Tu hai detto: "Perché lo scorso anno io non ho visto questo atto di Longino?". Perché eri una terrorizzata dalla subita visione delle mie torture. Perché eri ancora insufficiente a descrivere e a vedere. Io ho bruciato i tempi per darti un conforto per la tua passione imminente. Ma, lo vedi che ho dovuto riprenderti con Me per farti risalire tutta la mia Tortura con maggiore perfezione e maggior pace. È perfetta? Oh! no. La creatura, per quanto tenuta fra le mie braccia e fusa con Me, è sempre creatura, e avrà sempre reazioni e capacità di creatura. Mai potrà capire e descrivere con assoluta veridicità e assoluta perfezione, essendo creatura, i sentimenti e le sofferenze dell'Uomo-Dio.
E, del resto, non sarebbero capiti dai più. Già non sono capiti questi. E in luogo di porsi in ginocchio a benedire Dio che vi ha concesso questa conoscenza, unica cosa da farsi, i più prenderanno libri e libroni, compulseranno, misureranno, guarderanno contro luce, sperando, sperando, sperando. Che? Ma di trovare delle contraddizioni con altri simili lavori. E demolire, demolire, demolire. In nome della scienza (umana), della ragione (umana), della critica (umana), della superbia tre volte umana. Quanto si demolisce dall'uomo di opere sante per costruire, colle macerie, degli edifici non santi! Avete levato l'oro schietto, poveri uomini. Il semplice e prezioso oro della Sapienza. E avete messo stucco e gesso mal tinti di polvere dorata, che l'urto della vita, delle persone, delle intemperie umane, dilava subito, lasciando una butteratura di lebbra che presto si sfarina, facendo il nulla del vostro sapere.
Oh! poveri Tommasi, che non credete altro che a ciò che capite e che provate voi, in voi! Ma benedite Dio e cercate di salire, poiché vi dò una Mano! Salire nella fede e nell'amore. Io ho voluto l'umiliazione degli apostoli perché fossero capaci di essere dei "padri delle anime". Io ve ne prego, e parlo in specie a voi, miei sacerdoti. Accettate l'umiliazione di essere posposti ad un laico per divenire "padri delle anime". Per tutti è quest'opera. Ma come è particolarmente dedicato a voi questo Vangelo, in cui il Maestro prende per mano i suoi sacerdoti e li conduce con Sé fra le file degli scolari, perché essi, i sacerdoti, divengano maestri capaci di guidare gli scolari, in cui il Medico vi porta fra i malati – ogni uomo ha la sua malattia spirituale – e ve ne mostra i sintomi e le cure!
Sù, dunque. Venite e guardate. Venite e mangiate. Venite e bevete. E non negate. E non odiate il piccolo Giovanni. I buoni fra voi da quest'opera avranno una gioia santa. Gli studiosi onesti una luce. Gli svagati non cattivi un diletto. I cattivi un mezzo per sfogare la loro cattiva scienza. Ma il piccolo Giovanni ha avuto solo dolore e fatica, per cui, ora, alla fine dell'opera3, è come una creatura languente per malattia.
Ebbene, che dirò allora ai miei e suoi amici: Maria di Magdala e Giovanni, e Marta e Lazzaro e Simone, agli angeli che l'hanno vegliato nella sua fatica? Dirò: "Il piccolo Giovanni, l'amico nostro, è languente. Andiamo a portargli l'acqua dei fiumi eterni e a dirgli: 'Vieni, piccolo Giovanni. Contempla il tuo Sole e sorgi. Perché molti vorrebbero vedere ciò che tu vedi. Ma solo ai prediletti è concesso di conoscere, prima del tempo, il Signore eterno e le sue giornate nel mondo. Vieni. Il Salvatore, coi suoi amici, viene alla tua dimora, in attesa che tu vada, con Lui ed Essi, alla Dimora sua'".
Va' in pace. Io sono con te.»
7 aprile 1945, ore 17.