Sento di essere il mondo in procinto di cadere in un abisso di
perdizione senza fondo. Mi sostiene un filo sottilissimo. Mi sento
stanca per lo sforzo di non cadere in questo abisso che contemplo: una
forza insensata mi obbliga quasi a lanciarmi in esso e un'altra che
viene da non so dove mi trattiene. Mi sento come se le mie braccia
fossero alzate al cielo a servire da ostacolo per sostenerlo. Quanto è
pesante! Non grava solo sulle braccia ma schiaccia tutto il corpo che è
disfatto. Non mi posso guardare, né osservare questo mondo che sono io
stessa: sento di essere di nausea perfino al Cielo. Gesù non può
guardarmi. L'anima mia vede il suo Viso santissimo rivolto dal lato ove
io non sono; Lo sento triste e piangente. Gesù, mio dolce Gesù, non
puoi stare di fronte alla mia miseria, alla mia immondezza... Il
demonio vuole vincermi e portarmi alla disperazione; mi pare di non
appartenere se non a lui. Tutta la mia vita, tutto il mio soffrire è
stato inutile per me. Talvolta non riesco quasi a convincermi che sono
sulla terra: mi pare un eccesso di pazzia vivere senza sentire vita. In
tutto questo sento ansie indicibili di amare e di soffrire... (diario,
29-10-1948).
... Che ore, che giorni, che vita tanto angosciosa! Mi sento sola,
abbandonata e senza volontà di volere una guida, una luce che mi mostri
il cammino. O no! Non voglio più nulla. Sia viva o morta, forte o
sfinita, sto nelle braccia di Gesù e di Mammina: voglio solo la volontà
del mio Signore: questo è tutto per me... Quando la mia anima è
sfinita, nei momenti più tristi e dolorosi, sono sul punto di dire a
Gesù « non ne posso più »; ma, riflettendo a ciò che sto per dire, non
giungo a completare la frase; sgorga allora dal mio cuore un impulso
fortissimo che mi obbliga subito a gridare: - Posso, posso, mio Gesù!
Posso tutto con la Tua grazia. Dammi ancor più dolore, se Ti piace, e
dammi insieme l'amore, la Tua grazia e la Tua forza. Spero in Te solo.
Conto soltanto su di Te!... -
All'aurora di ieri mi sono vista e sentita camminare verso l'Orto,
dall'Orto al Calvario; ma camminavo sola. Tutto era spine, pietre e
inciampi nei miei sentieri. Che dolore indicibile! Fra le spine perdevo
la carne e il sangue. Durante quasi tutto il giorno, mentre camminavo
dolorosamente, cadendo ora qua ora là, si riversava sopra di me una
grande quantità di sangue: fu come una pioggia che mi accompagnò in
tutto il viaggio. Questo sangue fu la mia forza, la mia vita. Da ultimo
già camminavo ginocchioni, camminavo con amore. Quanto più salivo
verso il Calvario, tante più ansie e più sete avevo di raggiungerlo. Il
sangue cadeva sempre: era bagno salutare per la mia anima. Io non so,
ma, per gli effetti che: sentivo, penso che fosse il Sangue di Gesù...
(diario, 5-11-1948)...