Il giorno seguente, venerdì, cominciò per me in quella casa il vero
calvario. All'ora dell'estasi, come avviene tutti i venerdì, entrò mia
sorella, presenti già il medico Azevedo, il signor Sampaio e
un'infermiera assistente. Agli osservatori sopraggiunti non sfuggì
nessun particolare e tutto fu divulgato e commentato; per es. che il
signor Sampaio aveva estratto dalla tasca l'orologio, che mia sorella
si era inginocchiata nell'udire le parole dell'estasi, che una
infermiera aveva pianto, ecc. Il dott. Azevedo, come sempre, scrisse il
colloquio dell'estasi per consegnarlo ai medici.
Deolinda, che aveva l'ordine di non rimanere in camera mia, era
amareggiata e disse: - Non potrò vedere mia sorella nemmeno dalla porta
della camera? Forse che il mio sguardo la può alimentare? - Inclinata
sul mio letto piangeva inconsolabile. Fu allora che le dissi: - Non
affliggerti, c'è con noi il Signore. - L'assistente che aveva pianto
durante l'estasi, toccandola sulle spalle, esclamò: - Non pianga. II
dott. Araújo è un uomo di molta carità! - Bastò questa espressione a
mia sorella perché quell'assistente fosse dimessa dalla vigilanza;
ricomparve solo negli ultimi giorni, ma accompagnata, quando ormai vi
erano già le prove della verità. Questo avvenne per causa di una
assistente che fu il mio carnefice durante tutta la mia permanenza al «
Rifugio ». Ella non immagina neppure quanto mi ha fatto soffrire. Che
il Signore la perdoni! Nella notte dal venerdì al sabato ebbi una delle
tremende crisi di vomito che mi fanno soffrire tanto. Mi costò più che
mai l'assenza di una persona che mi sostenesse. Sabato venne di nuovo
il dott. Araújo per vedere come stavo e per sapere ciò che era
avvenuto. La mia prostrazione era tale che non mi accorsi quando bussò
alla porta, sempre chiusa a chiave; l'udii soltanto quando, vicino al
mio letto, susurrava all'infermiera: - È spacciata! È spacciata! - A
quelle parole apersi gli occhi e gli dissi: - Signor dottore, anche a
casa mia avevo di queste crisi. - Rispose prontamente e imperioso: -
Signorina, non pensi di essere venuta qui per digiunare! - Capii cosa
intendeva dire e mi sentii profondamente ferita.
Informato di ciò che era avvenuto il venerdì, volle leggere lo scritto
dell'estasi e commentò furioso: - Sembra impossibile che il dott.
Azevedo, tanto intelligente, si lasci sedurre da queste cose! Bisogna
farla finita anche con questo. Intanto scompaiano di qui tutti gli
orologi, affinché questa ammalata ignori le ore. - (Quasi che il
Signore avesse bisogno di orologi!). Vedendomi in quella prostrazione
avrebbe voluto soccorrermi con medicine, ma io non acconsentii. Quante
volte le infermiere mi si avvicinarono, convinte che ero morta!
Passarono cinque giorni di continua agonia, più nell'anima che nel
corpo, perché in quelle crisi non permisero mai che Deolinda mi
venisse vicina, mentre in casa tante volte erano necessarie due persone
per sostenermi. Erano tutti persuasi che la crisi fosse dovuta a
mancanza di alimentazione e che, così isolata e senza chi me la potesse
dare, io avrei sentito la necessità di chiederla o sarei morta. Come si
ingannavano! Non sapevano che l'alimento mi veniva dall'Ostia santa che
ricevevo ogni giorno!
Il dott. Azevedo venne a trovarmi in quei giorni e fu informato di
tutto da mia sorella, fuori della mia camera. Giunto presso il mio
letto, senza che mi fossi accorta, l'infermiera gli suggerì che io
avevo bisogno di medicine. Fu allora che io apersi gli occhi e udii che
le rispondeva: - Questa ammalata è venuta per la costatazione del
digiuno e nulla più. Credo che il dott. Araújo stia alle condizioni.
Non permetto che le si facciano iniezioni o altro, a meno che ella non
lo chieda. Vedranno che la crisi passerà, spariranno le occhiaie,
ritornerà il colorito e il polso diventerà normale, o quasi normale
perché non favorito dal clima marino. Le assicuro una cosa, mia
signora: lei morirà, io morirò, ma l'ammalata non morirà in questo
ospedale. - Quindi, seduto vicino a me, mi diede un po' del conforto di
cui avevo bisogno.
Per volontà di Dio, dopo cinque giorni, il vomito passò, ritornò il
colorito normale insieme alla luminosità degli occhi. Durante la
successiva visita del mio medico [Azevedo] la signora assistente uscì
con questa frase: - Guardi, signor dottore, guardi che volto! - Ed
egli delicatamente ma con fermezza: - Sono state le cotolette e le
iniezioni! - Gesù ha voluto mostrare ancora una volta il suo potere in
questa umile creatura. Tutte le assistenti eseguirono scrupolosamente
l'ordine del dott. Araújo e non mi abbandonarono un momento. Aprivano
la porta della camera soltanto per lasciare entrare i medici e le
infermiere. Nonostante la mia trasformazione, né il dott. Araújo né le
infermiere si volevano convincere che io potessi vivere senza
alimentazione. Infatti usavano talvolta argomenti per impaurirmi:
passavano poi a frasi di tenerezza e di interessamento per la mia
persona. Nei loro discorsi li ho sentiti dire che il mio caso era forse
dovuto ad isterismo e a qualche fenomeno inspiegabile. Un giorno dissi
al dott. Azevedo quanto avevo nell'anima tanto amareggiata e cioè che
per curare l'isterismo non c'era bisogno di rimanere in quell'ospedale.
Ma lui mi incoraggiò e mi infuse fiducia. Gli ho ubbidito per fare in
tutto la volontà di Dio.