(1) Quest’oggi, senza farmi tanto aspettare, Gesù è venuto subito e mi ha detto:
(2) “Tu sei il mio tabernacolo; tanto è per Me stare nel sacramento, quanto nel tuo cuore, anzi, in te si trova un’altra cosa di più, che è il poterti partecipare le mie pene ed averti insieme con Me vittima vivente innanzi alla divina giustizia, ciò che non trovo nel sacramento”.
(3) E mentre diceva queste parole, si è rinchiuso dentro di me. Stando dentro di me, Gesù mi faceva sentire ora le punture delle spine, ora i dolori della croce, gli affanni e le sofferenze del cuore. Intorno al suo cuore vedevo un intreccio di punture di ferro che faceva soffrire molto a Gesù. Ah! quanta pena mi faceva vederlo tanto soffrire, avrei voluto io tutto soffrire anziché far soffrire il mio dolce Gesù, e di cuore l’ho pregato che a me desse le pene, a me il patire. Gesù mi ha detto:
(4) “Figlia, le offese che più trafiggono il mio cuore sono le Messe sacrilegamente dette, e le ipocrisie”.
(5) Chi può dire quello che compresi in queste due parole? A me più pareva che esternamente si fa vedere che si ama, si loda il Signore, ed internamente si ha il veleno pronto per ucciderlo; esternamente si fa vedere che si vuole la gloria, l’onore di Dio, internamente si cerca l’onore, la stima propria. Tutte le opere fatte con ipocrisia, anche più sante, sono opere tutte avvelenate che amareggiano il cuore di Gesù.