(1) Continuavo a pensare sulla Divina Volontà, ed ai gravi mali dell’umano volere, e come questo, senza della vita del Fiat, è senza guida, senza luce, senza forza, senza alimento, ignorante perché non tiene il maestro che l’insegna la scienza divina. Sicché senza di Essa la creatura nulla conosce del suo Creatore, si può dire che è in alfabeto, e se conosce qualche cosa, sono appena le ombre o qualche vocale, ma non con chiarezza, perché senza della Divina Volontà, luce non vi è, ma sempre notte. Ecco la causa che di Dio si conosce così poco, il linguaggio celeste, le verità divine non vengono capite, perché non regna come vita, come atto primo la Divina Volontà. Mi sembrava di vedere l’umana volontà innanzi alla mia mente, come morendo di fame, cenciosa, cretina, tutta macchiata, zoppicando e ravvolta in fitte tenebre, e siccome non è abituata a vivere di luce ed a guardarla, ogni piccola luce di verità l’eclissano la vista, la confondono e si acceca di più. Oh! come c’è da piangere sulla grande sventura dell’umana volontà, senza la Divina pare che le manca la vita del bene e gli alimenti necessari per vivere. Ma mentre ciò pensavo, il mio Celeste Maestro Gesù, facendomi la sua breve visitina, mi ha detto:
(2) “Mia Figlia benedetta, è tanto grave il fare la propria volontà, che sarebbe male minore se la creatura impedisse il corso al sole, al cielo, al vento, all’aria, all’acqua, eppure impedendo questo corso, succederebbe tale disordine e terrore che l’uomo non potrebbe più vivere. Eppure questo gran male sarebbe nulla a confronto del male grave di fare la propria volontà, perché con questo impedisce il corso non alle cose create, ma al suo stesso Creatore. Adamo col sottrarsi dalla nostra Volontà, arrestò il corso dei doni che doveva dare alla sua amata creatura, se avesse potuto, avrebbe costretto Dio all’immobilità. Il nostro Ente Supremo, col creare la creatura, voleva stare in corrispondenza continua con essa, voleva darle ora un dono ed ora un altro, voleva farle tante belle sorprese, non mai interrotte. Ora, come fa la sua volontà, così tacitamente dice al suo Creatore: “Ritirati, non ho dove metter i tuoi doni, se Tu mi parli non ti capisco, le tue sorprese non sono per me, io basto a me stesso”. E con ragione dice ciò, perché senza della mia Volontà, che è sua vita primaria, ha perduto la vita e la capacità dove mettere i miei doni, di comprendere il nostro linguaggio celeste, e si rende estranea alle nostre più belle sorprese. La creatura col non fare la nostra Volontà perde la vita divina, l’atto più bello, più interessante, più necessario della sua creazione e del come fu creato da Dio. Ecco perciò come l’uomo si sottrò dal nostro Fiat, si disordinò in modo che ad ogni passo vacillava, perché si distaccò, respinse l’atto vitale della sua vita, e dall’atto stabile e permanente che doveva vivere con lui come una sola vita, qual’è la nostra Divina Volontà. Dimodoché ci sentiamo immobilizzati dall’uomo perché vogliamo dare e non possiamo. Vogliamo dire e non ci intende e come se da lontano facciamo sentire i nostri dolorosi lamenti col dirgli: “Oh! uomo finiscila, richiama in te quella Volontà che respingeste, Essa non bada ai tuoi mali, e se la chiami è pronta a prenderne il possesso ed a formare il suo regno in te, regno di dominio, di pace, di felicità, di gloria, di vittoria per Me e per te”. Deh! non voler essere più schiavo né vivere nel labirinto dei tuoi mali e miserie, tale non ti creai, ma ti creai re di te stesso, re di tutto. Perciò chiama la mia Volontà come vita, e ti farà conoscere la tua nobiltà e l’altezza del tuo posto in cui fosti messo da Dio. Oh! come ne sarai contento, e contenterai il tuo Creatore!”
(3) Dopo di ciò ha soggiunto: “Figlia mia, allora solo sente la vera vita in sé, quando entra nella mia divina Volontà, perché in Essa la creatura vede con chiarezza il suo nulla, e come questo nulla sente il bisogno del Tutto, cioè di Colui che la trasse dal nulla per vivere, e come si riconosce, il Tutto la riempie di Sé. Questo nulla sente la vera vita, si trova al contatto immediato della santità, della bontà, potenza, amore e sapienza divina, riconosce in sé la potenza dell’opera creatrice, la sua vita palpitante ed il bisogno estremo di questa vita divina. Altrimenti sente come se in sé non ci fosse vita. E’ la sola mia Volontà che fa riconoscere il suo vero nulla alla creatura, e questo nulla lo va soffiando continuamente per mantenere sempre accesa la vita divina in essa, per farla crescere come opera degna delle nostre mani creatrice. Invece senza della nostra Volontà, la creatura si sente come se fosse qualche cosa, ed il Tutto resta fuori del nulla”.
(4) Onde seguivo i miei atti nella Divina Volontà, e la mia povera mente si perdeva nella molteplicità delle sue opere, le quali correvano in cerca dell’uomo per abbracciarlo, e schierarsi intorno a lui per difenderlo, prestargli tutti gli aiuti, felicitarlo e fargli sentire i suoi amorosi lamenti, le sue note dolorose fin nel fondo del cuore, che mentre il Fiat Divino in tutto ciò che fa cerca l’uomo, vuol trovarlo, amarlo, e lui negli atti suoi non lo cerca, non lo circonda, né gli fa sentire le sue note amorosi, né i suoi dolci lamenti che vuole Colui che tanto l’amò, e che dovrebbe amare. Ora mentre mi perdevo nelle sue opere divine, il mio dolce Gesù ha ripreso a dire:
(5) “Figlia mia, tutte le nostre opere ad extra sono state fatte e saranno fatte solo per le creature, il nostro scopo è solo per loro, perché Noi non abbiamo bisogno. Perciò nell’operare che facciamo brilla nel nostro atto la creatura, scorre in esso come scopo del nostro operare, e siccome l’effetto e ogni atto, così la causa che ci muove ad operare è la creatura, perciò in tutte le nostre opere, il primo posto è occupato da essa, lei brilla e scorre nell’atto nostro, perciò possiamo dire: Tu eri con Noi quando distendevamo il cielo e formammo il sole, in quell’azzurro ed in quella luce ti davamo il posto d’onore e tu scorrevi in essi. In ogni atto del Verbo fatto sulla terra, in ogni pena, in ogni parola, tu avevi il tuo posto di centro e scorrevi in essi come proprietà tua. Ora, non davamo alla creatura nell’atto nostro, il posto per farla stare inutilmente e per farla scorrere in essi quasi oziando, no, no, l’ozio non ha fatto santo nessuno, lo mettevamo negli atti nostri perché dentro dei nostri, mettersi i suoi atti. Il nostro doveva servire come modello, come spazio per poter mettere dentro, con più sicurezza, gli atti suoi. Anche Noi lavoriamo, amare è lavorare, ed il nostro lavoro, perché è amore, è operante, vivificante, creante, sostenitore di tutto e di tutti. Quindi, ad onta che la creatura tiene il suo posto nelle opere nostre, oh! quante opere nostre si veggono vuote dagli atti delle creature, anzi, neppure le conosce e vive come se nulla l’avessimo dato. Onde le nostre opere hanno un dolore e chieggono incessantemente colei che mentre tiene il suo posto, non se ne serve, né col suo amore lavora insieme col lavoro del suo Creatore. Eppure non finiranno i secoli, che le nostre opere non avranno lo scopo per cui furono fatte, cioè la creatura dentro di esse ad operare come centro degli atti loro. E questi saranno quelli che faranno regnare la mia Divina Volontà come vita nelle anime loro”.