MaM
Messaggio del 25 settembre 2005:Cari figli, con amore vi chiamo: convertitevi; anche se siete lontani dal mio cuore. Non dimenticate: Io sono vostra madre e sento dolore per ognuno di voi che è lontano dal mio cuore, ma Io non vi abbandono. Credo che potete lasciare la via del peccato e decidervi per la santità. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 35-35 Febbraio 26, 1938 Dio si riconosce a Sé stesso in chi cerca di riconoscere Dio nelle opere sue. Felicità che riceve Dio per l’amore della creatura. Il posto che tiene l’uomo nella Creazione e nella stessa Divinità se vive nel Voler Divino.

(1) Sono sotto l’impero del Voler Divino, il quale ama, sospira di voler essere riconosciuto in tutte le sue opere, pare che prenda per mano la piccola creatura, e portandola a volo, le addita ciò che ha fatto, quanto l’ha amato in ciascuna cosa creata, e come per diritto vuol essere amato. Amare e non essere ricambiato nell’amore è il suo più grande dolore. Io sono rimasta sorpresa, ed il mio sempre amabile Gesù, visitando la piccola anima mia, tutto bontà mi ha detto:

(2) “Figlia mia benedetta, amare ed essere amato è il più grande refrigerio al nostro amore; alla felicità del Cielo si unisce la felicità della terra, che dandosi il bacio l’uno e l’altra, sentiamo che anche la terra ci felicita, portandoci l’amore della creatura che ci riconosce e ama, ci porta le più belle gioie e la più grande felicità. Molto più, che quelle del Cielo sono nostre, nessuno ce le può togliere; invece quelle che abbiamo attraverso dell’amore della creatura, sono nuove per Noi, e formano le nostre nuove conquiste. Poi, essere riconosciuti nelle opere nostre, la creatura si mette in volo per salire a riconoscere Colui che l’ha creata; per Noi, essere riconosciuti è la più grande gloria, l’amore più intenso che riceviamo, e con l’essere riconosciuti ci formiamo il nostro esercito, la milizia divina, il nostro popolo, dal quale non esigiamo altro che il tributo d’essere amati, e mettiamo a sua disposizione tutte le opere nostre per servirlo, abbondandolo di tutto ciò che può renderlo felice. Se non ci riconoscono, restiamo come il Dio senza esercito e senza popolo. Com’è doloroso mettere tante creature alla luce del giorno e non avere né un esercito, né un popolo. Ora, ascoltami ancora: Come ci riconosce nelle cose create e ama, così suggella in essa una nota d’amore e di felicità per il suo Creatore, e salendo a riconoscere il suo Creatore, essa conosce Noi e Noi riconosciamo il nostro Essere Divino in essa, e se tu sapessi che significa riconoscersi a vicenda. Il nostro amore amato si rappacifica e ama più intensamente colei che l’ama, e giunge a tale eccesso, che per riconoscersi nella creatura, crea Sé stesso; ma per far che? Per riconoscersi in essa ed essere amato. Come è bello quando riconosciamo Noi stessi nella creatura, essa diventa per Noi il nostro trono, la nostra stanza divina, il nostro cielo; i mari del nostro amore la inondano, i suoi più piccoli atti formano onde d’amore che ci amano, ci glorificano, ci benedicono e ci riconosce in Noi, ci riconosce in sé stessa, ci riconosce in tutte le cose create; e Noi la riconosciamo in tutte le opere nostre, nel cielo, nel sole, nel vento, in tutto. Il nostro amore unito al nostro Fiat, ce la porta ovunque, e la mettiamo in ordine nelle opere nostre”.

(3) Dopo ciò, la mia povera mente continuava a nuotare nel mare del Voler Divino. Mio Dio, quante sorprese, quante meraviglie. Ed il mio dolce Gesù, visitando la mia piccola anima, tutto inondato nelle sue fiamme d’amore, mi ha detto:

(4) “Figlia benedetta della mia Volontà, il mio amore non mi dà pace se non mi fa dire nuove sorprese del mio Fiat Divino. Vuole farti conoscere la sublimità, la nobiltà ed il suo posto che occupa, tanto nella Creazione, quanto nel nostro Essere Divino, per chi vive nel nostro Voler Divino. Or, tu devi sapere che nella Creazione occupa il primo posto, tutte le cose create si sentono così collegate insieme e unite, che diventano per essa come sue membra inseparabili, sicché il sole è membro suo, la estensione del cielo, il vento, l’aria che tutti respirano sono membra sue. Tutte le cose create si sentono felici, onorate d’essere membra di questa fortunata creatura; e chi le fa da cuore, chi da mano, chi da piedi, chi da occhio, chi da respiro, insomma, non vi è cosa creata che non tenga il suo posto distinto, ed eserciti l’ufficio di membro in essa; e la sua anima come capo, tiene in ordine le sue membra, e riceve e dà a Dio tutto l’amore, la santità, la gloria, e tutti i beni che le cose create contengono; molto più che tutte le cose create sono pure membra nostre, sicché per chi vive nel nostro Volere, le membra sue sono le nostre, e le nostre sue, le quali tengono in comunicazione il nostro Essere Supremo con la creatura, e Noi diventiamo per lei più che sangue che circola nelle vene dell’anima, palpito continuo d’amore che palpitiamo nel suo cuore, respiro divino che respiriamo nella sua anima. E Noi, amando con amore eccessivo questa più che celeste creatura, mettiamo in circolazione nel nostro Essere Divino il suo piccolo amore, i suoi atti, siamo gelosi del suo palpito, del suo respiro, e lo chiudiamo nel Nostro. Nulla esce da essa che non resti chiuso in Noi, per contraccambiarla col nostro amore, e per sentire il suo gradito e dolce ritornello: “Ti amo, ti amo, ti amo”. Sicché in chi vive nel nostro Volere vediamo la continua catena d’amore che mai si spezza, ed il nostro amore il suo poggio dove poggiarsi per poter dire incessantemente: “Ti amo, ti amo, ti amo”. Il nostro amore quando non trova l’amore della creatura, resta sospeso e dà in grido di dolore, quasi volendo assordare la creatura per dirle: “Perché non Mi ami? Il non amarci è la ferita più crudele per Noi.

(5) Ma ciò non è tutto ancora. Il nostro amore, se non dà nell’eccesso, non si contenta. Vuoi sapere il perché facevamo della Creazione tante membra, che dovevano servire come membra nostre e membra della creatura? In ogni cosa creata mettevamo i nostri doni, la nostra santità, il nostro amore, come portatori di ciò che volevamo dare ad essa, e come riportatori di ciò che essa faceva per Noi. Tutte le cose create sono zeppe e depositarie di tutto ciò che volevamo darle: Il cielo con la molteplicità delle sue stelle, simboleggia i tanti nostri atti nuovi e distinti che volevamo darle; il sole simboleggia la nostra Luce eterna con cui la vogliamo inondare, ed il suo calore e gli effetti che possiede, il nostro amore che vuole quasi affogarla per farla sentire quanto l’amiamo, e negli effetti, le nostre svariate bellezze con cui volevamo investirla; nel vento mettevamo, in ogni soffio, i nostri baci, le nostre carezze amorose, e nelle sue onde impetuose il nostro amore imperante, per travolgerla nel nostro con le nostre strette ed abbracci, da renderla inseparabile da Noi. Insomma, ogni cosa creata possiede, ciascuna, i nostri doni da dare alla creatura; ma chi li prende? Solo chi vive nel nostro Volere. Posso dire che esse sono pregne dei nostri doni, ma non possono darli, non possono fare da portatrici, perché non trovano chi viva nel nostro Fiat Divino, il quale tiene virtù e potenza di metterla in comunicazione con tutte le opere nostre, più che membra sue, e col suo stesso Creatore, più che vita sua. Quanti prodigi inauditi metteremo fuori dal nostro seno divino per chi farà regnare la nostra Volontà, le nostre opere canteranno trionfi e vittorie, e a mani piene largheggeranno nel dare i doni, i beni che posseggono del loro Creatore. Tutti saranno felici, chi dona e chi riceve. Perciò sii attenta, né ti curare di nulla, se non di vivere nel mio Volere, perché tengo molto da darti e tu da ricevere”.

(6) Io sono rimasta sorpresa nel sentir ciò, e dicevo tra me: “Possibile tutto ciò che ha detto? Pare incredibile”. Ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:

(7) “Figlia mia, non ti meravigliare, tu devi sapere che tutto ciò che facemmo doveva servire alla creatura che doveva possedere come vita la mia Divina Volontà, e ciò era necessario al nostro decoro, sapienza, potenza e Maestà nostra. Ora, la creatura, col sottrarsi dalla nostra Volontà, giustizia volle che ritirassimo da lei ciò che doveva servire come conveniva alla nostra Maestà Suprema, e la creatura rimase come il capo che non avesse le membra. Povero capo senza membra, che cosa poteva fare di bene? E’ vero che il capo tiene la supremazia sulle membra, ma senza le membra il capo non può far nulla, è senza vita, senza opere. Ora, volendo ritornare il mio Volere nelle creature, il mio amore vuole, esige, che siano restituite le membra, non solo, ma la stessa Vita di Colui che le ha create. La nostra Volontà regnante metterà in vigore tutte le opere sue e restituirà alla creatura ciò che perdette col fare la sua volontà, la quale è devastatrice di tutti i beni, spezza tutte le comunicazioni con le opere nostre e col suo stesso Creatore, e si rende come un osso spostato che perda la comunicazione con tutte le sue membra, e serve solo a dare dolore”.