MaM
Messaggio del 25 marzo 2014:Cari figli! Vi invito di nuovo: iniziate la lotta contro il peccato come nei primi giorni, andate a confessarvi e decidetevi per la santità. Attraverso di voi l'amore di Dio scorrerà nel mondo e la pace regnerà nei vostri cuori e la benedizione di Dio vi riempirà. Io sono con voi e davanti al mio Figlio intercedo per tutti voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Sotto la vigilanza più rigorosa


Il giorno seguente, venerdì, cominciò per me in quella casa il vero calvario. All'ora dell'estasi, come avviene tutti i venerdì, entrò mia sorella, presenti già il medico Azevedo, il signor Sampaio e un'infermiera assistente. Agli osservatori soprag­giunti non sfuggì nessun particolare e tutto fu divulgato e com­mentato; per es. che il signor Sampaio aveva estratto dalla tasca l'orologio, che mia sorella si era inginocchiata nell'udire le pa­role dell'estasi, che una infermiera aveva pianto, ecc. Il dott. Azevedo, come sempre, scrisse il colloquio dell'e­stasi per consegnarlo ai medici.

Deolinda, che aveva l'ordine di non rimanere in camera mia, era amareggiata e disse: - Non potrò vedere mia sorella nemmeno dalla porta della camera? Forse che il mio sguardo la può alimentare? - Inclinata sul mio letto piangeva incon­solabile. Fu allora che le dissi: - Non affliggerti, c'è con noi il Signore. - L'assistente che aveva pianto durante l'estasi, toccandola sulle spalle, esclamò: - Non pianga. II dott. Araújo è un uo­mo di molta carità! - Bastò questa espressione a mia sorella perché quell'assistente fosse dimessa dalla vigilanza; ricompar­ve solo negli ultimi giorni, ma accompagnata, quando ormai vi erano già le prove della verità. Questo avvenne per causa di una assistente che fu il mio carnefice durante tutta la mia permanenza al « Rifugio ». Ella non immagina neppure quanto mi ha fatto soffrire. Che il Signore la perdoni! Nella notte dal venerdì al sabato ebbi una delle tremende crisi di vomito che mi fanno soffrire tanto. Mi costò più che mai l'assenza di una persona che mi sostenesse. Sabato venne di nuovo il dott. Araújo per vedere come stavo e per sapere ciò che era avvenuto. La mia prostrazione era tale che non mi accorsi quando bussò alla porta, sempre chiusa a chiave; l'udii soltanto quando, vicino al mio letto, susurrava all'infermiera: - È spacciata! È spacciata! - A quel­le parole apersi gli occhi e gli dissi: - Signor dottore, anche a casa mia avevo di queste crisi. - Rispose prontamente e imperioso: - Signorina, non pensi di essere venuta qui per digiunare! - Capii cosa intendeva dire e mi sentii profonda­mente ferita.

Informato di ciò che era avvenuto il venerdì, volle leggere lo scritto dell'estasi e commentò furioso: - Sembra impos­sibile che il dott. Azevedo, tanto intelligente, si lasci sedurre da queste cose! Bisogna farla finita anche con questo. Intanto scompaiano di qui tutti gli orologi, affinché questa ammalata ignori le ore. - (Quasi che il Signore avesse bisogno di orologi!). Vedendomi in quella prostrazione avrebbe voluto soccor­rermi con medicine, ma io non acconsentii. Quante volte le infermiere mi si avvicinarono, convinte che ero morta! Passarono cinque giorni di continua agonia, più nell'anima che nel corpo, perché in quelle crisi non per­misero mai che Deolinda mi venisse vicina, mentre in casa tante volte erano necessarie due persone per sostenermi. Erano tutti persuasi che la crisi fosse dovuta a mancanza di alimentazione e che, così isolata e senza chi me la potesse dare, io avrei sentito la necessità di chiederla o sarei morta. Come si ingannavano! Non sapevano che l'alimento mi veniva dall'Ostia santa che ricevevo ogni giorno!

Il dott. Azevedo venne a trovarmi in quei giorni e fu in­formato di tutto da mia sorella, fuori della mia camera. Giunto presso il mio letto, senza che mi fossi accorta, l'infermiera gli suggerì che io avevo bisogno di medicine. Fu allora che io apersi gli occhi e udii che le rispondeva: - Questa ammalata è venuta per la costatazione del digiuno e nulla più. Credo che il dott. Araújo stia alle condizioni. Non permetto che le si facciano iniezioni o altro, a meno che ella non lo chieda. Vedranno che la crisi passerà, spariranno le occhiaie, ritornerà il colorito e il polso diventerà normale, o quasi normale perché non favorito dal clima marino. Le assicuro una cosa, mia si­gnora: lei morirà, io morirò, ma l'ammalata non morirà in questo ospedale. - Quindi, seduto vicino a me, mi diede un po' del conforto di cui avevo bisogno.

Per volontà di Dio, dopo cinque giorni, il vomito passò, ritornò il colorito normale insieme alla luminosità degli occhi. Durante la successiva visita del mio medico [Azevedo] la signora assistente uscì con questa frase: - Guardi, signor dot­tore, guardi che volto! - Ed egli delicatamente ma con fer­mezza: - Sono state le cotolette e le iniezioni! - Gesù ha voluto mostrare ancora una volta il suo potere in questa umile creatura. Tutte le assistenti eseguirono scrupolosamente l'ordine del dott. Araújo e non mi abbandonarono un momento. Aprivano la porta della camera soltanto per lasciare entrare i medici e le infermiere. Nonostante la mia trasformazione, né il dott. Araújo né le infermiere si volevano convincere che io potessi vivere senza alimentazione. Infatti usavano talvolta argomenti per impaurir­mi: passavano poi a frasi di tenerezza e di interessamento per la mia persona. Nei loro discorsi li ho sentiti dire che il mio caso era forse dovuto ad isterismo e a qualche fenomeno in­spiegabile. Un giorno dissi al dott. Azevedo quanto avevo nell'anima tanto amareggiata e cioè che per curare l'isterismo non c'era bisogno di rimanere in quell'ospedale. Ma lui mi incoraggiò e mi infuse fiducia. Gli ho ubbidito per fare in tutto la vo­lontà di Dio.