MaM
Messaggio del 25 novembre 2018: Cari figli! Questo tempo è tempo di grazia e di preghiera tempo di attesa e di donazione. Dio si dona a voi perché lo amiate al di sopra di ogni cosa. Perciò, figlioli, aprite i vostri cuori e le vostre famiglie affinché quest'attesa diventi preghiera ed amore e soprattutto donazione. Io sono con voi, figlioli e vi esorto a non rinunciare al bene perché i frutti si vedono, si sentono, arrivano lontano. Perciò il nemico è arrabbiato e usa tutto per allontanarvi dalla preghiera. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Maria Valtorta - 22 giugno 1944

Uscendo da un coma di otto ore e mezza, mi sveglio stamane alle 6,30 e per primo saluto del giorno sento il cannone. Molti cannoni, anzi, che sparano dalle alture vicine smentendo i facili ottimismi e le gratuite asserzioni di quanti dicevano che “qui, per essere una conca di monti, non c’erano artiglierie e perciò si era sicuri”. Bene! Tiriamo innanzi.

   Ripeto quanto ho sempre detto dal 16 aprile, domenica in albis, giorno in cui, alle 17, mi fu parlato di questo luogo come residenza di sfollamento preferibile alle altre: “A S. Andrea [407] mi sentirò meno sicura che altrove ed avrò paura di tutto”.

   Così è. Ho paura. E orrore di morire qui. E dolore, grandissimo dolore di morire senza avere lei vicino. L’unico che mi dà, fra gli umani, il conforto di cui ho bisogno: il conforto spirituale. Gli altri servono per Maria-carne e Maria-sentimento. Ma ormai carne e sentimento io li guardo come indumenti gettati sull’io vero. E il mio io è oramai ridotto al solo spirito. E a questo manca il suo aiuto.

   Ho tanto sperato di vederla in questi giorni. Per dirle tante cose e per dirle “grazie” per tutto il bene che ha fatto all’anima mia.

   Lei mi ha portato Gesù. Non intendo Gesù-Eucarestia. Qualunque sacerdote lo porta. Intendo Gesù a modo mio. La sua presenza e le sue cure mi hanno messa in condizione di intendere e vedere ciò che prima non vedevo nel selvaggiume che era in me e che da sola cercavo estirpare. Ma da sola facevo poco.

   È stato un grande errore e una grande crudeltà avermi separata da chi mi teneva così placida in Dio. Dio non è dove è tempesta. E se anche Egli vede che la tempesta non è originata da noi, e perciò plana sul mare irato del nostro cuore, la sua voce e la sua faccia male si intendono, con grande fatica, fra le nuvole e i clamori dei venti e delle onde.

   Dato che mi sento malissimo dal 19 giugno, e perciò sono nelle più infelici condizioni per superare gli orgasmi e le paure che sono incombenti e che dovremo assolutamente passare, penso che non resisterò. E me ne dovrò andare senza rivedere la mia casa e senza avere vicino lei. Avessi intorno tutto il mondo, sarò nel silenzio e nel vuoto come in un deserto, perché non avrò la parola che mi aiutava tanto. La sua. È un grande, grandissimo sacrificio questo. E solo Dio lo conosce quanto mi costi subirlo.

   Ad ogni modo: grazie di tutto. Marta sa come agire. Le ripeto: aiuti Marta, che nei suoi difetti di impulsività cela un cuore d’oro, e non l’ho mai capito tanto come da due mesi a questa parte…
   Penso che per ultimo dono le lascio la seconda parte della Desolata: Maria che ripassa per il Calvario; e l’Ora santa. Quando le leggerà [408], pensi a me che le ho ricevute piangendo e sorridendo. Piangendo per il dolore di Maria e Gesù e mio, e sorridendo per la loro bontà. E preghi per me.
   Quasi non ci vedo e stento molto a scrivere. Penso che, anche se campo, fra poco non potrò più scrivere perché la vista non è più chiara. Vado per pratica, ma non vedo bene. Mi sono costruito un regolo per andare più dritta. Scusi perciò se sono quasi illeggibile.
   Un grazie anche alla Superiora delle Stimmatine [409]. Le dica che ho sempre pregato per lei perché la sua bontà mi ha proprio commossa e che pregherò anche dall’altra parte. Come farò per lei, Padre. Ne stia certo.
   Ora basta. Prego e attendo. Parlerà Gesù?…

   Più tardi (ore 12) dice Gesù:

   «Vedi, Maria. Un altro che si trovasse nel tuo stato d’animo peccherebbe molto di più e non soffrirebbe, spiritualmente, che molto meno. Perché in te è sofferenza anche la tema che la sofferenza ti possa portare a dare dolore a Me. Perciò, te l’ho già detto [410], tu credi di essere all’inferno o poco meno, mentre sei in Paradiso.

   Quale è l’unica cura dei beati? Tenersi fissi in Dio, loro Amore. E tu non fai, e con tanta maggior fatica perché aggrappati al tuo spirito sono carne e mente umana, la stessa cosa?

   La vita vera chiusa nell’uomo, ossia lo spirito, è fatta a somiglianza di Dio. Non conosce perciò misure di relatività e tende all’Infinito e al Perfetto. E più, nel suo tendersi, gli si avvicina riflettendo in sé come specchio nitido la divina somiglianza, e più odia ciò che è non simile a Dio. Perciò anche l’ombra di una imperfezione, il sospetto di una tiepidezza, fanno a lui più orrore di una colpa grave in uno cristiano di nome soltanto e dell’ateismo in un senza Dio.

   Si è che voi ricevete continuamente l’Ospite che vi è Padre e Signore e conoscendolo, alla sua luce, vedete voi quali siete e vi abbassate sino all’annichilimento dicendo: “Come, Tu, Signore, vieni a me? Io non sono degno di averti”. Ma è proprio perché vi nutrite di questa amorosa umiliazione che l’Ospite divino viene e fa in voi la sua dimora. Vi trova amore, umiltà e volontà retta. E che altro vuole Dio per amarvi? Nulla. Sa che di più non potete dare sinché siete quaggiù.

   Ma vi dice anche, ti dice anche: “La tua ansia cesserà solo quando tu, creatura finita, ti fonderai all’Infinito. Allora sarà finita la lotta, la paura di non piacermi, la pena della tua condizione”.

   Non temere. Io ti lascio delirare. Non mi fanno paura i tuoi deliri perché so cosa sono e perché sono. Tanto poco mi fanno paura e sdegno che, mentre tu gridi il tuo dolore di creatura, Io ti tengo stretta per impedirti di farti del male vero. Il male vero sarebbe se tu ti allontanassi da Me, timorosa di avermi disgustato. E allora Io, anche se tu non mi riconosci perché la prova ti fa velo, ti tengo così.

   Maria, sono il Gesù del Getsemani. E vuoi che non comprenda certe angosce?…»

[407] S. Andrea è Sant’Andrea di Còmpito, frazione del comune di Capànnori in provincia di Lucca. Ancora una volta rimandiamo alla nostra nota sullo sfollamento, in calce allo scritto del 24 aprile. È anche utile ricordare che la scrittrice si rivolge sempre (con il lei) al Padre Migliorini, suo direttore spirituale.
[408] le leggerà: sono state scritte, rispettivamente, il 3 giugno e il 14 giugno. Forse al posto di Calvario dovrebbe leggersi Cenacolo.
[409] Superiora delle Stimmatine. Suor Gabriella, da Camaiore, era andata a far visita alla scrittrice sfollata.
[410] te l’ho già detto, per esempio il 12 maggio.