(1) Sono tra le braccia della Divina Volontà, ma col chiodo nel cuore della privazione del mio dolce Gesù; aspetto e riaspetto, ed il solo aspettare è la pena che più mi tortura, le ore mi sembrano secoli, i giorni interminabili, e se mai sia si presenta il dubbio che la cara mia Vita, il dolce Gesù più non verrà, oh! allora non so che mi succede, voglio disfarmi di me, della stessa Divina Volontà che mi tiene imprigionata su questa terra, e con rapido volo andarmene al Cielo, ma ciò neppure mi è dato, perché le sue catene sono tanto forti, che non sono soggette a spezzarsi e mi sento legare più forte, tanto che appena mi è dato di pensarlo e finisco con un abbandono più intenso nel Fiat Supremo. Ma mentre deliravo, non potendone più, il mio sempre amabile Gesù è ritornato alla sua piccola figlia facendosi vedere con una ferita nel cuore che versava sangue e fiamme, come se volesse coprire tutte le anime col suo sangue e bruciarle col suo amore e tutto bontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia, coraggio, anche il tuo Gesù soffre e le pene che mi danno più dolore sono le pene intime, che mi fanno versare sangue e fiamme, ma la mia pena maggiore è la continua aspettazione, i miei sguardi sono sempre fissi sulle anime e vedo che una creatura è caduta nel peccato, e aspetto e riaspetto il suo ritorno al mio cuore per perdonarla, e non vedendola venire, aspetto col perdono nelle mie mani, quell’aspettare mi si rincrudisce la pena e mi forma tale un tormento, da farmi versare sangue e fiamme dal mio trafitto cuore, le ore, i giorni che aspetto mi sembrano anni, oh! come è duro aspettare. Passiamo avanti, il mio Amore ama tanto la creatura, che nel metterla alla luce del giorno, stabilisco quanti atti d’amore deve farmi, quante preghiere, quante opere buone deve fare, e questo per darle il diritto che Io l’amassi sempre, che le concedessi le grazie, gli aiuti per ben operare, ma le creature se ne servono per formarmi la pena d’aspettare. Oh! quante aspettazioni da un atto d’amore all’altro, se pure me lo fanno, quanta lentezza nell’operare il bene, nel pregare, se pure lo fanno, ed Io aspetto, riaspetto, sento l’irrequietezza del mio amore che mi dà il delirio, le smanie e mi dà tale pena intima, che se fossi soggetto a morire sarei morto tante volte per quante volte non sono amato dalle creature. Oltre di ciò vi è la lunga aspettazione nel Sacramento del mio Amore, Io aspetto tutti, giungo a contare i minuti, macché, molti invano li aspetto, altri vengono con una freddezza glaciale, da mettermi il colmo al duro martirio delle mie aspettazioni, pochi sono quelli che ci aspettavamo a vicenda, e solo in questi che mi rinfranco, mi sento come rimpatriato nel loro cuori, sfogo il mio Amore, e trovo un ristoro al duro martirio del mio continuo aspettare, a certi sembra che sia nulla questa pena, invece è la massima che costituisce il più duro martirio, e tu lo puoi dire quanto ti costa l’aspettarmi, tanto che se Io non venissi a mettere termine e a sostenerti, non avresti potuto durare. E poi vi è un’altra aspettazione più dolorosa ancora, il sospiro, il desiderio ardente, le lunghe ansie del regno della mia Divina Volontà, sono circa seimila anni che aspetto che la creatura rientri in Essa, l’amo tanto che voglio, sospiro di vederla felice, ma per ottenere ciò dobbiamo vivere d’una sola Volontà, sicché ogni atto opposto alla mia è un chiodo che mi trafigge. Ma sai perché? Perché me la rende maggiormente infelice e dissimile da Me, ed Io vedendomi nel pelago immenso delle mie felicità, ed i miei figli infelici, oh! come soffro, e mentre aspetto e riaspetto le sono d’intorno, la abbondo di grazie, di luce, in modo che loro stessi possono correre per far vita insieme con Me, e con un solo Volere, si cambierà la loro sorte, avremo beni comuni, felicità senza termine, le altre pene mi danno qualche tregua, ma la pena di aspettare non mi cessa mai, mi tiene sempre in sentinella, mi fa usare i ritrovati più eccessivi, mi fa formare le invenzioni d’amore da fare strabiliare Cieli e terra, mi fa giungere a pregare la creatura, a supplicarla che non mi faccia più aspettare, che più non posso, mi pesa troppo. Perciò figlia mia, unisciti insieme con Me ad aspettare il regno della mia Volontà, e a tutte le aspettazioni che mi fanno soffrire le creature, almeno saremo in due, e la tua compagnia mi darà un ristoro ad una pena sì dura”.