(1) Mi sentivo tutta immersa nel Voler Divino, una folla di pensieri preoccupava la mia mente, ma sempre sullo stesso Fiat, perché in Esso non si può pensare ad altro, il suo dolce incanto, la sua luce che tutto investe, le sue tante verità che come formidabile esercito si schierano intorno, allontanano tutto ciò che ad Esso non appartiene. La felice creatura che si trova nella Divina Volontà si trova come in un’atmosfera celeste, tutta felice, nella pienezza della pace dei santi e se vuole qualche cosa, è solo che tutti conoscessero un Volere sì amabile, sì santo, vorrebbe che tutti venissero a godere la sua felicità, ma pensavo tra me: “Ma come può essere che le creature possano venire a vivere nella Divina Volontà, per poter formare il suo santo regno? ” Ed il mio amato Gesù, sorprendendomi mi ha detto:
(2) “Figlia mia, come sei piccola! Si vede che la tua piccolezza non si sa elevare nella potenza, immensità, bontà e magnanimità del tuo Creatore, e dalla tua piccolezza misuri la nostra grandezza e liberalità nostra. Povera piccina, ti sperdi nei nostri interminabili poteri, e non sai dare il giusto peso ai nostri modi divini ed infiniti. E’ vero che umanamente parlando, la creatura accerchiata dai mali come sta, vivere nel mio Volere, formare il suo regno in mezzo a loro, è come se volessi toccare il Cielo col dito, ciò ch’è impossibile, ma ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Tu devi sapere che il vivere nella nostra Volontà è un dono che la nostra magnanimità vuol dare alle creature, e con questo dono la creatura si sentirà trasformata, da povero ricco, da debole forte, da ignorante dotto, da schiavo di vile passione, dolce e volontario prigioniero d’una Volontà tutta santa che non lo terrà prigioniero, ma re di sé stesso, dei domini divini e di tutte le cose create. Succederà come ad’un povero che veste miseri cenci, abita in un tugurio, senza porte, quindi esposto ai ladri e nemici, non ha un pane sufficiente come sfamarsi la fame ed è costretto a mendicarlo; se un re le desse per dono un milione, il povero cambierebbe la sua sorte, e non più farebbe la figura d’un povero mendico, ma d’un signore che possiede palazzi, ville, veste con decenza, tiene cibi abbondanti e si mette in condizione di potere aiutare gli altri. Chi ha cambiato la sorte di questo povero? Il milione ricevuto in dono. Ora, se una vile moneta tiene virtù di cambiare la sorte d’un povero infelice, molto più il gran dono della nostra Volontà, dato come dono cambierà la sorte infelice delle umane generazioni, menoché chi volontariamente vuol restare nella sua infelicità. Molto più che questo dono fu dato all’uomo nel principio della sua creazione, ed ingrato ci lo respinse col fare la sua volontà, sottraendosi dalla Nostra. Ora, chi si dispone a fare il nostro Volere prepara il posto, la decenza, la nobiltà dove poter mettere questo dono sì grande ed infinito, le nostre conoscenze sul Fiat aiuteranno e prepareranno in modo sorprendente a ricevere questo dono, e ciò che non hanno ottenuto fin’oggi, lo potranno ottenere domani. Perciò sto facendo come farebbe un re, che vorrebbe elevare una famiglia con vincolo di parentela con la sua famiglia reale; per far ciò si prende prima un membro di essa, se la tiene nella sua reggia, la cresce, si nutrisce insieme, l’abitua coi suoi modi nobili, l’affida i suoi segreti, e per farla degna di sé, la fa vivere di sua volontà, e per essere più sicuro e per non farla scendere alle bassezze della sua famiglia le fa dono del suo volere, affinché lo tenesse in suo potere. Ciò che il re non può fare, ma Io lo posso fare bilocando la mia Volontà per farne dono alla creatura. Onde il re tiene gli occhi fissi sopra di lei, la va sempre abbellendo, la veste di abiti preziosi e belli in modo che si sente innamorato, e non potendo più durarla allungo, se la vincola col vincolo duraturo di sposalizio, in modo che l’uno diventa dono dell’altro. Con questo, d’ambi le parte tengono il diritto di regnare e quella famiglia acquista il vincolo di parentela col re, ed il re, per amore di colei che si ha donato a lui, e che lui si ha donato a lei, chiama quella famiglia a vivere nella sua reggia dandole lo stesso dono che ha dato a colei che ama tanto. Così abbiamo fatto Noi, primo abbiamo chiamato una dell’umana famiglia a vivere nella reggia del nostro Volere; mano, mano le facevamo dono delle sue conoscenze, dei sui segreti più intimi, nel far ciò provavamo contenti e gioie indicibili, e sentivamo com’è dolce e caro far vivere la creatura nel nostro Volere, ed il nostro amore ci spinse, anzi ci violentò a farle dono del nostro Fiat onnipotente, molto più che ci aveva fatto dono del suo, già stava in nostro potere, e la nostra Volontà Divina poteva star sicura ed al suo posto d’onore nella creatura. Ora dopo che abbiamo fatto dono del nostro Fiat ad un membro di questa umana famiglia, essa acquista il vincolo ed il diritto di questo dono, perché Noi non facciamo mai opere e doni per una sola, ma quando facciamo opere e doni, le facciamo sempre in modi universali, quindi questo dono sarà pronto per tutti, purché lo vogliono e si dispongono. Perciò il vivere nella mia Volontà non è proprietà della creatura, né sta in suo potere, ma è dono, ed Io lo faccio quando voglio, a chi voglio, e nei tempi che voglio. Esso è dono di Cielo fatto dalla nostra grande magnanimità, e del nostro amore inestinguibile. Ora con questo dono, l’umana famiglia si sentirà talmente vincolata col suo Creatore, che non si sentirà più da Lui lontana, ma talmente vicina come se fosse della sua stessa famiglia, e convivesse nella sua stessa reggia. Con questo dono si sentirà talmente ricca, che non più sentirà le miserie, le debolezze, le passione tumultuante, ma tutto sarà forza, pace, abbondanza di grazia, e riconoscendo il dono, dirà nella casa del Padre mio Celeste, nulla mi manca, ho tutto a mia disposizione, sempre in virtù del dono che ho ricevuto. I doni li diamo sempre per effetto del nostro grande amore e dalla nostra somma magnanimità; se ciò non fosse, o volessimo badare se la creatura merita o no, se ha fatto dei sacrifici, allora non sarebbe più dono, ma mercede, ed il nostro dono si renderebbe come diritto e schiavo della creatura. Mentre Noi, ed i nostri doni, non siamo schiavi di nessuno. Difatti, l’uomo non esisteva ancora, e prima che lui fosse, già creammo il cielo, il sole, il vento, il mare, la terra fiorita e tutto il resto per farne dono all’uomo. Che cosa aveva fatto per meritare doni sì grandi e perenni? Nulla, e nell’atto di crearlo le demmo il gran dono che superò tutti gli altri, il nostro Fiat onnipotente, e sebbene lo respinse, Noi però non smettemmo di non darlo più, no, ma lo teniamo a riserva per darlo ai figli, lo stesso dono che ci respinse il padre. Il dono viene dato nell’eccesso del nostro amore, il quale è tanto che non sa fare, non bada ai conti, mentre la mercede che si dà se la creatura fa le opere buone, si sacrifica, si dà con giusta misura ed a secondo che merita, non così nel dono. Perciò, chi potrà dubitare significa che non se ne intende del nostro Essere Divino, né delle nostre larghezze, né dove può giungere il nostro amore, però vogliamo la corrispondenza della creatura, la gratitudine ed il suo piccolo amore”.