(1) Mi sento in preda della Divina Volontà, ma non forzata, ma volontaria, e sento il vivo bisogno di farmi anch’io una preda che mi renda felice nel tempo e nell’eternità, e perciò in tutti gli atti miei cerco di far preda della luce della Divina Volontà, della sua santità, della sua stessa vita. Quindi la chiamo, la presso per rapirla negli atti miei per chiuderla in esse e poter dire: “Ogni mio atto è una preda e una conquista che faccio”. Preda e conquista di Volontà Divina, molto più, che avendo predato la mia, senza volontà non posso vivere, onde è giusto e diritto, che io faccio preda della sua ed in questo predarci a vicenda mi sembra che manteniamo la corrispondenza, il giuoco, e l’amore d’ambi le parte si accende di più. Ora, mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù pareva che si compiaceva nel sentire i miei spropositi, ed io dicevo tra me: “Del resto, sono piccola e neonata appena, se sproposito non è un gran che, anzi c’è da compatirmi, perché i piccoli sono facile a spropositare e molte volte il caro Gesù si diletta dei spropositi fatti per puro amore, e prende occasione di dare una lezioncina, come di fatto ha fatto”. Visitando la piccola anima mia mi ha detto:
(2) “Mia piccola figlia del mio Volere, certo che tutto ciò che passa tra il Creatore e la creatura, gli atti che essa fa, e quello che riceve da Dio, servono a mantenere la corrispondenza, a conoscersi di più per più amarsi ed a mantenere il giuoco tra l’uno e l’altro, per ottenere l’intento di quello che vuole Dio dalla creatura, e di quello che essa vuole da Dio. Sicché ogni atto è un giuoco che si prepara per fare le più belle vincite e predarsi a vicenda. L’atto serve come materia per giocare e come pegno per aver che dare a chi vince. Dio col dare mette il suo pegno, la creatura col fare il suo atto mette il suo ed impiantano il giuoco, e la nostra bontà è tanta, che ci facciamo deboli per far vincere la creatura, altre volte ci facciamo forti e vinciamo Noi, e questo lo facciamo per metterla in punto, affinché facendo più atti, mette più pegni e così poter vincere per rifarsi della sconfitta. Del resto, come si poteva mantenere l’unione, se nulla dovevamo dare e nulla doveva darci la creatura? Vedi dunque, ogni atto è un impegnarci per dare grazie maggiore, e una corrispondenza che apri tra il Cielo e la terra, e un giuoco dove chiami il tuo Creatore a trattenersi con te. Molto più che ogni atto fatto dalla Divina Volontà nel atto della creatura, è un seme divino che germoglia in essa, l’atto prepara la terra dove la mia Volontà getta il suo seme per farlo germogliare in pianta divina, perché a secondo il seme che si getta nel seno della terra, quella pianta nasce; se il seme è di fiori, nasce il fiore; se il seme è di frutto, nasce il frutto. Ora la mia Divina Volontà in ogni atto di creatura getta un seme distinto, dove getta il seme della santità, dove il seme dell’amore, in altri il seme della bontà, e così di seguito, quanti più atti fa in Essa, tanta più terra prepara dove il mio Volere prepara il suo seme distinto per riempire la terra di questi atti umani. Onde, chi si fa dominare dalla mia Volontà Divina è bella, è speciosa, ogni suo atto contenendo la varietà dei semi divini, è una nota del suo Creatore: Un atto dice santità, un altro misericordia, altri giustizia, sapienza, bellezza, amore, insomma si vede un’armonia divina, con tale ordine, che addita il dito di Dio operante in essa. Vedi dunque la necessità dell’atto della creatura per poter trovare la terra dove chiudere il nostro seme divino? Altrimenti, dove lo gettiamo? Noi, terra non ne teniamo, perciò ce la deve formare coi suoi atti, per poter coi nostri semi, germogliare il nostro Essere divino nella creatura. Perciò chi fa e vive nel nostro Voler Divino, si può chiamare colei che riproduce il suo Creatore ed alberga in essa Colui che l’ha creato”.
(3) Onde continuavo i miei atti nel Divin Volere, e la mia piccolezza voleva abbracciare tutto nel mio amplesso d’amore, per poter far correre il mio piccolo amore in tutte le cose e dappertutto. Ma mentre ciò facevo, il mio dolce Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, amare significa possedere e voler far sua la persona o l’oggetto che si ama. Amare significa vincolo o d’amicizia o di parentela o di figliolanza, a secondo più o meno l’intensità dell’amore. Sicché se tra la creatura e Dio non c’è nessun vuoto d’amore divino, se tutti i suoi atti corrono verso Dio per amarlo, se dall’amore hanno principio e nell’amore finiscono, se guarda tutte le cose che appartengono all’Ente Supremo come sue, questo dice amore di figlio verso suo Padre, perché in questo modo non si esce né dalle proprietà divine né dall’abitazione del Padre Celeste, perché l’amore vero costituisce un diritto nella creatura, diritto di figliolanza, diritto di partecipazione di beni, diritto d’essere amato. Ogni suo atto d’amore è una nota vibrante che palpita nel cuore divino e col suo suono dice “ti amo, ed amami”, ed il suono non finisce se non sente la nota del suo Creatore, che facendo eco al suono dell’anima, che gli risponde “ti amo oh figlio”. Oh! come aspettiamo il “ti amo” della creatura per fargli prendere il posto nel nostro amore, per avere il dolce gusto di potergli dire “ti amo, oh figlio”, e così potergli dare maggiore diritto d’amarci e di farlo appartenere alla nostra famiglia. Un amore spezzato e che non fa sue le cose nostre, né le difende, non si può chiamare amore di figlio, al più potrà essere amore d’amicizia, amore di circostanza, amore d’interesse, amore di necessità, che non costituisce un diritto perché solo i figli hanno diritto di possedere i beni del Padre ed il Padre tiene il sacrosanto dovere, anche con leggi divini ed umani di far possedere i beni ai figli suoi. Perciò ami sempre, affinché trovi in tutti gli atti tuoi l’amore, l’incontro, il bacio del tuo Creatore”.