MaM
Messaggio del 30 luglio 1990: Siate aperti alla voce di Dio! Vi invito in modo particolare ad ascoltare la voce di Dio nel silenzio perché è nel silenzio che egli parla al vostro cuore. Figli cari, abbiate fiducia e non temete di attraversare con lui anche una valle tenebrosa. Io vi benedico.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Quel mistero dei Pane e del Vino (Momenti della Passione)


Che lotta da agonia per la mia anima! Mi trovo fra la vita e la morte...

Gesù ha permesso che in tanta sfinitezza ed agonia di spi­rito venisse qualcuno [d. Umberto] a sollevarmi con parole di incoraggiamento, lasciandomi più forte per alcune ore. Venne poi il demonio con nuove arti e nuovi mezzi per farmi cadere... Mi fece apparire la mia vita perduta, tutta piena di inganni, le mie confessioni mal fatte...

Ieri notte non giunsi all'Orto: rimasi nella Cena con gli Apostoli e con Gesù. Avevo molto impressi nella mia anima due sguardi: quello di Gesù e quello di Giuda: che differenza! Quello di Gesù molto dolce diffondeva amore; quello di Giuda era sfigurato e disperato. Sentivo in me anche i loro due cuori: quello di Gesù colmo di bontà e di sante attrattive, quello di Giuda colmo di rancore e di odio. Sentivo in me anche la lingua di Giuda: ardeva di fuoco infernale ed aveva appena mangiato il Pane e bevuto il Vino, benedetti da Gesù. Vorrei essere capace di descrivere lo sguardo di Gesù ri­volto al Cielo al momento della benedizione. Vorrei che tutti conoscessero quel Mistero del Pane e del Vino trasformati nel Corpo e nel Sangue del Signore: prodigio mirabile! Che abisso insondabile di amore! Nonostante mi sen­tissi immersa in esso, non lo comprendevo sì da saperlo spie­gare; potevo sentirlo; solo in Cielo Lo comprenderò pienamente. Quanta luce, quanto amore pervadeva tutti: Gesù, gli Apo­stoli e me! E tutto questo in me!... Il traditore scese le scale, disperato, per andare a conse­gnare Gesù. Gesù, con il suo sguardo divino, vedeva tutto; sentiva il bisogno di piangere, ma non pianse; nascondeva il suo dolore, sorridendo teneramente ai suoi Apostoli... (diario, 15-11-1946).

«Un silenzio prolungato dice tutto

«Mio buon padre [Umberto], ho sofferto tanto: ho molti conati di vomito; il mio corpo e assai più l'anima soffrono molto. È venuto d. Alberto: se non fosse per l'assoluzione, sarebbe stato meglio che non fosse venuto. Ha tentato di obbligarmi a fare alcune domande a Gesù. Ho pianto molto in sua pre­senza; gli ho detto che non obbedivo... In quei momenti mi è parso di essere abbandonata da tutti; senza l'aiuto del Signore, mi sarei disperata. Dopo avermi tor­mentata assai, certo involontariamente, mi ha dato ragione, ma i dubbi e il dolore sono rimasti... » (lettera a d. Umberto, 22-10-1946).

... - O mio Gesù, non so come dare quella risposta. Non la comprendo. -

- È molto chiara, figlia mia. Il silenzio è sempre eloquente quando non vi è nulla da dire. Un silenzio prolungato dice tutto, dà tutta la luce: è con questo silenzio che l'anima com­prende ed ha luce per rinunciare a quello cui non deve essere attaccata. Coraggio, molto coraggio!... - ... (diario, 2-11-1946).

« Mio buon padre [Pinho], passa il tempo ed il dolore au­menta. Quanto più il tempo vola, tanto più sento nostalgie, desideri, ansie di aprirle la mia anima... Lei può farsi un'idea di quanto soffre la mia povera anima.

Mi vedo afllittissima per causa di d. Alberto. Le mie con­fessioni sono rare e brevissime. Egli trascorre il suo tempo presso di me a parlarmi di altre anime e ad ordinarmi di do­mandare certe cose al Signore. Ho dovuto concludere col dirgli "Non obbedisco, non obbedisco!"... Mi sono messa a piangere; in quei momenti mi sono sentita abbandonata: non sono ca­duta nella disperazione, ma solo per grazia di Dio... Vedendo le mie lacrime e accorgendosi che il mio cuore veniva meno, mi ha assicurato che non mi avrebbe più ordinato di fare do­mande al Signore. D. Umberto mi ha scritto che è stato un bene quanto è av­venuto perché, diversamente, quel tormento sarebbe continuato; e mi raccomanda di non prendermela. Ma ciò mi affligge non poco. Su questo punto avrei tanto da dire: d. Alberto ha di buono la santità, ma io devo sopportare tutto il resto. Non voglio essere ingrata; diversamente non so cosa avrei fatto... » (lettera a p. Pinho, 21-11-1946).