MaM
Messaggio del 18 marzo 1999:Cari figli! Io desidero che voi affidiate a me i vostri cuori, così che io possa condurvi nella strada che porta alla luce e alla vita eterna. Non voglio che i vostri cuori errino nelle tenebre di oggi. Io vi aiuterò. Io sarò con voi in questa strada in cui si scopre l’amore e la misericordia di Dio. Come madre, vi chiedo di permettermi di farlo. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Finalmente libera! (20 luglio 1943)


La vigilia della partenza fu giornata di visite. Passarono vicino a me tutti i fanciulli del « Rifugio ». Pregai con loro e distribuii caramelle. Mia sorella non pareva più la stessa: fu notato da tutti. Oltre mille e cinquecento persone vennero a visitarmi... Dovettero intervenire i carabinieri per mantener l'or­dine. Uno di questi si limitò a stare vicino a me, accontentan­dosi di dire per tutto il tempo: - Avanti! Passate avanti! - Che impressione, quel movimento di folla! Neppure le suppli­che di mia sorella valsero a farlo cessare; neppure i carabinieri. Lo stesso dott. Araújo dovette affacciarsi alla finestra per dire che si doveva sospendere quel movimento per non ucci­dermi. Io, in effetti, mi sentivo umiliata, depressa e stanchis­sima, con un senso di disagio per i baci ricevuti e le lacrime che mi lasciavano sul volto, in segno di una stima che non merito e non voglio.

Rimasta sola, chiesi per prima cosa a mia sorella che mi lavasse. Nella mattinata del giorno della nostra partenza il dott. Araújo, che non aveva dormito quasi nulla per la responsa­bilità, venne al « Rifugio » ove molta gente attendeva per po­termi vedere. Rimase un po' vicino a me e permise l'entrata di alcune persone. Poi ci disse che eravamo libere, che l'os­servazione era finita; concesse a mia sorella di mangiare in camera mia e aggiunse: - A ottobre verrò a visitarvi a Balasar, non più come medico-spia, ma come amico che vi stima. - Baciai riconoscente la mano del dottore e lo ringraziai per il suo interessamento; lo feci con sincerità perché, anche se fu severo ed aspro, dimostrò la serietà necessaria al mio caso. Nel pomeriggio di quel giorno 20 vennero a salutarmi le religiose e le assistenti. Tutte le assistenti mi offrirono doni. Alcune di esse vennero ad assistere alla mia partenza; ero già sistemata in autolettiga e una di esse mi spruzzò del profumo; avevo con me un mazzo di garofani, offerti da una signora. Nel corso del viaggio mi offrirono alcuni mazzi di fiori. Io accettai per delicatezza, ben lontana dal pensare che sarebbero poi stati di appiglio a qualcuno per farmi soffrire Penso che chi mi offerse i fiori sapesse quanto li amo, amando Colui che li ha creati. Né il profumo, né i fiori, né la moltitudine del popolo che attorniava l'autolettiga furono motivo della più piccola vanità per me. Quando durante il viaggio ci fermavamo per riposare e io vedevo molta gente avvicinarsi con ammirazione a me, dicevo al medico Azevedo: - Non fermiamoci! Signor dottore, andiamo avanti. - Sarò stata forse indelicata, ma egli fu tan­to paziente. Io vivevo più dentro di me che fuori. Il mare e tutto ciò che si presentava ai miei occhi mi invitavano al silenzio, al raccoglimento in Dio. Quando mi trovai nella mia cameretta mi parve di sognare. Piansi, ma furono lacrime di gioia.