Stanotte ho dormito, col mio angelo custode accanto; nello svegliarmi
l'ho veduto vicino a me; mi ha dimandato dove andassi. « Da Gesù », ho
risposto.
Tutto il resto del giorno è corso benissimo. Dio mio, ma verso sera che
è mai avvenuto! L'angelo custode si è fatto serio e severo; io non
sapevo indovinarne la cagione, ma lui, ché nulla posso celargli, in
tuono severo (nel momento che mi ero messa a recitare le solite
preghiere) mi ha demandato che facessi. «Prego». «Chi aspetti?»
(facendosi sempre più serio).
Io non pensavo a nulla. «Confratel
Gabriele» [risposi]. A sentir pronunziare quelle parole, ha cominciato
a gridarmi, dicendomi che invano aspettassi, come pure aspettassi
invano la risposta, poiché...
E qui mi ricordò due peccati fatti nel corso del giorno. Dio mio, che
severità! Pronunziò queste parole più volte: «Mi vergogno di te. Finirò
col non farmi più vedere, e forse... chi sa se neppure demani ».
E mi lasciò in quello stato. Mi fece pure piangere tanto. Ho voglia di
chiedere perdono, ma, quando è così inquietato, non ci è caso che mi
voglia perdonare.