(1) Sono sempre di ritorno nelle braccia della Divina Volontà, Essa pare che mi sospira d’avermi sempre con Sé per darmi la sua vita continua, ed io la sospiro per riceverla, mi sentirei mancare la terra sotto i piedi senza di Essa, il palpito nel mio cuore e patirei una fame tremenda, senza che nessun’altra cosa potesse darmi neppure una briciola per sfamarmi. Oh! Volontà Divina, viviamo insieme se vuoi rendermi felice, e possa trovare in me la felicità della tua stessa vita. Ma mentre la mia mente si perdeva nel Fiat, il mio amato Gesù facendomi la sua breve visitina, mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, potrei dire ch’è un delirio, una passione divina della mia Volontà, che vuol fare vita insieme con la creatura, cedendo la sua per avere la piccolezza umana, ma sai perché? Tu devi sapere che il mio Voler Divino tiene sempre pronto un’atto nuovo da dare alla creatura, ma se non vive insieme, non si abitua a fare i suoi atti unita col mio Volere per formarne uno solo, e non lo può dare, perché primo, che non sarebbe degna di riceverlo, secondo che non capirebbe il valore del gran dono che riceve, e non avrebbe virtù di assorbirlo in sé come vita propria. Col vivere insieme con la mia Divina Volontà si acquista nuova vita, modi divini, scienza celeste, penetrazione delle cose più profonde, insomma, siccome il mio Fiat è il Maestro dei maestri, e Colui che crea la scienza più alta, fa conoscere le cose non velate ma come in realtà sono, quindi, vivendo insieme con la creatura non la vuol tenere ignorante, la istruisce, le fa le sue sorprese, le racconta la sua storia divina, e questo la trasforma e la rende capace di ricevere il suo atto nuovo che il mio Volere le vuol dare, e l’anima in ogni atto che fa unita con Essa, acquista una nuova prerogativa di somiglianza divina. Col vivere insieme col mio Volere l’anima si affina, si abbellisce, e diventa nelle nostri mani creatrici come la tela adatta in mano al pittore, che quanto più bella, più fina è la tela, tanto più bella viene l’immagine che vuol dipingere su quella tela, pare che i suoi pennelli ed i suoi colori acquistano più arte, sono più valenti, più che danno al vivo i colori sopra d’una tela finissima. Sicché la tela si cambia in immagine, che dà al vivo ed acquista tale valore da rendersi ammirata chi sa di quanti popoli. Ora, più che pittore divino è la mia Volontà, e non si stanca mai di dare nuova bellezza, santità e scienza nuova, e sta aspettando un’atto insieme fatto con Essa per arricchirla, per farsi conoscere di più e far uso dei suoi pennelli divini, per elevarla a tale altezza e rara bellezza, da farla essere ammirata chi sa di quante generazioni, in modo che tutte la chiameranno beata, e si sentirà felice chi ha il bene di guardarla; tutti gli atti nuovi ricevuti da Dio, in virtù che ha operato nel mio Volere, la decanteranno ed inneggiandola la faranno conoscere come l’opera più bella del mio Fiat Divino; il suo volersi abbassare a vivere con la creatura, il suo delirio divino, è segno che vuol fare cose grandi di essa e degne della sua potenza creatrice. Perciò vivere insieme col mio Fiat è la fortuna più grande, e dovrebbe essere il delirio, la passione veemente e l’ambizione di tutti”.
(3) Dopo ciò sentivo in me e fuori di me il mare mormoreggiando del Fiat Divino, oh! come è dolce, soave il suo mormorio, mormora e parla, mormora e carezza la sua amata creatura, mormora e la bacia, e stringendola fra le sue braccia le dice: “Ti amo, e chiede amore”. Non vi è cosa più bella, più gradita, che l’essere detto ti amo da un Volere sì santo, e chiede per contraccambio l’amore piccolo della creatura, ed io mi sentivo scorrere questo mormorio divino come vita in tutto l’essere mio, ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, vuoi sapere che significa fare e vivere nella mia Volontà Divina? Conoscere dove si trova, con chi ha che ci fare, che può ricevere, non dimenticare il bene che ha ricevuto, questi sono tutti segni che l’anima vive nella mia Divina Volontà, perché dire che vive in Essa e non conoscere dove si trova la Reggia divina che si presta a farle d’abitazione, sarebbe non apprezzare, perché le cose, le persone, i luoghi quando non si conoscono, non si apprezzano, dire vivo nel Voler Divino e non saperlo è assurdo, e se non lo conosce non è una realtà, ma un modo di dire, mentre la prima cosa che fa la mia Volontà è svelarsi, farsi conoscere a chi vuol vivere insieme con Essa. Quindi conoscendo dove si trova, conosce che ha che ci fare con un Volere sì santo, che vuole tutto per darle tutto. Onde si mette in atto di ricevere la sua santità, la sua luce, e si mette in atto di vivere dei beni di Colui che convive insieme, perché conoscendolo, non si sente più di abbassarsi nella sua volontà umana, molto più che non è più sua. Con questa conoscenza la creatura acquista l’udito per ascoltarlo, la voce per parlarne, la mente per comprenderlo, la fiducia in modo divino per chiedere tutto e tutto ricevere, sicché non ignora i beni che possiede, anzi è tutt’occhio per custodirli e ringrazia Colui che tanto si è abbassato a vivere con essa. Ora, se qualcuno leggerà queste righe che ti ho fatto scrivere e non comprenderà quello che sta scritto, e facendosi maraviglia metterà in dubbio verità sì sacrosante e dove può giungere la creatura col vivere insieme col mio Volere, è segno che non vive con Esso; come lo può comprendere se non tiene in sé questa vita sì santa, non ha provato mai le sue delizie, non ha ascoltato mai le sue belle lezioni, il suo palato non ha gustato mai questo cibo celeste che sa dare la mia Volontà? Perciò ignorano ciò che sa fare e dare il mio Fiat, e se lo ignorano, come possono comprenderlo? Quando un bene non si conosce, se non si sentono almeno le disposizioni di volerlo credere, porta la cecità della mente e la durezza del cuore, e si può giungere anche a disprezzare quel bene, che per chi lo conosce e lo possiede forma la sua fortuna e la sua gloria, e darebbe la sua vita umana per possedere la vita del mio Fiat ed i suoi beni che ha conosciuto, e conoscendolo è tutt’orecchie per ascoltarlo, è tutt’occhio per guardarlo, è tutto cuore per amarlo, è tutto lingua per parlarne, anzi vorrebbe avere chi sa quante lingue per dire il bene che conosce, le prerogative di Colui che possiede come vita, perché la sua non le basta a poter dire tutto ciò che conosce. Perciò quando voglio dare un bene, un dono, specie il gran dono della mia Volontà come vita nella creatura, la prima cosa che faccio è quella di farla conoscere, non voglio dare la luce e metterla sotto il moggio come se non l’avesse, né i miei doni per nasconderli e come per seppellirli in essa, a che pro darli? E se non li conosce come potrebbe la povera creatura corrispondermi, amarli ed apprezzarli? Se do è perché voglio che facciamo vita insieme ed uniti godiamo il bene che l’ho dato. Anzi il tuo Gesù si fa vigile sentinella per custodire ciò che ho dato alla mia amata creatura. Onde, conoscere significa possedere, possedere significa conoscere, per chi non conosce, le verità si rendono difficili e senza vita. Quindi sii attenta e godi ciò che il tuo Gesù ti ha dato e fatto conoscere”.