« ... Non ho proprio forza né disposizione per nulla, proprio per
nulla. Gesù e Mammina abbiano compassione di me. Non so dire la
sofferenza della mia anima: è impossibile descriverla. Ho paura di lei
e di tutti gli amici. Non so dove fuggire, né dove nascondermi. Che
cosa sarà di me? Sono diventata cieca [spiritualmente]; la mia cecità è
completa. Quanto costa vivere così! Appare soltanto la mia miseria, il
mio nulla, e tanto chiaramente che mi causa dolore. Preghi per me, mio
buon padre, e chieda a tutti di codesta santa casa che si faccia lo
stesso. ... Ho fiducia in Gesù, ma il mio stato di salute molte volte
mi fa cadere nella desolazione. Se è necessario, Deolinda può venire ad
Oporto, ma gli orari dei treni sono scomodi, a meno che faccia la linea
di Póvoa; non sa dove sia la vostra casa; ella dovrà avere la bontà di
farcelo sapere. Mio Dio, tanti sacrifici e fatiche per causa mia! ...
Ha bisogno di venire da me? Ho tanta paura! Sono sazia di domande! Se
non fosse per amore di Gesù e potessi sfuggire a tutti, lo farei.
Vuole obbligarmi a scrivere sempre? Io non ne posso più! Porto questa
croce trascinandola, ma non come chi la vuol portare a destinazione: è
di malavoglia e per obbligo, che la trascino. O santa obbedienza che
tutto puoi!... » (lettera a d. Umberto, 11-10-1945).
La Mammina dei dolori - O se i cuori comprendessero!
(Momenti della Passione)
Allo spuntare del giorno uscii dalla prigione... Il ricordo di quella
prigione e dell'amore di Gesù mi spingeva a camminare... Mi venne
presto incontro la « Mammina dei dolori ». Fu necessario che Gesù mi
infondesse la sua forza perché io potessi guardarla, tanto era
addolorata e potessi in più sopportare il dolore che Ella sentiva per
me. Seguiva i miei passi di strada in strada, o, meglio, seguiva i
passi di Gesù che era in me, carico della croce. Gli occhi dell'anima,
gli occhi che possedevano gli sguardi di Gesù La vedevano venire dietro
di me, piangente e con il cuore attraversato da molte frecce. Che
dolore, il Suo! Dolore che nessuna creatura sarebbe capace di
sopportare: non potere avvicinarsi a Gesù e rialzarlo nelle sue cadute!
Avrebbe voluto baciarlo, pulirlo, lavargli le ferite con le sue
lacrime. Tutto questo la mia anima vide ed il mio cuore sentì. È la
scena più dolorosa che il mondo possa osservare... Sul Calvario fui
sollecitata alla fretta con spintoni bruschi. Gli occhi non potevano
aprirsi per il sangue, ma anche la vergogna mi obbligava a tenerli
chiusi: essere spogliata in pubblico! Sentii subito che Mammina, con
il suo manto, voleva coprire Gesù che era in me; siccome non le fu
consentito, le frecce che le trafiggevano il cuore la ferirono
maggiormente. Io ero fissata sulla croce e la croce sul Calvario.
Sentivo in me due vite, o due nature: una che non resisteva a tanto
dolore, l'altra che tutto vinceva... Quando Gesù venne mi disse: - Il
Calvario e la croce sono la moneta del più alto valore per comperare le
anime. Dammi anime!... Mi consolo, uccellino bianco e puro, nel
vederti battere le ali in cerca di nuova vita. Tu voli, voli,
uccellino celeste, senza stancarti, senza fermarti e non incontri o -
ignori la vita che desideri: è la vita che vivi, vita che non comprendi
e ti prepara la vera vita, la Patria celeste. Soltanto là comprenderai
la vita che ora ti faccio vivere...
Quanto dolore ti aspetta nell'ultima fase della vita! Ma che morte di
amore! Che grande gloria e potere sulle anime ti aspettano nella Patria
celeste!... - (diario, 12-10-1945).
Non so soffrire, non so vivere questa vita che Gesù mi dà. Non riesco a
capire come, vivendo giorno e notte unita il più possibile a Gesù,
arrivi alla fine della giornata, arrivi alla fine della notte a mani
vuote, in una morte totale di tutte le cose. Arrivo alla fine del
giorno e della notte come se non vivessi e non mi ricordassi di Gesù:
senza fare nulla per Lui, per il prossimo, per le anime. Che vita
triste, sebbene mi mostri lieta! Mi pare di ingannare me stessa e gli
altri. È cambiato lo scenario delle mie tenebre: sinora penetravo e
camminavo in esse, ma sempre su terreno duro. Adesso invece sono mari
infiniti di tenebre senza fondo ed io non so nuotare. Voglia o no, mi
sprofondo in esse, ma devo avanzare sempre. Vado, immergendomi come un
pesce che non può nuotare, come uccello che non vola e deve cadere al
suolo. Cammino in questa orribile oscurità di spirito come bambina
timida che non può né sa inoltrarsi... (diario, 16-10-1945). Lasciai
cadere dalle spalle la mia croce e io pure caddi sfinita, incapace di
rialzarmi. E non ho il coraggio di alzare gli occhi al cielo. Ma a che
servirebbe se non vedo? Si è accecato il mio spirito e sento come se
fossero accecati anche gli occhi del corpo. La mia cecità vede solo
morte e miseria in tutta l'umanità. E tutta questa umanità la vedo
rappresentata dentro di me: mi sgomenta il guardarla. Il mio cuore
sente l'eco fragorosa di tuoni distruttori... e gli occhi dell'anima
vedono il lampeggiare accecante tra nuvole nere... È giustizia, è
giustizia divina! Gesù viene, afflitto, nel mio cuore; prende da esso
un calice amaro, lo trasforma, lo unisce al Suo e lo offre all'Eterno
Padre. Ma Egli non lo vuole accettare... Che amarezza, quella di Gesù!
Povera me! Tutto questo mi porta alla costernazione. Gesù vuole
soccorrere il mondo e non può... Mio Dio, che posso fare per questa
povera umanità? Il mio corpo è come il lino nella cardatrice: è
dilacerato. La mia cardatrice è formata da spine, ma dalla sofferenza
che mi causa non nasce nulla di utile; eppure in me, posso dirlo, vi
sono soltanto dolori, talvolta insopportabili.
Se Gesù non si affretta a porre termine ai miei giorni, io, da sola,
non resisto a questo martirio; non riesco a superare tanta oscurità...
Ed è attraverso tale oscurità che oggi devo giungere all'Orto. Già lo
vedo, è per me; lo vedo perché è dolore e amarezza; la mia oscurità mi
lascia vedere soltanto tutto ciò cheè dolore. Dietro di me vi è la
città, città di crudeltà e di ingratitudini; davanti, l'Orto; di
fianco, il Calvario su cui devo dare la mia vita. O Orto pieno di
agonia, di tristezza! O grotta dove vado a pregare! O suolo su cui vado
a prostrarmi! L'anima tutto vede, tutto sente... Oh, quali sofferenze
nell'Orto! Il mondo non le conosce; non sa quanto vi ha sofferto Gesù.
Ma io, Lo sento soffrire in me. È in me che la sua sacra Passione si
rinnova... Vorrei poter riprodurre in un quadro le sofferenze di Gesù
che sento nella mia anima e poterle stampare in tutti i cuori perché le
sentissero e comprendessero e non peccassero più... (diario,
18-10-1945).