... Ho fame del dolore dell'umanità. Quel dolore è tutto per me, senza
essere a mio beneficio. Lo esige da me la Vita divina. lo, da me, mi
scoraggio per non poter soffrire e muoio per non saper amare. Quando,
nel deserto immenso, il cuore e l'anima mia gridano al Cielo per
chiedere soccorso, senza riceverlo né da Dio né dagli uomini, rimango
come disorientata e smarrita. Ma la fame della croce e dell'amore a
Gesù sorge repentinamente, risvegliandomi nuovi ardori; mi abbraccio
con più forza a quanto mi dà il Signore; mi indugio nella seguente
riflessione: « Perdonami, Gesù, le mie sfinitezze; perdonami quanto può
dispiacerti; dammi la grazia di non offenderti. Ti ho conosciuto così
presto e non ho ancora incominciato ad amarti! Quanto sono ingrata!
Voglio vivere una vita nuova. Abbi pietà di me ». Ho provato tanta
nostalgia di alimentarmi. Senza volerlo, mi causa lacrime; tutto fa
parte della mia croce. Benedetto sia il Signore!
Il sangue e gli strumenti dolorosi di Mammina, che Ella dal Suo Cuore
ha passato al mio, sono sempre motivo di sofferenza infinita. Il mio
cuore deve dare molti, molti virgulti e fare sì che crescano e
fioriscano. Ma, poveretta, non sono capace di nulla. Che pena provo di
non essere per Gesù e Mammina quello che Essi vogliono e desiderano!
Non so cosa sento inoltre nel cuore: mi pare che abbia dentro qualcuno
che, come i pescatori, lancia reti e reti per catturare questo mondo
Ammenso di anime'. Quante più reti escono dal cuore, tante più ne ha da
lanciare. E quali ansie, infinitamente grandi, di averle tutte colme!
Che compito! Che stanchezza incessante! Io abito nelle mie torri, in
quelle torri di cui non parlo da molto tempo. Sono all'ultimo piano che
è giunto all'altezza massima. Ho paura di abitarvi: là non esiste luce;
tutto si spense, morì. Sento che nessuno sa della loro esistenza. Io
sono ignorante e sono morte: l'ignorante, nulla dice, e la morte non
parla. Che cosa mi aspetta, mio Dio!
Mi pare di avere orecchie in ogni parte della terra e da ogni parte odo
voci di dolore e di paura spaventosa. Tutto il mio essere sembra venire
punto da una pioggia di spine acute, che lo perforano. Il cuore e
l'anima piangono colmi di agonia e la giustizia del Signore mi
sotterra, mi sprofonda negli abissi, mi disfa sotto il suo peso.
Ieri passai la giornata fissando l'Orto e bramandolo. A notte,
prostrata in agonia, dall'Orto vidi il Calvario, la croce ed i
maltrattamenti che mi attendevano. Non mi preoccupava ciò che dovevo
soffrire: bramavo volare incontro alla sofferenza per dare la vita. In
queste ansie mi lasciai catturare, condannare; assunsi su di me ogni
peccato e debito umano... (diario, 18-1-1952).