MaM
Messaggio del 2 aprile 2011:Cari figli, con amore materno desidero aprire il cuore di ciascuno di voi ed insegnarvi l’unione personale con il Padre. Per accettare questo dovete comprendere che siete importanti per Dio e che Egli vi chiama singolarmente. Dovete comprendere che la vostra preghiera è il dialogo di un figlio con il Padre, che è l’amore la via per la quale dovete incamminarvi, l’amore verso Dio e verso il vostro prossimo. Questo è, figli miei, un amore che non ha confini, è un amore che nasce nella verità e va fino in fondo. Seguitemi, figli miei, affinché anche gli altri, riconoscendo la verità e l’amore in voi, vi seguano. Vi ringrazio!

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo) - 29-9 Marzo 30, 1931 Le umiliazioni, portatrici di gloria. Le tenerezze del Cuore di Gesù. Un cuor duro è capace di tutti i mali. Invito a prendere le briciole nei beni divini.

(1) Sono di nuovo sotto l’incubo delle mie solite sofferenze. Dopo un mese di sosta sono da capo; mi sentivo come svuotata da tutte le pene, il mio dolce Gesù non più mi irrigidiva, né mi rendeva immobile e senza moto, mi sentivo come se la mia vita finisse nel restare senza moto ed irrigidita, eppure viveva, ma d’una vita strozzata senza la minima padronanza di me stessa, aspettando con una pazienza che solo Gesù mi poteva dare colui che doveva chiamarmi all’ubbidienza per darmi il moto e farmi uscire dall’abisso in cui mi trovavo. Onde vedendomi libera, per quanto amassi di dividere le pene insieme con Gesù, pure la mia natura me la sentivo trionfante, molto più che non avevo più bisogno di nessuno, quindi nel trovarmi di nuovo legata, inceppata dentro dell’abisso primiero, la mia povera natura sente tale ripugnanza, che se il mio amato Gesù non mi aiuta, non mi fortifica, non mi alletta con grazie speciali, io non so che cosa farei per non cadere in quello stato di sofferenze. Ah! mio Gesù aiutami, Tu che mi hai sostenuto per sì lunghi anni in un stato sì doloroso. Deh! se vuoi che io continui, continua Tu a sostenermi e usa la tua Misericordia verso di questa povera peccatrice, affinché non mi opponga alla tua Santissima Volontà. Onde mentre mi trovavo tra ripugnanze e paura d’essere sorpresa dalle solite mie sofferenze, il mio adorabile Gesù facendosi vedere che soffriva molto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, che c’è, non vuoi più soffrire insieme con Me? Come, vuoi lasciarmi solo? Vuoi togliermi i diritti che tante volte mi hai dato, che potessi fare di te ciò che Io voglio? Figlia buona, non mi dare questo dolore, abbandonati fra le mie braccia e lasciami fare ciò che voglio”.

(3) Ed io: “Amor mio, perdonami, Tu sai le lotte in cui mi trovo, ed in che umiliazioni profonde sono stata gettata; se le cose stessero come prima, quando mai ti ho rifiutato nulla? Perciò badi e pensaci oh! Gesù a quello che mi fai, ed in che labirinto mi getti, se mi fai cadere nelle solite sofferenze, e se ti dico Fiat è tanto lo sforzo che faccio che mi sento morire, Gesù! Gesù! aiutami”.

(4) E Gesù: “Mia figlia buona, non temere, l’umiliazione è portatrice di gloria, al disprezzo delle creature sorge l’apprezzamento divino, e l’abbandono di esse è il richiamo della fedele compagnia del tuo Gesù, perciò lasciami fare. Se tu sapessi come sta armata la Divina Giustizia, non ti opporresti, anzi mi pregheresti che ti facessi soffrire per risparmiare in parte i tuoi fratelli, saranno devastate altre regioni e la miseria sta alle porte delle città e delle nazioni. Il mio cuore sente tale tenerezza nel vedere in che stato di desolazione e di sconvolgimento si ridurrà la terra, e questa mia tenerezza tanto sensibile per le creature, viene offesa dalla durezza del cuore umano. Oh! come mi è intollerabile la durezza del cuore umano, molto più di fronte al mio che è tutto tenerezza amorosa e bontà verso di loro. Un cuor duro è capace di tutti i mali, e giunge a tanto da farne una burla delle pene altrui, e cambia le tenerezze del mio cuore per lui in dolori e piaghe profonde. La prerogativa più bella del mio cuore è la tenerezza, tutte le fibre, gli affetti, i desideri, l’amore, i palpiti del mio cuore, hanno per principio la tenerezza, sicché le mie fibre sono tenere, i miei affetti e desideri sono tenerissimi, il mio Amore e palpiti sono tanto teneri, che giungono a liquefarmi il cuore per tenerezza, e questo amore tenero mi fa giungere ad amare tanto le creature, che mi contento di soffrire Io, anziché vedere soffrire loro; un’amore quando non è tenero è come un cibo senza condimento, come una bellezza invecchiata che non sa attirare nessuno a farsi amare, e come un fiore senza profumo, come un frutto arido senza umore e dolcezza. Un’amore duro, senza tenerezza, è inaccettabile e non terrebbe virtù di farsi amare da nessuno. Perciò il mio cuore ne soffre tanto nel vedere la durezza delle creature, che giungono a cambiare le mie grazie in flagelli”.

(5) Dopo di ciò mi sono trovata da una forza suprema, a cui non mi era dato di poter resistere nel mio stato doloroso, e sebbene sentivo gran ripugnanza, ho cercato d’abbandonarmi nella Divina Volontà, unico mio rifugio. E Gesù per darmi la forza, per poco si ha fatto vedere e mi ha detto:

(6) “Figlia mia, nel creare l’uomo la nostra Divinità mise fuori di Noi stessi: Santità, Amore, Bontà, Bellezza e così di seguito, che dovevano servire all’uomo per farsi santo, buono, bello, e darci amore per amore. Ora, i nostri beni non sono stati del tutto presi da esso, e perciò aspettano chi li prenda. Perciò vieni nei nostri beni, vieni a prendere le briciole della santità, dell’amore, della bontà, le briciole della bellezza, della fortezza; dico briciole in confronto di quelle che lascerai, perché i nostri beni sono immensi e quello che può prendere la creatura si possono chiamare briciole a rispetto di quello che lascia, ma per essa la riempiranno tanto fino a strariparne fuori. Il nostro Amore allora è contento quando vede la creatura amata nei nostri beni, riempita fino all’orlo. Ora, queste briciole formano tante diversi cibi, uno più bello dell’altro, che prende dalla nostra mensa celeste, e si nutrisce abbondantemente di questi cibi divini, e siccome si dà di quel cibo che si prende, così nel darci i suoi atti di chi si ha nutrita di queste briciole divine che danno di santità, di bontà, di fortezza, d’amore, e riempita di tal bellezza che subito riconosciamo che è cibo delle nostre briciole che ci dà negli atti suoi, ed oh! come restiamo contenti che la creatura ci dà i suoi atti che danno del divino, sentiamo i nostri profumi, tocchiamo la nostra Santità e Bontà, e ci sentiamo ricambiati delle briciole che le abbiamo dato”.