(1) Sono sotto la pioggia del Fiat Divino, che bagnandomi tutta, dentro e fuori e penetrandomi fin nelle midolla delle ossa, fa dire a tutto il mio povero essere, Fiat, Fiat, Fiat. Mi sento fra le sue braccia, e come lo chiamo col mio dire incessante che formasse la sua Vita negli atti miei, il suo palpito nel mio cuore, il suo respiro nel mio, il suo pensiero nella mia mente, così uno sprazzo di luce si sprigiona da me e vorrebbe come legare il Santo Volere Divino per farlo tutto mio, affinché stesse in mio potere formare la sua Vita in me, tutta di Volontà Divina. Onde mi sentivo impensierita di questo mio modo di fare, ed il mio Sommo Bene Gesù ripetendo la sua breve visitina tutto bontà mi ha detto:
(2) “Mia piccola figlia del mio Volere, tu devi sapere che come la creatura invoca, chiama il mio Fiat, implorando la sua Vita per formarla nella sua, così sprigiona luce e vi forma l’incanto a Dio che rapisce la sua pupilla divina, la quale, rapita, guarda la creatura e vi forma il ricambio del suo dolce incanto, ed il vuoto nell’atto della creatura per poter dar e chiudere nell’atto di essa la Divina Volontà, la quale mentre forma, svolge la sua Vita, la felice creatura acquista il poter di farlo suo, e siccome è suo lo ama potentemente, più che vita propria. Figlia mia, fino a tanto che la mia Volontà non è tenuta come vita propria, esclusivamente sua, che nessuno la può togliere, ad onta che sa ch’è un dono ricevuto da Dio, ma ad onta ch’é ricevuto già è fortunata e vittoriosa di tenerne il possesso, mai si può amare come si conviene la mia Divina Volontà, né sentire il bisogno della sua Vita, né Essa potrà svolgere pienamente, con tutta libertà la sua vita Divina nella creatura. Perciò il chiamarla ti dispone, nel farla tua si farà conoscere e sentirai il gran bene di possedere la sua Vita, e l’amerai come merita d’essere amata, e sarai gelosa di custodirla con tale attenzione, da non perdere neppure un respiro di Essa”.
(3) Onde trovandomi un poco più sofferente del solito, pensavo tra me: “Oh! come amerei che le mie pene mi formassero le ali per potermi volare alla mia patria celeste, ed invece d’affliggermi le mie piccole pene mi facevano festa, ed io mi sentivo impensierita di ciò, ed il mio amato Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, non ti meravigliare, le pene innanzi alla gloria sorridono, si sentono trionfanti nel vedere le conquiste che hanno acquistato, le pene confermano e stabiliscono la gloria più o meno grande nella creatura, ed a secondo le pene, così si sente dipingere le più belle e svariate tinte di bellezza, e vedendosi trasformate nella bellezza più rara, festeggiano. Sicché le pene in terra piangono, alle porte del Cielo incomincia il loro sorriso eterno che non finisce mai più; le pene in terra sono portatrici di umiliazione, alle porte eternali sono portatrici di gloria; in terra rendono infelice la povera creatura, ma col segreto miracoloso che posseggono, lavorano nelle più intime fibre ed in tutto l’essere umano il regno eterno, in modo che ogni pena prende il suo ufficio distinto: Chi si fa scalpello, chi martello, chi lima, chi pennello, chi colore, e allora lasciano la creatura, affidata a loro, quando ciascuna pena ha compiuto il suo lavoro e trionfanti la conducono al Cielo, e allora la lasciano quando veggono scambiata ciascuna pena in gioie distinte ed in felicità perenne, però purché la creatura le riceva con amore e sentano e ricevano in ogni pena il bacio, gli abbracci e le strette forti della mia Divina Volontà, le pene allora posseggono questa virtù miracolosa. Altrimenti si rendono come se non avessero strumenti adatti per compiere il loro lavoro. Ma vuoi sapere tu chi è la pena? La pena sono Io, che mi nascondo dentro di essa per formare i cupi lavori per la mia patria celeste, e ricambio ad usura la breve dimora che mi hanno dato sulla terra. Mi sono imprigionato nel povero carcere della creatura per continuare la mia vita di pene quaggiù, è giusto che questa mia vita riceva le sue gioie, la sua felicità, il suo scambio di gloria nelle regione celesti, perciò cessino le tue meraviglie nel sentire che le tue pene sorridono innanzi alle vittorie, ai trionfi, e alle conquiste”.