristo oppure demonio, ed allora posso essere sicura”.
(11) Così siamo andati dal confessore e siccome era da bambino, l’ho dato in braccia a lui, dicendogli: “Padre, vedete voi stesso, è il mio dolce Gesù, o no?”
(12) Ora, mentre Gesù benedetto stava col padre, gli ho detto: “Se siete veramente Gesù, baciate la mano al confessore”. E nella mia mente pensavo che se fosse il Signore, aveste fatto quella umiliazione di baciare la mano, ma se era demonio, no. E Gesù si la baciò, ma non all’uomo, ma alla potestà sacerdotale, così la ha baciato. Dopo ciò, pareva che il confessore lo scongiurasse per vedere se fosse demonio, e non trovandolo tale, lo ha restituito a me. Ma con tutto ciò, il mio povero cuore non poteva godere gli amplessi del mio diletto Gesù, perché l’ubbidienza lo teneva come legato, inceppato, più che non ci stava nessun ordine in contrario ancora, quindi non ardiva di sfogarsi, neppure di dire una parola d’amore...
(13) Oh santa obbedienza! quanto tu sei forte e potente! Io ti veggo in questi giorni di martirio innanzi a me come un guerriero potentissimo, armato dalla testa ai piedi di spade, di saette, di frecce, ripieno di tutti quegli strumenti atti a ferire, e quando vedi che il mio povero cuore stanco e basso vuole sollevarsi, cercando il suo refrigerio, la sua vita, il centro a cui si sente tirare come da calamita, tu, guardandomi con mille occhi, da tutte parti mi ferisci con ferite mortali. Deh! abbi pietà di me e non essere meco tanto crudele!
(14) Ma mentre ciò dico, la voce del mio adorabile Gesù mi si fa sentire al mio orecchio che dice:
(15) “L’ubbidienza fu tutto per Me, l’ubbidienza voglio che sia tutto per te. L’ubbidienza mi fece nascere, l’ubbidienza mi fece morire; le piaghe che tengo nel mio corpo sono tutte ferite e segni che mi fece l’ubbidienza. Con ragione hai tu detto che è un guerriero potentissimo, armato d’ogni specie di armi atte a ferire, perché in Me non mi lasciò neppure una goccia di sangue, mi svelse a brani le carni, mi slogò le ossa, e il mio povero cuore affranto, sanguinolento, andava cercando un sollievo da chi avesse di Me compassione. L’ubbidienza, facendosi con Me più che crudele tiranno, allora si contentò quando mi sacrificò sulla croce e vittima mi vide spirare per suo amore. E perché ciò? Perché l’uffizio di questo potentissimo guerriero è di sacrificare le anime, quindi non fa altro che muovere guerra accanita a chi tutto non si sacrifica per lei, onde non ha nessun riguardo se l’anima soffre o gode, se vive o muore, i suoi occhi sono intenti a vedere se lei vince, che delle altre cose non si briga di curare. Onde il nome di questo guerriero è “vittoria”, perché tutte le vittorie concede all’anima obbediente, e quando pare che questa muore, allora incomincia la vera vita. E che cosa non mi concesse l’obbedienza di più grande? Per suo mezzo vinsi la morte, sconfissi l’inferno, sciolsi l’uomo incatenato, aprii il Cielo e, come Re vittorioso presi possesso del mio regno, non solo per Me, ma per tutti i miei figli che avrebbero profittato della mia Redenzione. Ah! si, è vero che mi fece costare la vita, ma il nome obbedienza mi risuona dolce al mio udito e perciò tanto amore prendo a quelle anime che sono obbedienti”.
(16) Riprendo a dire dove ho lasciato.
(17) Dopo poco è venuto il confessore ed avendogli detto tutto ciò che ho detto disopra, mi ha rinnovato l’obbedienza che avessi continuato l’istesso, ed avendogli detto: “Padre, permettete almeno di darmi la libertà al cuore di chiedere a Gesù, che l’ubbidienza di dire quando viene, non ci venite e non posso discorrere, la faccio”.
(18) E Lui: “Fa quanto puoi a frenarlo, e quando non puoi, allora dagli libertà”.