« Mio buon padre [Pinho], da due mesi ho ricevuto la sua lettera:
arrivò proprio il 30 marzo. Sia benedetto il Signore per questo regalo.
Ho persino vergogna di avere tanto ritardato a dettare alcune parole
per colui che Gesù ha collocato al primo posto nel mio cuore;
nonostante i sette anni circa di assenza e quasi di silenzio, è sempre
là; non vi è nulla che lo separi da questa unione di anima, nulla che
lo strappi dal mio povero cuore.
Io non scambio l'amore di Gesù con nulla di quanto esiste o potrà
esistere. Dopo Gesù, la Trinità Santissima, la cara Mammina e san
Giuseppe, è lei, tra le creature, ad occupare il primo posto. Lo
permise e lo permette Gesù perché è Lui che la conserva nel medesimo
posto. Il mio silenzio, il mio ritardo non ha se non questa
spiegazione: voglio e non posso. La mia sofferenza è aumentata
moltissimo: mi costa immensamente parlare. Se non fosse lo sforzo di
volontà, io non direi nulla: sono in un martirio di dolori. Quanto
soffro e faccio, sparisce, muore prima di conoscere la vita; così sente
la mia anima. E costa tanto sentire avvicinarsi l'eternità e sentirsi
un niente, senza niente.
La mia vita è una vita senza vita, è un mondo senza luce. Quanto più
sono senza luce più Gesù si assenta e più sfumano in me le Sue cose, la
sua vita divina. Mi permetta anche questo sfogo: sento come se mai
avessi conosciuto Gesù, mai Lo avessi amato, mai avessi saputo ciò che
è la sua vita nelle anime. Quante più ansie ho di vivere la vita
interiore, la vita di Dio in noi, meno la vivo, meno la conosco, meno
la comprendo. Mio Dio, come sono ignorante! Nonostante questo, la mia
anima si mantiene in pace. È una grande grazia di Gesù. Ho persin
detto: ho pace, la pace della mia anima, a meno che io non comprenda
ciò che è la pace di Dio. Ma credo che il Signore non permetterà che la
mia pace sia del demonio perché questa certamente non dà gioia. Io
invece, in mezzo a tante spine, sofferenze, e con una croce tanto
pesante, sento la gioia dell'anima che sorride a quanto viene dalla
mano del Signore. Possa gemere, possono piangere gli occhi del mio
corpo, ma quelli dell'anima sono gioiosi, disposti a ricevere ogni
martirio che il Cielo mi invia. Non mi basterà l'eternità per
ringraziare Dio di tutto questo. Grazie di quanto mi ha promesso di
fare in favore della mia anima nel mio compleanno; Gesù e Mammina
l'avranno certamente ricompensata assai. Il signor dottore [Azevedo],
con la sposa e i figli, gradisce i suoi saluti e mi ha incaricata di
ricambiarli; promette di scriverle tra poco... Aumenta sempre più il
numero dei miei amici; anche tra i sacerdoti. Monsignor Domingos della
"Officina de S. José" di Guimaràes venne a visitarmi; mi è rimasto
amico pare che sia disposto a fare in mio favore quanto gli è
possibile... » (lettera a p. Pinho, 2-6-1948).
Continuo a non essere nulla e a non vivere. Tutto il mio corpo è un
poco di polvere disfatta dal dolore; dolore che vive in questa polvere
senza appartenermi. L'anima soffre e unisce il suo dolore a quello di
questa polvere disfatta. Ma questo dolore non è mio né per me; questo
dolore sempre muto non può né sa dire ciò che sente. È dolore che si
estende a tutta l'umanità; non so dire meglio, è dolore, senza limiti,
senza fine. Sento, comprendo, ma non riesco a esprimere, per
incapacità, il peso e la grandezza di questo dolore. Mio Dio, soltanto
con la Tua grazia una creatura umana lo può sopportare.
Sento come se il demonio mi calpesti e porti con sé il mio povero cuore
per darlo alle creature come strumento per gravissimi peccati. Il
maledetto non vuol più saperne di me; vorrebbe il mio cuore e
nient'altro. Ah, come mi sento sua e come egli tormenta il mio spirito!
Soffro molto nel dubbio se la pace che ho in me sia di Dio o del
demonio. Quando il dolore raggiunge il suo apice, sento talvolta più
intensa questa pace dell'anima che fa abbassare il livello del dolore
ma subito viene una nuova spina a ferirmi: e se io non mi conoscessi,
se questa pace non venisse da Dio ma dal demonio? E subito, senza voler
sapere né comprendere a chi questa pace appartenga, mi lancio in
spirito nelle braccia di Gesù e molto aggrappata a Lui Gli dico: - Ciò
che voglio è amarti, mio Gesù e, con la Tua grazia, vincere il mio
dolore. Tu sai bene a chi appartiene la mia pace, e questo basta. - ...
Ieri mi parve di nascere sull'Orto e sul Calvario. Sono nata e vissuta
in essi per amare, lavorare e praticare il bene. Vita e bene realizzati
nella più grande dolcezza! Tutta l'umanità usufruiva di questo vivere.
Ma non fui io a nascere né a vivere né a praticare tutto il bene. Chi è
nato, chi è vissuto, chi l'ha praticato è stata una vita superiore,
sublime, potente e grande come è grande la grandezza di Dio. Non riesco
ad esprimermi meglio. La vita trascorreva ed io crescevo in sapienza e
in tutto, sempre nell'Orto e sul Calvario; di momento in momento
vedevo avvicinarsi sempre più le sofferenze che essi mi
presentavano... Mi parevano dolori infiniti... Questa mattina ho
sentito come se venisse in me un cielo d'amore ed assorbisse in sé
tutte le sofferenze dell'amaro cammino del Calvario. Sapevo che
soffrivo un dolore inimmaginabile, ma quell'amore mi faceva
dimenticare le sofferenze: l'amore vinceva, sebbene mi sembrasse che
trascinasse con me il mondo. Sul Calvario lo stesso amore continuava a
coprire tutta la sofferenza... Gesù mi ha detto: - Figlia mia, non è il
dolore che ti dà la morte, deve essere l'amore che te la dà: sarai da
lui consumata; sarà l'amore che ti dà il Cielo: la Patria dopo
l'esilio. Il dolore è grande, ma è superato dall'amore. Ama, ama,
figlia mia, il mio divin Cuore e fa' che sia amato da tutti i cuori...
Nel giorno a lui consacrato non posso tralasciare di consegnartelo con
tutti i tesori ed il suo amore. Accettalo. In esso vi è tutta
l'umanità; rinnovo così la consegna. Non permettere che si perda il
mondo sviato: soccorrilo con la tua sofferenza, con la tua croce. -
Mentre Gesù me lo consegnava o, meglio, poneva nel mio il suo Cuore,
tanto grande come la grandezza di Dio, mi sono sentita portatrice di un
amore infinito e di un mondo di miserie. Nel ricevere il Cuore di Gesù
ho anche avuta luce per vedere, comprendere e sentire tutto... (diario,
4-6-1948). ... Ieri in mattinata sentii dentro di me due mari immensi:
uno di dolore, l'altro di amore. Quello d'amore era sul terreno
dell'Orto e in esso si rovesciava ma senza che si esaurisse il mare del
dolore; l'amore assorbiva tutto; le fiamme nascondevano tutto. In
mezzo vi era Gesù: era Lui stesso l'amore; era il mare che non si
esauriva nell'inesauribile dolore e lo poteva contenere... (diario,
18-6-1948).