(1) Mi sentivo secondo il solito tutta abbandonata nelle braccia del mio dolce Gesù, il quale sentiva il bisogno di sfogare il suo Amore ardente; parlare del suo Amore è uno sfogo, far comprendere in quali pene, strettezze, inceppi lo mette il suo Amore è per Lui il più grande sollievo. Ed oh! com’è straziante sentirlo con voce soffocata nel pianto, affannato, a mezza voce: “Amatemi, amatemi, non voglio altro che amore, è il più grande dei miei dolori non essere amato. . . , e perché non sono amato? Perché non si fa la mia Volontà. Essa è portatrice del mio Amore e mi fa amare dalla creatura con Amore Divino, ed Io sentendo il mio Amore mi sento sbarazzato dalle intensità delle mie fiamme e sento il dolce ristoro, il riposo, il sollievo nel mio stesso Amore che mi dà la creatura”. Ora mentre ciò pensavo, il mio Sommo Bene Gesù visitando la piccola anima mia, si faceva vedere involto nelle sue fiamme, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se tu sapessi in quali strettezze mi mette il mio Amore. Ascoltami, il mio Padre Celeste era mio, l’amavo con tale intensità d’amore, che mi reputerei felice di mettere la Vita affinché nessuno me lo potesse offendere, ero una sol cosa con Lui, la mia stessa Vita, e non amarlo non potevo, né volevo, la nostra virtù divina formava un solo amore col mio Padre Celeste, quindi inseparabile. Le creature da parte della mia Umanità, erano mie, incorporate con Me, potrei dire, formavano la mia stessa Umanità; come fare a non amarle? Sarebbe come non amare la propria vita, ed oh! in quali condizioni, intrighi, inceppi mi metteva il mio Amore; senti: “Amavo mio Padre, vederlo offeso era il più grande dei miei martiri; amavo le creature, erano già mie, me le sentivo in Me, e queste non vi erano offese che non facevano, ingratitudini che non commettevano; il mio caro Padre Celeste giustamente voleva colpirle, disfarsi di loro, ed in mezzo tra l’uno e l’altro restavo colpito da Colui che tanto amavo, e subire le pene di coloro, dolermi per loro, e mentre col Padre restavo offeso anch’Io, le amavo fino alla follia, e mettevo la Vita per salvare ciascuna creatura, non potevo né volevo sottrarmi dal mio Padre Celeste, perché era mio e l’amavo, anzi era mio dovere, come suo vero Figlio, ridargli tutta la gloria, l’amore, la soddisfazione, che gli dovevano tutte le creature, e sebbene colpito da pene indescrivibili, Io stesso volevo farmi colpire, perché l’amavo, e amavo coloro per cui ero colpito. Ah! solo il mio Amore, perché divino, sa formare tali invenzioni amorose, tali inceppi che dà dell’incredibile, e forma l’eroismo del vero amore, tanto che si finisce col restare bruciato, consumato sul rogo dell’amore per chi amava e li teneva come essere incorporati in Sé, che formavano la sua stessa Vita. Ahi! in quali strettezze mi mette il mio Amore, mi riempie tanto, che sento il bisogno d’uno sfogo d’uscire da Me opere, pene, luce, grazie sorprendenti per dare sfogo al mio Amore, ed è tale e tanto, che sono sempre dentro e fuori di essa a servirla, e ora la servo di luce nel sole per poter continuare questo sfogo d’amore, ora la servo nell’aria per farla respirare, ora la servo nell’acqua per dissetarla, ora nelle piante per alimentarla, ora nel vento per carezzarla, nel fuoco per riscaldarla, non vi è cosa fatta da Me, tanto nella Creazione quanto nella Redenzione, cui il mio Amore non potendosi contenere dentro di Sé, usciva fuori per dare sfogo d’amore verso le creature. Ora, chi può dirti quanto soffro nel non vedermi amato, come il mio Amore resta torturato dall’ingratitudine umana. Io giungo fino a far mie le sue colpe per dolermi come se fossero mie, fino a farne la penitenza a lei dovuta, prendo sulle mie spalle tutti i suoi mali, per ricambiarli in bene, la faccio mia, tutta mia, fino a darle il posto nella mia Umanità come un membro a Me più caro, vado inventando sempre nuovi ritrovati d’amore, per farle sentire come l’amo, e non vedendomi amato, qual pena, qual dolore. Perciò figlia mia, amami! Amami! Quando mi sento amato il mio Amore trova il suo riposo e le sue torture amorose, cambiate in dolci ristori”.