MaM
Messaggio del 25 settembre 2008:Cari figli, sia la vostra vita nuovamente una decisione per la pace. Siate gioiosi portatori della pace e non dimenticate che vivete in un tempo di grazia dove Dio attraverso la mia presenza vi da' grandi grazie. Non chiudetevi, figlioli, ma sfruttate questo tempo e cercate il dono della pace e dell’amore per la vostra vita perché diventiate testimoni per gli altri. Vi benedico con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Sono pazza di vergogna e di amore (Momenti della Passione)


Passai la notte triste, ma in unione con Gesù... Uscii dalla prigione... Sentivo in me Gesù che, pazzo di amore, camminava tra una moltitudine, preoccupato soltanto di dare a tutti il cielo: solo l'amore di un Dio poteva affron­tare così grande martirio... Lo vidi cadere; vidi il Suo santis­simo Volto contuso, ferito, con sguardo di compassione e pro­fonda tristezza. Quali sguardi dolci che invitano e attirano le anime! Io non potevo resistere a quell'invito di Gesù; non sopportavo quel dolore, stavo per svenire. Lo vidi molto chia­ramente: croce sulle spalle, un ginocchio a terra e l'altro alzato mentre faceva un grande sforzo per rialzarsi. Dietro di Lui camminava una donna; non ne ho veduto il volto, ma solo la folta capigliatura sciolta... Quando, giunta al Calvario, mi tolsero le vesti, brandelli di carne vi rimasero incollate. I dolori dei nervi, o non so di che, furono tali che si ripercossero nel cuore a tal punto che mi lasciarono senza respiro e quasi senza vita. La mia lingua ferita era tanto gonfia che mi pareva non poterla contenere nella bocca. Il mio volto non era volto: sentivo che non aveva forma umana... (diario, 21-9-1945).

Tornai a ricevere Gesù Eucaristico. Dove scese mai! Nella cecità del mio spirito, nelle tenebre orribili, nel mare immenso e spaventoso di corruzione... Questo mare, lo sento in me e, allo stesso tempo, separato da me: mi causa orrore e non mi appartiene. Non posso permettere che Gesù vi scenda e non so come fare. Egli si lascia trasportare e va a ferirsi in questo fango tanto avvelenato: è immondizia che ha spine le quali feriscono e lo fanno sanguinare. Vorrei impedire che Gesù si posi in esse e non riesco. Sono pazza di vergogna e pazza di amore: di vergogna nel sentirmi in quello stato, di amore che va in cerca di tutti i mezzi possibili per impedire che Gesù si posi su ciò che tanto Lo ferisce.

Ma questa mia pazzia di amore si avvolge nella notte te­nebrosa del mio spirito...

Il mio povero spirito, rifiutato dal cielo e dalla terra, vaga in una regione che non vide mai luce. Va come l'uccello che, senza tregua, batte le ali, giorno e notte, e non riesce a ripo­sare: se sale, non trova via d'uscita; se scende e si immerge, non la trova ugualmente; non c'è cammino per cui io possa uscire dalle tenebre. Il cuore e l'anima tremano e piangono sgomenti. Che orrore, mio Dio, che disperazione in me! Ma sono disperazioni che mi permettono di restare calma e serena. È la Tua volontà di­vina, o Gesù, e io l'accetto. Quante volte sento bere avidamente nel mio cuore fino alla stanchezza! Chi beve lo fa con molta dolcezza, lo fa con tanto gusto ma non è mai sazio. Io pure non mi sazio; non vi è nulla che mi soddisfi e consoli. Per quanto soffra, nulla soffro e nulla ho da offrire per consolare Gesù. E le mie anime muoiono di fame; voglio sal­varle; non posso vederle morire... (diario, 24-9-1945).