« ... Gesù è venuto ed ha acceso nel mio cuore un poca del suo fuoco divino; mi ha dato qualche raggio della sua luce: - Figlia mia... è giunta l'ora di darmi la maggior prova di amore e di eroismo: camminare senza luce in completa abbandono...» (lettera a p. Pinho, 3-1-1942).
« ... La mia anima pare strapparsi a pezzi. Solo il 7 gennaio, giorno in cui lei, padre, è venuta da me, il mio dolore sia fisico che spirituale ebbe una pausa. È vero che Gesù mi sta privando di tutto, ma mi ha ancora dato alcune ore di sollievo e qualche momento di dolcezza e soavità nell'anima. Li ricordo a stento e mi pare di mentire perché ora non ho luce... » (lettera a p. Pinho, 9-1-1942).
« ... Il vivere senza sostegno mi fa paura. Ho perduto tutto sulla terra e in cielo. Voglio sperare ciecamente che Gesù e Mammina non mi abbandoneranno, ma cado nello scoraggiamento, rimango abbattuta, immersa nello smarrimento.
- Mio Dio, mio Gesù, credo in Te, credo nel tuo divino amore per me. Ti amo e voglio darti anime. - Ieri il medico è stato qui quasi due ore. Gesù si è servito di lui per addolcire il mio dolore... Ho ancora sulla terra chi ha compassione di me. Gesù non mi abbandona e mi manda le sue tenerezze. Questo pensiero ha fatto rivivere la mia fiducia... » (lettera a p. Pinho, 15-1-1942).
« ... Ieri è venuto un giornalista di Lisbona; non gli ho detto nulla delle cose di Gesù, ma il fatto mi fa soffrire. Quasi tutti i sacerdoti sanno di me: fanno mille domande al parroco. Tutto per causa degli scritti del p. Tercas. Potessi essere portata via di qui! Non vorrei essere conosciuta; vorrei nascondermi... » (lettera a p. Pinho, 16-1-1942).
« ... Oggi il parroco è venuto a leggermi due fogli di p. Terças con parecchie domande. Vorrà continuare a parlare di me? Gli ho risposto che non avrei detto nulla delle cose del Signore e che soffro per avergliene parlato. Non è per timore di essere colta in qualche bugia: potrei essere interrogata migliaia di volte e io direi sempre la stessa cosa, perché la verità ha una sola strada. È la ferita che sento e che mi obbliga a procedere così.
Venga chi vuole: io parlerò soltanto con l'autorizzazione del mio direttore... » (lettera a p. Pinho, 17-1-1942).
« ... Quanto è dolorosa la mia sofferenza! ... Mio Dio, se almeno questa croce fosse solo per me! Ma per sfortuna non è così. È inutile che lei, padre mio, voglia ingannarmi dicendomi che non soffre non ho bisogno di altri testimoni, mi bastano i sentimenti della mia anima... Per mia maggiore confusione sento di essere io il motivo di tanto soffrire; lo sono e lo sarò per tutta la vita. E sarò pure causa di molta umiliazione e sofferenza per il medico. Che triste ricompensa per quanto ha fatto per me! È cosa involontaria; io non vorrei essere ingrata verso nessuno. Quando ricevo Gesù me ne dimentico subito e rimango sola nel mio dolore. Mi pare che se udissi Gesù non Lo ascolterei e Gli volterei subito le spalle, anche se non l'ho mai fatto... Quanta paura di ingannarmi! Ho pianto molto e sono triste per questo mio comportamento. Non vorrei ricevere la croce con le lacrime, ma non ho più forze. Piango, ma nel cuore vi è la volontà di seguirLo, di consolarLo, di soffrire tutto per suo amore e dargli anime. Preghi per me... » (lettera a p. Pinho, 21-1-1942).
« ... Le hanno proibito di venire qui? Non cessano di farla soffrire? Tentano di umiliarla e di deprimerla di più? Gesù sia con noi! Ci venga in aiuto la cara Mammina e ci dia forza per tanto dolore. Sia tutto per la maggior gloria di Gesù e a vantaggio delle anime... » (lettera a p. Pinho, 26-1-1942).
« ... Sento che lei soffre quasi solo... Mio Dio, ho eretto un calvario al mio padre spirituale che ha fatto tanto per portare la mia anima a Gesù.
Ne ho elevato un altro al mio medico, che si sacrifica tanto per il mio corpo. O Gesù, o Mammina, chiamatemi a voi affinché io non sia più motivo di tanta umiliazione e dolore... Preferirei soffrire sola. Avessi potuto soffrire questo mare di dolori e nessuno ne fosse a conoscenza, eccetto Gesù! Vorrei scomparire dal mondo, dallo sguardo di tutti e rimanere nella dimenticanza... » (lettera a p. Pinho, 30-1-1942).
« ... Sono in uno stato di rivolta e mi sento sola, proprio sola... Che tremenda burrasca!... Sono al colmo della mia agonia. Temo di diventare infedele al mio Gesù: non ho forze per sopportare di più... Quando verrà il cielo? Povera me se ritarda!... Domenica sera [8 febbraio] sul tardi si insinuò nel mio spirito un grande tormento: il timore che sarei rimasta senza il mio Gesù [eucaristico], che il parroco, proibito dall'arcivescovo, non sarebbe più venuto a portarmelo; che sarebbero proibiti di venire a trovarmi tutti i sacerdoti, così come ogni altra persona, sotto pena di scomunica. Mio Dio, senza avere un padre per confessarmi, che cosa devo fare? Far di tutto per non peccare, non rattristare neppure in una minima cosa il mio Gesù e chiedergli molto perdono. Mio Dio, mio Dio, che confusione dover morire così senza un sacerdote!...
... O mio padre, mi giunge da poco una nuova sofferenza: non mi consentono che io prenda consigli dal mio padre spirituale... A chi devo io ricorrere?... » (lettera a p. Pinho, 132-1942).