Venga a me l'aiuto del Cielo: senza la forza divina non potrei dire
nulla; non posso muovere le labbra per parlare. Ad ogni movimento, ad
ogni parola, sento come se mi strappassero il petto e il cuore.
Confido: se Gesù vuole, potrò dire qualcosa di ciò che mi avviene
nell'anima. Il mio corpo disfatto per il dolore era un mucchio di
putridume in fermentazione: questo mucchio mi pareva che fosse
l'umanità corrotta, in fermentazione tanto era putrida. La morte
correva verso di me: la sentivo venire, mi sentivo, morire.
Sentii come mi separassero l'anima dal corpo; ma questa morte non diede
al corpo le ceneri per il cimitero Poco dopo la morte e la sepoltura,
io lo vidi tutto bellezza, glorioso, trionfare della morte. Quanto
costò al corpo separarsi dallo spirito! questi salì, volò verso l'alto;
poi vidi che molto presto si riuniva a quel corpo che aveva lasciato
freddo, più freddo del ghiaccio, sfigurato, lacerato, quasi senza
carne. Quale contrasto, che io non so spiegare! Lo spirito prevedeva
che nuovamente si sarebbe unito al corpo, ma fino al momento della
separazione, che universo di dolore, che mare di martirio!
Questo corpo che moriva ed era glorioso, questo spirito che si elevava,
erano in me, ma non erano miei: io ero soltanto quel mucchio di morte
corrotta, nauseante, orribile, che causava la morte a quel corpo
glorioso. Io non potevo sopportare tali cose: lo spirito puro che
poteva elevarsi col suo corpo glorioso, introdotto, trasformato in
questa morte immensa, nel mio corpo mondiale corrotto! Io volevo
separare una cosa dall'altra, e non potevo; volevo allontanare il puro
dall'immondo e non riuscivo; dovetti morire vedendo il corpo con lo
spirito puro coperto del più nero putridume. Sento il bisogno di voler
dire molto su questo mio sentire, ma non posso, non so dire meglio.
Sentii che dopo questa morte gloriosa scesi come ad un inferno, ma non
ad un inferno di fuoco, di maledizioni e tormenti, bensì ad un inferno
di tremenda oscurità solamente, dove non entrava né luce né gioia: era
un inferno di oscurità e di ansia. Sentii come se il Signore stesse in
me, contento a braccia aperte, come chi si libra nell'aria in mezzo ad
una moltitudine, come una colomba che sbatte le ali trasmettendo la sua
stessa gioia e facendo sì che tutta quella moltitudine volasse. Ma
come, mio Dio! Vivo e non vivo; sono io e non sono io; sono nel mondo e
ne sono partita. Scesi a quell'inferno e ne uscii nuovamente, guidando
innumerevoli colombe bianche che volavano dietro di me; non dico bene:
quegli esseri che non erano corpi, volavano dietro quel corpo glorioso.
Sentii, vidi tutto, ma rimasi sempre immersa nel dolore, nella oscurità
e nella morte. Ciò che soffrì il mio povero corpo in questi giorni,
solo Gesù lo sa; le torturanti agonie della mia anima, solo Egli le può
comprendere. Questo martirio dell'anima e del corpo mi impedì di
pregare e di meditare durante la Passione di Gesù. Lo fissavo in croce
e dicevo soltanto: - Quanto soffri Gesù per mio amore; fino a morire
per me. Avrei io il coraggio di negarti qualche sofferenza dell'anima
o del corpo? Oh, no! mio Gesù; con la Tua grazia io non Ti negherò
nulla. Sono la Tua vittima notte e giorno... - All'inizio del
pomeriggio di ieri sentii come se la mia anima fosse imprigionata,
insultata e maltrattata: era un non finire di martirii; negli altri
giovedì avevo sentito o una o un'altra sofferenza; ma ieri ne sentii
molte, se non tutte... Oggi ho sentito Gesù moribondo a cammino del
Calvario: mi pareva che tutte le ferite del suo santissimo Corpo
fossero nel mio... Gesù dentro di me andava tanto bramoso verso la
morte, come l'agnellino assetato corre verso un ruscello: voleva
morire per dare la vita... Rimasi come se spirassi con Gesù. Passò un
po' di tempo in un silenzio mortale. Gesù si risvegliò e fece che io mi
svegliassi: - Mia figlia, Io non sono morto, vieni a Me; vieni nel mio
amore, nel mio fuoco divino: è per te vita, fuoco che ti purifica, che
dà purezza, grazia e splendore alla tua anima... - Gesù tacque ed io
rimasi per un po' di tempo ad ardere in quelle fiamme; le sentivo, le
vedevo... Stetti in silenzio non sapevo parlare a Gesù. Non sentivo i
dolori del corpo e l'anima in quelle fiamme si fortificava. Gesù
riprese: - Figlia mia, mia sposa cara, ora Mi riceverai Eucaristico per
mezzo del tuo angelo custode... - ... Rimasi immersa nell'amore, nella
intimità con Gesù; mi pareva di essere inseparabile da Lui. - Figlia
mia, Mi sono dato a te in alimento; sono la tua Vita... Non potevo
lasciarti senza il mio cibo dopo che hai consumato tante energie, dopo
tante sofferenze. Ti ho promesso di non lasciarti senza Eucarestia al
venerdì: non sono venuto meno. Mi hai ricevuto come viatico, e in
verità sei inferma; senza un miracolo non avresti resistito al dolore:
eri moribonda ... - ... (diario, 4-4-1947, Venerdì Santo). Morii e non
risuscitai con Gesù: rimasi nella stessa morte, rimasi in orribile
sofferenza. Mi vergogno di me stessa perché parlo soltanto di dolore;
ma esso non mi abbandona né di giorno né di notte. Posso soltanto
ringraziare il Signore perché viene dalle Sue mani. In un lungo
abbraccio al mio crocifisso, con grandi gemiti ma anche con grandi
ansie di soffrire per Lui, Gli dissi: - Mio Gesù, conta su di me come
Tua vittima, non contare sul mio amore ma sul Tuo, perché è con esso
che Ti amo; non contare sulla mia generosità: è la Tua forza che mi
porta ad accettare gioiosamente ogni sofferenza. La mia anima vede le
spine come fossero rose bellissime: voglio soffrire, voglio amarti... -
(diario, 5-4-1947).