MaM
Messaggio del 18 marzo 1998:Cari figli! Vi invito ad essere la mia luce, a rischiarare tutti coloro che vivono ancora nelle tenebre e a colmare i loro cuori con la pace di mio Figlio Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Una lettera testamento


« Mio buon padre [Umberto], fin da piccola mi è sempre piaciuto essere fedele alle pro­messe, perfino nelle minime cose. Anche oggi lo faccio, ma non più con la prontezza di altri tempi perché le mie forze non me lo consentono, e ciò mi è sovente causa di grande sofferenza. Siccome però sto al mondo non per fare la mia volontà ma quella del mio Gesù, eccomi a compiere ciò che promisi un anno fa. Mi perdoni la colpa del tutto involontaria. È certamente l'ultima lettera che le scrivo di mio pugno perché persino l'ob­bedienza sta cessando in me di fare miracoli. Sia fatta la volontà di Dio e si compia in me sempre e in tutto. Dopo aver chiesto luce e forza al Cielo, voglio dirle, mio buon padre, che questa mia ha lo scopo di felicitare e salutare: colui che ha fatto tanto nelle ore più tragiche della mia vita; cose che non dimenticherò mai. Dopo averla felicitata con la anima e col cuore, prometto che il giorno primo settembre, suo compleanno, farò la Comunione, soffrirò e pregherò perché Gesù e la sua Madre benedetta le diano le migliori benedizioni e grazie e la facciano sempre più santo colmandolo di amore per le anime. Mio buon padre, quando penso alla mia vita, al mio calvario, all'abbandono in cui mi trovo, e se, sì o no, Gesù mi vorrà sola, proprio sola, senza avere presso di me un sacerdote che mi comprenda, il mio cuore si oscura e rimango come priva di speranza. A stento nascondo le lacrime e talvolta non ci riesco. Ciò non vuol dire che non accetto con la gioia dell'anima anche questo colpo, il secondo colpo spirituale, se Gesù con esso mi vuole ferire. Può credere, mio buon padre, che questa mia lettera è come un testamento: dopo il mio primo padre è lei il secondo padre, ad avere posto nel mio cuore. Sono i due padri per i quali prego di più, che sono più uniti alla mia anima e mi compren­dono meglio. Padre mio, io non sono degna di avere come guida della mia anima sacerdoti tanto sapienti e santi. Sarà per questo che Gesù consente che gli uomini li mandino tanto lontano? Non so! O povera me! Io non sono niente; non sono ciò che dovrei essere; sono peggio del niente; vado oltre il niente, molto oltre! Mi piacerebbe, mio buon padre, sapere dire ciò che sento, l'orrore che questo mi causa e come mi sento indegna di tutto e di tutti. Ma non ne sono capace, e non potrò esserlo mai. Addio! Non dimenticherò mai il grande bene, il grande appoggio dato alla mia anima. La ricordo sulla terra, la ricor­derò in cielo. Molte grazie. Deolinda invia saluti, auguri e promette preghiere... » (let­tera a d. Umberto, 30-8-1948).

« Mio buon padre [Pinho], ... le mie sofferenze si sono aggravate tanto! Non so che cosa Gesù potrà ancora spremere. Ho il corpo tutto bendato, sento che le ossa si disfano. L'unica mia gioia: soffrire per Gesù. Non mi importa che già durante questa vita il mio corpo si dissolva, se questa è la Sua divina volontà. Ciò che voglio è amare soltanto Lui. Non voglio perdere un momento di soffe­renza; voglio che sia utilizzata in favore delle anime: le anime che sono costate il Sangue preziosissimo di Gesù...

Se nel corpo soffro molto, non soffro meno nell'anima. Quali fasi sto attraversando, padre mio! Non sono io, non vivo io; non vi è, né vi fu luce; non ho mai sofferto, non soffro, né soffrirò; non ho mai dato, né darò nulla a Gesù. Io sono un niente, un grande niente, un niente che mi spaventa. Sento questo, ma la ragione mi dice il contrario; però il peggio è che questo stato dell'anima non ascolta la ragione. La mia oscurità non mi lascia vedere né comprendere nulla. Mi resta solo la fiducia in Gesù... Voglio vivere senza preoccupazione e scaricare tutto su di Lui. Cerco di farlo. Mi abbandono nelle braccia della divina Provvidenza senza pensare quello che soffro o soffrirò... Vo­lontà del mio Gesù, io ti voglio, ti amo, non ti cambierei per nessuna cosa. Per quanto grandi siano i dolori del corpo e dell'anima, sento nel mio intimo una grande pace, la pace che viene da Dio... Sento di non avere nessuna creatura, tra coloro che mi sono più care, che possa consolarmi. Gesù, solo Gesù! Gli ho detto tante volte che voglio solo Lui: sono stata esaudita... Dirlo non costa; ciò che costa è provarlo. Lui, solo Lui, deve essere soltanto Lui. Io non voglio altro. Se ho Gesù, che altro mai posso desiderare? Mi pare di non averlo, né di ap­partenergli, ma la pace della mia anima mi dice il contrario. Mio buon padre, vuol sapere? Il reverendo d. Umberto è chiamato in Italia. Ne sento già la mancanza. Anche se non mi poteva confessare, mi consigliava e incoraggiava nel mio cal­vario. Mi comprendeva molto bene. Dopo il colpo ricevuto per lei, è questo il colpo che mi ferisce di più. Me ne resto con p. Alberto e il parroco. Poveretti, in nome del Signore mi per­donano i peccati. Come è buono Gesù che ha tanto da darmi. ... Preghi per me, per carità, mio buon padre, che sono tanto sola... È stato qui in predicazione il reverendo Alvaro Dias del seminario di Braga, che faceva parte della commissione dei teologi. Mi visitò tre volte. Mi pare che non sia rimasto male impressionato della mia sofferenza. Non so cosa risolveranno, se pure risolveranno qualcosa.

Sono qui nelle braccia di Gesù e di Mammina... » (lettera a p. Pinho, 13-9-1948).