Che lotta da agonia per la mia anima! Mi trovo fra la vita e la morte...
Gesù ha permesso che in tanta sfinitezza ed agonia di spirito venisse
qualcuno [d. Umberto] a sollevarmi con parole di incoraggiamento,
lasciandomi più forte per alcune ore. Venne poi il demonio con nuove
arti e nuovi mezzi per farmi cadere... Mi fece apparire la mia vita
perduta, tutta piena di inganni, le mie confessioni mal fatte...
Ieri notte non giunsi all'Orto: rimasi nella Cena con gli Apostoli e
con Gesù. Avevo molto impressi nella mia anima due sguardi: quello di
Gesù e quello di Giuda: che differenza! Quello di Gesù molto dolce
diffondeva amore; quello di Giuda era sfigurato e disperato. Sentivo in
me anche i loro due cuori: quello di Gesù colmo di bontà e di sante
attrattive, quello di Giuda colmo di rancore e di odio. Sentivo in me
anche la lingua di Giuda: ardeva di fuoco infernale ed aveva appena
mangiato il Pane e bevuto il Vino, benedetti da Gesù. Vorrei essere
capace di descrivere lo sguardo di Gesù rivolto al Cielo al momento
della benedizione. Vorrei che tutti conoscessero quel Mistero del Pane
e del Vino trasformati nel Corpo e nel Sangue del Signore: prodigio
mirabile! Che abisso insondabile di amore! Nonostante mi sentissi
immersa in esso, non lo comprendevo sì da saperlo spiegare; potevo
sentirlo; solo in Cielo Lo comprenderò pienamente. Quanta luce, quanto
amore pervadeva tutti: Gesù, gli Apostoli e me! E tutto questo in
me!... Il traditore scese le scale, disperato, per andare a consegnare
Gesù. Gesù, con il suo sguardo divino, vedeva tutto; sentiva il bisogno
di piangere, ma non pianse; nascondeva il suo dolore, sorridendo
teneramente ai suoi Apostoli... (diario, 15-11-1946).
«Un silenzio prolungato dice tutto
«Mio buon padre [Umberto], ho sofferto tanto: ho molti conati di
vomito; il mio corpo e assai più l'anima soffrono molto. È venuto d.
Alberto: se non fosse per l'assoluzione, sarebbe stato meglio che non
fosse venuto. Ha tentato di obbligarmi a fare alcune domande a Gesù. Ho
pianto molto in sua presenza; gli ho detto che non obbedivo... In quei
momenti mi è parso di essere abbandonata da tutti; senza l'aiuto del
Signore, mi sarei disperata. Dopo avermi tormentata assai, certo
involontariamente, mi ha dato ragione, ma i dubbi e il dolore sono
rimasti... » (lettera a d. Umberto, 22-10-1946).
... - O mio Gesù, non so come dare quella risposta. Non la comprendo. -
- È molto chiara, figlia mia. Il silenzio è sempre eloquente quando non
vi è nulla da dire. Un silenzio prolungato dice tutto, dà tutta la
luce: è con questo silenzio che l'anima comprende ed ha luce per
rinunciare a quello cui non deve essere attaccata. Coraggio, molto
coraggio!... - ... (diario, 2-11-1946).
« Mio buon padre [Pinho], passa il tempo ed il dolore aumenta. Quanto
più il tempo vola, tanto più sento nostalgie, desideri, ansie di
aprirle la mia anima... Lei può farsi un'idea di quanto soffre la mia
povera anima.
Mi vedo afllittissima per causa di d. Alberto. Le mie confessioni sono
rare e brevissime. Egli trascorre il suo tempo presso di me a parlarmi
di altre anime e ad ordinarmi di domandare certe cose al Signore. Ho
dovuto concludere col dirgli "Non obbedisco, non obbedisco!"... Mi sono
messa a piangere; in quei momenti mi sono sentita abbandonata: non sono
caduta nella disperazione, ma solo per grazia di Dio... Vedendo le mie
lacrime e accorgendosi che il mio cuore veniva meno, mi ha assicurato
che non mi avrebbe più ordinato di fare domande al Signore. D. Umberto
mi ha scritto che è stato un bene quanto è avvenuto perché,
diversamente, quel tormento sarebbe continuato; e mi raccomanda di non
prendermela. Ma ciò mi affligge non poco. Su questo punto avrei tanto
da dire: d. Alberto ha di buono la santità, ma io devo sopportare tutto
il resto. Non voglio essere ingrata; diversamente non so cosa avrei
fatto... » (lettera a p. Pinho, 21-11-1946).