(1) La mia povera mente subisce il dolce incanto del fulgido sole dell’Eterno Fiat, ed oh! quante belle scene commoventi svolge in me, che se io le potessi dire come le veggo, tutti subirebbero il dolce incanto, ed in coro direbbero tutti: “Vogliamo fare la Divina Volontà”. Ma, ahimè! sono sempre la piccola ignorantella, ed appena balbettando so dire qualche cosa. Ma nel comprendere il gran bene di questo Volere Divino, e come nuotiamo nelle sue onde altissime di luce, di bellezza indicibile, di santità inarrivabile, pensavo tra me: “Com’è possibile che non si conosca un tanto bene? E mentre nuotiamo dentro, ignoriamo il gran bene che ci circonda, che ci investe dentro e fuori, che ci dà la vita, e solo perché lo ignoriamo non godiamo i mirabili effetti di tutti i grandi beni che contiene un Volere sì Santo? Deh! svelati, oh Fiat onnipotente, e la faccia della terra si cambierà. E poi, perché Nostro Signore benedetto non si è compiaciuto di manifestare, fin dal principio della Creazione, le tante cose mirabili che vuol fare e dare alle creature questa Santissima Volontà? E mentre la mia mente si perdeva come rapita nel dolce incanto del Volere Divino, il mio amore, la mia vita Gesù, il celeste maestro che affascina col suo bel dire sul suo stesso Volere, facendosi vedere mi ha detto:
(2) “Mia piccola figlia del mio Volere, la creatura non può vivere, né l’anima né il corpo senza della mia Divina Volontà, e siccome è il suo primo atto di vita, perciò si trova nelle condizioni o di ricevere il suo atto di vita continua da Essa, o di non potere avere esistenza. E siccome l’uomo fu creato ché doveva vivere nell’opulenza dei beni di questa Divina Volontà, sua prediletta eredità, perciò lui fu creato che doveva vivere di Noi, ed in casa nostra, come un figlio che vive con suo padre, altrimenti, come poteva essere il nostro trastullo, la nostra gioia e felicità, se non doveva vivere vicino, insieme nella nostra Divina Volontà? Un figlio lontano non può formare la gioia di suo padre, il suo sorriso, il suo scherzo, la sua famigliare conversazione; da lontano non si può giocare insieme, né sorridere di felicità, anzi la sola lontananza spezza l’amore e porta l’amarezza di non poter godere di colui che si ama. Vedi dunque, l’uomo fu creato per vivere alla famigliare con Noi, in casa nostra, nella nostra stessa Volontà, per assicurarci le nostre e le sue gioie e felicità perenne. Ma l’uomo, il figlio nostro, mentre era felice in casa di suo Padre, si ribellò ed uscì dalla sua casa paterna, e col fare la sua volontà perdette il sorriso di suo Padre, le sue pure gioie, e siccome non poteva vivere senza il concorso della nostra Divina Volontà, la facemmo da Padre e le demmo la legittima della nostra Divina Volontà, non più come vita che lo portava nel suo grembo per renderlo felice e santo, ma come concorrente per conservarlo in vita, non per felicitarlo come prima, ma per dargli le cose di stretta necessità ed a seconda che si sarebbe comportato; senza della mia Volontà Divina non ci può essere vita. Ecco perciò del mio Fiat Divino si conosce sì poco, perch’é la sola sua legittima che le creature conoscono, e molte volte questa legittima non viene neppure del tutto riconosciuta, perché chi vive di legittima non vive in casa di suo Padre, sta da Lui lontano, e molte volte si trova nelle condizioni di sciupare con atti indegni la stessa legittima ricevuta. Quindi non ti meravigliare se poco si conosce della mia Divina Volontà, se non si vive in Essa, se non si sta in continuo contatto di ricevere la sua Vita che felicita, che santifica, e standole vicino apre i suoi segreti e si fa conoscere chi è, che può darle, e come sospira di tenere nel suo grembo la creatura, per formare in lei la sua Vita Divina. Molto più che l’uomo col fare la sua volontà si mise in condizione di servo, non di ereditiero, ed il servo non ha diritto alla eredità del suo padrone, ma alla misera mercede per vivere stentatamente la vita. Perciò figlia mia, si può dire, con te ho aperto le porte per farti entrare a vivere in casa nostra, nella nostra Divina Volontà, e tenendoti con Noi, ti abbiamo tanto manifestato del nostro Volere Divino, non come legittima, ma come nostra fortunata ereditiera”.
(3) Dopo ciò ha soggiunto: “Figlia mia, molto più che quel poco che si ha scritto in tutta la storia del mondo della mia Divina Volontà, avendone conosciuta la sola legittima, hanno scritto di Essa ciò che hanno conosciuto del mio Fiat dopo la colpa, in quali rapporti sta con le creature, ad onta che l’offendono e non vivono in casa nostra. Invece, quali rapporti passavano tra il mio Fiat e l’Adamo innocente prima di peccare, nulla hanno scritto; e come potevano scrivere se nessuno ha vissuto nella mia Divina Volontà come in casa sua? Come potevano conoscere i suoi segreti, ed il grande prodigio che può fare la Vita operante d’un Volere Divino nella creatura? Perciò potevano e possono dire del mio Fiat Divino che dispone tutto, che comanda, che concorre; ma dire del mio Volere Divino come opera in Sé stesso, in casa sua, la potenza della sua immensità che in un istante fa tutto, coinvolge tutto, come in Sé stesso così nella creatura, questa è scienza che finora la creatura ignorava; non poteva essere scritta se non dietro manifestazione del mio Fiat Divino, ed a chi chiamava a vivere in casa nostra come figlia nostra, vicina dentro del mio Volere, non lontano, che potendoci trastullare con lei, la mettevamo a parte dei nostri segreti più intimi. E se avessimo voluto manifestare ciò che riguarda la nostra Volontà in rapporto alla creatura e non vivesse in Essa, non ci avrebbe capito, sarebbe stato per lei come un dialetto estraneo ed inintelligibile”.