(1) Onde continuavo a pensare alla Divina Volontà. Quante scene commoventi innanzi alla mia mente, un Gesù che piange, che prega, che soffre, perché vuol essere vita di ogni creatura, e una turba di figli storpi: Chi cieco, chi muto, chi zoppo, chi paralizzato, chi coperto di piaghe da far pietà; ed il caro Gesù, con un amore che solo Lui può avere, che corre ora all’uno, or all’altro, se li affiata, se li stringe al cuore, li tocca con le sue mani creatrici per sanarli, e dice loro zitto zitto al cuore: “Figlio mio, ti amo, ricevi il mio amore e dammi il tuo, ed Io a via d’amore ti sanerò”. Mio Gesù, cara mia vita, quanto ci ami. Ora, mentre mi sentivo soffocare dal suo amore, alitarmi col suo alito bruciante, sorprendendomi mi ha detto:
(2) “Figlia del mio amore, fammi sfogare ché non posso più contenermi, come è duro amare e non essere riamato, e non avere a chi dire le mie sorprese d’amore è la pena più indicibile per il nostro Ente Supremo, perciò ascoltami: Tu devi sapere che Io venni sulla terra per mettere in salvo le mie abitazioni; l’uomo è la mia abitazione che con tanto amore mi avevo formato, e nella quale, per farla degna di Me, aveva concorso la mia potenza, e l’arte creatrice della mia sapienza. Era un prodigio, questa abitazione, del nostro amore e delle nostre mani divine. Ora, col sottrarsi dalla nostra Volontà, la nostra abitazione diventò crollante, all’oscuro, e abitazione di nemici e di ladri. Qual dolore non fu per Noi, sicché la mia Vita quaggiù servì a restituire e ripristinare e mettere in salvo questa abitazione che con tanto amore ci avevamo formato. Era anch’essa nostra, conveniva salvarla per poterla abitare di nuovo, perciò per salvarla diedi tutti i rimedi possibili ed immaginabili, esibì la mia stessa Vita per fortificarla, cementarla di nuovo; versai tutto il mio sangue per lavarla da tutte le sozzure, e con la mia morte volli ridarle la vita per farla degna di ricevere di nuovo come abitatore Colui che l’aveva creato.
(3) Ora, avendo dato tutti i mezzi per salvare la nostra abitazione, era decoroso per Noi mettere in salvo il Re che doveva abitare. Il nostro amore restò a metà della sua corsa, inceppato e come appeso e arrestato nel suo cammino, perciò il regno della nostra Volontà servirà a mettere in salvo quel Fiat respinto dalla creatura, a dargli l’entrata nella sua abitazione, a farlo regnare e dominare da Sovrano qual è. Non sarebbe opera degna della nostra sapienza creatrice salvare le abitazioni, e Colui che le deve abitare andare ramingo, all’aperto, senza regno e senza dominio; salvare le abitazioni e non salvare Sé stesso, né poter abitare le abitazioni salvate, sarebbe assurdo, come se non avessimo potenza sufficiente per salvarci Noi stessi; questo non sarà mai, se abbiamo avuto potenza di salvare la nostra opera creatrice, avremo potenza di mettere in salvo la nostra Vita nell’opera nostra. Ah! sì, avremo il nostro regno, faremo prodigi inauditi per averlo, il nostro amore compirà il suo cammino, non resterà a metà, si sbarazzerà dai ceppi, continuerà la sua corsa portando il balsamo alle ferite dell’umano volere, ornerà con fregi divini queste abitazioni, e col suo impero chiamerà il nostro Fiat ad abitare e regnare, dandole tutti i diritti che gli sono dovuti. Se non fosse certo il regno della mia Volontà, a che pro aggiustare, ripristinare le abitazioni?
(4) Ah! figlia mia, tu non comprendi bene che significa il non fare la nostra Volontà, ci vengono tolti tutti i diritti, ci soffocano tante nostre Vite Divine. Il nostro amore era ed è tanto, che in ogni atto di creatura volevamo creare Noi stessi, per farci amare, per farci conoscere e per stare in continuo scambio di Vita tra le creature e Noi. Far ciò senza della nostra Volontà è impossibile, Essa sola tiene potenza e virtù di rendere la creatura adattabile per ricevere la nostra Vita Divina, e mette in via il nostro amore per crearci nell’atto della creatura. Tu devi sapere che in ogni atto che fa nella nostra Volontà, una forza irresistibile ci chiama, la guardiamo, riflettiamo in essa, e con un amore che non ci è dato resistere creammo la nostra Vita, e se tu sapessi che significa creare la nostra Vita! Vi entra uno sfoggio d’amore sì grande, che nella nostra enfasi d’amore diciamo: Ah! la creatura ci ha fatto formare la nostra Vita nell’atto suo, sentiamo parità d’amore, di santità, di gloria nostra, e restiamo con ansia ad aspettare la continua ripetizione degli atti suoi nel nostro Volere per ripetere la nostra Vita, per avere nell’atto suo Noi stessi, che ci amiamo, che ci glorifichiamo, e allora abbiamo il vero scopo della Creazione, che tutto serve a Noi, anche il più piccolo atto della creatura serve per ripetere la nostra Vita e per fare sfoggio del nostro amore. Perciò il vivere nel nostro Volere sarà tutto per Noi, e tutto per la creatura”.