MaM
Messaggio del 2 agosto 2008:Cari figli! Nella mia venuta a voi, qui in mezzo a voi, si riflette la grandezza di Dio e si apre la strada con Dio verso la felicità eterna. Non sentitevi deboli, soli e abbandonati. Con la fede, la preghiera e l’amore salite sul monte della salvezza. La Santa Messa, il più sublime e il più forte atto della vostra preghiera, sia il centro della vostra vita spirituale. Credete e amate, figli miei. In questo vi aiuteranno anche quelli che mio figlio ha scelto e chiamato. A voi e in modo particolare a loro, dò la mia benedizione materna. Vi ringrazio. La Madonna ha benedetto tutti i presenti e tutti gli oggetti sacri.

Beata Alexandrina Maria da Costa - Era la Voce del Signore

Fu nel settembre 1934 che io mi persuasi pienamente essere stata la Voce del Signore [a pronunciare quelle parole: « soffri­re, amare, riparare »] e non un mio slancio spirituale a sug­gerirmele.

Fu allora che Egli mi chiese, parlando così: - Dammi le tue mani: le voglio crocifiggere; dammi i tuoi piedi: li voglio inchiodare con Me; dammi il tuo capo: lo voglio coronare di spine come fe­cero a Me; dammi il tuo cuore: lo voglio trapassare con la lancia co­me trapassarono il mio; consacrami tutto il tuo corpo, offriti tutta a Me. -

Mi chiese questo due volte [il 6 e l'8 settembre]. Non so esprimere il mio tormento, perché non potevo scri­vere e non volevo dir nulla a mia sorella, ma non volevo neppure tacere, perché capivo di non fare, tacendo, la volontà di Dio: dovevo dire tutto al direttore spirituale.

Mi decisi a fare il sacrificio e chiesi a Deolinda di scrivere quanto le avrei dettato. Lo abbiamo fatto senza scambiarci uno sguardo. Scritta la lettera, morì tutto in noi e non se ne parlò mai più. Se fino allora ogni lettera del direttore mi aveva portato gioia, da quel momento non provai più consolazione: vivevo nel terrore che mi trattasse male e mi dicesse che quanto av­veniva in me era falsità.

Avevo ceduto all'invito del Signore, ma pensavo che i sa­crifici che mi avrebbe chiesto sarebbero stati soltanto le soffe­renze portate dalla malattia, anche se maggiori; non mi era passato per la mente che mi avrebbe chiesto di soffrire per fe­nomeni singolari. Il direttore mi obbligò a scrivere tutto e per due anni e mezzo non mi disse mai che erano cose di Dio. Questo suo silenzio mi fece soffrire assai.