18
maggio: ‘ ‘La sua fame per il Sacramento diveniva sempre più
forte, ed era in preda ad uno struggimento. Ella si lamentava della
perdita del gusto ingerendolo e cadendo in estasi chiamò,
lamentandosi, il suo Sposo celeste: “Perché mi lasci
così affamata dite? Senza dite muoio. Tu solo mi puoi aiutare.
Se io devo vivere, dammi dunque la vita!” Quando ritornò
in sé così aggiunse: “Il Signore Gesù
Cristo mi ha detto che questo avrebbe servito per farmi comprendere
cosa sarei senza di lui”.
Anna Katharina è oggetto di
visioni così tristi che non vuole nemmeno raccontarle. In
queste vede tante necessità e miserie incombere sugli uomini
come tante opere delle tenebre, per mezzo delle quali “Dio,
specialmente in questo tempo di feste sante, viene così tanto
offeso.” Il secondo giorno di Pentecoste dello stesso anno (22
maggio 1820), essa ricevette l’annuncio del suo più
difficile compito per il Santissimo Sacramento. Così narrò
in merito:
“Mi trovavo in una grande chiesa, ero
inginocchiata dinnanzi al Santissimo Sacramento, cinto da
indescrivibile gloria. Mentre ero in profonda contemplazione scorsi
nel Sacramento la figura del Bambino Gesù, avvolta da
splendore. A questa vista il mio cuore sussultò e riversai
innanzi ad esso i lamenti della mia gioventù. La risposta del
Sacramento penetrò in me sotto forma di un raggio formato
dall’insieme dei raggi che partivano da ogni lato della chiesa.
Nell’accoglierlo, in questo modo unificato, ricevetti infinita
consolazione; accettai anche un soave rimprovero per i miei errori.
Ho trascorso quasi tutta la notte in devozione dinnanzi al
Sacramento, al mio fianco c’era il mio Angelo”.
Di
un’altra Visione, la pia suora non volle raccontarne i singoli
dettagli, per umiltà, perché ricevette l’apparizione
di Sant’Agostino e quella delle sorelle del suo Ordine, Rita da
Cascia, e Chiara da Montefalco , dalle quali venne istruita per un
simile lavoro di sofferenza; loro stesse avevano pregato per il
Sacramento. Appena Anna Katharina ebbe terminato la sua breve
spiegazione dell’immagine del Sacramento entrò in
estasi, e mentre il “Pellegrino” si intratteneva
nell’anticamera con il confessore in conversazione, essa
improvvisamente si alzò dal suo letto emanando raggi di gioia
sul volto. Rimaneva ferma sui suoi piedi, come nessuno l’aveva
più vista così da quattro anni. Levate le braccia in
aria, tranquillamente, recitò tutto il Te Deum in questa
meravigliosa posizione; sebbene mostrasse uno stato di spossatezza
con un colore giallognolo in volto e gli zigomi tratteggiati
dall’apprensione. La sua voce era calda, leggera e piacevole,
tutt’altro che la solita. In quella voce cera qualcosa di
leggero e interiore come quella di un tenero bambino che recita a suo
padre una poesia di lode. Nel pronunciare determinate parole
congiunse le mani e chinò il capo pregando. Ella restava
ancora in piedi stabile e sicura, la sua lunga veste che scendeva
fino alla caviglia le dava un aspetto serissimo e di pieno rispetto.
La sua preghiera ad alta voce era una commovente orazione di
ringraziamento, recitata con il viso illuminato dall'entusiasmo
dell'amore per Dio. “Sant'Agostino, raccontò il giorno
seguente, stava presso di me, nei suoi ornamenti vescovili ed era
molto gentile. Io ero così toccata e allietata della sua
presenza e mi ritenni colpevole, dicendogli sinceramente che non lo
avevo mai venerato particolarmente. Egli allora mi rispose: “Ma
io ti conosco, sei una delle mie figlie”. Allora lo pregai di
lenire le mie malattie ed egli mi mostrò un mazzetto di fiori
dove ce n’era uno blu. A quella vista ricevetti nello stesso
tempo un sapore interiore e fui pervasa da una forza e una sensazione
di benessere in tutto il mio corpo. Sant’Agostino mi disse: “Tu
non sarai mai aiutata del tutto poiché la tua via è
quella del dolore; quando però supplichi per avere sollievo e
aiuto ricordati che sono pronto a darteli. Adesso alzati e recita il
Te Deum ringraziando la santissima Trinìt per la tua
guarigione”. Allora mi alzai e pregai, poi mi sentii più
rinforzata e la mia gioia fu molto grande.
Sant’Agostino
mi apparve nella sua gloria celeste. Dapprima vidi la santissima
Trinità e la santa Vergine, poi mi comparve l’immagine
di un vecchio su un trono. Dalla fronte, dal petto, e dalla zona
dello stomaco gli fuoriuscivano raggi che andavano a formare dinnanzi
a lui una croce che diffondeva in infinite direzioni un bagliore
luminoso verso Cori e Ordini di Santi e Angeli. Ad una certa distanza
vidi la gloria celeste di sant’Agostino. Lo vidi sedere su un
trono mentre riceveva anch’egli, dalla Croce della Trinità,
bagliori di splendore. Mi apparvero immagini di religiosi vestiti nei
modi più diversi e una grande quantità di chiese, che
erano su un monte; esse si sollevavano e restavano nell’aria,
l’una dietro l’altra, come piccole nuvole. Tutte queste
chiese erano state fondate da lui. Questa gloria era un’in1nagine
della sua magnificenza celeste. La Luce che egli riceveva dalla
Trinità era la sua personale realizzazione e la sua personale
illuminazione I suoi cori erano le anime, i•”Vasi”
di trasmissione di Dio, che ricevevano e riversavano sugli altri la
luce di sant’Agostino. I cori intorno ad Agostino erano formati
dai membri di tutte le organizzazioni religiose, i preti, gli
insegnanti, e le comunità, nate per merito della sua opera.
Vidi anche tutti quelli, che per merito proprio, erano divenuti veri
vasi di Dio, fontane ridistributrici di acqua viva. Poi sant’Agostino
mi comparve in un giardino celeste, un bel giardino pieno di alberi
meravigliosi, piante e fiori; c’erano con lui tanti altri
Santi, tra cui mi ricordo particolarmente di Francesco Saverio e
Francesco di Sales. Essi si muovevano tra la frutta e gli alberi del
giardino, che simboleggiavano tutte le grazie ed i meriti della loro
vita. Vidi in questo giardino anche molte persone viventi che conosco
essere accolte in modo diverso.
Quest’apparizione dei viventi nel giardino dei Santi e dei
Beati è la visione opposta dei Santi sulla terra, poiché
io vedo i viventi simili a spiriti, nel giardino dei Santi e ricevere
ogni specie di frutta saporosa. In questo luogo alcuni si elevano per
mezzo della grazia attraverso la preghiera; altri sembrano riceverla
direttamente come un vaso di trasmissione. La differenza tra questi
due stati si evidenzia con l’esempio di alcune persone che sono
occupate in un giardino a cogliere la frutta, mentre altri la
ricevono direttamente per volontà di Dio da un Santo. Dopo
questa visione la guida mi accompagnò sulla strada che porta
alla Gerusalemme celeste. Qui dovetti arrampicarmi per una montagna,
giunsi in un giardino dove Chiara da Montefalco era la giardiniera.
Essa aveva nelle mani piaghe luccicanti, e intorno al capo una corona
splendente di spine. Se Chiara non avesse ricevuto i dolori non
avrebbe potuto ricevere le piaghe esterne corrispondenti. Mi disse
che questo giardino era il suo, e poiché io pure mi dilettavo
di giardinaggio, mi volle mostrare come si sarebbe dovuto coltivare.
Il giardino era circondato da un muro invisibile, non un vero muro,
nel senso materiale, poiché era trasparente e si poteva
attraversarlo. Consisteva di pietre rotonde, colorate e luccicanti.
Nel punto centrale il giardino si suddivideva regolarmente in otto
graziosi campi con alcuni alberi grandi e belli nel pieno della
fioritura. Una fontana rinfrescava tutto il giardino. Intorno al muro
stavano delle viti, girai per quasi tutta la notte nel giardino con
santa Chiara, che mi insegnò l’uso e mi spiegò il
significato di ognuna di queste piante e il trattamento da farsi.
Andava da un’aiuola all’altra e io non so più
veramente dove avesse trovato quelle radici. Presso un albero di
fichi mi spiegò molte cose che non ricordo più. Nelle
aiuole erano presenti anche molte coclearie e cerfogli . Mi disse che
se avevo gustato molte cose dolci dovevo riempirmi la bocca di
coclearie e se all’inverso avevo gustato molte amarezze,
riempirmi la bocca di cerfogli. Fin da bambina avevo già amato
e masticato queste erbe, ed avevo ben potuto vivere con queste. La
cosa più difficile per me era conoscere come veniva trattata
la vite, come potevo legarla, potarla e separarne i rami; questa fu
l’ultima spiegazione che mi venne data nel giardino. Durante il
lavoro vedemmo volare in circolo, sopra di noi, molti uccelli che si
posarono poi sulla mia spalla, sembravano avere molta fiducia in me
come nel giardino del convento. Chiara mi mostrò anche che
avrebbe impresso il marchio del martirio della Passione nel suo cuore
e alla sua morte sarebbero state trovate tre pietre nella bile. Mi
parlò delle grazie che avrebbe ricevute nella festa della
santa Trinità, e mi preavvertì che io per questa festa
avrei dovuto prepararmi per un nuovo lavoro. Santa Chiara mi apparve
molto magra, bianca e sfinita.
Vidi anche Rita da Cascia. Essa ha pregato davanti ad una croce
con umiltà solo per avere una spina dalla corona delle
sofferenze. Un giorno in seguito alle sue preghiere si sprigionò
dalla corona delle sofferenze di Gesù un raggio luminoso che
ferì la sua fronte. Per questa ferita soffrì per tutta
la vita i dolori più indicibili. Permanentemente prese a
scorrere da questa ferita del pus, le persone la rifuggivano. Io vidi
la sua intensa devozione verso il Santissimo Sacramento. S. Rita ha
parlato molto con me. La sera precedente la santa festa della Trinità
iniziò il nuovo compito spirituale annunciato da Chiara da
Montefalco. Così raccontò suor Emmerich: Quando mi resi
conto della cattiva preparazione con la quale alcuni vanno alla santa
confessione, rinnovai le mie suppliche a Dio; Egli mi volle lasciar
soffrire un pò per il loro miglioramento. Allora le sofferenze
iniziarono a cadere su di me in modo continuato, acute trafitture dì
dolori, come raggi o frecce. Nella notte scese una grave pena in me,
che non avevo mai provato; iniziò intorno al mio cuore, come
un gomitolo di dolore che rinchiudesse una fiamma. Da questo fuoco si
espandevano dolori in tutto il mio corpo; attraverso il midollo e le
gambe scendevano fino alle punte dei piedi, alle unghie ed ai
capelli. Io sentii qualcosa diffondersi e ripercuotersi da questi
dolori, la percepii dapprima come se uscisse dal cuore nelle mani,
diffondersi nei piedi e intorno al capo, e da lì ripartire
tornando nel cuore, così che le piaghe erano i centri
principali di irradiazione.
Queste pene aumentarono divenendo
sempre più lancinanti e piene di significato, fino alla
mezzanotte. Restai sveglia e fui inondata di sudore senza potermi
muovere. Avevo solo una consolazione, portata dalla convinzione che
dov’erano i punti principali dei dolori ci fosse la forma della
croce. A mezzanotte non potevo più sopportarli e poiché
nello sfinimento avevo perduto coscienza della provenienza di questi
dolori, mi rivolsi come un bambino al santo padre Agostino e lo
supplicai Con queste semplici parole: “Caro padre Agostino tu
mi hai promesso il sollievo, perciò io ti chiamo; guarda come
è grande la mia sofferenza e la mia miseria!” Il Santo
non mi lasciò inascoltata ed accorre subito pieno d’amore
ricordandomi e spiegando meglio il motivo delle mie sofferenze che
non poteva togliermi, perché hanno la radice nella sofferenza
di Gesù, ma avrei dovuto averne anche consolazione.
Mi disse ancora che io avrei dovuto patire fino alle tre. Le pene
continuavano ininterrotte ma con la grande consolazione di percepirle
radicate nella sofferenza di Gesù per la giustizia divina
verso tutti gli altri. Io sentii il sollievo di essere d’aiuto,
e in questa sensazione racchiudevo tutte le sofferenze che mi stavano
nel cuore, affidandomi alla misericordia del Padre celeste, e al
padre sant’Agostino. Egli mi ricordò che tre anni fa, la
mattina della festa di tutti i Santi, la morte mi era vicina e mi era
apparso il mio Sposo celeste che mi aveva posto la scelta se avessi
voluto morire e soffrire ancora nel Purgatorio oppure se volevo
ancora soffrire a lungo sulla terra, ed io gli avevo detto: “Nel
Purgatorio non posso più aiutare nessuno, se la tua volontà
non è contraria lasciami soffrire più volte tutte le
sofferenze nella vita se con queste posso aiutare anche solo
un’anima”. Mi ricordai chiaramente di quel voto dietro
l’esortazione del mio santo padre dell’Ordine, e così
potei soffrire fino alle tre le pene più disperate con
tranquillità e gratitudine. I dolori così pressanti mi
provocavano sudore di paura e le più amare lacrime. Più
tardi ebbi ancora una visione della santissima Trinità. Vidi
una figura irradiata di splendore, era il vecchio di prima, seduto
sul trono. Dalla sua fronte si diffondeva una luce incolore dal
chiarore indescrivibile; dalla sua bocca fuorusciva un fascio di luce
di un certo colore giallo e fuoco, dal centro del suo petto,
dall’epicardio, si diramava una luce colorata. Tutti questi
raggi luminosi formavano, tagliando l’aria, una croce di luce
davanti al petto dell’anziano, come il bagliore di un
arcobaleno. Dalla croce si diffondevano innumerevoli raggi verso
tutti i Cori celesti e verso la terra rigenerando tutto quello che
toccavano. Sulla destra si trovava il trono con la santissima Vergine
Maria e vidi fuoriuscire, dal vecchio, un raggio che la investiva, Da
Maria, a sua volta, si levava un raggio che toccava la croce sulla
sua sinistra, irrorandola di uno splendore diamantino mentre il cielo
dietro di lei si era fatto di un celeste limpido indescrivibile.
Questa visione fu una delle più impressionanti che io ebbi,
non saprei come esprimerla anche se volessi rivelarla per intera.
Proprio la bellezza del cielo celeste e il raggio diamantino furono
esperienze di luce e di colori inesistenti nel nostro mondo. Vidi
l’Angelo sotto il trono in una luce incolore. Più in
alto si trovavano i ventiquattro Padri dell’antichità
con i capelli bianchi argentati che circondavano la Santissima
Trinità. Tutto l’altro spazio infinito era riempito da
differenti Santi, ognuno circondato dai suoi Cori. Vidi Agostino a
destra della Trinità con tutti i suoi santi Cori, molto più
in basso di Maria; poi tanti giardini e immagini di luoghi luminosi e
dovunque immagini di chiese, Dovunque vigeva la medesima legge, lo
stesso modo di vivere sotto diverse forme, ma attraverso ognuno si
manifestava la volontà della luce del Padre attraverso la
croce del Figlio. Davanti alla Madre di Dio vidi sedere una lunga
fila di figure femminili. Erano vergini e avevano corone e scettri,
ma non sembravano essere regine terrene, ma piuttosto spiriti o
anime, che attratte da Lei la servivano come servivano i ventiquattro
vecchi della Trinità. Come in una festa tutto iniziò a
muoversi meravigliosamente ed io percepivo l’insieme come
l’armonia di una bella musica. Vidi in questo movimento festoso
una processione, oppure molte di queste, passare sotto il seggio
della Santissima Trinità, simili a stelle che giravano intorno
al sole nel cielo. Poi vidi giù sulla terra le innumerevoli
feste e processioni di questo giorno accordarsi con le feste celesti.
Purtroppo le processioni sulla terra avevano qualcosa di miserabile,
oscuro e disarmonico e pieno di manchevolezze, nonostante si
conservasse ancora qualcosa di buono. Vidi, tra queste, anche la
processione a Dulmen e notai un bambino miserabilmente vestito e la
sua casa. Allora pensai: voglio vestirlo».