MaM
Messaggio del 25 ottobre 2014:Cari figli! Pregate in questo tempo di grazia e chiedete l'intercessione di Tutti i Santi che sono già nella luce. Loro vi siano d' esempio e d' esortazione di giorno in giorno, sul cammino della vostra conversione. Figlioli, siate coscienti che la vostra vita è breve e passeggera. Perciò anelate all'eternità e preparate i vostri cuori nella preghiera. Io sono con voi ed intercedo presso il mio Figlio per ciascuno di voi, soprattutto per coloro che si sono consacrati a Me ed a mio Figlio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Beata Alexandrina Maria da Costa - A tu per tu col medico


Il dott. Araújo veniva a vedermi due o tre volte al giorno, ma sempre in ore diverse. Penso lo facesse per vedere se sco­priva qualcosa. Talvolta entrò in camera mia di notte, quando vi si trovava l'assistente che da qualcuno fu definita « cardi­nale diavolo ».

Vivessi fino alla fine del mondo, non potrò dimenticare l'impressione che provavo quando il dottore apriva e poi ri­chiudeva subito la porta: rimanevo sospesa per ciò che avrebbe detto. Provavo una tale impressione che nel mio cuore e nella mia anima aumentava la tristezza. Quante volte ripetevo a Gesù: - Questa mia notte serva a dare luce a lui, a coloro che mi attorniano e a tutte le anime che vivono nelle tenebre. -

Nelle conversazioni e negli interrogatori il dott. Araújo usò tutti gli argomenti possibili per convincermi a mangiare, dicen­domi che Dio non era contento del mio digiuno. Arrivò ad insinuarmi scrupoli. Per di più le infermiere tentarono di pren­dermi dalla parte del cuore. Una volta il dottor Araújo volle perfino provare se riusciva a togliermi la fede. Si servì di quanto di meglio aveva la sua intelligenza mediante interrogatori interminabili e torturanti per scoraggiarmi, persuaso che quanto avveniva in me era dovuto ad influenza umana, non divina. Se ogni volta che ero inter­rogata avevo l'impressione di trovarmi davanti ad un lupo con pelle di agnello, in quel giorno fu assai peggio: mi parve di vedere in lui lo stesso satana che, con arte e sorrisi maligni, volesse strapparmi la fede e convincermi che tutto era illusione. Mi diceva: - Si convinca, signorina, che Dio non vuole che lei soffra! Se vuol salvare gli altri, li salvi Lui, se ne ha il potere! Se è vero che Dio ricompensa coloro che soffrono, non ha più ricompensa adeguata per lei che ha già sofferto troppo. - Ma, mio Dio [dicevo tra me], io so che Tu sei infinito, infinito nella potenza, infinito nei premi. Se fosse come dice lui, per chi soffro io? Il dott. Araújo accompagnava le sue parole con uno sguar­do malizioso, demoniaco (così mi pareva). Io allora risposi: - Sono tanto, tanto grandi le cose di Dio! E noi siamo tanto, tanto piccoli, almeno io! -

Non fiatò per un istante e poi, indignato, esclamò: - Ha ragione; ma io sono una persona ben più grande! - E se ne uscì. Era ben lungi dal conoscere questa legge di amore per le anime! Se sapesse il valore di un'anima, oh, allora vedrebbe che non è mai troppo quello che facciamo per salvarle! Piovevano costantemente umiliazioni e sacrifici. Se io almeno avessi saputo soffrire bene, avrei avuto tanto da offrire a Gesù. ­Mi si presentavano sempre nuove cose che umiliavano e ri­chiedevano sacrifici.

Avevo ai piedi del letto una foto di Giacinta di Fatima. La guardavo con amore e, senza alcun timore che le assistenti lo riferissero al dottore, sospiravo: - Cara Giacinta, anche se piccola, hai provato cosa costano queste cose! Dal cielo ove sei, aiutami! Solo l'aiuto del Cielo e le preghiere delle anime buone potranno darmi forza per salire un così doloroso calvario e sopportare il peso di questa pesantissima croce. -

Ogni volta che il dott. Araújo entrava mi faceva le stesse domande e mi lasciava spaventatissima quando mi diceva: - Dobbiamo parlarci a lungo. -

Quando lo vedevo uscire, respiravo profondamente e mi dicevo: - Benedetto sia il Signore, che te ne vai! - Ma il pensiero che sarebbe ritornato presto mi dava una sofferenza molto amara. Un giorno, seduto alla mia destra, cercò di convincermi che ero una illusa. Incominciò con un discorso molto vago sulla medicina e su di un suo professore di Oporto, al quale aveva presentato un lavoro di molte pagine elaborate dopo giorni e notti di studio. Era convinto di aver approfittato bene delle lezioni avute. Il professore, letto il lavoro, gli domandò: - P - sicuro di ciò che ha scritto? -

- Sì, sono sicuro, per questo e quest'altro motivo. - La conversazione si protraeva ed io fissavo il dottore fin­gendo di non comprendere le sue intenzioni e dicevo fra me: - Vai così lontano per cadere tanto vicino! - Intanto il dot­tore proseguiva: - Ero convinto di aver fatto un bel lavoro; il professore mi lasciò parlare e poi mi dimostrò che mi ero proprio sbagliato. Rimasi senza respiro: mio Dio, tante ore perdute! Tante ore di illusione! Il mio lungo studio era crol­lato in pochi istanti. – Io che, da parecchio tempo, vedevo dove il dottore voleva arrivare, sorrisi e dissi: - Ma il mio caso non crolla, signor dottore! Mi ha gui­data un direttore molto santo e molto saggio e mi ha studiata per vari anni. Se l'opera è di Dio, nulla la può far crollare! - Il dottore, un po' impacciato, fingendo che non era quella il significato delle sue parole, concluse: - Ah, no!... - Si alzò e in fretta se ne andò. Era tempo! Intanto mi confidavo solo con Gesù, l'unico con cui lo, potevo fare e gli offrivo le mie lacrime, che cercavo di nascon­dere all'assistente. Cantavo lodi a Gesù e a Mammina, fingen­domi colma di gioia. Cantavo con il maggiore entusiasmo, ma dentro di me ed ai miei propri occhi pareva non vi fosse né sole né giorno. Di notte alcune volte mi domandavo: - Cosa starà facendo: ora mia sorella? Starà piangendo? - Pensando che ella stava soffrendo per causa mia, una volta non ho potuto trattenere le lacrime. Quanto piansi! Avevo solo paura di disgustare Gesù, ma Egli sapeva che accettavo tutto per suo amore, con il de­siderio immenso di dargli tutte le anime. Infatti gli offersi anche le lacrime come atti d'amore per i tabernacoli.

« Quanto maggiore è l'amarezza, tanto maggiore è l'amore »: - non è così, mio Gesù? Accetta tutto. - Il sedicesimo ed il trentesimo giorno della mia perma­nenza ebbi la visita della mamma. Sentivo tanta nostalgia di lei! Poté stare poco tempo vicino a me e sempre sotto lo sguar­do indagatore delle spie. Ella piangeva e io fingevo di non avere cuore: le sorridevo, scherzavo, l'accarezzavo e, con il mio sorriso ingannatore, nascondevo l'amarezza dell'anima, bloccando le lacrime che volevano cadermi sul volto. L'ho in­coraggiata, sfogandomi intimamente con il mio Gesù. Era la mia croce: non dovevo portarla per amore di Colui che era morto per me?