MaM
Messaggio del 25 novembre 1984:Siate sempre sinceri davanti a Dio e davanti agli altri.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Vinse il pensiero dell'obbedienza


Per soddisfare i desideri del signor arcivescovo mi assog­gettai ad un altro consulto medico che avvenne il 27 maggio 1943. Quando mi fu annunciato [con lettera del dott. Azevedo], una nuova sofferenza si impossessò del mio spirito. Ma, ve­dendo in tutto la volontà santissima di Dio, acconsentii, come sempre, per obbedienza, benché un altro esame medico mi costasse molto. Saputa la data, chiesi ardentemente alla Mamma del cielo di darmi la calma per sopportare tutto, con coraggio e rassegnazione, per Gesù e per le anime. Il giorno fissato venne il dott. Azevedo con il dott. Gomes de Araújo e con il prof. Carlo Lima'. Io ero serena e calma: il Signore mi aveva esaudita. Uno dei medici mi domandò su­bito se soffrivo molto e a chi offrivo le mie sofferenze, se sof­frivo volentieri e se sarei stata contenta che il Signore, da un momento all'altro, mi liberasse dai miei dolori. Risposi che in verità soffrivo assai, che offrivo tutto per amore di Gesù e per la conversione dei peccatori. Poi mi domandarono quale era la mia più grande aspirazione; io risposi: - Il cielo! - Allora uno mi chiese se ambivo essere una santa, come santa Teresa, come santa Chiara ecc. ed arrivare agli altari, lascian­do come loro un grande nome nel mondo. - È ciò che mi interessa meno - risposi.

Per togliermi la fiducia in Dio mi fece una proposta: - Se per salvare i peccatori fosse necessario perder l'anima sua, che farebbe? - Confido che anche la mia si salverebbe, salvando le altre anime; ma se dovessi perderla, direi di no al Signore; Egli non chiede certamente una simile cosa. Anzi, voglio dire che ho promesso al Signore i miei occhi, la cosa più cara del mio corpo, se ciò fosse necessario per convertire Hitler, Stalin e tutti gli autori della guerra. - E perché non mangia? - Non mangio perché non posso; mi sento sazia; non ho necessità; ma sento nostalgia del cibo. - Dopo questo i medici incominciarono la visita che soppor­tai con buona disposizione. Fu una visita rigorosa, ma allo stesso tempo usarono delicatezza col mio corpo. Alla fine, sic­come non ero in condizione di affrontare un viaggio, decisero di chiamare in casa nostra due religiose infermiere per ac­certarsi della veracità del mio digiuno. Quando i medici se ne furono andati, il Signore mi fece sentire che la loro decisione non si sarebbe realizzata e rimasi in attesa di notizie circa le loro intenzioni. Il 4 giugno vennero il dott. Azevedo ed il confessore p. Al­berto a comunicarmi la risoluzione dei medici e a convincere me e la mia famiglia sulla opportunità di andare al « Rifugio di paralisi infantile » di Foce. Sarei stata messa in una ca­mera sotto osservazione durante un mese, per un controllo più diretto di quanto avveniva in me. Io, lì per lì, risposi di no, ma mi pentii subito, pensando all'obbedienza dovuta all'arci­vescovo e per non creare una situazione critica al mio diret­tore, al dott. Azevedo e a tutti coloro che tanto si interessano di me. Accettai la proposta, ma a queste condizioni: 1) di potere ricevere Gesù tutti i giorni; 2) di essere accompagnata sempre da mia sorella; 3) di non essere più sottoposta ad esami, perché io andavo in osservazione e non per esami. Nei giorni in cui rimasi ancora in casa chiesi a Gesù e a Mammina di darmi forza e coraggio per essere io stessa di coraggio ai miei cari i quali erano desolati. Quante volte du­rante la notte, col cuore oppresso e le lacrime negli occhi, chiesi a Gesù di aiutarmi perché mi pareva che tutte le forze mi abbandonassero e mi vedevo senza coraggio per me, tanto meno per darne ad altri!