(1) Il mio abbandono nel Voler Divino continua, il suo dolce impero aletta la mia povera volontà, che sebbene spesso spesso vorrebbe uscire come in campo per fare la sua via, date le circostanze dolorose in cui mi trovo, però il Fiat onnipotente, con la forza irresistibile della sua luce, si fissa sulla notte della mia volontà e m’impedisce il passo, e formando il suo giorno di luce nell’anima mia mi tira a fare i miei piccoli atti nel suo Voler Divino. Ed io pensavo tra me: “Perché Gesù tiene tanto interesse che non tralasci i miei ripetuti atti nella sua adorabile Volontà? ” E Gesù tutto tenerezza e bontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia, perché tutti gli atti che fai nel tuo interno sono atti insegnati e formati da Me, sicché sono atti miei, ed Io non voglio che tu ti lasci dietro, senza unirti insieme con Me per seguirli. Perché tu devi sapere che quando faccio un lavorio nell’anima, quando parlo ed insegno, il tuo Gesù tiene tale potenza, di convertire in natura il bene insegnato e operato nella creatura, ed il bene in natura non si può distruggere, sarebbe come se tu avessi l’occhio datoti da Dio come proprietà della tua natura e non ti servisse per guardare; la voce, le mani, i piedi, e non ti servisse per parlare, per operare e camminare, non saresti degna di condanna? Ora, come do i doni in natura al corpo, così quando parlo, la mia parola creatrice tiene la potenza di dare all’anima, come in natura, il dono che intendo di dare con la mia parola, perché un mio Fiat può racchiudere un cielo, un sole, una prece incessante per dono, con cui il mio Fiat tiene la potenza di convertire come in natura dell’anima questi doni. Quindi ciò che tu fai nel tuo interno sono doni in natura, che la mia parola ha formato in te, perciò starei attenta a non tenere inutili i miei doni, Io li ho messo in te per fare che con questi atti ripetuti nel mio Volere, possiamo insieme impetrare il gran dono, che la mia Divina Volontà venga a regnare sulla terra. Molto più figlia buona, che gli atti ripetuti sono come il succo alla pianta, se la pianta non tiene succo, secca, e né può produrre né fiori, né frutta, il succo è come il sangue vitale della pianta, che circolando in essa la conserva, la fa crescere e le fa produrre i frutti più belli e gustosi, da formare la gloria e l’utile dell’agricoltore; ma questo succo non si forma da sé stesso nella pianta, è l’agricoltore che dev’essere attento ad innaffiarla e coltivarla, ma non una volta, ma sempre, dandole come in natura il succo sufficiente per fare che la povera pianta trovasse l’alimento giornaliero per vegetare e crescere, per poter dare i suoi frutti a colui che la coltiva, ma se l’agricoltore è infingardo, la pianta perde il succo e muore. Vedi dunque che cosa sono gli atti ripetuti, sono il sangue dell’anima, l’alimento, la conservazione e la crescenza dei miei doni, cui Io, da Agricoltore Celeste, non cesso mai d’innaffiarti, cui non c’è pericolo che possa essere infingardo, ma tu lo devi ricevere questo succo vitale, e allora lo ricevi quando ripeti gli atti nella mia Volontà nel fondo dell’anima tua, allora apri la bocca, ed Io innaffiandoti ti do il sangue nell’anima tua per darti il calore divino, l’alimento celeste, e aggiungendoti altre mie parole ti conservo e accresco i miei doni. Oh! se la pianta avesse ragione e si rifiutasse d’essere innaffiata dall’agricoltore, qual sorte sarebbe della povera pianta? La sorte di perdere la vita! E qual dolore del povero agricoltore? Perciò il ripetere gli atti è voler la vita, è il prendere l’alimento; il ripetere è amare e apprezzare e appagare le brame e rendere contento il tuo Agricoltore celeste, che con tanto amore ho lavorato nel campo dell’anima tua, e come ti sento ripetere i tuoi atti, o insieme con Me, o da sola, mi dai i frutti del mio lavoro, ed Io mi sento riamato e contraccambiato dei tanti doni che ti ho dato, e mi dispongo a darti doni maggiori. Perciò sii attenta e fa che la tua costanza sia la forza vincitrice, che vince e domina il tuo Gesù”.
(3) Dopo di ciò mi sentivo come se dovesse cadere nel mio solito stato di sofferenza, e dato le imposizioni che ci sono, mi sentivo ripugnante ad accettare, la mia povera natura tremava e mi sentivo di dire col mio dolce Gesù: “Padre se è possibile, passi da me questo calice; ma non la mia volontà, ma la tua sia fatta”. Ed il mio amato Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, non voglio in te le pene forzate, ma volontarie, perché le pene forzate perdono la freschezza, la bellezza, ed il dolce incanto della somiglianza delle pene del tuo Gesù, che furono sofferte da Me tutte volontariamente, e sono come quei fiori appassiti, come quei frutti immaturi, che la vista sdegna di guardare e la bocca non può ingoiare, tanto è l’insipidezza e la durezza di quei frutti. Tu devi sapere che quando eleggo un’anima, Io vi formo la mia abitazione, e voglio essere libero in casa mia di fare quello che voglio, e di stare come mi piace, né voglio restrizione da parte della creatura, voglio assoluta libertà, altrimenti mi renderei infelice ed inceppato nel mio modo d’agire. Sarebbe la più grande sventura, anche al più povero di non godere la libertà nel suo piccolo tugurio, ed incorrerei nella sventura d’un povero individuo che avendosi formato con tanto amore un’abitazione, quando l’ha corredato e messo in ordine, vi entra per abitarvi, ma con suo dolore le vengono fatte imposizioni e restrizioni, gli si dice: “In questa stanza non puoi dormire, in questa non puoi ricevere, in quest’altra non puoi passare”. Insomma non può stare come vuole né fare quello che vuole, sicché poveretto, si sente infelice, perché ha perduto la sua libertà, ed è pentito dei sacrifici che ha fatto d’aversi fabbricato questa abitazione. Tale son Io, quanti lavori, quanti sacrifici, quante grazie non ho versato per ridurre una creatura per mia abitazione, e quando ne prendo il possesso, più che tutto amo e voglio la libertà in casa mia, e quando trovo ora le ripugnanze, ora le restrizioni, invece di adattarsi l’abitazione a Me, Io mi devo adattare ad essa, quindi non posso svolgere la mia Vita, né i miei modi divini, e né mi è dato di compiere lo scopo per cui con tanto amore mi sono scelto questa abitazione. Perciò voglio libertà, e se vuoi rendermi felice, lasciami libero di fare quello che voglio”.