I giorni di festa sono tutti per me di profonda tristezza. Mi sforzo
sempre, per consolare chi mi attornia, di mostrarmi contenta: la mia
gioia è finta. Guardo a Gesù e a Mammina, innalzo il mio pensiero al
cielo e per amore accetto il dolore. È per l'amore che la tristezza
diventa gioia per me. Non guardo alla terra, mi tengo fissa al cielo:
soltanto con il cielo le spine sono rose, il dolore è dolcezza. A
mezzanotte di Natale, oltre alla notte che avevo nell'anima, dolori
acutissimi straziavano il mio corpo: non piangevo, ma gemevo. Soltanto
Gesù sa quanto soffrivo. Udii i mortaretti ed i rintocchi delle
campane. Chiesi di portarmi la statuetta di Gesù Bambino: accostatala
al mio petto, volevo riscaldarla. Il calore che riuscii a dargli non
era quello che avrei voluto: avrei voluto bruciarla con fuoco di amore.
Desideravo dirgli molte cose, ma non sapevo. Lo strinsi al mio petto
dolcemente e continuai i miei gemiti. Sono certa che Gesù li accettò e
non rimase triste. Nessuno come Lui vedeva quanto soffrivo; nessuno
come Lui sa che se gemo è per amore; che gemo ma solo quando non ne
posso più.. Non so quanto tempo trascorse. So che passai ad un'altra
vita e udii Gesù nel mio cuore: - Sono nato nel presepio del tuo cuore,
mia figlia. È lo sposo che viene alla sua sposa... Regina d'amore, come
sto bene qui. Il presepio che mi dai non è rozzo come quello di
Betlemme: è soffice delle tue virtù. Nel tuo presepio non sento i
rigori del freddo: sono riscaldato con l'amore più puro e bruciante.
Sei la mia stella, che guidi il mondo, come la stella guidò allora i
Magi sul cammino verso Betlemme. Di' a tutti, figlia mia, a coloro che
hanno cura di te, a coloro che ti sono cari e ti amano e ti
attorniano, che do loro l'abbondanza delle mie grazie, un'onda del mio
amore divino, un luogo speciale nel mio divino Cuore, con la promessa
del cielo. - ... (diario, 25-12-1944).