(1) Stavo seguendo i miei atti nel Fiat Divino, oh! come amerei che nulla mi sfuggisse di ciò che ha fatto, tanto nella Creazione quanto nella Redenzione per poter far gara col mio piccolo ti amo incessante, ti adoro, ti ringrazio, ti benedico, e ti prego che venga il regno della Divina Volontà sulla terra. Ma mentre ciò pensavo, il mio amabile Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il nostro operato divino, sebbene soprabbonda, ma tanto che la creatura non può giungere a prendere tutta la sovrabbondanza dei beni che mettiamo nelle nostre opere creatrici, ma però per operare richiediamo sempre il piccolo operato della creatura, ed a secondo il più o il meno operato di essa, così disponiamo il più o il meno dei beni che vogliamo dare nell’opera che vogliamo fare a pro delle creature, perché l’operato di esse ci serve come piccolo terreno o spazio dove poggiare i beni nostri; se un terreno o spazio è piccolo, poco possiamo mettere, se è grande possiamo mettere di più, e se vogliamo mettere di più sarà incapace di prenderlo e di comprenderlo ciò che Noi gli abbiamo dato. Vedi dunque quanto è necessario il piccolo operato della creatura per fare che le nostre opere avessero vita in mezzo alle umane generazioni, molto più che come la creatura incomincia i suoi piccoli atti, le sue preghiere, i suoi sacrifici per ottenere il bene che le vogliamo dare, così si mette in comunicazione col suo Creatore, apre una specie di corrispondenza, e tutti i suoi atti non sono altro che letterine che le fa giungere, nelle quali ora prega, ora piange, e ora le offre la sua stessa vita per muoverlo a dare il bene che le vogliamo dare. Ciò dispone la creatura a riceverlo, e Dio a darlo. Se ciò non fosse mancherebbe la via e tutte le comunicazioni sarebbero chiuse. Mancherebbe la conoscenza di Colui che vuol dare il dono, e sarebbe dare ed esporre i nostri doni a persone nemiche che non sono né amati da Noi, né amanti di Noi, ciò che non può essere; mentre quando Noi vogliamo fare un’opera aleggiamo sempre chi ci ama e amiamo, perché l’amore è il germe, la sostanza, la vita delle opere nostre, e quando manca l’amore, manca la respirazione, il palpito d’un opera e non si apprezza il dono ricevuto, e col non apprezzarlo passa pericolo che muoia sul nascere. Ecco perciò la necessità dei tuoi atti e del sacrificio, anche della tua vita per far conoscere il mio Voler Divino e farlo regnare; non vi è opera più grande di Essa, e perciò voglio i tuoi atti ripetuti, le tue preghiere incessanti, ed il tuo sacrificio prolisso d’una vita sepolta viva, non è altro che il terreno spazioso dove poggiare un tanto bene. Ogni tuo atto è una letterina che ci mandi, e Noi leggendola diciamo: Ah si! c’è chi vuole il nostro Volere sulla terra, e chi ci vuol dare la sua stessa vita per farlo regnare! Con ciò disponiamo le cose, le grazie, gli eventi, per riempire il tuo piccolo terreno, e aspettiamo che lo allarghi di più per poggiare il gran dono del regno della nostra Volontà. Ciò successe nella Redenzione, aspettai sì lungo tempo per scendere dal Cielo in terra, per dare il tempo sufficiente al popolo eletto a preparare coi loro atti, preghiere e sacrifici, il piccolo terreno dove poteva poggiare i frutti della Redenzione, che furono tanti soprabbondanti, che le creature ancora devono prendere tutto, e se più avessero fatto, più avrei dato; e se avessi voluto dare di più, senza anche una virgola, un punto dei loro atti, sarebbe stato per loro come un libro illeggibile di cui non se ne conosce la lingua, come un tesoro come senza chiave che non si conosce ciò che sta dentro, perché l’atto della creatura è l’occhio che legge e la chiave che apre per prendere i miei doni. E poi, dare senza essere conosciuto il bene che si dà, sarebbe stato un dolore e non degno della nostra Sapienza. Perciò sii attenta nel seguire la mia Volontà Divina, quanto più la seguirai più la riconoscerai e più sarà soprabbondante nel dare i suoi beni”.
(3) Dopo di ciò stavo seguendo il mio giro nella Creazione, per unirmi agli atti fatti dalla Divina Volontà in essa, ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, il respiro, il palpito, la circolazione del sangue della Creazione è l’amore, l’adorazione, la gloria nostra. Noi mettevamo in essa ciò che Noi siamo in Noi stessi; la nostra Natura è Amore purissimo, e la nostra Santità è tanta, che ciò che produce questo Amore non sono altro che adorazione profonda e gloria perenne al nostro Essere Divino. Quindi mettendo fuori la Creazione dovevamo mettere ciò che Noi possediamo, né potevamo mettere cose che a Noi non apparteneva, perciò il palpito della Creazione è Amore, e come palpita così la imperla di nuovo amore, che dandole la corsa della circolazione ripete incessantemente: Adorazione e gloria al nostro Creatore. Ora la creatura, se gira nelle cose create mettendo il suo amore, mette il suo e prende il nostro Amore, e fa sorgere l’altro Amore per aspettarla di nuovo a ricevere e dare il suo Amore. Quindi succede uno scambio ed una gara tra le cose create e la creatura, che unendosi insieme, danno amore, adorazione, gloria, al nostro Essere Supremo. Perciò se vuoi amore, pensa che tutte le cose create tengono il nostro mandato di darti amore sempre che ricevono il tuo, così sarà mantenuta la festa del nostro Amore tra il Cielo e la terra, e tu sentirai la felicità del nostro Amore e ti sarà sostituito il respiro dell’amore, il palpito della adorazione, e circolerà nel tuo sangue gloria perenne al tuo Creatore.
(5) Onde tu devi sapere che le nostre opere sono piene di vita, la nostra Forza creatrice tiene virtù di mettervi il germe vitale in tutte le opere che facciamo, e di comunicarla alle creature che fanno uso di esse. La Creazione è zeppa delle nostre opere creatrici, la Redenzione è un campo sterminato di nostre azioni fatte perché portassero la vita ed il bene che contengono alle creature. Sicché siamo circondati dalla magnificenza delle opere nostre, ma teniamo il dolore che queste opere non vengono prese, e molte neppure conosciute dalle creature, e quindi sono per loro come morte, perché per tanto portano vita e producono frutti di vita per quanto uso ne fanno, e tenere tante opere vitali esposte, tante nostre proprietà senza produrre i frutti che contengono; e molto più, vedere le creature povere, debole e senza la vita del vero bene, ci duole tanto che tu non puoi comprendere in che condizione di dolore ci mettono le creature. Noi ci troviamo nelle condizioni d’un padre, che avendo molti figli, prepara il pranzo e mentre lo prepara è tutto in festa pensando che i suoi figli non saranno digiuni, ma mangeranno del suo; poi mette la tavola, dispone i piatti con la diversità dei cibi che ha preparato, poi chiama i figli affinché vengano a gustare i bei cibi che ha preparato, ma i figli non ascoltano la voce del padre ed il pranzo resta senza che nessuno lo tocchi. Quale non è il dolore di questo padre nel vedere che i figli non seggono alla sua mensa e non si alimentano dei cibi che lui ha preparato, lo stesso guardare la tavola piena di cibi li reca dolore. Tale siamo Noi nel vedere che le creature non si curano delle tante opere che abbiamo fatto con tanto amore per loro. Perciò quanto più prenderai del nostro, più Vita Divina riceverai, ci renderai più contenti e ci rimarginerai la piaga profonda dell’ingratitudine umana”.