(1) Il mio abbandono nel Fiat Divino continua, e siccome stavo facendo i miei atti in Esso per potermi unire agli atti suoi, tutta la Creazione si schierava innanzi alla mia mente, e nel suo muto linguaggio diceva che tante volte di più mi aveva amato il Voler Divino per quante cose di più aveva create, e che ora toccava la mia parte d’amarlo in ciascuna cosa creata, per ricambiarlo con altrettanti miei atti d’amore, affinché il suo ed il mio amore non fossero isolati, ma si facessero dolce compagnia. Ora in questo mentre, il mio dolce Gesù è uscito dal fondo dell’anima mia, che sembrava tanto internato dentro, che non mi era dato di vederlo e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il nostro amore per la creatura fu “ab eterno”, dentro di Noi l’amammo sempre, ma fuori di Noi fu esternato il nostro primo amore nella Creazione. Come il nostro Fiat si andava pronunziando e passo passo creava il cielo, il sole, e così di seguito, così andava esternando in ciascuna cosa creata, quasi passo passo il nostro Amore contenuto fin dall’Eternità per amore delle creature. Ma sai figlia mia, un’amore chiama l’altro; avendosi esternato nella creazione dell’universo e avendo provato com’è refrigerante, com’è dolce lo sfogo dell’amore, e solo coll’esternarlo si sfoga, e si sente com’è dolce amare, perciò il nostro Amore, avendosi incominciato ad esternare non si dette più pace se non creava colui, per causa del quale aveva dato principio ad esternare il suo Amore, come seminandolo in tutte le cose create. Quindi rigurgitava forte dentro di Noi, volendo fare atto compiuto d’amore, chiamandolo dal nulla colui per dargli l’essere e creare in lui la nostra stessa Vita d’Amore; se non creavamo in lui la Vita d’Amore per essere riamati, non c’era nessuna ragione, né divina né umana di esternare tanto amore verso dell’uomo, se tanto l’amammo era ragionevole e con diritto che lui ci amasse, ma non avendo nulla da sé stesso, conveniva alla nostra Sapienza di creare Noi stessi la Vita dell’Amore per essere riamati dalla creatura. Ma senti figlia l’eccesso del nostro Amore, prima di crearlo non fummo contenti d’avere esternato il nostro Amore nella Creazione, ma giunse a tanto che mettendo fuori del nostro Essere Divino le nostre qualità, mettemmo fuori mari di Potenza e l’amammo nella nostra Potenza; mari di Santità, di Bellezza, d’Amore, e così di seguito, e l’amammo nella nostra Santità, nella nostra Bellezza, nel nostro Amore, e questi mari dovevano servire per investire l’uomo, affinché trovasse in tutte le nostre qualità l’eco del nostro Amore potente, e ci amasse con amore potente, con amore santo, e con amore di bellezza rapitrice. Quindi quando questi mari delle nostre qualità divine furono messi fuori di Noi, creammo l’uomo arrichendolo delle nostre qualità, per quanto più ne poteva contenere, affinché anche lui avesse un’atto che potesse fare eco nella nostra Potenza, nel nostro Amore, nella nostra Bontà, per poterci amare con le nostre stesse qualità. Volevamo l’uomo non servo, ma figlio; non povero, ma ricco; non fuori dei nostri beni, ma dentro della nostra eredità, e come conferma di ciò li davamo per vita e per legge la nostra stessa Volontà. Ecco la causa perché amiamo tanto la creatura, perché tiene del nostro, e non amare le cose proprie è fuori di natura e contro ragione”.