(1) Sono sempre in preda di quel Fiat Divino che sa conquidere dolcemente e fortemente; con la sua dolcezza mi attira in modo irresistibile, con la sua fortezza mi vince in modo che può fare di me ciò che vuole. Oh! Voler Santo, giacché tu conquidi me, deh! fa che con la tua stessa forza e dolcezza vinca Te, e cedendo alle mie suppliche continue vieni a regnare sulla terra, forma il tuo dolce incanto all’umano volere, e tutto diventi Volontà Divina sulla terra.
(2) Onde, mentre stavo pensando al Voler Divino, il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno e facendosi vedere mi ha detto: 29[1] Questo libro è stato copiato direttamente dal originale manoscritto di Luisa Piccarreta.
(3) “Figlia mia, se tu sapessi che significa farsi preda della mia Divina Volontà? L’anima resta circondata dalla nostra immutabilità e tutto diventa per lei immutabile: La santità, la luce, la grazia, l’amore. Sicché non più sente la varietà dei modi umani, ma la stabilità dei modi divini, perciò chi vive nel mio Voler Divino si può chiamare cielo che sta sempre fisso e stabile al suo posto d’onore con tutte le sue stelle, e se gira, siccome è tutto l’assieme della Creazione che gira, quindi non cambia posto, né si muta, ma resta sempre immutabile il cielo con tutte le stelle. Tale è l’anima che vive nella mia Divina Volontà, potrà girare, farà varie azioni, ma siccome girerà nella forza motrice del mio Fiat Divino e nell’assieme della mia Volontà, sarà sempre cielo, ed immutabile in suoi beni e nelle prerogative di cui l’ha dotata la mia Suprema Volontà. Invece chi vive fuori del mio Fiat Divino, senza la sua forza motrice, si può chiamare come quelle stelle erranti, che precipitano nello spazio, come se non ci fosse posto fisso per loro, e sono costrette, come stelle erranti, a correre come a precipizio, come se si fossero smarrite dalla volta del cielo. Tale è l’anima che non fa e vive nella mia Divina Volontà, si muta ad ogni occasione, sente in sé tanta varietà di mutamento, che sente noia a ripetere un bene continuato, e se qualche scintillio di luce fa uscire da sé, è come il luccichio delle stelle erranti che subito sparisce. Si può dire che questo è il segno per conoscere se si vive di Volontà Divina: L’immutabilità nel bene; e mutarsi ad ogni piccola sospinta, se si vive di voler umano”.
(4) Dopo ciò seguivo gli atti del Fiat Divino, giravo nelle opere della Creazione, nell’eden, nei punti e persone più notabili della storia del mondo per chiedere a nomi di tutti il regno della Divina Volontà sulla terra. Ed il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:
(5) “Figlia mia, l’uomo col sottrarsi della mia Divina Volontà, diede la morte ai beni che il mio Voler Divino avrebbe fatto risorgere in lui se non fosse stato respinto. Come esso uscì, così moriva l’atto continuo della Vita Divina nel uomo, moriva la santità che sempre cresce, la luce che sempre sorge, la bellezza che mai si ferma per sempre abbellire, l’amore instancabile che non dice mai basta, che sempre, sempre vuol dare, molto più che respingendo la mia Divina Volontà moriva l’ordine, l’aria, il cibo che doveva nutrirlo continuamente. Vedi dunque quanti beni divini fece morire in sé stesso col sottrarsi l’uomo dalla mia Divina Volontà. Ora, dove c’è stata la morte del bene, si richiede il sacrificio della vita per far risorgere il bene distrutto. Ecco perciò giustamente e sapientemente, quando ho voluto rinnovare il mondo e dare un bene alle creature, ho richiesto il sacrificio di vita, come chiese il sacrificio ad Abramo che me sacrificasse l’unico suo figlio, come di fatto eseguì, ed impedito da Me si arrestò, ed in quel sacrificio che le costava ad Abramo più della sua stessa vita, risorgeva la nuova generazione dove doveva scendere il Divino Liberatore e Redentore, che doveva far risorgere il bene morto nella creatura. Coll’andar del tempo permisi il sacrificio ed il gran dolore della morte del suo amato figlio Giuseppe a Giacobbe, e sebbene non morì, ma per lui fu come se in realtà fosse morto; era la nuova chiamata che risorgeva in quel sacrificio il Celeste Liberatore, che chiamava a far risorgere il bene perduto. Oltre di ciò, Io stesso col venire sulla terra volli morire, ma col sacrificio della mia morte chiamava il risorgimento di tante vite ed il bene che la creatura aveva fatto morire, e volli risorgere per confermare la vita al bene e la risurrezione all’umana famiglia. Che gran delitto è far morire il bene, tanto che si richiede il sacrificio di altre vite per farlo risorgere. Ora, con tutta la mia Redenzione e col sacrificio della mia morte, non regnando la mia Divina Volontà, tutto il bene non è risorto nella creatura, Essa è repressa e non può svolgere la santità che vuole, il bene soffre d’intermittente, ora sorge, ora muore, ed il mio Fiat resta col dolore continuo di non poter far sorgere tutto il bene che vuole nella creatura; ecco perciò che mi restai nella piccola ostia Sacramentato, partì per il Cielo, ma vi restai sulla terra in mezzo alle creature, per nascere, vivere e morire, sebbene misticamente, per far risorgere tutto il bene in esse, che l’uomo respinse col sottrarsi dalla mia Divina Volontà. Ed al mio sacrificio chiesi unito il sacrificio della tua vita, per far risorgere il suo regno in mezzo alle umane generazioni, e da ogni Tabernacolo me ne sto come alla vedetta per fare opera compiuta, Redenzione e Fiat Voluntas Tua come in Cielo così in terra, contentandomi di sacrificarmi e di morire in ogni ostia per far risorgere il Sole del mio Fiat Divino, la nuova era ed il suo pieno trionfo. Io nel partire dalla terra dissi: “Vado al Cielo e resto sulla terra nel Sacramento, mi contenterò d’aspettare secoli, so che mi costerà molto, oltraggi inauditi non mi mancheranno, forse più della mia stessa Passione, ma mi armerò di pazienza divina, e dalla piccola ostia farò opera compiuta, farò regnare il mio Volere nei cuori, e continuerò a starmi in mezzo a loro per godermi i frutti di tanti sacrifici che ho subito”. Perciò insieme con Me sii unita al sacrificio per una causa sì santa, e per il giusto trionfo che la mia Volontà regni e domini”.