Il 9 giugno “il Pellegrino” così
informava: “Sebbene la trovassi in un pallore mortale e non
potesse trovare tranquillità per i disturbi, non respingeva
nessuno. Mi disse che i suoi patimenti erano legati a quelli di Gesù,
e perciò essa doveva darsi tre giorni di riposo con il suo
corpo, come Gesù nel sepolcro. Non sa se è giunta al
termine dei suoi giorni. Il medico voleva frizionarla con lo spirito;
il padre confessore, nonostante si aspettasse la sua morte, protestò
e non se ne fece niente. Il confessore vedendo che la malata riceveva
ancora molte visioni considerò che la fine non fosse così
prossima. Alla fine il confessore avrebbe voluto darle forza per
mezzo del suo dito consacrato; a questo pensiero, quasi come se lo
avesse recepito, la pia suora alzò il capo e lo girò
verso di lui.
In quest’abbandono le vennero in soccorso santa Chiara da
Montefalco, Giuliana di Liegi e Antonio da Padova. La prima le
apparve e le disse; «Tu hai ben coltivato il giardino del
Santissimo Sacramento, e il tuo lavoro è adesso adempiuto.
Adesso però sei molto strapazzata e ti devo portare un
ristoro.» «Poi vidi la Santa, avvolta di luce, scendere e
venire da me con un boccone triangolare, poi sparì, io mangiai
quel boccone con grande sollievo, eppure sono certa che più
volte l’avevo già fatto ordinariamente, aveva un sapore
molto dolce e mi fu di grande ristoro. La vita mi fu di nuovo
regalata; sono certa che ho ricevuto questo solo per grazia di Dio.
Adesso vivo ancora e posso continuare ad amare il mio Salvatore e con
Lui soffrire, ringraziarlo e glorificarlo! Vidi anche le otto aiuole
che avevo coltivato nel giardino di santa Chiara in questi otto
giorni, cosa che senza la grazia di Dio sarebbe stata del tutto
impossibile. L’albero dei fichi significava la ricerca del
conforto e la debole arrendevolezza.
Spesso avevo da fare con la vite del giardino, mi ero legata alla
stessa con le braccia aperte come in croce. Scorsi anche il motivo
per cui avevo lavorato negli otto giorni e quali colpe dovevo
suffragare. Vidi questo simbolicamente ed in relazione ad una
processione del Santissimo Sacramento, in occasione di una festa
ecclesiastica, nella quale i beati celebravano i tesori delle grazie
che erano stati guadagnati dalla Chiesa in quest’anno, per
mezzo della devozione al Santissimo Sacramento.
Queste grazie
erano esposte nella forma di preziosi vasi della Chiesa, pietre
preziose, perle, fiori, uva, frutta. La processione veniva guidata da
bambini orfani, a questi seguivano suore degli ordini religiosi
particolarmente devoti al Santissimo Sacramento. Tutti portavano sul
loro abito il simbolo del Santissimo Sacramento. Giuliana di Liegi
guidava tutti; vidi anche Norberto, con i religiosi del suo Ordine ‘,
e in modo numeroso anche altri ordini religiosi e sacerdoti. Il tutto
era avvolto in un’indescrivibile delizia e dolcezza;
l’avvenimento era racchiuso in un insieme armonioso.
Si presentò poi una chiara immagine sulla carenza e la
trascuratezza dell’Ufficio divino e il modo di celebrarlo sulla
terra. Mi è difficile e impossibile dire come tante visioni in
questo senso si intreccino tra di loro. Vedo pure, tra l’altro,
la dissipazione dei preti nei confronti delle azioni sante, e
innanzitutto il loro atteggiamento nella celebrazione della santa
Messa. In questo contesto mi venne data la visione di un prete che
nella veste sacerdotale della Messa usciva dalla sacrestia ma non per
recarsi sull’altare, bensì per correre fuori dalla
chiesa e andare in un’osteria. Altre volte in un giardino, da
un cacciatore, da una signorina, in compagnia. Lo vedo poi nei suoi
pensieri, si trova in uno stato pietoso e dannoso per sé e gli
altri.
Quando tra questi preti ci è data la possibilità di
riconoscere un uomo consacrato a Dio sull’altare, allora
veramente c’è da commuoversi. Io vidi, in molte
comunità, molta polvere e fango essere spazzate via dai sacri
oggetti di Cristo, e tutto ritornare lucente e nuovo».