... Mi pare di non conoscere Dio e di non averne mai sentito parlare.
Dove è andato, dov'è la Sua luce? Gesù, aiutami! Aiutami Mammina in
così dolorose tenebre, in così tremenda morte! Sono sull'alto delle mie
torri moribonde. I venti soffiano, le onde agitatissime del mare
tentano sommergermi; pare che in mezzo al mare sia stata eretta la più
alta e spaventosa montagna. Tutte le specie di belve se ne sono
impadronite per divorarmi. Le onde agitate paiono toccare il cielo:
coprono tutto, distruggono tutto; soltanto le fiere conservano il loro
furore contro di me. Ho perso tutto, in me tutto è morto; sembra morta
in me persino la fede. Abbandonata nei Cuori di Gesù e di Mammina,
ripeto: « Non ho volere, voglio ciò che Essi vogliono; vado dove essi
vogliono condurmi e sono certa di morire in Loro e di dare i miei conti
a Gesù ». Dicendo questo, mi rinsaldo di più in Gesù e Mammina, mi
aggrappo meglio ai Loro Cuori divini. Senza confidare, confido di più
in Loro; senza amare, Li amo di più; senza vivere, vivo di più in Loro.
È in Essi che mi voglio perdere. Voglio essere distrutta dalle onde del
Loro amore. Ieri il mio cuore non poté cessare di sentire l'Orto e il
Calvario: gli occhi dell'anima non potevano perdere di vista questa
visione; non so quale forza mi tratteneva là. Era già pomeriggio e
sentii come se fossi sempre andata lontana dal Calvario. Subito dopo,
io, o Qualcuno per me, l'ha fatto rinverdire e fiorire. Io ero la
giardiniera di molti, belli e svariati fiori; ardevo di amore per loro;
li curavo e li innaffiavo con il sangue del mio cuore. Poco dopo vedevo
che essi volevano inaridirsi: sperperavano il mio sangue. Una siepe di
spine cinse il mio cuore: sentii un dolore di morte, dolore infinito e
sul suolo dell'Orto sudai sangue, agonizzai e con le mie mani offersi
all'Eterno Padre il calice traboccante dell'amarezza. Questa mattina...
ho visto la montagna del Calvario e la croce issata senza nessuno. Gesù
mi fece capire che era la mia, che vi salissi volentieri, e vi
rimanessi sempre crocifissa. ... - Ascoltate con attenzione; è Gesù che
parla. Parlo attraverso le labbra della mia vittima, come in altri
tempi per bocca dei profeti. Attenzione! Accettate le richieste di
Gesù. Voglio amore, amore puro, amore basato soltanto in Me. Il mio
Cuore esige un amore completo... esige riparazione continua... - ...
(diario, 26-1-1951).
Tutto il mio essere è morte e tutte le cose cadono in frantumi, morte,
disfatte presso di me. Io sono il sepolcro ove tutto viene seppellito.
Che sepolcro immenso! Vi è sepolta tutta la mortalità umana. È un
abisso di profondità. Quanta più mortalità vi cade, tanto più ha posto
per riceverne; non capisco perché la mia ignoranza non mi lascia
comprendere né esprimere. Se da un lato sono sepolcro e ho posto per
tutta la mortalità, ho anche fame di essa, mi lancio verso questa
immondezza, pazza e cieca per i piaceri... dall'altro lato sono vita,
ho un cuore di amore, sguardi di compassione e tenerezza... I miei
sguardi non reggono a fissare tanta immondezza, tanta morte. L'anima
piange, sospira; il cuore non può cessare di amare. Ama tanto, ama
infinitamente e scoppia di dolore; sente continue frecciate, rimane
lacerato in sangue e calpestato, sputacchiato e disprezzato; ma non
cessa di amare; è pazzo di amore. Come avesse braccia, le apre per
abbracciare tutta questa immondezza e morte, per ricevere in sé quanti
lo feriscono senza guardare alla gravità con cui fu ferito. Solo esso
è la medicina; solo esso può dare vita a quella morte: la sua stessa
vita, trasformando tutto in sé. ... Ieri sfuggivo al Calvario o,
meglio, sentivo che tutta la mia vita lo aveva fuggito, senza pensare
né all'Orto né alla croce. Ero separata da Dio, mi pareva di odiarlo,
Lui e la Sua legge. In questa separazione condussi una lunga vita.
Quanto più fuggivo Gesù, tanto più la mia anima vedeva il suo divin
Cuore seguirmi e comprendevo meglio l'amore con cui Egli mi amava;
quanto più mi allontanavo e Lo facevo soffrire, tanto più Egli correva
verso di me. Lo vedevo, nell'Orto, solo, prostrato nell'agonia a sudare
sangue: fu allora che venni ad unirmi a Lui, in Lui mi rinnovai, in Lui
vissi. A Lui mi associai per seguirlo e portare la mia croce. Passai la
notte in grande unione con Lui, sempre triste, sempre nel dolore.
Questa mattina sono andata verso il Calvario. La croce pesava sulle
mie spalle piagate; il sangue, colando dalle spine, mi bagnava il viso;
il cuore, di tanto in tanto, mandava alle labbra fiotti di sangue.
Erano tante le sofferenze, grande lo sfinimento, mortale la tristezza!
In cima alla montagna sono caduta esausta. Sono stata trascinata;
nuove ferite si sono aperte nel mio corpo; già quasi moribonda, con
sforzo sommo, mi sono rialzata.
Crocifissa, ho continuato a sentire che il mio corpo non era altro che un cadavere.
Gesù nel mio cuore, ma Lo sentivo come se fosse al mio fianco, era la
Vita. Ero morta, ma con Lui stavo rivivendo. Il Suo divino Cuore in
agonia beveva avidamente tutta la sofferenza nell'ansia di comunicarmi
la sua Vita, di farmi vivere di lei: è quanto mi fece comprendere Gesù
in tale dolorosa sofferenza. È venuto il momento di spirare; ho
cessato di sentire la vita di Gesù. Sono rimasta solo io morta; ma per
poco tempo. Gesù è tornato, ma questa volta a vivere tutto in me,
dandomi la sua Luce: - Figlia mia, il tuo compito di vittima, la tua
missione sublime è difficile, ma abbi coraggio: con la mia divina
grazia vincerai tutto... ... Figlia mia, tutto ciò che faccio e opero
nella tua anima, non è già per te perché Mi ami molto e vivi come Io
voglio. Lo faccio per le anime, perché comprendano il mio amore e
imparino a vivere di Me e per Me...
... Mi permetti, figlia mia, di crocifiggerti perché tu rimanga sulla
croce con tutti i supplizi sino al termine del santo tempo di
Quaresima?... - Sì, mio Gesù, fa' come vuoi: il mio corpo è Tuo;
crocifiggimi liberamente. - Sono venuti due angioli che portavano la
croce; un altro portava i chiodi; un altro ancora la corona di spine;
un ultimo la spugna e la lancia. Gesù stesso mi ha crocifissa, mi ha
coronata di spine, mi ha trapassato il cuore con la lancia ed ha
collocato la spugna sulle mie labbra... (diario, 2-2-1951).